Siamo un popolo di
frignoni. Punto.
Non che sia una novità,
del resto. E' solo che a volte l'atteggiamento di fronte al calcio mi
sembra fare da specchio a tutt'un modo di vivere. E, prima che mi
tacciate d' anti-patriottismo, va detto che , mio malgrado, lo porto
avanti anch'io. Mea culpa, insomma. Mea maxima culpa.
Ma il grande vantaggio di avere amici oltre confine è che puoi usare
i loro occhi per guardarti da fuori. Per questo oggi mi accorgo che
dovremmo cambiare.
Sia chiaro: io di calcio
non ci capisco niente. Sono una di quelle persone giudicate bieche e
opportuniste dagli appassionati del genere. Sì, dai: quelle che
guardano le partite solo in occasione di europei o mondiali. E ogni
quattro anni, di botto, s'improvvisano tifose. Anzi, a dirla tutta
sono anche peggio. Perchè, in fondo, più che le partite, io guardo
lo schermo del pc con la televisione accesa in sottofondo. Uso i
commenti dei telecronisti a pretesto per battute sarcastiche su
twitter; E più che sugli schemi di gioco, mi concentro al massimo
sull'avvenenza di certi giocatori. Insomma, non starò qui a fare
commenti su Italia- Croazia, o magari su Spagna – Irlanda. No. Non
mi sento in grado di giudicare la qualità tecnica della nazionale
azzurra, e tantomeno le Furie Rosse di Del Bosque. La storia del
Biscotto, però... Dio, quella sì che mi fa imbestialire. E mi fa
imbestialire proprio perchè è così dannatamente da noi.
Lasciamo stare che, visti
gli scandali che hanno coinvolto il nostro campionato, forse
suoneremmo meno ipocriti se evitassimo di fare i moralisti proprio
ora. E lasciamo stare anche l'intelligenza estrema dei giornalisti
che vanno a suggerire apertamente all'allenatore croato la
possibilità di un pareggio per passare il turno. Come se, tra
l'altro, alla domanda “avete intenzione di fare il biscotto?”,
qualcuno potesse essere così scemo da risponderti di sì. A me,
quello che infastidisce, è proprio la mentalità in cui ricadiamo
sempre. Questo pensare agli altri, agli altri, sempre e solo agli
altri. A cosa faranno o non faranno, gli altri . A quanti
punti totalizzeranno, gli altri. A cosa dovrebbe succedere,
agli altri.
Ma, dico, possibile che
non ce ne rendiamo conto? Dovremmo pensare a vincere. A segnare dei
goal. Nient'altro. Poi le altre squadre facciano un po' quello che
vogliono, ché se segnamo tanto non saranno comunque, in nessun
caso, un problema. Per dirla in altri modi: dovremmo usare la
filosofia spagnola. Però non ci riusciamo, ed è ovvio, perchè
siamo abituati a vivere così nel quadro generale della nostra
quotidianità. Lo dicevo, no? Il calcio è uno specchio.
E, per quanto insondabil,
ci dovrà pur essere un motivo se, quando vivevo in Spagna, me ne
fregavo altamente dell'opinione altrui. Avvertenza: non sto più
parlando di porte e palloni. Sto parlando di quando uscivo di casa
struccata, anche se dovevo andare a pranzo fuori. Parlo di quando mi
mettevo a ballare – ed ero sobria – fregandomene altamente se la
pista del bar non era piena. Di quando scivolavo sul pavimento
bagnato dell'Eroski e , anziché vergognarmi della brutta figura, ci
scherzavo sù con le vecchiette del quartiere. Parlo, adesso, di
quando il fatto che nessuno potesse o volesse accompagnarmi non era
mai motivo sufficiente a rinunciare ai miei piani. E a quant'ero più
felice vivendola così.
Solo che poi sono tornata
in Italia. E, prima che me ne rendessi conto, una rete di apparenze e
gossip collettivo ha finito di nuovo con l'intrappolarmi. Ci ha messo
molto poco, oltrettutto. Perchè qui, struccata, io non ci esco mai.
Se la pista non è piena ed io voglio ballare, qui le amiche mi
trattengono in un “aspettiamo un po'”.
E' che... cosa pensano
gli altri? Cosa diranno gli altri? Cosa faranno gli
altri? A conti fatti, credo sia l'imperativo
della società italiana il principale responsabile di tutte le mie
incertezze. Fino agli estremi, credo. Fino agli attacchi di panico di
qualche mese fa.
Io non lo so per quale
motivo, ma in Spagna io pensavo solo a vincere. Sí, proprio come la selección
di Del Bosque. L'obiettivo era segnare
goal a beneficio della mia felicità. Qui,
invece, penso continuamente ai
complotti e alle combine che, chi mi
circonda, potrebbe o non potrebbe ordire. Come la
Nazionale Italiana. Penso ai biscotti, e non nel senso che me
li vorrei mangiare.
E allora, beh...allora
può darsi che il calcio dica di un Paese più di quanto si crede,
alla fine. E quando vedo i tifosi irlandesi cantare felici nonostante
la sconfitta, penso che anche in Irlanda, probabilmente, mi troverei
bene. Perchè ragazzi, davvero: ci sono già troppi problemi, nella
vita, per non provare a rilassarci almeno un po'.
ilaria bel blog. sul biscotto concordo in toto. io vivo qui da sei mesi ci sono finita per amore.....e come no, amo questa terra piu' dell'italia. la tesi del biscotto mi ha offeso....perche' ormai mi considero una di loro!!!!:)immagino per te, che sei tornata, quanto ti possa mancare....proprio vero....spain is differtent! salutone lisa
RispondiEliminaInfatti ci torno ogni volta che posso: non riesco a stare troppo tempo lontana da quello che ormai considero, a tutti gli effetti, il mio secondo Paese! Sono felice che la Spagna abbia vinto contro la Croazia, anche e soprattutto perché ha messo finalmente a tacere le malelingue nostrane ;)
RispondiEliminaBenvenuta sul blog e grazie dei complimenti...spero di ritrovarti presto da queste parti!