Facce da Capodanno.
Lineamenti disfatti dal freddo e dall'alcol. Aggravati dalla voce
impastata. Esasperati dalle difficoltá di equilibrio. Privati ormai
del tutto della dignità. Facce da Capodanno. Le altre, quelle che
il duemilaquindici non lo inizieranno vomitando all'incrocio tra due
strade. Le ricorderanno, le ore dopo mezzanotte; anche se ti basta
guardarle per capire che preferirebbero di no. Facce annoiate.
Insonnolite. Bronci che male si abbinano alle mise pailettate, mentre
il trucco degli occhi, in un nuovo sbadiglio, cola un po' piú giú.
Gli angoli della bocca si aprono in un sorriso solo per estrarre il
cellulare. Dura il tempo di un selfie con gli amici. Dita a V.
Smorfie buffe. E buon anno su tutti i whatsapp del mondo. E
#instagood come se piovesse. Poi, finito di postare, ci si accascia
sulle sedie. Ognuno nel suo mondo. Con le facce da Capodanno. Le
facce del disagio. I volti inconfondibili di chi non ne può più.
Li guardo, sconfortata.
Coetanei sconosciuti che riconosco come emblema di un'epoca. O, senza
andare troppo oltre, per lo meno di una notte assurda. Una festa che
incarna – e piú passano gli anni piú te ne rendi conto – il
divertimento forzato, le aspettative impossibili da esaudire, la
finzione squallida di chi indossa una maschera a esclusivo beneficio
dell'approvazione altrui.
A me, tutto sommato, non
é andata male. Intrufolata nell'imprevista gentilezza di un
bar, imbucata senza saperlo ad una festa privata in cui ti offrono
tartine come aperitivo; E poi ancora in ristorante, a mangiare bene
in compagnia di una cara amica. Spettegolare, ridere, raccontarci gli
ultimi gossip. Guardare i fuochi d'artificio in piazza per finire
davanti ad una cioccolata calda in un locale dalla scelta musicale
all'insegna del rock. É una boccata di ossigeno, dopo i trenini e il
solito Maracaibo. Un deja vú de La Sal di Madrid, il Fuori Orario di
Reggio Emilia, dei sapori autentici dei posti che amo. Sa di casa,
questo posto, coi suoi divanetti adossati alle finestre e i pochi
metri di scarse pretese. Non mi é andata male, no, per niente.
Solo che é inevitabile
pensarci, a quelle facce, mentre torno verso casa. Io che ancora mi
incanto a guardare la Luna fuori dal finestrino dell'auto. É
luminosa, quasi piena, con la sua scia di riflesso argenteo disegnata
sul mare calmo. La perfezione un po' naif di un quadro un po' banale.
La cartolina del romanticismo. Il disegno di un bambino. Mi ci perdo,
a pensare a quanto sia bella. Io che le regalo in silenzio i miei
sogni e le aspirazioni. Io che penso ai concerti, nelle prime ore di
un anno appena nato. Ai viaggi che mi aspettano. Alle parole che
scriveró. E di colpo mi accorgo che, con quelle facce, non c'entro
proprio niente. Che, se sono l'emblema di un'epoca, allora io
appartengo a un mondo a parte. Ma é un Pianeta che mi piace, fatto
d'immaginazione, di colori e troppi sogni. E m'importa poco se a qualcuno potrá
sembrare strano.
Forse é solo il sonno,
chissá. Magari é tutta colpa dei bicchieri di Prosecco. Peró il
2015 l'ho iniziato cosí: con questi pensieri in testa e la Luna
fuori dal finestrino. E ho avuto il presentimento che potrá
veramente essere speciale.
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