Certe città, più che
gli occhi, le guardano i tuoi ricordi. Con Bologna è sempre stato un
po' così. Ci penso nel frastuono del mio trolley. Ruote sui
sampietrini, cappuccio ben calato sulle orecchie. Captare le parole
di Valeria è ormai quasi impossibile, nonostante si trovi a due
centimetri da me. “Eh?” “Cosa?”. Ci rinuncio: un aereo in
fase di decollo farebbe senz'altro meno casino. Così, Via
Indipendenza mi si srotola davanti, incontro a un panzerotto un po'
troppo salato. A un treno da prendere. All'overdose di foto con cui
allieterò il ritorno a casa.
Serata insolita, quella di ieri. Un locale raffinato, illusione di gemme a scendere dai lampadari. Poi pizzette. Tartine. Bruschette. Diminutivi in tutto , fuorchè nel sapore. La torta, ebbene sì, c'è stata pure lei. Sopra, una candelina sparuta ci ricordava il motivo per cui siamo qui.
Chè si festeggia il
primo anno di Total Free Magazine. Pretesto perfetto per conoscere di
persona le firme che seguono gli articoli.
Per dare volti ai
nomi. O, meglio, voci ai post: proprio come
piace a me. E mi sento in colpa, adesso più che mai, per quegli
aggiornamenti in cui continuo a latitare. TFM (siglare fa taanto
cool) è un'altra di quelle realtà che ti danno speranza. Fatta
da gente giovane, armata solamente di entusiasmo e tante idee.
Ragazzi tra i venti e i trent'anni che,
attorno al tavolo di un bar, preferiscono
parlare di giornalismo e pretesti di condivisione, piuttosto che
partecipare a un quiz. A squadre, il quiz. Su tematiche hard. Alla
fine, com'è ovvio, ha vinto un certo Ed Manicone.
Certo, magari se avessi
capito prima che si vinceva una vacanza... ma no, no. Noi siamo seri.
Insomma, a parte quando Achille mi acceca con il flash del cellulare. Quando io indomita difendo la mia causa di sposarmi con uno il cui
cognome sia COM. O quando Valeria balla il GangNam Style. Insomma siamo
seri, ma nel migliore dei modi: perchè lo siamo -tutti-
con discreta ironia.
Io non posso non averla,
d'altro canto, se penso alla nuova collaborazione in cui mi sono
buttata. Me l'hanno proposta dopo aver letto “ #Odissea “, e la
mia referente si chiama Nausica. Se non è un segno del Destino
questo, ditemi un po' cos'altro lo è.
Comunque. Bologna, si
diceva. Bologna è stata notti brave e confidenze. Alcol, risate, e
bigliettini al Transilvania. E' stata gonne da provare, nel
primissimo imput di spirito gitano. E voli per Madrid, per Zaragoza.
Navette e passaggi in stazione. “Chissá se ci
si incrocia in aeroporto”, oppure “Vi raggiungo al Tonic”. E'
stata mal di pancia. Uno dei capodanni in cui più ho avuto paura,
il giorno in cui decisi che “in piazza, mai più”. Petardi.
Champagne sui capelli. 45 euro per una discoteca con eccessi di tunz
tunz. Bologna è stata amicizie e lavoro. Il primo posto
idealizzato per colpa di una passione. Appostamenti sotto a qualche
porta, insulti e Via Montegrappa. Lo spettacolo di
Eva Yerbabuena, l'acustico inaspettato di Omar Pedrini, e la cornice
di ben due romanzi mai conclusi.
Nel frastuono di quel
trolley, passo davanti al posto in cui assieme a Laura avevo fatto
merenda a base di Nutella e Crepes. Al negozio in cui avevo perso più
di una mezz'ora. Sorrido.
“Com'è finita con la Galicia?”
Chiedo poi
a Valeria, come illuminata da un pensiero improvviso.
Ci siamo conosciute a Madrid, in occasione del primo concerto de El Canto del Loco a cui io sia mai andata. Assieme avevamo scritto un cartellone. Condiviso l'attesa nei troppi gradi di Giugno, la band che inaugurava la batteria di Carlos Gamón. “Prima Madrid, poi Bologna...” ricorda lei quando ci congediamo. E a me verrebbe da rispondere che é ovvio. Che non poteva essere altrimenti, in realtá. Perché davvero non so chi sia, lo sceneggiatore della mia vita: peró, accidenti, é bravo un bel po'!
Adesso
scusatemi, peró: m'é venuta qualche idea per la mia rubrica su Total
Free Magazine.
Nessun commento:
Posta un commento