Avvertenza: questo post è stato scritto a fasi alterne tra il 18 e 19 Dicembre.
“La strada del ritorno è sempre più corta”, dice la copertina del mio libro. L’avevo comprato per il titolo, appena pochi giorni prima di partire.
C’è un che di rotondamente perfetto nel finirlo adesso, sul sedile 08F - posto finestrino - del solito volo Ryan Air.
Piango i piantini discreti dei finali tristi, mentre la testa bionda del tizio accanto a me si arrende alla gravità nel sonno. Rapido fruscio nella borsa in tela, dove lo scambio senza troppo scalpore con due madeleine portate via dalla dispensa. Erano tutto ciò che restava delle provviste andaluse e, a questo punto, mi sembra giusto così. Le altre le ho fatte fuori ieri sera, con l'aiuto di due amiche, nel corso di una cena improvvisata a casa mia. Pioveva il mondo, oltre all'albero 100% plastica comprato per tre euro dai cinesi.
Nell'estrarle lo sguardo mi cade per un attimo sul nuovo braccialetto con sù scritto boquerona. Un istante. una vita. Un groviglio di pensieri. E dire che a Settembre sembrava un'idea così vaga il Natale...!
“No te preocupes”, intimava il proprietario al telefono prima, al Terminal 2. E invece, visto il tipo, mi preoccupo eccome. Perchè Málaga, questa mattina, sembrava fare di tutto pur di non lasciarmi partire.
Il frigo sbrinato che allaga il salotto. La suola delle Converse umide di pioggia che si strappa in un crack mentre le indosso. La maniglia della lavatrice che, rompendosi, imprigiona al suo interno i panni lavati. Adesso, però, scelgo di non pensarci. Ctrl+c alla puzza cadaverica che potrebbe attendermi a Gennaio. Alle possibili recriminazioni di un chiodo di troppo piantato nel muro. Alla visita autorizzata di estranei in un nido arancio-rosso che sono riuscita a fare mio.
Perchè adesso, fuori dal finestrino, una fascia di tramonto si posa tra due orizzonti in bilico: da una parte c'è la voglia di famiglia e di relax; Dall'altra il peso del distacco di una vita che mi sembra di aver appena iniziato a far girare. Mentre tutto mi scivola addosso capisco che d'ora in poi sarà questa, la bipolarità a cui mi sono condannata. Che questo punto sospeso nel nulla, in mezzo ai cieli tra Sud Ovest e Nord Est, sarà probabilmente il solo luogo dove incrocerò due identità.
E non lo so, se la strada del ritorno sia davvero più corta.
So che di quel libro, in questi mesi, non ero riuscita a leggere che poche pagine; Che il tempo da dedicarci è rimasto schiacciato in un'autentica centrifuga di volti e situazioni.
L'aereo prosegue la sua rotta, lasciandoseli dietro in una scia mentale.
La inseguo senza fretta. A sobbalzi e singhiozzi ed indugi.
Le despedidas Pre-Natalizie. Il regaettón in discoteca. L'inferno di Calle Larios alle sei e mezza di sera. E ancora i concerti, il mimo di Hemingway, le tante serate di scambi linguistici. Le chiacchierate con i pescatori mentre scendo a cercare conchiglie in spiaggia, sei ore scarse di sonno, il galà di Los 40 in Tv col tinto de verano, non dormire mai prima delle due. Poi le campane del Mercoledì, le voci invadenti dei vicini, fare progetti con Grace sui posti da visitare. Rivedo la scuola di flamenco, con le sedie verdi posate sui muri di azulejos, la frangia che non sta in piega, le nacchere poco usate, la sera umida di quando sono rimasta chiusa fuori. La mattina della degustazione di prosciutti, la voce di chi dice che entro in connessione con le persone, la signora che due volte alla settimana, alla fermata, mi chiede se l'1 sia già passato.
Penso a come sia inspiegabilmente (e meravigliosamente!) assurdo che attorno ad un tavolo, dal niente, si aggiunga ogni weekend un volto nuovo. E "come vi conoscete?" e "amici degli amici", e innamorarsi sull'autobus di ragazzi con gli occhi azzurrissimi che alla fermata dopo avrai dimenticato.
Ricordo la difficoltà di cercare casa. Le crisi nervose quando niente sembrava andare per il verso giusto. E poi le offerte di lavoro. I pomeriggi all'Ikea. Gli spazi gravidi d'arte e di mare in cui andare per calmare lo spirito.
I mercatini di Natale al Muelle Uno. Le volte che non ho visto una serie. Le volte in cui sono stata fiera di me.
Poi, un lunedì mattina, mi sveglio nella stanza in cui sono cresciuta. Le pelle rilassata da un sonno profondissimo. La mano che si allunga in un gesto automatico verso il comodino. D'improvviso mi sembra di non essere mai andata via. Tutti quei ricordi sono poco più di un lungo, strano, sogno fatto a oltre duemila kilometri da qui. Un sogno che riprenderò a Gennaio. Là, in un'altra vita. Nella dimensione parallela in cui shakero tre lingue e bevo pochi caffè. Dove i cieli non s'imbiancano nemmeno quando il buio ha fretta. E tutto manca, e nulla manca, insieme come e all'opposto di qui.
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