Cinque stelline su
Anobii. Svariati commenti entusiasti. E un Cardo battezzato Riccardo,
in pieno stile Kinder Sopresa. Non chiedete. A conti fatti, io il bilancio lo
riassumerei così.
Anche perchè, se proprio
devo essere sincera, i frammenti di ricordi adesso non li so
ordinare. Sono flash confusi. Immagini orfane di montaggio.
Sovrapposizioni spazio-temporali di emozioni forti. Soprattutto,
s'è parlato troppo bene del mio blog per non avere neanche un po'
d'ansia da prestazione.
E' che Giovedì è stata
una sbornia colossale, ecco la verità. E certo è strano a dirsi,
visto che il Prosecco è rimasto una mia illusione. I vuoti di
memoria, tuttavia, io me li so spiegare soltanto così.
Ché per quanto mi sforzi
non ci riesco, a tirare le fila del mio stesso intervento. Cioè, so
di aver menzionato l'evoluzione del personaggio di Penelope. Di aver
pensato a Cinzia parlando del Fanclub di Ulisse. Credo anche di aver
accennato all'importanza del suono. Perchè la musica, per me, c'è
sempre e ovunque: figurati se manca dentro alle parole. Ricordo pure
di essermi sorpresa per la risata corale su quell' “Omero, scusa”
che apre il libro. Di aver concluso che è proprio una risata il
migliore dei regali. Però dopo. Per il resto. Boh.
Sono polaroid ancora in
fase di sviluppo, come quelle di una notte brava. Di Grace con in
testa un cappello non suo all'ingresso del Liceo di Malaga. Avevo già
trangugiato troppi chupitos al bar di fronte. Eppure non ho idea del
perchè mi torni in mente proprio ora.
Una sbornia,
indiscutibile. Sì, sì. A dire il vero, anche i postumi me li sto
ancora trascinando dietro. Quelli di Giovedì, intendo. Non quelli
dell'erasmus. Cioè, un po' anche loro. Ma insomma...il fatto è che
ti ingannano. Ti ingannano sempre. Dicono che la prima volta non si
scorda mai, più o meno in tutti i campi. Ma la prima presentazione
del mio primo libro non è che un vortice colorato di puntini di
sospensione. Avrei avuto bisogno del video, accidenti. Sarebbe stato
necessario. Possibile che l'auto di chi se ne sarebbe dovuto occupare
non potesse scegliere un'altra giornata per andare in panne? Più che
altro, per quale astruso motivo tutte le auto e tutti gli
elettrodomestici si rompono sempre prima di Natale? C'entreranno i
Maya pure lì? E perchè, se le foto le fanno degli uomini, non si
riesce ad avere una visuale intera del mio bel vestito nuovo?
Capirete, son domande che una si pone.
Comunque. Una scoperta
l'ho fatta, Giovedì. Ed è che se sono emozionata mi trema
leggermente l'interno della guancia sinistra. Giuro che non me ne ero
mai accorta, prima. Anzi, magari non avrei dovuto scriverlo. Ché adesso starete tutti lì a dirmi “ah-ah, ti sei emozionata!”
quando invece avrò freddo o un principio di Parkinson. E vallo tu a
spiegare. Ma vabbé.
Ad ogni modo emozionata non
lo ero poi molto. Non quanto mi sarei aspettata, almeno. Mi sembrava
tutto naturale. Tutto in famiglia. Complici, forse, anche le facce
note. Facce che non rivedevo da un po'. L'amica d'infanzia. La
cugina. Il compagno di classe delle medie, anche lui secchione quanto
a temi in italiano. E poi la mia accompagnatrice ufficiale ai
concerti in Italia,c'era pure lei. L'unica ad essersi accorta del mio
bracciale-groupie, ormai eletto a portafortuna ufficiale. In fondo è
nei ringraziamenti, il tipo “coi trattini in basso a incorniciargli
il nick” . Anche se presumibilmente non lo saprà mai.
Ricordo che mi scappavano
sorrisi, ogni volta che la porta si apriva sui loro volti. E poi
ricordo che, come sempre, nel casino dei miei cassetti era
improbabile trovare un paio di collant. Ricordo che si poteva
avvertire - sarebbe bastato solo un po' più di silenzio – il
rumore d'ingranaggi provenirmi dal cervello. Le copie di “#Odissea”
sparivano dal banco. Una dopo l'altra. Tra banconote per cui
calcolare il resto e dediche scritte via via sempre peggio. Di
sicuro, in modo sempre meno originale.
Ricordo che in qualche
momento, mentre ci pensavo, sono riuscita anche a rovinarmi lo
smalto. Quello che stavo asciugando in movenze pseudo- flamenche
mentre Riccardo Il Cardo faceva il suo ingresso trionfale. Ho visto
la scia viola barra bordeaux trasformarsi in grazioso ghirigoro sul
nylon strappato di un'altra confezione. Poi ho scoperto che è
difficile, camminare sui sampietrini col tacco alto e uno scatolone
in mano. Che puoi rischiare di addormentarti sopra a un gustoso
risotto, se c'hai il calo di tensione. Che la torta sacher, con la
glassa morbida, è più buona. E la "mia" era pure bella, ammettiamolo.
Stupenda, con la doppia dedica a tema.
Ricordo l'allestimento,
ancora. Lo striscione vagamente megalomane da portarsi in tour per
ogni prossima occasione. La sorpresa di trovarci il mio nome scritto
in grande. La meraviglia. La novità. Il ciondolo a forma di
quadrifoglio che già si appresta a brillarmi addosso.
Ma soprattutto ricordo –
e questo credo che non lo scorderò mai – il braccio alzato di una
donna sconosciuta.
“Mi hai talmente
incuriosita”, ha detto, “che ho lasciato a casa due figli e un
marito per venire qui ad ascoltarti”. Ha aggiunto che nel mondo c'è
bisogno di ironia. Che l'ironia può derivare solo dall'intelligenza.
E che, proprio per questo, m'augura ogni bene.
Stavo ancora soppesando
nella testa le sue parole, quando un altro sconosciuto, uno col nick
“Ulisse da Troia” ha postato su twitter la foto del mio libro.
“Sto morendo dal
ridere, ti giuro”, mi ha poi detto, al di là di inevitabili battute.
E, nella concatenazione
di episodi, in una vanità che spero non si protragga troppo, ho
tirato un sospiro di sollievo. Voglio dire: finalmente ho dei
riscontri. E, incredibile a dirsi, sono tutti positivi.
Quindi adesso
sì, che posso concentrarmi sui video di Natale.
SS MM AA KK !!!!!!
RispondiEliminakit....sei la numerouno!