domenica 5 gennaio 2014

Dell'indipendenza catalana (e dei piatti rotti)

Prima o poi se ne doveva parlare. Della Catalunya, dico. Ma, soprattutto, delle mie bizzarre associazioni mentali. Perchè io, quella comunità, me la visualizzo come un'adolescente ribelle. Femmina, ma tosta un casino. Una che ascolta Punk d'annata e si fa i piercing da sola. Una, per capirci, che beve vodka liscia alle feste del Liceo.  “Me ne vado di casa”, dice alla fine. Non chiede “Per favore”, l'ha deciso e basta. Segue litigio in cui volano piatti. Crack. Mamma Rajoy, porella, ormai c'ha i capelli bianchi per lo shtressh.



Per spiegarvi il paragone, tuttavia, dovrei probabilmente ricapitolare i fatti. E allora eccolo, il mio riassunto pseudo-satirico, pseudo-istruttivo e (molto) pseudo-delirante delle pulsioni indipendentiste catalane. Fatti e vicende sono liberamente tratti da una – recente- storia vera.


1. L'adolesc...cioè, la Catalunya vuole fare un referendum per decidere del proprio futuro. Ha già fissato una data: Nove Novembre (allitterazione!) 2014. Probabilmente, come me, pensa che abbia un bel suono.  Per deciderlo deve aver visto un documentario sulla Scozia, la cui tensione all'indipendenza all'interno del quadro della UE diventa il suo personale modello d'ispirazione. 

La consultazione prevederà due domande tra loro collegate, un po' come quei test di personalità in cui devi seguire un percorso corredato di frecce prima di conoscere il ritratto della tua più intima psicologia. Domanda A): Vuoi che la Catalunya sia uno Stato? Sì – No. Se rispondi No, vieni re-indirizzato al profilo “SPAGNOLO”, la cui descrizione corrisponde essenzialmente a “vattene a Madrid, Stronzo!”. Se rispondi , passi alla domanda B): “Vuoi che la Catalunya sia uno Stato INDIPENDENTE?” (Rullo di tamburi, sguardi carichi di aspettativa). La risposta “No” rimanda al profilo “IDEE CONFUSE”, in cui si legge: “ma allora che cacchio vuoi che diventiamo uno Stato a fare?” Il Sì, invece, comprende un “BRAVO, tu si che ne capisci”.





In realtà, con le “idee confuse” (che poi confuse non lo sono poi tanto) c'è parecchia gente, in Catalunya. Le recenti proiezioni dimostrano come una buona fetta di popolazione vorrebbe sì le responsabilità, le autonomie e (soprattutto!) il controllo economico di un Paese a sé, ma non necessariamente l'indipendenza. La cosa fa incazzare parecchio Arthur Mas, presidente della Generalitat che però si sforza di far finta di niente. Tra parentesi, vorrei far presente che questo tizio si chiama “più”. Non che io sia la persona più adatta a far dell'ironia sui cognomi di tre lettere, però 'sta cosa mi destabilizza. Voglio dire,  la prima volta che l'ho sentito nominare, ad un qualche Tg di TVE, era nell'ambito di una frase tipo: “no pueden contar con más”, traducibile in “Non possono contare su altri”. Era seguita, poco dopo, da un “Tizio, Caio, Sempronio y más” (e altri). Ci ho messo circa due giorni a cercare di capire il senso del discorso. Da allora mi fa sempre ridere. 

Comunque. Il Signor Piú, dopo innumerevoli sforzi, é riuscito ad ottenere l'appoggio dei partiti di Sinistra, che gli hanno garantito i numeri necessari a convocare il referendum di cui sopra. La cosa, capirete, l'ha alquanto ringalluzzito. Sono abbastanza sicura che giri giá per casa in Kilt. 

2. A Rajoy è partito l'embolo. Voglio dire: giá c'é la crisi economica. Manca solo che se ne vada una delle regioni che più soldi portano nelle casse dello stato! Ché poi magari i baschi prendono ispirazione e quelli, si sa, non è che vadano tanto per le leggere. No, no. Questo divorzio non s'ha da fare. Punto. Irremovibile, il Governo fa sapere che un referendum indipendentista sarebbe incostituzionale;  E già che c'è ricorda- ma giusto così, en passant – che ha il potere di togliere provvisoriamente l'autonomia alla Catalogna nel caso in cui insista a farlo incazzare.

3. Le minacce, come quasi sempre accade, arcuiscono lo spirito di ribellione. Così, mentre Mas (a suon di cornamuse) fa presente che c'è più di un anno di tempo per trovare una soluzione legale, la popolazione catalana inizia a fare catene umane. Non è che gliene freghi tanto dell'indipendenza in sé, ma l'idea di non poter esprimere il proprio parere proprio non gli va giù. Senza contare che l'Università ha nel frattempo reso pubblico il dato scottante per cui, su ogni 100 euro di tasse pagate in Catalogna, solo 45 restano effettivamente all'interno della comunità. Capirete che un po' fa incazzare.

Foto: Rtve.es


4. Rajoy, sempre più preoccupato, inizia intanto a spiattellare il tutto alla Comunità Europea. “Questi se ne vogliono andare, i Catalani sono brutti e cattivi, signora Maestra hanno copiato il compito”. Qualcuno risponde “sono fatti vostri” ma, per lo più, la UE ci tiene prontamente a specificare che se la Catalunya diventasse indipendente resterebbe esclusa da tutti i trattati dell'Unione e della Nato. In seguito a tale dichiarazione, il Governo di Madrid si cimenta in un gesto dell'ombrello che genera spostamenti d'aria erroneamente scambiati per cicloni dai meteorologi. 

5. Il Signor Più, nel frattempo, studia piani alternativi. Ne avrebbe già in mente uno, in realtà. Del tipo che, se la Spagna non gli concedesse il referendum legale, potrebbe sciogliere il Parliament e convocare elezioni anticipate. Se ottenesse, così, il 75% della Camera Catalana avrebbe i numeri per passare direttamente alla Secessione, senza espedienti e menate. Però ci sono troppi SE. Senza contare che a lui, 'sta cosa che non lo vogliano in Europa, non é che vada tanto a genio. 

6. Arriva Natale. E, mentre i bimbi scrivono le letterine a Santa Claus (o ai Re Magi, a seconda della tradizione), Mas ne scrive una alla Merkel. E a Hollande. E a tutti gli altri. Siccome vuol fare le cose per bene, la traduce in una varietà incredibile di lingue (si spera non con Google Translate). Secondo me le circonda anche di cornicette, fiorellini e cuoricini. Tutto, pur di apparire simpatico. A quelli della UE (e anche a un po' di stati extra-comunitari, tanto per) fa sapere che la Catalunya in realtà vuole un sacco di bene alla Spagna. Si sentono ogni giorno al telefono, si mandano i messaggini di auguri su whatsapp, robe così. Insomma, non dovete preoccuparvi, davvero. L'unica cosa è che vorrebbero un po' più di spazio, capite? E poi non è che possono escluderli dall'Europa: hanno 7,5 milioni di cittadini, Gaudì e la crema catalana. In virtù di tutto ciò, chiedono l'appoggio internazionale al referendum del 2014. 

7. Manco a dirlo, al povero Mas non risponde nessuno. Interrogato in tal senso dalla Tv di Stato iberico, lui si affretta a dichiarare, tutto serio, “che tanto non si aspettava nessuna risposta; la lettera era giusto così, per informare”. Un po' come quando ti piace qualcuno e gli mandi un messaggio con un pretesto qualunque. Non comprende una domanda, per cui oggettivamente non richiede alcun feedback. Eppure, dal momento in cui l'invii, inizi a fantasticare di risposte fantascientifiche del tipo “grazie per avermi scritto, è sempre bello sentirti, quel che dici è divertentissimo, interessantissimo, mi trovo al cento per cento d'accordo e, a proposito, voglio passare il resto della mia vita con te”. Poi non ti arriva neanche un ok striminzito e tu, ovvio, ci rimani male. Però non è che lo puoi dire, perchè dovresti confidare le tue aspettative e rischiare di conseguenza l'internato immediato in strutture per pazienti psichiatrici. Quindi ti limiti ad alzare le spalle: “no, ma non mi aspettavo una risposta, ma figurati!”. E a tal proposito approfitto del Signor Più per lanciare una petizione all'intera popolazione maschile: RISPONDETECI. Piuttosto mandateci a cagare, se non vi interessiamo, ma RISPONDETECI. E' la nostra sanità mentale a scongiurarvi. 



In tutto questo quadretto, mentre mi chiedo come andrà a finire, la vera domanda rimane comunque una sola: se la Catalunya diventasse indipendente, avrebbe una sua squadra a parte ai Mondiali? Ma soprattutto: potrebbe Freddie Mercury essere scelto come interprete dell'inno Nazionale? Ai posteri l'ardua sententia. E, intanto, un po' di Pa amb tomaquet a me. 

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