giovedì 7 agosto 2014

El Pescao, il coraggio e l'aura.

L'aura serve a mantenere le distanze. É lei che fa di te una superstar. Immateriale, però la percepisci. Scia di successi e stili di vita, specchio di ammirazione in occhi altrui. Aura. Io, almeno, la chiamo così. Ce l'hanno tutti quelli che – loro malgrado- un po' ti fanno sentire inferiore. Quelli che impongono un po' piú del rispetto, insomma. Quasi una sorta di timore reverenziale. L'aura ti fa balbettare, arrossire, sentire inadeguata. Non la scegli, ce l'hai e basta. E David Otero, grazie al Cielo, non l'ha avuta mai.

Forse si spiega cosí, l'assenza di isterismo nel suo pubblico. Cosí diverso da quello de El Canto del Loco. Di suo cugino. Di chiunque si trascini dietro urletti e scritte sulla fronte. I fan del Pescao sono posati. Mediamente trentenni. Comunque eterogenei in interessi e demografie.

L'assenza d'aura: a conti fatti é questa, una delle cose che piú mi mi piace in lui. Non ti fa pesare le classifiche, i traguardi, la misteriosa magia dell'esercizio creativo. Perché é una professione, punto e basta. La svolge, non lo definisce. Perciò, davanti a te, resta soltanto un ragazzo comune. Con un sorriso contagioso. Una t-shirt ironica. E tutto l'agio del sentirsi alla pari. Impossibile non chiacchierarci con naturalezza. Frenarsi di imbarazzi inutili nello scambiarci opinioni. David, El Pescao, é un ragazzo degli anni ottanta i cui occhi si illuminano d'amore quando nomina i figli. É solo questo e molto piú di questo. Un artista eccletico d'animo gentile, a cui non manca nulla tranne i tratti del divo.




L'ho visto cosí, ancora una volta, in un edificio anonimo del quartiere di Carabanchel. Il deserto dei passanti tra le industrie. Qualche bar scarsamente frequentato. E poi la sala prove, messa a disposizione da un amico per il tempo necessario al mio premio. L'ho usata anch'io, la creativitá. Oh, sí. Mi é servita ad ascoltare il disco in anteprima. Due mesi prima dell'uscita. Assieme ad altre dieci persone, due ragazze che svolgono grossomodo il mio stesso lavoro, e un paio d'altre facce note dello staff. Ero lí perché ho partecipato ad un concorso: si trattava di esprimere, in qualunque modo volessi, la ragione per cui avrei voluto viaggiare a Londra con El Pescao. Ho usato un programma per disegnare fumetti. Ci ho mescolato ironia. E mi é valso una sedia in plastica, nel cuore di una torrida Madrid, davanti al tasto play di un Mac.






L'ho giá scritta per Total Free Magazine, la recensione di Ultramar. Sarebbe inutile, monotono e vagamente controproducente ripeterne i contenuti anche qui. Peró c'é un'altra cosa che mi piace, in David, oltre all'assenza d'aura, ed é il coraggio di sperimentare.

Ché, in qualsiasi campo artistico, la sfida é andare avanti. O, almeno, ho sempre pensato che dovesse essere cosí. Se ti limiti a riprodurre all'infinito la formula del tuo successo non ne avrai soddisfazione. E, al contrario di quello che si crede, a lungo non ne avranno piú neanche i tuoi fan. Puó piacerti il panino con la mortadella. Piacerti da morire. Ma prova a mangiarlo tutti i giorni, pranzo e cena, per settimane e settimane. Dopo un po' ne avrai la nausea, é inevitabile. Uscirai a far la spesa e comprerai il prosciutto. O una scatola di sofficini, magari.

Cambiare, invece. Metterti alla prova. Ecco...é questo che fa di te un artista vero. Perché il nuovo lavoro potrebbe non piacere. La gente potrebbe dirti “era meglio il primo”, schiacciarti l'autostima, scaraventarti dai palasport gremiti ad una sala con meno di dieci spettatori. Perché ci pensi e fa paura. Talmente tanta paura che ti metti a disegnare come un esercizio zen per ritrovare la calma. Ché ci sei tu, in ballo. I tuoi soldi. Il tuo futuro. Ché sarebbe stato piú facile restare con la Sony, rinnovare il contratto, accettare i meccanismi di sempre.

Peró ci avrai provato, accidenti. Comunque vada potrai dire di averlo fatto. Di aver inseguito i tuoi obiettivi e le tue pulsioni, non quelle di qualcun altro. Al di lá del fatto che il nuovo album de El Pescao mi piaccia da morire, per me é giá questo a valergli il piú grosso degli applausi. La piú grande delle ammirazioni.

Perché David é tendenzialmente una persona pacata. Ride, scherza, difficilmente lo vedi litigare con qualcuno, quasi mai risponde a troll e provocazioni sul web. E allora ti verrebbe da descriverlo in leggerezze, lui che – al contrario – mette in ció che fa tutta la serietá e la professionalitá possibili.

E va a scuola di canto per migliorare quello che non lo convince. Si trasferisce in un'altra cittá per potersi ripulire da tutto in cerca dell'ispirazione. Cerca nuovi sound nelle stoviglie e nei dischi che ascolta; nelle strade; nei talenti poco noti a cui chiede di collaborare con lui...No, credetemi: David della leggerezza non ha niente. Piuttosto, ha impegno, sogni e determinazione che vorrei potergli rubare anche per me.





Abbiamo incontrato una persona della Sony, a pochi metri da quell'edificio di Carabanchel. Un volto noto, un incontro costante ai concerti, sin dai tempi de El Canto del Loco.

“Che ci fate qui?”
“Eravamo all'incontro de El Pescao.”
“Perché, che incontro ha fatto El Pescao? Ma dove? Proprio qui?!”

Ho letto il suo stupore come la fine di un'Era. La coincidenza, come un'assurda burla del destino.

A quindici giorni esatti dal mio rientro, le cronache di un viaggio mi sembra doveroso concluderle cosí.



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