Il concetto di ordine è alieno al DNA dei popoli mediterranei. Capisci da dove arriva uno dal modo in cui si mette in fila, e la disposizione da parterre di concerto pop dei passeggeri diretti a Málaga non lascia dubbio alcuno sulla loro nazionalità. Italiani, spagnoli, poco importa: le differenze ora si appianano nei volti confusi, nello gesticolare sfrenato, nei decibel in ramping sotto la mascherina. Cosa caz*pita tengo que hacer.
Quelli che mi si accalcano attorno non sono più turisti di ritorno da un viaggio a Venezia, con ancora in testa il cappello da gondoliere comprato dai filippini a Rialto. Non sono viaggiatori intrepidi pronti a sfidare i 40 e passa gradi della bella Andalusia per poi raccontare che sì, bella la mezquita, ma facciamo che ci torno quando non rischio l’autocombustione.
Forse non sono neanche più persone. In questo momento sono (siamo) tutti solo centinaia di esseri isterici che si ammassano senza alcun criterio in una stanza più piccola del salotto di casa mia… e non è che viva precisamente in una mansione da diva hollywoodiana.
Al centro del girone infernale, un tizio autoelettosi benefattore della comunità sta urlando senza sosta il numero del volo. Attorno a lui, si stanno formando piccoli cerchi di sconosciuti che si copiano l’un l’altro le risposte alle domande sul cellulare.
“Io che posto ho?”
“Signorinaaaaa io sono vaccinato, posso passare? Guardi, ho il green pass!”
“Qua cosa devo scrivere? Veneto?”
“Ma il qr è quello della certificazione verde?”
“Questionario? Che questionario?”
Tra gomitate, spintoni e passaggi tipo limbo sotto ai nastri rossi e bianchi che dovrebbero separare le code ai check in, la marea umana si sposta da un lato all’altro della hall seguendo ipnotizzata le direttive degli schermi. Che, come no, cambiano idea ogni 5 minuti.
“Chi ha solo il bagaglio a mano alla porta 3”
“Chi ha solo il bagaglio a mano alla porta 5”
“Potete andare a qualunque porta, basta che facciate presto, per Dio”.
E pensare che poteva essere tutto così semplice…
La tipica "fila mediterranea" all'aeroporto di Treviso
Per entrare in Spagna bisogna compilare un questionario online del Governo, che ha l’obiettivo di rintracciare in fretta i nuovi casi di Covid-19 sul territorio, frenando la diffusione dei contagi. Ti chiedono robe tipo i tuoi dati, i recapiti, da dove arrivi, quali Paesi hai visitato negli ultimi 14 giorni, dove alloggerai in Spagna e che certificato alleghi per dimostrare che non stai portando il virus a passeggio: tampone negativo (se sì, di che tipo, fatto dove e in che data), ciclo vaccinale terminato o avvenuta guarigione.
Una volta fornite tutte le informazioni richieste, si genera un codice QR che viene SEMPRE E COMUNQUE richiesto all’arrivo: se ce l’hai, passi la frontiera. Se non ce l’hai, no.
Mi pare quindi sensato che controllino che tu ne sia provvisto ancor prima di decollare. Voglio dire: se sei già atterrato a Málaga, vai bello arzillo verso l’uscita e ti fermano perchè non hai il QR compilato che fai? Passi il resto dei tuoi giorni in aeroporto come Tom Hanks in The Terminal? Io finirei per spendere tutti i miei soldi da Natura e metterei sú 8 kili da Starbucks, tutti sul sedere. Non è il caso.
Ad ogni modo non ci vuole una laurea in organizzazione di eventi per capire che il modo più veloce ed efficace di verificare che uno abbia compilato ‘sto benedetto questionario sia chiederglielo nei momenti in cui è già in fila per mostrarti qualcosa. Ai controlli di sicurezza, per esempio. O addirittura al gate, subito prima del decollo. La signorina che ti chiede la carta d’imbarco potrebbe chiederti, assieme ad essa, anche il codice QR per entrare in Spagna. Hanno pure la macchinetta apposta per leggerlo. Si perderebbero circa 0,5 secondi in più per passeggero, e non si creerebbero altre file.
Facile. Rapido. Sicuro.
Ma l’aeroporto di Treviso is different.
Lì la suddetta signorina dei controlli di sicurezza ti informa - peraltro con tono visibilmente seccato - che per poter passare per tutta la trafila di vassoi e metal detector devi prima recarti al check in, dove ti controlleranno la documentazione per l’ingresso in Spagna.
Il che significa che , se hai scelto di viaggiare solo con bagaglio a mano proprio per evitare di fare la coda al check in (o, ancora peggio, se hai pagato 4,50 € in più per il fast track) avrai la nitida visione dei tuoi soldi piegati in forma di aeroplanino che decollano verso destinazioni esotiche facendoti ciao ciao con la manina.
Una volta al check in, un’addetta solo un filino più cordiale della prima scriverà a MANO su un foglietto poco più grande di un francobollo la sequenza della tua carta d’imbarco e ci piazzerà sopra un timbro rosso con su scritto QR CHECK OK. A partire da quel momento, quel piccolissimo pezzetto di carta stropicciato sarà il tuo tesoro più prezioso: non solo ti servirà per accedere ai controlli di sicurezza, ma ti verrà richiesto persino per salire sull’aereo.
Tutto molto coerente, non c’è che dire: si consiglia vivamente di non stampare il biglietto, il green pass e il questionario sanitario si accettano cartacei solo ed esclusivamente in caso di comprovato impedimento tecnologico, si cerca di limitare l'utilizzo della poco igienica carta in favore del digitale for ever and ever… ma per dimostrare che possiedi il codice QR necessario a entrare in Spagna devi mostrare un bigliettino scarabocchiato con la biro, più piccolo e malridotto dello scontrino del supermercato che hai infilato in fretta e furia nei jeans. Eccerto.
Ma il punto non è il bigliettino. Il punto è lo scompiglio che tutto ‘sto sistema finisce col creare.
Tralasciamo per un momento che Ryanair manda cinquecentosette messaggi la settimana prima della partenza per ricordarti di compilare il questionario sanitario e che nonostante questo il 50% dei passeggeri non abbia idea che esista un questionario da compilare. Che viene da chiedersi come accidenti sia possibile continuare a guadagnare con l’email marketing. O se non sia il caso di cambiare le mie tecniche di copywriting per testi tipo: “Compra questo che è economico. Ciulli ciulli trallalà salsicce baccalà fiori di sambuco”. Tanto se leggono la prima riga è già un traguardo.
Tralasciamo anche che, nei suoi cinquecentosette messaggi, Ryanair consiglia di presentarsi in aeroporto due ore e mezza prima del volo “per agevolare i controlli”, e il check in - dove, a Treviso, si svolgono (inspiegabilmente) i controlli - apre meno di due ore prima. A questo punto potrebbero almeno affiggere all’entrata un cartello illustrativo delle diverse tecniche di harakiri che si possono utilizzare quando si è costretti a passare un’ora in una stanza con un tabacchino, due bagni e 4 posti a sedere.
Stendiamo pure un velo pietoso sul fatto che venga affidato ad una sola persona il compito di controllare i qr di centinaia di passeggeri indemoniati: ci vuole almeno mezz’ora prima che qualche illuminato si renda conto che forse, ma proprio forse, sarebbe il caso di aprire altre due o tre file, per poter riuscire a verificare i documenti di tutti prima che l’aereo decolli.
Il punto è che quest’organizzazione ha avuto l’unico effetto di creare assembramenti innecessari e facilmente evitabili, non solo aumentando il livello di stress generale, ma anche dando vita a possibili focolai di contagio. Perchè, non dimentichiamolo: il vaccino non evita che tu ti prenda il virus, evita che tu abbia sintomi gravi e finisca in ospedale quando te lo prendi.
In tal senso, la situazione dopo i controlli di sicurezza non migliora. Dei due bar di cui dispone Treviso, è aperto solo uno, che finisce inevitabilmente preso d’assalto da mandrie di viaggiatori affamati. I posti a sedere - che già erano pochi di per sè - sono dimezzati da un ultimo, stoico, tentativo di mantenere le distanze sociali.
E il miglior modo di trasformare l’uomo in bestia - credetemi - è impedirgli di appoggiare il culo su una sedia. Immagino non ci siano voluti neanche cinque secondi prima che si trovasse una soluzione al problema. Qualcuno, più anarchico, l’ha fatto sradicando i cartelli “vietato sedersi” dai posti bloccati. Altri, sbrigativi, hanno optato per sedersi per terra (ovviamente appiccicati gli uni agli altri). Altri ancora hanno deciso che tanto valeva iniziare a mettersi in fila per l’imbarco - con buona pace delle cinquecentosette email in cui RyanAir intima di non farlo finchè non viene aperto il gate. Sul serio, il copywriter di Ryanair mi fa tenerezza.
Mentre cerco un cestino in cui gettare l’immondizia, mi cade l’occhio su un ragazzo addormentato che, in assenza degli strumenti adatti, ha pensato bene di togliersi la mascherina chirurgica per usarla come copriocchi.
Ve lo dico con tutto l’amore del mondo, e con tutta la mia profonda felicità per le riprese dei voli diretti Málaga- Treviso: se non siete attrezzati per garantire quel minimo di norme igieniche necessarie in tempi di pandemia, continuate ad operare su Venezia Marco Polo come si faceva fino a poco tempo fa. O ancora meglio (per me, ovviamente): sfruttate l’aeroporto di Trieste, che è esageratamente grande per i due voli in croce che ha.
Comunque sia fate qualcosa, perchè il commento “viaggiare così è un incubo” è quello che ho ascoltato più spesso, in due lingue, al rientro dalle mie vacanze italiane.