“...Tra l'altro festeggi anche i
dieci anni di carriera solista”.
Curioso sia tra le poche
cose che percepisco, dalla mia postazione defilata al bar. Le parole
di Cremonini, risposta a una presentatrice che non vedo, m' arrivano
alle orecchie come sillabe indistinte. Colpetti di vocali. Brusio di
consonanti. Suoni cacofonici amplificati da un microfono che propaga
le onde in traiettorie a zig zag. Certo che ce n'è, di gente, qui
alla Fnac.
“Dieci anni? Già?”
Lo shock mi sfugge dalle labbra e dagli occhi, in direzione dello sguardo sempre allegro di Ale.
“Eh sì. Duemiladue”.
E, di colpo, ricordo
quell'incontro di Cesena. L'estate prima della mia maturità.
Ero poco più che una
ragazzina, allora. Una maglietta con i pupazzetti neri, kili in più
nascosti nei miei jeans a campana, e ancora nessunissima idea
dell'amore. Ripenso alle sensazioni che provavo, quando starmene così
lontana dal tizio che ora parla nel microfono sarebbe sembrato un
dramma insolvibile. Probabilmente sarei arrivata qui alle otto di
mattina, come la ragazzina mora incrociata per caso mentre pago il
drink al banco. Quella che si lamenta delle piccole ingiustizie che
nei suoi “m'é passata davanti” ha appena iniziato a scoprire.
Avevo pronunciato a
malapena due parole, in quell'incontro di Cesena. Le labbra cucite da
un'ammirazione incontenibile. Dal sogno che, d'un tratto, iniziava a
farsi realtà. Non era un ragazzo,quello che accanto a me mangiava
tortellini in brodo. Non era, nei miei occhi , neanche un essere
umano. Era Cesare Cremonini, quello che ogni mattina mi fissava dai
posters di camera mia. Era la persona che riusciva a farmi esultare
ogni volta che rispondeva a un mio messaggio sul forum. Era tutti i
miei dischi. Tutta la mia adolescenza formato canzoni. Era, a conti
fatti, poco meno di un Dio.
Dieci anni. E come sono
cambiate le cose. Ora che sono qui, a sudare copiosa in un ambiente
troppo caldo. Alla presentazione di un disco che non sono nemmeno
venuta a far autografare per me. Perché quel brivido, seppur
mitigato dagli anni, ora è per qualcun altro che lo provo. E
l'emozione prima di ogni incontro; la gioia di una risposta a mezzo
web; il cuore gonfio ogni volta che pronuncia il mio nome...Sì:
immagino sia questa, a conti fatti, la sottile differenza tra
un'appassionata ascoltatrice ed una fan. Passa tutta per il tremore
alle gambe. Per il nervosismo prima dei concerti. Per la vita, gli
incontri e i momenti pianificati in funzione di un tour. Ma é
davvero tutto qui, quel che succede? Che poi passano gli anni e ti
limiti alle note? Che l'entusiasmo scema, e tutto il resto diventa
accessorio? E' solo questo? Che la capacità di emozionarti per uno
sguardo o un cenno, semplicemente, di colpo ti abbandona? Voglio
dire: mi succederà pure con Dani?
Perchè mi rendo conto
che mi manca, e non lo so mica se è normale. Guardo Alberta,
l'affetto che esce come petali di rosa (mi perdonino i Sidonie, se
rubo un po' l'immagine) da ogni sua parola nei confronti del
cantante. Della sua gentilezza, della disponibilità con i suoi fans.
Ascolto le chiacchiere frizzanti, aneddoti condivisi tra Ambra ed
Elena. Persone che non conosco, e che in una storia a metà tra
schermo e vita vera hanno applicato alle loro esistenze colorate
piastrelle di allegria . Le osservo, tutte, parlare con il produttore
mentre attendono la fine dell'evento. Non fanno troppo caso, alla mia
proposta di andare subito in stazione. No. Vogliono aspettare, perchè
un cenno di saluto all'artista vale ancora, per loro, un bis di
sorrisi. Come succede a me con un tizio di Madrid. E, sinceramente,
io adesso le invidio.
E' che davvero, eventi
del genere non hanno senso senza quell'emozione. Io sento di averne
bisogno. Sento che mi arricchisce. Sento che...è così, per assurdo
che sembri, a me piace da morire. Ma evidentemente, per quanto mi
sforzi,con Cesare le cose non possono più essere come prima. Ho
passato la fase. Bruciato le tappe, chi lo sa. Non so perchè, ogni
volta che provo a tornare, la mia mente fugge così in fretta al di
là dei Pirenei. E mi sento in colpa. Comunque in colpa, in ogni
caso. Perchè si torna sempre lì, alla fine; alla stessa metafora di
infiniti post. Ché il primo amore, se lo re-incontri a distanza di
anni, risveglia ricordi. Ma mai, in nessun caso, le sensazioni di
prima.
Sono andata a Verona.
Giornata intensa di chiacchiere e treni. Ho comprato due copie dello
stesso disco. E poi, senza volere, c'ho versato sù un bicchiere di
coca cola. Sono andata a Verona, a una presentazione che – eccessi
di gente- non sono riuscita nemmeno ad ascoltare. Ed è stato allora
che il mio turno è arrivato. Ho reincontrato la persona che dieci
anni fa era per me poco meno di un Dio, e mi ha fatto tenerezza
l'idea di quella che ero. Ho parlato in fretta, forse troppo, per non
far ulteriormente inferocire il tizio in ansia temporale
dell'organizzazione. “Veloci, veloci!”, ripeteva in trip da
Bianconiglio di Alice. Incredibile: sono arrivata al punto che non
m'importa nemmeno della foto. Ho raccontato a Cesare di quel
concerto, di quell'appuntamento, di una delle ragioni per cui ero
andata fin lì. “Come si dice, in spagnolo...?”, m'ha chiesto poi
con quel suo accento bolognese. Si diceva quasi uguale, tra l'altro,
ed io mi sono sentita un po' Vanessa Incontrada quando conduceva
Zelig con Bisio. Poi, già che c'ero, la seconda copia. Criccava
d'appiccicaticcio. Spero non si sia chiesto perchè. “Scusa,
com'era il tuo nome che non..?”. “Ilaria”. “Ah, ecco. Grazie
mille, eh?!”
Dieci anni dopo, rivivrò
in un'altra Nazione un'esperienza simile a quella di Cesena. Con lo
stesso entusiasmo. La stessa emozione. Lo stesso identico tremore
alle gambe, sì. Anche se adesso parlo di più e la vita m'ha
insegnato che cantare non ti rende“poco meno di un Dio”. Che le
persone sono persone, solo che alcune fanno un lavoro più in vista
di altre. Che hanno tutte difetti, oltre ad avere pregi. E, a conti
fatti, è proprio tutto qui.
Ma poi io , in fondo, che
ne so, di qual è il modo migliore per vivere la musica! Forse
esistono solo mille modi diversi di integrarla nelle nostre
quotidianità. Forse non è questione di essere fan o appassionate
ascoltatrici. Né tantomeno di età, o di prospettive. Naa. Da anni,
compro i dischi di Cesare originali. E se, per caso, m'imbatto in un
articolo su di lui, non posso fare a meno di leggerlo. Da anni, i
testi delle sue canzoni parlano anche di me.
Con Dani è lo stesso,
solo che in più c'è questa voglia di abbracciarlo e dirgli “grazie”
in loop continuo. In più, c'è il fatto che investo tutti i miei
risparmi per seguirlo in tour. E una forma un po' diversa d'emozione.
C'è tutto un micromondo che mi ha avvolta e che a volte detesto. E
che però, quando non c'è, sento mancarmi da morire.
Eppure, in fondo, credo di aver bisogno di entrambe le prospettive. Di tutte e due le realtà. E forse, chissà...forse è proprio per questo che sogno di vederle,un giorno, fondersi in qualcosa.
bellissimo!e sai cos'è la differenza?è solo il crescere....il vivere in maniera diversa le emozioni,ma soprattutto la consapevolezza di sapere che il cantante,null'altro è che una persona....e via i fanatismi giovanili!
RispondiEliminabesos kit