domenica 26 giugno 2016

Tracce.


"Il ritorno porta addosso mal di testa e mal d'anima".


Tracce. Alcune più visibili, altre meno. 

La luce di Madrid te la trascini dentro, carico straordinario su un volo diretto ad Est. Ti manca già il modo netto in cui taglia i contorni. L'aspetto da libro per bambini che dona ai paesaggi illuminandone i colori. Accesa fino a dopo le dieci. Intensa e inebriante fino a un momento prima di sparire.



Plaza de Oriente


Sta tutta lì, la differenza con la mia città: in un tramonto appena sfumato dalla terrazza del Círculo de Bellas Artes. Come a dirmi "è questo che sono", "è questo che diventi quando anche tu sei qui". Una persona più estroversa, allegra, sicura di sè. Un ritratto in posa flamenca fuori dal Corral de La Morería, con il volto arrossato e la risata impossibile da contenere. Perchè a Madrid non c'è posto per la malinconia tragica dei tramonti di Trieste, quando il sole scende lento a insanguinare il mare. Spettacolare. Elegante. Drammatico come ho imparato ad esserlo quando mastico nel suo lento estinguersi tutte le mie urgenze d'altrove.





A Madrid c'è solo il momento, qui e ora, solo la vita che ti si aggroviglia attorno ubriacandoti di un'eterna follia. Il confine tra giorno e notte è solo convenzione necessaria a ricordarti che il tuo corpo ha anche l'esigenza di dormire. E non lo so se c'è davvero più bellezza in questo. Forse la bellezza, in senso puro, è più una sintesi delle due anime. Eppure, che volete che vi dica, io continuo a preferire l'altra me. Quella che scrive senza sforzo, in parole più semplici e al contempo più efficaci, vomitando pensieri sullo schermo di un cellulare mentre aspetta il treno alla stazione del metro. Preferisco quella che - si capisce dalle foto, dai- è in definizioni estreme più felice. E se ne frega di chi legge, di chi guarda, di chi vede. E si sente parte di un ambiente che, l'ennesimo messaggio su whatsapp lo conferma, è senza dubbio alcuno il suo. 

Trova quello che ti rende felice e raggiungilo, credo dicesse più o meno qualcuno. Io ci sto provando, e intanto ne prendo assaggi ad intervalli irregolari. Ciò che resta, come al solito, sono le cicatrici. Tracce che, a valigia disfatta, ricordano a me stessa che sono stata là. Sono lo stordimento di una specie di jet lag da smaltire. Una spalla scottata. Gli scontrini nella borsa. Le foto da scaricare. Un paio di sandali colorati. L'abbronzatura diagonale lasciata da un top monospalla sulla schiena. La certezza che partire, sì, è la decisione giusta. 

E, naturalmente, una caterva di post da consegnarvi nei giorni a venire. 





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