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martedì 14 agosto 2012

Quel lieve tocco ispanico in "Spice up your life".

(NB: Le immagini contenute in questo post sono tutte prese dagli account twitter di Victoria Beckham, Emma Bunton, Melanie B e Melanie C rispettivamente) 

Esaltazione: a sommi capi, direi che è stata questa la mia reazione alla cerimonia di chiusura di Londra 2012. Un'autentica festa della musica. Una celebrazione della cultura pop che certo non poteva lasciare indifferente la mia pelle. E allora, probabilmente , mi farebbe più onore associarne l'increspatura alle immagini di Freddie; quelle che hanno fatto vibrare uno stadio gremito per introdurre le note dei Queen. O alla sempre splendida Wonderwall,magari. Uscita come un inno sempiterno dalla bocca di Liam. Momenti che mi hanno emozionata, ovvio. Come a tutti. L'esaltazione, però... no, lei non viene da lì.

Il fatto è che, vedete: io, a undici anni, imitavo le Spice Girls con le mie amiche di allora. Ci trovavamo a casa mia, a improvvisare coreografie, mangiare tiramisù, e provare abiti che nella vita di ogni giorno non avremmo indossato mai. Il fatto è che il primo cd comprato con i miei soldi, frutto concreto delle paghette dei nonni, è stato un album loro. E poi la mia tesi triennale...sì, persino quella analizzava in appendice il ruolo dell'immagine nella costruzione del successo delle cinque di Wannabe.






Insomma: piaccia o no,le Spice Girls hanno avuto una parte importante nella mia vita. Anche se forse dirlo non farà di me una persona interessante o musicalmente colta. Ma sapete che c'è? Non m'importa. Perché loro sono scese da quei taxi, l'altro giorno. Nel fasciarle, gli abiti conservavano i ruoli a cui le obbligano i loro soprannomi, in modo peró  forse un po' più sobrio che anni fa. Beh, ad eccezione dell'improponibile tutina di Mel B. Comunque, hanno aperto le portiere, intonato un paio di successi, e io sono tornata alla mia preadolescenza nella velocità di uno starnuto. Un'epoca di zeppe e di lustrini da cui non sono certa di essere ancora riemersa davvero.






Non hanno mai avuto una gran voce, dal vivo. Non c'è molta poesia nei loro testi, e tantomeno compongono dei capolavori melodici. Però sono le Spice, accidenti. Le icone travogenti ed orecchiabilissime di un'intera generazione di ragazzine. Le stesse che adesso, incastrate alla ricerca di un futuro tra i venti e i trent'anni di età, cantano a squarciagola una sbornia di ricordi. E via le pose, allora! Via tutti i compromessi, i musi lunghi, il grigiore. Via tutto, sia per sei minuti o una settimana. Perchè lì, su quel palco, ci sono cinque donne ormai cresciute che scrivono su twitter di aver passato la notte a festeggiare insieme. Come se fosse stata una rimpatriata. Una serata bella in cui rivangare aneddoti prima di andare avanti con la propria vita. Un po' quello che, in certi versi, credo abbiamo fatto tutte noi.









Esaltazione, questo é. Chè Spice Up Your Life é sempre stata una delle loro hit che preferivo. Eppure, prima della cerimonia di chiusura, non avevo mai notato quei suoi vaghi tocchi ispanici. Quel “Flamenco” che apre la lista dei tipi di ballo. Quell'”arribaaaa” d'incitazione....chissà: magari, inconsciamente, era proprio per quello che mi piaceva.





Per quello, e per il verso che ho già citato nel precedente post. Un autentico motto anti-crisi, che ora più che mai tutti dovremmo applicare. Perchè per vivere meglio “all you need is positivity”.  

sabato 28 luglio 2012

Go Olympics!


Ieri, come ogni quattro anni, il mondo si é sintonizzato su una trasmissione sola. E' un'immagine che mi affascina. Sa di abbraccio. Di distanze abbattute. Di come un legame eterno possa in qualche modo ancora renderci migliori. Per questo, perchè sono impregnate di speranza, amo le Olimpiadi dacché ho uso di ragione.

Dentro a quello schermo,ieri, toccava all'Inghilterra celebrare la sua storia. Messinscena filmica (e inizialmente noiosa, ammettiamolo) di un Paese per cui provare antipatia è impossibile. E forse c'entrano anche un po' quelle vedute aeree. Cartoline di una Londra dai ricordi, ed improvvisa voglia di tornare. Ma il punto é che in fin dei conti Shakespeare, Peter Pan e la Musica riempiono già piuttosto bene il mio elenco di ragioni. Sì:“Amiamo l'Inghilterra”, come dice una canzone. E quando un ideale viaggio nei decenni riporta a galla melodie e correnti, la mia pelle d'oca ne ricorda il perchè. Note. Note. Note. Accordi di un pianoforte. Strimpellio di una chitarra. Bastava solo questo. La cerimonia d'apertura, sarebbe stata perfetta già così.




Ma poi gli inglesi, mai contenti, hanno voluto aggiungere l'impatto coreografico di un nero peloso. Rappresentava le paure dei bambini, prima che tante Mary Poppins aprissero gli ombrelli di una rinnovata allegria. Ci hanno tenuto, ad incantarci con quegli uomini volanti. Strisciavano come insolite, luminose, farfalle sotto al protagonismo degli Artic Monkeys, prima che uno di loro portasse la sua bici a conquistare il cielo. Sono stati i momenti più belli della serata. Emotivi, come il braciere che si compone di tante fiammelle, ciascuna portata da un diverso Paese. Simbolici, come la torcia che, dalle mani di Beckham, passa alle sette giovani promesse che garantiscono un futuro allo sport. La fiamma Olimpica. Il fuoco che, da Olimpia, passando di mano in mano, arriva a illuminare uno stadio del Nord. Ed è l'emblema di un traguardo raggiunto dopo molte fatiche. Qualcosa di insondabile che mi riesce ancora ad incantare. Paul McCartney canta Hey, Jude. E, nonostante il sonno mi socchiuda gli occhi; nonostante abbia trovato l'inizio privo di ritmo e la cerimonia in vari punti scordinata...beh, nonostante tutto il mio giudizio è positivo. Eccome.






Chè poi c'è stata la sfilata. Il modo migliore per scoprire l'esistenza di Paesi mai sentiti nominare prima. Accorgerti di quanto sei ignorante, e di quanto poco la tua striscia di terra può arrivare a contare. La sfilata, già. Un rincorrersi di volti felici. Ingenuamente felici. Rotondamente felici. Volti che trasudano emozione e lacrime, per arrivare a trasmettere quell'entusiasmo anche a te.

Ma sono stata fin troppo poetica, scusate. Ora, leggendo questo post, può darsi che non mi riconosciate più. Per rassicurarvi,chiudo allora con le mie conclusioni sul piano strettamente estetico. Così, giusto a testimonianza del mio intatto sconquasso mentale.

Quindi: il premio ai peggio vestiti se lo contendono in molti. Insomma, dai: tra i trombini fluo della Repubblica Ceca, l'improponibile overdose di rosa e azzurro dei tedeschi e il quadrettato-rigato anti telecamere dei... dei...boh, non ricordo che Nazione fosse, é una lotta dura. Il che consolerà senz'altro gli spagnoli, che della bruttezza delle loro uniforme hanno fatto una vera e propria questione nazionale.





Al contrario, sul premio eleganza ho pochi dubbi. In fondo si sapeva, Armani non delude. Il primo posto va a noi, senza battere ciglio. Subito dopo, colloco il bianco e beige dei Colombiani.






Mister Olimpiade, almeno per il momento, é il portabandiera dell'Afganistan. Sì, sì, non dite niente: è stata una sorpresa anche per me. Certo, non che sia un posticino tranquillo in cui andarsi a cercar l'anima gemella, una vita tranquilla e le minigonne inguinali. Ma, insomma, carino è carino. Lo dovevo pur dire. Tra l'altro vorrei far presente che trovare una sua foto su internet é stata un'impresa titanica. E non si vede neanche bene. Vabbé.




Ah. Comunque, per un interessante (e, a tratti, piacevolmente ironico) commento della cerimonia minuto per minuto, consiglio quest'articolo de La Gazzetta. 

martedì 24 luglio 2012

Come indossare la Spagna a basso prezzo (approfittando delle Edizioni Speciali Olimpiche)


Spiace dirvelo, amici italo-spagnoli, ma temo sia giunta l'ora di rimpinguare le carte di credito. Sì, sì, lo so che c'è la crisi; ma le vetrine d'oggi chiamano proprio noi. E' che le Olimpiadi, per i brand di ogni genere e specie, vogliono dire essenzialmente “edizioni speciali”. Linee di prodotti appositamente ideati ad ospitare bandiere e urlare internazionalità. Il novanta per cento di essi, al solito, rimarrà tristemente invenduto. L'altro dieci per cento, regalato in segno di buon auspicio per gli atleti italiani. Ma per noi, piccola setta di sognatori con lo sguardo perennemente rivolto a sud-ovest... oh, per noi è diverso. A noi tutto ciò rende immensamente più facile – ed economico – portare anche addosso il Paese che amiamo. Che poi é un po' una mania da idolatri che quasi tutti condividiamo. Come se portare i segni di un amore sulla pelle bastasse a definirci anche di fronte ad uno sguardo estraneo.

Ma prendiamo Pimkie, per esempio. La catena dedica un intero espositore di accessori e bigiotteria alla Spagna. Polsini giallorossi, mini orecchini a forma di cuore, altri più grandi – in un surplus di Glamour – costruiti con stupende piume bicolore. Il tutto, senza mai superare i 3 euro a pezzo.



E poi c'é Kiko, vero e proprio guru del make up per noi esigenti squattrinate. Lì, è la confezione di un lucidalabbra rosa perlato a farci sospirare non appena la guardiamo. 2 euro e cinquanta, tanto per gradire.





Sono soltanto due casi tra molti. Casi che mi obbigano a sigillare gli occhi mentre attraverso a passo svelto un centro commerciale. Sono certa che voi, sotto i neon di tutt'Italia, potrete enumerarne di ulteriori. Che dite, ce la faremo a resistere? No, perchè io oggi ho comprato solo uno smalto. Domani, però, chi lo sa.