“Ho visto cose che voi
umani” eccetera. E stavolta è proprio il caso di dirlo. Sì,
insomma, sono stata inseguita da un Winnie The Pooh strafatto. Passo
strascinato e zampe tra i capelli, parecchio inquietante da Plaza
Mayor in giù. Ho assistito a una rissa tra un bambino e SpongeBob in
piena puerta del Sol. Cattivo, il bambino. Gli ha sferrato un pugno
in pieno stomaco. Così, senza un perchè. Davanti alle rimostranze
del pupazzo, la madre lo difendeva insistendo sul fatto che non fosse
colpa sua. Eccerto. D'altronde sono rinomate le irresistibili doti
provocatorie di una spugna che vive sul fondo del mar.
Mercatini di Natale in Plaza Mayor
Dai, sembrava già tutto
abbastanza surreale. Serviva mica esagerare, dico io. Chè ho dormito
per un totale di tredici ore in tre notti. Due in quella appena
trascorsa. Col profumo di Dani Martìn appiccicato ai capelli e i
coriandoli sparsi per tutta la stanza, giusto per puntualizzare. Le
ho calcolate, le ore di sonno, proprio poco fa sul boeing dell'Easy
Jet. D'altronde, sarebbe stato troppo bello trovare dei vicini di
posto con una vescica resistente. Murphy non l'avrebbe permesso. E
prima si alza lui. E dopo si alza lei. E permesso, e mi
scusi. Per l'amor del cielo, ma questi lo sanno che a Barajas i
bagni ci sono?! Della serie: Keep Calm and pensa ai momenti
trascorsi. Ai componenti de El Canto del Loco riuniti in una sola
stanza, per esempio. Con l'intero micro-mondo che vi ruota attorno in
mezzo ai palloncini. A David Summers degli Hombres G che mi fissa
proprio quando non conosco le canzoni, in quella prima fila raggiunta
con fin troppa facilità.
Un video del concerto degli Hombres G di Venerdí 30 alla Sala Riviera
Oppure al Mercado de San Miguel. L'altro
punto da eliminare su una lista; l'incarnazione perfetta della mia
immagine di Paradiso. Con la sola differenza che in Paradiso le tapas
non le pagheresti nemmeno. Pensa, magari, alla colonna sonora che un
delirio di entusiasmo ti ha fatto affibbiare al viaggio. A quel
Gannastyle che gioca sul cognome di un'amica. Al “ci vorrebbe
Danito”, cantato sulle note di “ci vorrebbe un amico” con cui
Micky mi prende vagamente in giro. Alle centoventisei volte in cui mi
sono innamorata di ragazzi bellissimi con la barbetta di tre giorni.
A tutti gli incontri, in definitiva. Agli abbracci e i ricordi che
dalla tua mente non se ne andranno mai più. In ogni caso, comunque,
Keep Calm.
Chè la Venezia che mi
accoglie è cupa come il mio umore. Ha un cielo gonfio di pioggia e
aspettative di acqua alta mentre a me sembra di galleggiare in un
sogno. Uno di quelli assurdi, per lo più.
“Quando passa il primo
autobus disponibile per Piazzale Roma?”, chiedo al ragazzo della
biglietteria ACTV. Ha più o meno la mia età, eppure non riesco a
non dargli del Lei. Sarà che sono di nuovo in Italia. Sarà che le
distanze, qui, riusciamo ad aumentarle sempre di un bel po'. Io ho la
voce impastata. Lui, l'espressione d'uno che si è appena svegliato.
“All'una e cinque del
mattino”.
Lo fisso intensamente,
cercando invano di dare un senso alle sue parole.
“Ma...e oggi?!”
“Oggi è già passato.
All'una e cinque del mattino”.
Rimango lì impalata per
altri due minuti circa. Spiazzata, del tutto. Inesorabilmente
abbandonata da ogni sorta di capacità cognitiva. Se attorno ci fosse
un po' più di silenzio, si avvertirebbe un rumore di ingranaggi
provenire dall'interno del mio cervello. Giuro.
“Vabbè, grazie”,
borbotto un po' avvilita. Soltanto mentre me ne sto già andando mi
viene in mente cosa quel ragazzo potesse aver capito. Torno da lui
correndo.
“Intendevo il prossimo.
Il primo disponibile nel senso del prossimo, non del primo in
assoluto.”
L' “Aaaah” di
risposta è quasi un grido di trionfo. Il taglio del traguardo. Il
“finalmente” chiuso nel mio sospiro.
Perciò sto lì. Nella
mano destra, in formato rettangolare, il mio cimelio duramente
conquistato. Non faccio in tempo ad assaporare la vittoria, che una
donna asiatica mi si avvicina titubante. Vuole sapere come arrivare a
San Marco. Sembra gentile. Spaesata ma gentile. Allora, con mio sommo
stupore, faccio sfoggio di un inglese fluente. Di quello che mi
scappa dalla bocca solo quando sono stanca, o ho bevuto un bel po'.
Le spiego che deve prendere quest'autobus. Scendere al capolinea.
Poi, salire su un traghetto. Lei si illumina di troppi grazie. Poi,
con sommo orrore, la osservo chiamare i suoi compagni di viaggio
mentre mi fa cenno di aspettare lì. Non che del resto possa andare
chissà dove, visto che andiamo nella stessa direzione. Morale: nel
giro di pochi secondi mi ritrovo attorniata da una decina di
giapponesi (o cinesi, o coreani) che mi piazzano davanti ventisette
cartine geografiche diverse, parlando concitati nella loro lingua.
Tutti assieme. Tutti guardandomi speranzosi. Probabilmente in attesa
di risposte a domande che non vedo in che modo potrei capire. I miei
occhi sono già da soli una richiesta di aiuto. Riportatemi in
Spagna, per Dio!
Uno spritz trangugiato
assieme ad Ali in un bar caratteristico, soltanto un'ora dopo, mi
stordisce del tutto prima ancora di pranzare. E sì, sono tornata.
Sono qui.
Già proiettata in una
delle settimane più cruciali della mia esistenza. Pronta a
raccontarvi che “ho visto cose che voi umani” eccetera. Pronta,
soprattutto, a condividere le Grandi Scoperte fatte in questi giorni
a Madrid. Tre, fondamentali.
Tipo l'ubicazione del
negozio di dischi più bello del mondo. Beh: di dischi, libri e dvd,
in realtà. Ne vende di nuovi e di usati, stipati a migliaia su due
piani interi di scaffali e pile. Ci sono vinili da collezionisti. 45
giri e singoli a 1 euro l'uno. Romanzi e cd a tre euro. Offerte
speciali “5 euro per tre pezzi”. E simpaticissimi pupazzi dei
Beatles da piazzare in salotto. Insomma: un posto in cui passare
giornate intere. Un'altra immagine del Paradiso, compendio perfetto
al San Miguel.
O la conferma di aver
creato un fanclub coi controfiocchi. Composto da persone speciali.
Persone con cui ti senti a casa sin dal primo “ciao”, anche se di
persona non le avevi mai incontrate prima. Gente che ti asseconda nei
tuoi deliri. Che condivide passioni e temi di conversazione. Gente
con cui ridere, e gente da abbracciare. Gente di quella a cui davvero
puoi dire “sono contenta di averti conosciuto”.
Ma, soprattutto, a Madrid
ho scoperto che tipo di locali dovrei frequentare. Finalmente. Alla
veneranda età di quasi 28 anni, ché in fondo è meglio tardi che
mai. Perchè a La Sal ci siamo andate per “vedere com'era”.
Curiose di scoprire cosa attiri così spesso un cantante che
ammiriamo ad andarci a suonare cover dei Guns 'n'Roses. Non che
avessimo poi molte aspettative. E invece.
Quando mi son decisa a
guardare l'ora erano già quasi le tre. Il tempo l'avevo passato a
ballare in spazi abbastanza ampi da non ritrovarsi addosso un'ascella
sudata altrui. Avevo sorseggiato un gin tonic che era anche riuscito
a non darmi alla testa. Cantato a squarciagola i grandi classici del
rock, dai Queen ai Led Zeppelin passando per i Nirvana. E attorno –
questa è la cosa migliore – neanche una ragazza con tacchi a
spillo ed eccessi di glitter. Neanche un eccesso di pose, di trucco,
di rifiuti ostentati e facce schifate. Niente. Solo jeans e
magliette. Voglia di divertirsi. Di ascoltare buona musica live.
Soprattutto, la maggioranza dei presenti era di sesso maschile. Sulla
trentina. Con la barbetta di tre giorni e il sorriso divertito. Per
caso vi ho già detto delle centoventisei volte in cui mi sono
innamorata?
(Continua...)
(Continua...)
ahahah...bellissimo!mi hai fatto scompisciare dalle risate per molti passi...ma soprattutto..l'autista...i giapponesi....le barbette!:-))
RispondiEliminasei grande!bentornata
kit!
Sempre troppo buona! Thanks!! :D
RispondiEliminaMi hai fatto morire :-)))
RispondiElimina"Riportatemi in Spagna...", mi associo! :-) keep writing
RispondiEliminaGrazie Ernesto! E Anonimo...io organizzerei un pullmino! :P
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