Ci sono cose che la gente
non ti dice. Per esempio, che organizzare la presentazione di un
libro rischia seriamente di portarti alla follia. Insomma: tu te ne
stai lì, ad aprire scatoloni con le mani tremanti, quasi che il
Natale sia arrivato prima. Soppesi tra le braccia le novanta volte in
cui il tuo sogno adesso occupa spazio sopra a qualche scaffale.
Bello. Plasticato. Con quella foto in cui sorridi stampata su fondo
blu in quarta di copertina. Era quello che volevi, no? La penna
scivola da Dio, sotto alle prime dediche. Inchiostro che s'accoppia
con la carta bianca. E sei davvero, al cento per cento, convinta che
oramai sia tutto in discesa.
Sbagliato. Perchè
nessuno ti ha informata. Nessuno te l'ha detto, che dovrai passare le
settimane seguenti con l'orecchio incollato al cellulare. Sfoglierai
l'agenda immaginaria su cui negli anni hai radunato i tuoi contatti.
Ti farai invischiare in una rete potenzialmente infinita fatta di
amici di amici di parenti del cognato della prozia della vedova del
fioraio del cugino dell'ex fidanzata del marito della figlia di
qualcuno. Finchè, credendo di comporre il numero di un'affermata
scrittrice locale, finirai col chiamare un call center vodafone. Che,
ovviamente, si affretterà a ricambiare un paio d'ore dopo. Quando
ormai avrai già dimenticato l'accaduto e indosserai il piumone in
procinto di uscire. Il rumore di fondo sarà talmente forte che,
lungi dal riconoscere il messaggio automatico, ti sembrerà di sentir
parlare una donna in un rumeno fluente. O, comunque, un qualche
strano dialetto dell'Est. Ripeterai per quattro volte “ha sbagliato
numero” in cadenze sempre più disperate, prima che un “per
informazioni, digitare uno” ti riporti sulla retta via. E allora,
di nuovo, sbatterai la cornetta sulla faccia immaginaria del
TeleMarketing Impersonale. Digitando, proprio al massimo, un sonoro
“'fanculo”.
Nessuno te lo dice, che a
una settimana dal Grande Evento infilerai nel tuo borsone tattico
quella che credi essere la T-Shirt di Diablito comprata un inverno a
Madrid. Salvo poi accorgerti, nello spogliatoio della scuola di
Danza, che in realtà si tratta della tua canottiera più scollata. E
ovviamente non ricordi se oggi ti sei depilata oppure no. Così, nel
dubbio, finisci per farti un'ora e mezza di flamenco con addosso la
felpa e il collo alto. Col risultato che, dopo circa un paio di
minuti, la tua carnagione è molto simile a quella di un pomodoro
maturo. Se non altro, le calorie di quei deliziosi biscotti dell'IKEA
ti stanno senz'altro scivolando via di dosso nel sudore. Bisogna pur
trovare un lato positivo,no? Anzi, a dirla tutta, in realtà stai
anche ballando un po' meglio del solito. Il che ti porta alla
conclusione logica che la chiave di tutto sta nell'auto-combustione.
Comunque. Nessuno ti dice
che in quello stesso spogliatoio, proprio mentre indossi la dannata
felpa, una madre al tuo fianco veste la sua bambina.
“Appena la signora
finisce di cambiarsi spostiamo la panca, così stiamo più comode”,
la senti dire con voce melensa. Ci metti un po' a realizzare. Sta
parlando di te. Ha detto SIGNORA, e sta parlando di te. Respira.
Inspira. Respira. Ti giri di botto, regalandole il meglio riuscito
tra i tuoi troppo rari sguardi omicidi. Vorresti spostargliela tu,
quella panca. Subito. Con un gesto veloce, mentre la sua borsa è
ancora bella adagiata lì sopra. Immaginare lo specchietto da trucco
e il cellulare costoso ruzzolare in mezzo alle urla sul pavimento,
basta già da solo alla soddisfazione. Ma insomma. Ho ventisette
anni, per Dio! Ok, ventotto tra poche settimane. E vabbè che ho due
occhiaie da far spavento a un panda, vabbè che son scoppiata a
piangere di crisi isteriche troppe volte in due giorni, concedo pure
l'alibi dell'ultimo filo di rossetto che ha recentemente abbandonato
le mie labbra. Però, anche così, SIGNORA?!
Nessuno te lo dice, che
il trauma di quell'appellativo non ti abbandonerà mai più. In tutta
la tua vita, voglio dire. Mai più.
Per non parlare di quelli
che si aspettano una copia del libro in regalo. Magari non te lo
dicono apertamente, d'accordo. Eppure lo capisci. Dal linguaggio non
verbale. Dai tuoi sensi di colpa. Dalla conseguenza di tutti i
sentito dire. E dovrebbero fare un corso, per spiegarti come agire
con tatto. Come far capire ad amici e conoscenti che, anche se lo
vorresti, proprio non lo puoi fare. Che quelle copie non ti sono
piovute addosso come manna dal cielo. Non funziona come i cd delle
pop star, nossignore. I libri in tuo possesso te li sei pagati fino
all'ultimo centesimo. E' un investimento che avrà ragion d'essere
solo finchè li vendi e rientri nelle spese. Ché per ognuno di
quelli che acquisteranno, a te verrà in tasca qualcosa come un euro
e venti, forse due. Che non si tratta di diventare ricchi. Non si
tratta di avarizia. Macchè. Si tratta semplicemente di rientrare
nelle spese. Di DOVERLO fare per non ridursi a vivere al riparo di un
ponte. E però nessuno riesce mai del tutto a vederla così.
Insomma: non ti hanno
avvisata, che saresti arrivata a un punto in cui il tuo unico
desiderio sarebbe stato passare 24 ore senza che qualcuno ti parli
del tuo libro. E, al contempo, che tutti non facessero altro che
parlarne. Che parlare dei CONTENUTI, però. Voglio dire: qualcuno
dovrebbe averlo letto, ormai, giusto? Oltre a mio nonno, intendo. Che
dopo aver riso a crepapelle sulle battute del primo capitolo s'é
perso nel linguaggio a lui estraneo dei Retweet e i Follow Friday.
Per concludere nell'unica, apocalittica, sentenza a lui possibile:
“Ciò, devi esser bel, ma no go capì un casso”. Ecco. Intendo,
qualcuno un po' più nel target, l'avrà letto? Gli sarà
piaciuto? Perchè nessuno mi dice niente? Io voglio sapere.
Cioè...credo. Se mi dicessero che fa cagare, non so mica se lo
vorrei sapere. Probabilmente sì, ma non adesso. Ne andrebbe troppo
della mia autostima.
E poi c'è ancora da far
tutto. I comunicati stampa. Gli inviti. Il buffet. C'é anche da
andare dalla parrucchiera: quel luogo metafisico da cui
inevitabilmente esci rafforzata in due convinzioni: 1) sei del tutto
disinformata sul novanta per cento dei nomi astrusi che popolano i
giornali di gossip; e 2) hai troppi capelli. Troppi, sì.
Perchè con la tua chioma leonina ci si mette una vita, a rinnovare
le meches. Il che comporta la sottomissione all'odore di amoniaca per
un periodo di tempo troppo lungo per il superolfatto della fase
pre-mestruale. Capiamoci, negli ultimi giorni sono stata sul punto di
vomitare, nell'ordine: per il deodorante per ambienti appena
spruzzato dalla commessa di Terranova, per quello del formaggio grana
probabilmente scaduto, e persino per quello della carta inchiostrata
di un DVD (manco a dirlo) comprato a Madrid. Non posso farcela, con
le meches. Davvero. Anche perchè, possibile che nessuno pensi mai a
noi povere orbe? Ovviamente gli occhiali te li fanno togliere. Ma io
senza occhiali non ci vedo un tubo. Quindi non posso leggere. Quindi
mi tocca, alternativamente, annoiarmi o...indovina? Parlare del
libro.
Ho cambiato idea: hanno
ragione i Maya. Ché io non so per gli altri, ma almeno per me il
mondo finisce di sicuro il 21. Distrutta dal calo di tensione,
scaglierò finalmente il telefono dalla finestra e mi butterò sul
letto intenzionata a non alzarmici per 12 ore almeno. And that's all
Folks.
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