giovedì 24 maggio 2012

Dieci anni dopo, a Verona.


“...Tra l'altro festeggi anche i dieci anni di carriera solista”.

Curioso sia tra le poche cose che percepisco, dalla mia postazione defilata al bar. Le parole di Cremonini, risposta a una presentatrice che non vedo, m' arrivano alle orecchie come sillabe indistinte. Colpetti di vocali. Brusio di consonanti. Suoni cacofonici amplificati da un microfono che propaga le onde in traiettorie a zig zag. Certo che ce n'è, di gente, qui alla Fnac.



“Dieci anni? Già?”

Lo shock mi sfugge dalle labbra e dagli occhi, in direzione dello sguardo sempre allegro di Ale.
“Eh sì. Duemiladue”.
E, di colpo, ricordo quell'incontro di Cesena. L'estate prima della mia maturità.
Ero poco più che una ragazzina, allora. Una maglietta con i pupazzetti neri, kili in più nascosti nei miei jeans a campana, e ancora nessunissima idea dell'amore. Ripenso alle sensazioni che provavo, quando starmene così lontana dal tizio che ora parla nel microfono sarebbe sembrato un dramma insolvibile. Probabilmente sarei arrivata qui alle otto di mattina, come la ragazzina mora incrociata per caso mentre pago il drink al banco. Quella che si lamenta delle piccole ingiustizie che nei suoi “m'é passata davanti” ha appena iniziato a scoprire.

Avevo pronunciato a malapena due parole, in quell'incontro di Cesena. Le labbra cucite da un'ammirazione incontenibile. Dal sogno che, d'un tratto, iniziava a farsi realtà. Non era un ragazzo,quello che accanto a me mangiava tortellini in brodo. Non era, nei miei occhi , neanche un essere umano. Era Cesare Cremonini, quello che ogni mattina mi fissava dai posters di camera mia. Era la persona che riusciva a farmi esultare ogni volta che rispondeva a un mio messaggio sul forum. Era tutti i miei dischi. Tutta la mia adolescenza formato canzoni. Era, a conti fatti, poco meno di un Dio.

Dieci anni. E come sono cambiate le cose. Ora che sono qui, a sudare copiosa in un ambiente troppo caldo. Alla presentazione di un disco che non sono nemmeno venuta a far autografare per me. Perché quel brivido, seppur mitigato dagli anni, ora è per qualcun altro che lo provo. E l'emozione prima di ogni incontro; la gioia di una risposta a mezzo web; il cuore gonfio ogni volta che pronuncia il mio nome...Sì: immagino sia questa, a conti fatti, la sottile differenza tra un'appassionata ascoltatrice ed una fan. Passa tutta per il tremore alle gambe. Per il nervosismo prima dei concerti. Per la vita, gli incontri e i momenti pianificati in funzione di un tour. Ma é davvero tutto qui, quel che succede? Che poi passano gli anni e ti limiti alle note? Che l'entusiasmo scema, e tutto il resto diventa accessorio? E' solo questo? Che la capacità di emozionarti per uno sguardo o un cenno, semplicemente, di colpo ti abbandona? Voglio dire: mi succederà pure con Dani?

Perchè mi rendo conto che mi manca, e non lo so mica se è normale. Guardo Alberta, l'affetto che esce come petali di rosa (mi perdonino i Sidonie, se rubo un po' l'immagine) da ogni sua parola nei confronti del cantante. Della sua gentilezza, della disponibilità con i suoi fans. Ascolto le chiacchiere frizzanti, aneddoti condivisi tra Ambra ed Elena. Persone che non conosco, e che in una storia a metà tra schermo e vita vera hanno applicato alle loro esistenze colorate piastrelle di allegria . Le osservo, tutte, parlare con il produttore mentre attendono la fine dell'evento. Non fanno troppo caso, alla mia proposta di andare subito in stazione. No. Vogliono aspettare, perchè un cenno di saluto all'artista vale ancora, per loro, un bis di sorrisi. Come succede a me con un tizio di Madrid. E, sinceramente, io adesso le invidio.

E' che davvero, eventi del genere non hanno senso senza quell'emozione. Io sento di averne bisogno. Sento che mi arricchisce. Sento che...è così, per assurdo che sembri, a me piace da morire. Ma evidentemente, per quanto mi sforzi,con Cesare le cose non possono più essere come prima. Ho passato la fase. Bruciato le tappe, chi lo sa. Non so perchè, ogni volta che provo a tornare, la mia mente fugge così in fretta al di là dei Pirenei. E mi sento in colpa. Comunque in colpa, in ogni caso. Perchè si torna sempre lì, alla fine; alla stessa metafora di infiniti post. Ché il primo amore, se lo re-incontri a distanza di anni, risveglia ricordi. Ma mai, in nessun caso, le sensazioni di prima.



Sono andata a Verona. Giornata intensa di chiacchiere e treni. Ho comprato due copie dello stesso disco. E poi, senza volere, c'ho versato sù un bicchiere di coca cola. Sono andata a Verona, a una presentazione che – eccessi di gente- non sono riuscita nemmeno ad ascoltare. Ed è stato allora che il mio turno è arrivato. Ho reincontrato la persona che dieci anni fa era per me poco meno di un Dio, e mi ha fatto tenerezza l'idea di quella che ero. Ho parlato in fretta, forse troppo, per non far ulteriormente inferocire il tizio in ansia temporale dell'organizzazione. “Veloci, veloci!”, ripeteva in trip da Bianconiglio di Alice. Incredibile: sono arrivata al punto che non m'importa nemmeno della foto. Ho raccontato a Cesare di quel concerto, di quell'appuntamento, di una delle ragioni per cui ero andata fin lì. “Come si dice, in spagnolo...?”, m'ha chiesto poi con quel suo accento bolognese. Si diceva quasi uguale, tra l'altro, ed io mi sono sentita un po' Vanessa Incontrada quando conduceva Zelig con Bisio. Poi, già che c'ero, la seconda copia. Criccava d'appiccicaticcio. Spero non si sia chiesto perchè. “Scusa, com'era il tuo nome che non..?”. “Ilaria”. “Ah, ecco. Grazie mille, eh?!”



Dieci anni dopo, rivivrò in un'altra Nazione un'esperienza simile a quella di Cesena. Con lo stesso entusiasmo. La stessa emozione. Lo stesso identico tremore alle gambe, sì. Anche se adesso parlo di più e la vita m'ha insegnato che cantare non ti rende“poco meno di un Dio”. Che le persone sono persone, solo che alcune fanno un lavoro più in vista di altre. Che hanno tutte difetti, oltre ad avere pregi. E, a conti fatti, è proprio tutto qui.

Ma poi io , in fondo, che ne so, di qual è il modo migliore per vivere la musica! Forse esistono solo mille modi diversi di integrarla nelle nostre quotidianità. Forse non è questione di essere fan o appassionate ascoltatrici. Né tantomeno di età, o di prospettive. Naa. Da anni, compro i dischi di Cesare originali. E se, per caso, m'imbatto in un articolo su di lui, non posso fare a meno di leggerlo. Da anni, i testi delle sue canzoni parlano anche di me.

Con Dani è lo stesso, solo che in più c'è questa voglia di abbracciarlo e dirgli “grazie” in loop continuo. In più, c'è il fatto che investo tutti i miei risparmi per seguirlo in tour. E una forma un po' diversa d'emozione. C'è tutto un micromondo che mi ha avvolta e che a volte detesto. E che però, quando non c'è, sento mancarmi da morire.

Eppure, in fondo, credo di aver bisogno di entrambe le prospettive. Di tutte e due le realtà. E forse, chissà...forse è proprio per questo che sogno di vederle,un giorno, fondersi in qualcosa.

1 commento:

  1. bellissimo!e sai cos'è la differenza?è solo il crescere....il vivere in maniera diversa le emozioni,ma soprattutto la consapevolezza di sapere che il cantante,null'altro è che una persona....e via i fanatismi giovanili!
    besos kit

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