Torno da Milano. In testa non ho quattro guerre mondiali ma il nuovo singolo dei Negrita, che con quella canzone condivide guarda caso uno degli autori. Si sente. Sembra leggermi dentro. Mi piace da morire.
Generazioni in ciclo, con le loro convinzioni, che mescolano i sogni a una manciata di canzoni.
Non è brutta, Milano. Non nel senso estetico del termine. Non per i canoni di bellezza che applicherei a una città. É solo che vive in un'eclissi perenne di sole e di gioia. Schiacciata nelle sue inspiegabili urgenze. Colonizzata da ragazzine intercambiabili in pelliccia sintetica ed identici paia di scarpe. Sono tribù urbane esose del tutto e dell'adesso, omologate finanche nei rituali di evasione. Milano ha perso la capacità di instaurare rapporti umani senza che ci sia di mezzo uno smartphone. E i passanti, per strada, non ti chiedono più indicazioni; ti dicono "scusa, ho la batteria scarica, puoi controllare sul cellulare dov'è questa via?". Come se il dispiacere per la non auto-sufficienza tecnologica fosse ormai diventato il peggiore dei peccati. L'intromissione nello spazio altrui, fosse anche per un secondo, un grave errore. Poi i quindicenni, sull'autobus, parlano solo delle differenze tra Samsung ed iPhone. Ti verrebbe da scuoterli, da urlare "VIVI! Cristo Santo, VIVI!". Ma ti sembrano tutti ipnotizzati. Vuoti. Privi d'anima. Perduti in un posto che mette tutto ciò che vuoi a tua disposizione, ma sempre a caro prezzo. Senza lasciarti neanche il gusto di bivaccare un po' più a lungo al tavolo di un bar. No, Milano non è brutta. Per niente. Insomma, guarda Brera. Guarda l'arco della pace. Guarda il cimitero dov'è sepolto Manzoni. Milano è solo geneticamente incapace a rilassarsi. Milano è una donna che si fa il botox senza capire che è lo stress la sola causa di tutte le sue rughe.
Torno da lì. Da una due giorni lavorativa che ha trovato spazio anche per risate e re-incontri. Ma ora è tempo di riaffrontare la routine. Quindi, nonostante il sommo dispiacere per non aver aver incontrato la Barbie (ci tenevo, sono una sua fan), vi condivido come di consueto i brani più condivisi della settimana. Ché non comprenderanno il nuovo dei Negrita (per ora!) eppure non per questo son da sottovalutare.
In Italia, il primo posto della Viral TOP 50 settimanale di Spotify se lo aggiudica "Go Out", dei Blur (secondo in Spagna). Lo seguono da vicino i Linea 77, a cui personalmente assegnerei un trofeo per la pubblicità più molesta della storia sulla piattaforma di music streaming (ragazzi, anche basta, per favore). Interessante osservare la presenza nella top 10 di "Satelliti nell'aria" di Giovanni Caccamo, che si conferma così uno dei maggiori trionfatori dell'ultimo festival di Sanremo. Per questo blog è poi di notevole rilevanza la presenza di un brano in lingua spagnola (Perdóname, Deorro) addirittura alla posizione numero 6. Con tante grazie allo spot del Nokia Lumia. Sempre a proposito di smartphone.
Nella Terra di Cervantes, Carlos Sadness continua a fare man bassa di condivisioni con l'ultimo progetto discografico, collocando un altro dei suoi brani in vetta alla classifica dei piú postati. In questo caso si tratta di "No vuelvas a Japón".
Particolarmente felice mi rende poi la presenza altissima degli Imagine Dragons (cuoricini) in entrambe le classiche, ancor più visto che conferma quanto già avevo constatato in un precedente post: il loro brano piú apprezzato dagli utenti dei social network di entrambi i Paesi (e, azzarderei, di tutto il mondo) è "I'm so sorry", terzo da noi e quarto in Spagna , dove è preceduto con pochissima distanza da Dream.
E voi vi sentite più italiani o più spagnoli, questa settimana?
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