C'è un prato artificiale, fuori dall'hotel. Si apre quadrato e confortevole sotto a una tettoia, offrendo un'isola felice all'attesa. Di fatto sembra perfetto per ripararci dalla pioggia sottile che inizia timida a scendere dal cielo andaluso. Il mare, a pochi metri, apre le narici di umidità e di sale. Qualcuno condivide aneddoti di concerti passati, qualcun altro vomita al riparo di un muretto tutti gli eccessi alcolici della notte prima. Sabato. Saremo una decina, né troppi né pochi. Resi silenziosi dal sonno che si addensa sotto le nostre palpebre, lo sguardo fisso sulla porta d'ingresso inspiegabilmente vittima dei flash di una comitiva giapponese. Seduta su quell'erba, una ragazza imbraccia la chitarra che vorrebbe farsi autografare. Intona brani del cantante che aspettiamo, intercalati ad altri degli Estopa o di Maldita Nerea. Attorno a lei, improvvisiamo cori a bassa voce, timorosi di essere cacciati dagli uomini in divisa da lavoro che, a intervalli regolari, fanno capolino dalla hall.
“Sembra di essere a un pic nic”. Il pensiero mi coglie, improvviso ed allegro, mentre lo stomaco si gira nella direzione giusta, e neanche le nubi sembrano più essere in grado di guastare alcunchè. Mi coglie, soprattutto, in mezzo a riflessioni altre; al paradosso della vita, tutto bello incartato in una carta a pois. Perchè mioddio, mioddio, é davvero assurdo. Prima pensavo confermasse i sei gradi di separazione. Ma, dacché guardo Touch e sogno numeri, inizio a inquietarmi già un bel po'. Forse c'é un filo rosso. Forse c'é veramente, lí, a legarci tutti, a tessere le reti dei nostri personali destini. E io non lo so, quando accadrá, ma ho un'immagine mentale bella nitida qui dentro. Di poche cose sono certa a tal punto come del fatto che si materializzerá.
Rabbrividisco, forse l'umiditá. Dani Martín. Ah, Dani Martín. Lui che sta riuscendo dove né note né vecchie amicizie erano arrivate prima. Lui che suo malgrado mi sta riavvicinando al mio passato musicale, o forse solamente amalgamandolo in tutt'uno. Ché in fondo lo sempre saputo, che era la stessa storia. Che era la stessa cosa. Cambia il nome e una lingua, nient'altro. Io non sono cambiata poi molto, da allora. O almeno, non quanto dovrei. Tocco quel pacchetto, fiocco stropicciato dentro alla mia borsa nera. Non so come né quando sia accaduto, che Cesare Cremonini diventasse il nostro punto di contatto. L'argomento su cui, ad ogni incontro, mi chiede di essere aggiornato. Non so come sia possibile che una mia vecchia domanda su Vorrei abbia avvicinato cosí tanto le due melodie che m'hanno fatto la vita. E a volte mi viene da chiedermi se io abbia, in qualche modo, “tradito” l'italiano. Se, viceversa. l'autoeleggermi, di botto, portavoce possa essere tacciato d'ipocrisia dal mondo che un giorno - dopo aver pianto in un teatro gremito- ho deciso di abbandonare. Riesco a chiedermi, persino, se non sia Dani a poter sentirsi geloso ogni volta che parlo o racconto del prima. E poi mi viene da ridere, persa nella mia stessa idiozia. Ché di nuovo penso a due cantanti come a delle specie di relazioni amorose. Il primo amore, Cesare, quello della prima volta e quello che non scordi mai. Il Grande Amore, Dani, che un po' sará sempre messo in paragone, eppure oggi scalda il cuore mille volte di piú. Patetica, ecco cosa sono. Ma forse ho solo sonno, chissá.
Sono cosí immersa nei miei pensieri che, sul momento, non capisco perché la gente si alzi. Li vedo come dall'esterno, trascinarsi a passo felpato e silenzio improvviso verso la porta principale. Qualcuno estrae una reflex. Qualcun'altro, una penna. Ed é allora che scorgo la silouette scura di un ragazzo con gli occhiali da sole. Trascina un mini-trolley nero fino al furgoncino parcheggiato. Il bagagliaio é giá aperto, lo infila dentro senza fatica. Ha i gesti lenti di chi s'é appena svegliato. E magari – come scopro – la sera prima é stato pure a far festa al Liceo. Il Liceo, una delle discoteche a cui andavo sempre io. E i balli fino all'alba, il Kebab alle cinque del mattino, le domeniche di resaca con la dueña che svegliava in campanelli. Sempre troppo presto. Sempre senza avvisare. Mi viene in mente tutto questo e , per qualche ragione, vorrei telefonare a Grace. Stará ancora dormendo. Lascio stare. Il ragazzo si allontana dal furgoncino, si gira, e si avvicina a noi.
“Buenos Días!”
Uno dopo l'altro, Dani elargisce a ciascuno la dose doppia di bacini sulle guance. “Ilaria! Cómo estás?”, dice quando arriva il mio turno. “Muy bien, y tú?”. Mi sento terribilmente e sommamente rilassata. Come se mi fossi stordita di alcol, di fumo e di droghe. Tutto assieme. Inizia a piovere piú forte, mentre alcune ragazze lo attorniano con facce alla Walking Dead. Autografi, autografi, autografi.
Resto sotto alla tettoia, un po' in disparte, aspettando il momento perfetto assieme al mio pacchetto con la carta a pois. Poi la pioggia induce Dani a guardarmi negli occhi (beh, oltre le lenti), proponendo a tutti di spostarsi “un po' piú in lá”. Ove “un po' piú in lá” é il luogo in cui mi trovo. Ed é proprio allora che il momento arriva.
“Dani, questo é per te, per il tuo compleanno. Un po' in ritardo ma...”
Lui afferra il regalo.
“Gracias Guapa!”
E, in uno slalom veloce si divincola dalle altre per venire a stringermi in un abbraccio forte. Un abbraccio che smorza in un sussurro il mio “de nada”. Chissá, forse é proprio perché non lo sente che, staccandosi, ripete quel grazie una volta di piú.
“Di nuovo siete venute da cosí lontano...!”, guarda me e Celine, mentre strappa la carta con le dita.
“Eh, sí”.
“Jo...Dall'Italia e dalla Francia, eh?! “, voce piú alta, dito che ci indica alla piccola platea. Qualcuno dá vita ad un applauso spontaneo. Mi sembra proprio di udire un – poco fine ma efficace - “ole sus huevos” riecheggiare qua e lá. “Voglio proprio vedere se fate piú kilometri voi...!! “
Il tono di sfida, scherzoso, invade due andaluse che, proprio come me, lo seguono in giro per la Spagna. Nel frattempo, la carta a Pois é sparita, lasciando in evidenza la copertina del cd. 1+8+24. E Dani ha senza dubbio migliorato la pronuncia del nome Cesare.
“Spero tu non ce l'abbia...” , interrompo in un monologo il suo ennesimo“grazie” .
“ Non é nuovo, é del 2005, ma ogni volta che lo vedo penso a te, per questo ho pensato che dovessi averlo. Soprattutto il dvd...é un documentario di un tour nei teatri che aveva fatto con un'orchestra, piú la registrazione ad Abbey Road....insomma, penso sia molto da te, che ti piacerebbe.”
Mi ascolta interessato. Poi passa in rassegna la tracklist. Atto, ad ogni modo, successivo alla lettura dei dati su produzione, autori e arrangiamenti. Ché in fondo é da questi piccoli gesti automatici che distingui l'ascoltatore medio da chi in quel mondo vive e lavora.
“Lui attualmente non fa molti brani dei Lunapop dal vivo, vero?!”
Lo dice con tale sicurezza che mi viene il sospetto che ne abbiano giá parlato. Con tale ammirazione che mi chiedo se non stia cercando, forse, conferme per sé. Quasi che la domanda, quella vera, fosse se il suo futuro debba prevedere ancora a lungo uno strascico de El Canto del Loco. O se il repertorio dei teatri, cosí com'é adesso, vada bene. Ma sono patetica, l'ho detto. E' probabile che siano solo paturnie mie.
“No, solo le piú famose. Algo Grande, Un día Mejor “ - non so perché, tra 'altro, io gli stia dicendo i titoli in spagnolo - “...quella de...”
“...quella della Vespa?!”
“Sí, le piú conosciute.”
“Ma tu l'hai mai visto dal vivo? Sí?”
Sorrido. Mi verrebbe da rispondergli “molte volte”. Da raccontargli che lui era , ai miei quindici anni, l'equivalente della mia follia spagnola attuale. Solo che poi mi torna in mente l'assurda faccenda della gelosia. Ancor peggio, penso che potrei sembrare presuntuosa. Cosí mi limito a un neutrale “sí, claro”.
Lo vedo anche al di lá degli occhiali, che il volto gli si illumina.
“Me encantaría ver un directo suyo!”
La mia immagine mentale. Eccola, di botto, ancora lí. Dani al di lá di una transenna, che sorseggia un gin tonic a bordo palco. Un palco italiano, su cui sta suonando Cremonini. Che sia prima di quanto pensassi? Che io non sia poi cosí tanto fuori di testa? Ogni fibra del mio corpo sta pensando intensamente al fatto che l'album di Cesare esce a Maggio. Che quindi, probabile, quest'anno sará in tour. Ogni cellula che mi compone associa l'informazione alla pausa di un anno che Dani si prenderá, proprio da Maggio in poi. Non riesco a scacciarla, quell'immagine, per quanto io ci provi. E' inutile. Per quanto cerchi di mantenere la calma c'é un eccesso di pathos nel “pues, venteee!” che mi esce incontrollato dalle labbra e dal cuore. Lui si mette a ridere, quasi mi avesse letta dentro. Mi ringrazia ancora, “de verdad”.
“Comunque non ce l'avevi , il disco, vero?!”
“No...”
Nel frattempo, il bigliettino su cui avevo spiegato per iscritto i motivi di quella scelta concreta, é scivolato sull'asfalto, non visto da nessuno. Non lo faccio presente. In fondo, serviva solamente nel caso in cui non fossi riuscita ad accompagnarci un discorsetto orale. Manu, peró, se ne accorge. “Dani, ti é caduto questo!!”
Lo legge avidamente. Poi, lo infila in tasca senza dire una parola.
“Ehi, ma che é successo ieri?”, chiede poi, rivolto a tutti, come scosso da un'illuminazione improvvisa.
“Un casino”, risponde qualcuno, “la gente si é messa davanti, quelli della security, invece di mandare via loro, volevano mandare via noi, hanno iniziato a fare i prepotenti...”
“Sí, ma non é colpa mia!” , sembra preoccupato, e a me mette tenerezza.
“No, Dani! Chi dice niente...é che era organizzato male, ma é stato un peccato perché ci siamo persi mezzo concerto a litigare”
“E' che io da lí vedevo la gente agitatissima, che urlava contro qualcuno, e lui “ - indica un ragazzo presente - “incazzato da morire che faceva gesti come a dire 'ora basta, ora basta!'. Credevo che , se avesse avuto dei sassi, me li avrebbe tirati! E' brutto quando succede cosí.”.
Tutti scoppiano a ridere.
“Ma non ce l'avevo con te, ce l'avevo col tipo della security”
“Comunque, vi posso dire una cosa? Sinceramente quel posto lí non era fatto per il tipo di concerto e per il tipo di canzoni che avevamo portato. Non ho capito perché ci abbiano mandati lí”.
Lascio trascorrere un altro po' di commenti di approvazione. Poi, lo informo finalmente dell'altra notizia che mi era stato chiesto di fargli avere.
“C'era anche mia mamma al concerto,ieri, lo sai?!”
“En serio?! No me digas!!”
“Sí, il suo primo concerto tuo! Credo le sia piaciuto, anche se io le avevo detto che sarebbe stata una cosa tranquilla , seduti, in teatro...”
Mi metto a ridere, e lui fa lo stesso.
“Queste cose in Italia non sarebbero successe!”, scherza , “queste cose succedono soltanto qui!”.
“Seeeeee, certo , come no!”
Qualche altra chiacchiera. Qualche altra foto. E intanto penso che é bellissimo, che adesso riesca ad essere cosí naturale con lui. Ricordo con tenerezza quando mi immobilizzavo davanti ai suoi occhi azzurri. Quando lo sguardo adorante mi bloccava voce e pensieri. Non era tanto tempo fa, eppure oggi sembrano passati secoli. Mi dá altri due baci, prima di andarsene. Il suo profumo, come sempre, mi rimane appiccicato addosso per un po'. Lo saluto con la mano, immaginando che mi veda oltre il finestrino oscurato del furgoncino che parte per il lungo viaggio in direzione Madrid.
Impregnata dell'aria salmastra della malagueta, quello stesso pomeriggio, mi informeranno del fatto che Dani avrebbe scritto a Cremonini su twitter. Lo stesso social network su cui, appena reimpadronitami del wifi, mi scriverá di nuovo “gracias por el cd”.
E' il paradosso della mia vita, sí. Ma, a conti fatti, mi rende felice. Poi non lo so, se sono i fili rossi di Touch. Non so se tutto sia davvero scritto e predeterminato. Adesso piú che mai, peró, penso che ogni esperienza vissuta serva e proietti verso qualcosa.
bellissimo!:-) e mi ha fatto sorridere la frase di Dani che dice che in italia non sarebbe successo!....oibò...gli auguro che quando verrà ad un concerto di Cesara(e verrà,ne sono certa)trovi un accoglienza degna,che non gli faccia ricredere le sue convinzioni italiche!:-)
RispondiEliminaahhhh e dimenticavo...è ovvio che si appoggerà alla tua competenza per organizzarsi il viaggio e il conci....(il filo rosso)
besitos kit
Wra una battuta, quella dell'Italia...credo sappia anche lui che tutto il mondo é paese! ;) Ad ogni modo, l'ultima volta che sono stata a un concerto di Cesare la gente era abbastanza calma, quindi ci son buone speranze che non si ricreda..chissá! :D
RispondiEliminami aggancio al filo rosso di TOUCH...non è che percaso i numeri che ti eri sognata,fossero il cell di Dani?:-)
RispondiEliminaChiara...e ne aproffitto ,per dirti GRAZIEEEEEE!!!!SMACKKK
mmmmm...?! quasi quasi chiamo! :P buahahah!
RispondiEliminaDe nada!