venerdì 15 giugno 2012

La mentalitá del Biscotto.


Siamo un popolo di frignoni. Punto.

Non che sia una novità, del resto. E' solo che a volte l'atteggiamento di fronte al calcio mi sembra fare da specchio a tutt'un modo di vivere. E, prima che mi tacciate d' anti-patriottismo, va detto che , mio malgrado, lo porto avanti anch'io. Mea culpa, insomma. Mea maxima culpa. Ma il grande vantaggio di avere amici oltre confine è che puoi usare i loro occhi per guardarti da fuori. Per questo oggi mi accorgo che dovremmo cambiare.

Sia chiaro: io di calcio non ci capisco niente. Sono una di quelle persone giudicate bieche e opportuniste dagli appassionati del genere. Sì, dai: quelle che guardano le partite solo in occasione di europei o mondiali. E ogni quattro anni, di botto, s'improvvisano tifose. Anzi, a dirla tutta sono anche peggio. Perchè, in fondo, più che le partite, io guardo lo schermo del pc con la televisione accesa in sottofondo. Uso i commenti dei telecronisti a pretesto per battute sarcastiche su twitter; E più che sugli schemi di gioco, mi concentro al massimo sull'avvenenza di certi giocatori. Insomma, non starò qui a fare commenti su Italia- Croazia, o magari su Spagna – Irlanda. No. Non mi sento in grado di giudicare la qualità tecnica della nazionale azzurra, e tantomeno le Furie Rosse di Del Bosque. La storia del Biscotto, però... Dio, quella sì che mi fa imbestialire. E mi fa imbestialire proprio perchè è così dannatamente da noi.



Lasciamo stare che, visti gli scandali che hanno coinvolto il nostro campionato, forse suoneremmo meno ipocriti se evitassimo di fare i moralisti proprio ora. E lasciamo stare anche l'intelligenza estrema dei giornalisti che vanno a suggerire apertamente all'allenatore croato la possibilità di un pareggio per passare il turno. Come se, tra l'altro, alla domanda “avete intenzione di fare il biscotto?”, qualcuno potesse essere così scemo da risponderti di sì. A me, quello che infastidisce, è proprio la mentalità in cui ricadiamo sempre. Questo pensare agli altri, agli altri, sempre e solo agli altri. A cosa faranno o non faranno, gli altri . A quanti punti totalizzeranno, gli altri. A cosa dovrebbe succedere, agli altri.

Ma, dico, possibile che non ce ne rendiamo conto? Dovremmo pensare a vincere. A segnare dei goal. Nient'altro. Poi le altre squadre facciano un po' quello che vogliono, ché se segnamo tanto non saranno comunque, in nessun caso, un problema. Per dirla in altri modi: dovremmo usare la filosofia spagnola. Però non ci riusciamo, ed è ovvio, perchè siamo abituati a vivere così nel quadro generale della nostra quotidianità. Lo dicevo, no? Il calcio è uno specchio.



E, per quanto insondabil, ci dovrà pur essere un motivo se, quando vivevo in Spagna, me ne fregavo altamente dell'opinione altrui. Avvertenza: non sto più parlando di porte e palloni. Sto parlando di quando uscivo di casa struccata, anche se dovevo andare a pranzo fuori. Parlo di quando mi mettevo a ballare – ed ero sobria – fregandomene altamente se la pista del bar non era piena. Di quando scivolavo sul pavimento bagnato dell'Eroski e , anziché vergognarmi della brutta figura, ci scherzavo sù con le vecchiette del quartiere. Parlo, adesso, di quando il fatto che nessuno potesse o volesse accompagnarmi non era mai motivo sufficiente a rinunciare ai miei piani. E a quant'ero più felice vivendola così.

Solo che poi sono tornata in Italia. E, prima che me ne rendessi conto, una rete di apparenze e gossip collettivo ha finito di nuovo con l'intrappolarmi. Ci ha messo molto poco, oltrettutto. Perchè qui, struccata, io non ci esco mai. Se la pista non è piena ed io voglio ballare, qui le amiche mi trattengono in un “aspettiamo un po'”. 

E' che... cosa pensano gli altri? Cosa diranno gli altri? Cosa faranno gli altri? A conti fatti, credo sia l'imperativo della società italiana il principale responsabile di tutte le mie incertezze. Fino agli estremi, credo. Fino agli attacchi di panico di qualche mese fa.

Io non lo so per quale motivo, ma in Spagna io pensavo solo a vincere. Sí, proprio come la selección di Del Bosque. L'obiettivo era segnare goal a beneficio della mia felicità. Qui, invece, penso continuamente ai complotti e alle combine che, chi mi circonda, potrebbe o non potrebbe ordire. Come la Nazionale Italiana. Penso ai biscotti, e non nel senso che me li vorrei mangiare.

E allora, beh...allora può darsi che il calcio dica di un Paese più di quanto si crede, alla fine. E quando vedo i tifosi irlandesi cantare felici nonostante la sconfitta, penso che anche in Irlanda, probabilmente, mi troverei bene. Perchè ragazzi, davvero: ci sono già troppi problemi, nella vita, per non provare a rilassarci almeno un po'.




2 commenti:

  1. ilaria bel blog. sul biscotto concordo in toto. io vivo qui da sei mesi ci sono finita per amore.....e come no, amo questa terra piu' dell'italia. la tesi del biscotto mi ha offeso....perche' ormai mi considero una di loro!!!!:)immagino per te, che sei tornata, quanto ti possa mancare....proprio vero....spain is differtent! salutone lisa

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  2. Infatti ci torno ogni volta che posso: non riesco a stare troppo tempo lontana da quello che ormai considero, a tutti gli effetti, il mio secondo Paese! Sono felice che la Spagna abbia vinto contro la Croazia, anche e soprattutto perché ha messo finalmente a tacere le malelingue nostrane ;)

    Benvenuta sul blog e grazie dei complimenti...spero di ritrovarti presto da queste parti!

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