mercoledì 7 marzo 2012

Serial Writer (nelle attese).

Le settimane cruciali sono noiose. E' un dato di fatto. Una passa la vita a credere che siano i piccoli gesti, a poterla cambiare. E dopo sottovaluta le attese.  Ah, che belli i momenti concreti, quelli col sapore inconfondibile d'inizio. Spedire una lettera. Fare un colloquio di lavoro. Dire ad un ragazzo che ti piace... sono così pieni! Così frenetici! Così dannatamente facili da descrivere! 

Solo che, prima del responso, c'è sempre questo lasso temporale da inghiottire. Molto più breve nell'ultimo caso, è ovvio, anche se non per questo meno simile a tortura. Un limbo di nulla, in cui – a dirla tutta – proprio non sai che fare. Noia, noia, noia. Inutile, ho sempre pensato alle attese come ai seggiolini grigi e bucherellati dei terminal aeroportuali. Il che, in effetti, calza a pennello, visto che gli aeroporti sono il luogo dove meglio scrivo. 



Sì, perché il punto è questo: ho richiesto due borse di studio . Mi hanno contattata per un posto interessante, e mentre aspetto il responso, scrivere é la sola cosa che mi vada di fare. Peccato che l'ispirazione, come sempre, abbia il jet lag. Arriva nel cuore della notte. Mi sveglia di prima mattina. Litiga col sonno e s'infila nei sogni, come se davvero pensasse che la mia forza di volontà mi porti a aprire gli occhi e accendere il pc. Ah. Ah. Ah. Povera illusa. E dire che dovrebbe conoscermi, ormai. 

Come, in effetti, io dovrei conoscere lei. Oh, Dio. Non ci provo nemmeno, a descrivervi le mie sensazioni. L'intensità sfugge ai confini delle lettere. L'attività paranormale del cervello, é cosa nota  (temo) solo agli iperattivi delle idee. Sfugge al mio controllo. Al nostro. Vuole a tutti i costi comandare lei. Ma mi rifiuto, questa volta, sì. Questa volta non voglio lasciar tutto a metà. 

Vedete, anche se detto così fa un po' schifo, ho come un nido di larve nel cervello. Larve di storie, di pensieri, di racconti. Incipit di vita quotidiana che derivano presto dentro all'immaginazione. Solo che poi non sanno dove andare a parare. Non sono articoli, stavolta. E tantomeno tweet o scritti per il blog. So solo questo. Il resto é un contorno troppo labile per essere colto dalle mie poche diottrie. 

E' tanto che non la provo, questa sensazione, in realtà. Non con un'intensità simile, almeno. L'ultima volta, lo ricordo, ero a Bologna. Posseduta dalla trama di un romanzo tanto da dimenticare cos'era la vita vera. Camminavo per le vie del centro, passandone in rassegna volti e nomi. Appuntavo tic, frammenti di conversazioni a me estranee, volti di passanti sconosciuti: tutto per inserli tra le pagine di un libro. Ero un'aspirapolvere. Letteralmente, aspirapolvere umana. Il furgoncino della carne, il nome della ditta. Entrare in un hotel fingendo indifferenza solo per registrarne i particolari della hall. Perché sembrasse più credibile la scena che lì avevo deciso di ambientare. Ricordo, addirittura, di esser stata sveglia fino alle tre del mattino a disegnare una tabella con gli spostamenti dei personaggi principali nell'arco dei sette giorni delle indagini. Sì, perchè il romanzo in questione prevedeva un giallo. Prevedeva intrecci complicati. Ed era necessario, allora, confermare gli alibi. Verificare i moventi. Non lasciare al lettore neanche la parvenza di un “ti sei sbagliata, qui”. E poi avevo scaricato una piantina da google. Studiato gli incroci e i sensi unici, per verificare la possibilità di un incidente stradale. In ogni momento – fossi sull'autobus, in bagno, oppure all'università – se mi veniva in mente qualcosa da scrivere, prendevo un foglio e lo facevo. Subito, con un'avidità paranormale. Come se nient'altro (e proprio nient'altro!) avesse importanza, in realtà. 



Quella cosa mi consumava dentro, proprio come adesso, o forse appena un po' di più. Poi, quelle larve, si erano trasformate in farfalle. Avevano iniziato a prender vita su carta. Le avevo assemblate assieme. Un capitolo, due. La cosa veramente strana é che, per la prima volta in tutta la mia vita, scrivevo in prima persona fingendomi un ragazzo. Marco, si chiamava, ché la fantasia l'avevo già sprecata altrove. Ed era Marco, a conti fatti, che scriveva. Non io. Lo so perchè le dita andavano da sole, inconsapevoli, senza che i miei pensieri riuscissero a starci dietro. Scriveva Marco perchè non mi sono mai spiegata, rileggendo dopo anni, come potesse essere tutto così credibile pur essendo lontano anni luce da me. Oggettivamente stava venendo proprio bene, quel libro. 

Un giorno, però, di punto in bianco, Marco se n'era andato (valgami l'involontaria citazione pausiniana) . Mi aveva piantata in asso. Così, senza dire una parola. Non riuscivo – non sono mai più riuscita – ad essere credibile nelle sue veci. Ad andare avanti. Ad appassionarmi a quella dannatissima tabella costruita con tanto di colori. 

Ho mollato all'inizio un romanzo dalla trama avvincente che, nella mia testa, era già scritto da un bel po'. Per cui, adesso sto risentendo quel formicolio tra le mie idee. Lo stesso di quella volta. Ma , anche se vado contro la mia natura, in fondo non ho intenzione di ascoltare. Perchè, accidenti? Perchè dovrei lasciarmi consumare da un impulso creativo se poi so che, un bel giorno, se ne andrà? Io non sopporto l'idea di lasciare le cose a metà. Non l'ho mai sopportata. Eppure c'è Marco, c'è la tizia dai capelli rosso mogano, c'è un'infinità di gente che è rimasta irrisolta sulla carta a causa mia. Per quanto sembri assurdo, io ce li ho sulla coscienza come fossero persone vere. Per cui, no. Non farò fare la stessa fine a qualcun altro. Non ho intenzione (avete sentito, lì dentro?! Non ho intenzione!) di sentirmici in colpa di nuovo. 

Le attese saranno anche noiose. Ma il bello è che finiscono, dopo un po'. 

2 commenti:

  1. mhhhhhhh...secondo me tutte ste larve le puoi far ridiventare farfalle!in fondo da come racconti..il lavoro che hai fatto a suo tempo,è esattamente ciò che fà un bravo autore!.-)io non dico che tu debba riprendere a dar vita a marco....a quella storia.....ma far esplodere lo scrittore che c'è in te...e sarà un bestsellers!
    besitos kit

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  2. Mah....staremo a vedere. E' che non voglio lasciar di nuovo tutto a metá, uff! :P

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