Seconda puntata della mia rubrica modaiola. E, per la par condicio cuginesca (?), il look di
oggi è ispirato a El Pescao. In concreto, al disco del suo debutto
solista: quel Nada- Lógico che ha sopreso molti
per varietá stilistica e densità di hit.
Della copertina ho preso, ancora una volta, i colori predominanti,
per fonderli ad alcuni dettagli dell'abbigliamento abitualmente
sfoggiato da David Otero in occasione di videoclip, concerti e
attività promozionali. Ecco, allora, che i toni dell'azzurro e del
bianco si sposano perfettamente con una t-shirt a righe verticali che
tanto ricorda quella indossata dal musicista nella copertina della ri-edizione dell'album, o nel video musicale di "Castillo de Arena". Né tantomeno potrebbero mancare il
cappellino di paglia, la pashmina, e gli occhiali da sole a forma di
cuore che così tante volte ha usato per le sue coloratissime mise.
Il tocco in più? Gli orecchini a forma di pesce, che rievocano il
suo nome d'arte in un perfetto outfit “marinaresco”.
domenica 28 aprile 2013
I look ispirati ai dischi: Nada Lógico, de El Pescao.
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venerdì 26 aprile 2013
Il consueto omaggio al Record Store Day. In Ritardo.
È
passata (quasi) una settimana dal Record Store Day: ricorrenza che,
quest'anno, non sono – ahimè- riuscita ad onorare. E dire che
sarebbe stato il pretesto perfetto per comprare finalmente il cd dei
The Fun. Comunque. Siccome “meglio tardi che mai” bla bla, oggi
ho deciso di
rimediare condividendo con voi alcune riflessioni recenti sulle
modalità di ascolto dei miei dischi preferiti.
Perchè, insomma, il fatto che io adori il supporto fisico non dovrebbe più essere un mistero. La mensolina dei cimeli musicali è più o meno l'unico angolo di camera mia che trovo il tempo di spolverare con cadenza quotidiana. Senza contare che conosco a memoria alcuni dei ringraziamenti “storici” dei booklet: da Roberto Baggio in Squérez alla postilla di David Otero sulla prima pagina di Pequeño, passando per dediche misteriose tipo “A Campanilla, Claro”, nomi-di-fiori, “se mi sono dimenticato qualcuno magari l'ho proprio fatto apposta”, ed altre amenitá varie ed eventuali. Adoro (e dovreste saperlo) l'odore d'inchiostro non appena strappi l'involucro in plastica, la carezza delle dita sulla pagina patinata, la cura dei dettagli in ogni aspetto dell'artwork. Anche se poi la prima cosa che faccio é trasferire quel disco nell'Ipod. Perché sono contradditoria, é vero. D'altronde, ogni essere femmineo che si rispetti lo è.
Perchè, insomma, il fatto che io adori il supporto fisico non dovrebbe più essere un mistero. La mensolina dei cimeli musicali è più o meno l'unico angolo di camera mia che trovo il tempo di spolverare con cadenza quotidiana. Senza contare che conosco a memoria alcuni dei ringraziamenti “storici” dei booklet: da Roberto Baggio in Squérez alla postilla di David Otero sulla prima pagina di Pequeño, passando per dediche misteriose tipo “A Campanilla, Claro”, nomi-di-fiori, “se mi sono dimenticato qualcuno magari l'ho proprio fatto apposta”, ed altre amenitá varie ed eventuali. Adoro (e dovreste saperlo) l'odore d'inchiostro non appena strappi l'involucro in plastica, la carezza delle dita sulla pagina patinata, la cura dei dettagli in ogni aspetto dell'artwork. Anche se poi la prima cosa che faccio é trasferire quel disco nell'Ipod. Perché sono contradditoria, é vero. D'altronde, ogni essere femmineo che si rispetti lo è.
Credo
di avervi anche giá raccontato del mio rituale da primo ascolto.
Quello che riservo ai nuovi lavori degli artisti che piú ammiro. Li
infilo nello stereo del salotto, dove la qualitá del suono si
apprezza meglio. Alzo il volume. E poi mi stendo sul divano, in
religioso silenzio, ad assaporarne ogni singola nota, parola e
respiro. Ció di cui non mi ero mai del tutto resa conto, peró, é
che su quel divano, tutt'al piú, ho avuto riconferme. Che le scoperte, quelle vere, le ho fatte in viaggio. Sempre. Ogni disco che mi abbia segnata é entrato nella mia vita cosí. Su di un mezzo di trasporto in corsa.
Basta pensare ai tre barra quattro compositori che, al giorno d'oggi, per me significano di piú. Mi hanno raggiunta all'improvviso. Stilettate al petto. Incontri con canzoni che sembravano aspettarmi. Brani che, nell'attimo stesso in cui li ascolti, sai che dentro te hanno cambiato qualcosa. Non sono sensazioni che provi tanto spesso, ahimé. Forse anche per questo é difficile descriverle. Ma sono imprescindibili, per questa eterna urgenza di emozione. E, Dio le benedica, per me han trovato cornice sul sedile di un pullman. Su quello di un regionale. Su di un'auto che - quasi a chiudere il cerchio, faceva la rotta inversa di quella del mio primo amore musicale.
Voglio
dire, a me 'sta cosa fa pensare. Non so, é come se le colonne
sonore, in quanto tali, avessero bisogno di immagini in movimento. Ed
il migliore schermo, a conti fatti, resta sempre un finestrino. O magari é solo che guardare “In Treatment” sta iniziando a farmi effetti strani, che ne so. In
fondo, cosa diavolo vorreste pretendere da una che di notte sogna di
chiacchierare con Baudelaire? Era un vecchietto arzillo. Glielo
dicevo, io, che i suoi quasi 200 anni non se li portava niente male. Lui
continuava a chiedermi perché accidenti non stessi scrivendo. Poi, dalla mia copia de “I Fiori del Male”, cadeva un
foglietto con degli appunti su Enzo Miccio. E, al di lá di una
personale vergogna, vaglielo a spiegare, a Baudelaire, chi accidenti sia!
Vi lascio con i Dandy Warhols. In parte perché ci sta. In parte perché li ho riascoltati ieri, dopo secoli. E in parte perché, sí: pure loro li avevo scoperti in treno.
martedì 23 aprile 2013
Per la Festa del Libro, un'aggiunta fotografica al mio.
Pic.twitter.com:
non é sottolineato. Non cambia colore, se ci passi sopra con la
freccina del mouse. Eppure, se avete letto #Odissea,
in qualche modo su quel link ci avete cliccato lo stesso. L'ha fatto
la vostra mente, associandovi le foto immaginarie che i miei
personaggi si sarebbero divertiti a postare. Questa era la mia
intenzione, almeno. Sì, insomma: mi piaceva l'idea di spronare la
vostra fantasia sulla spinta di una descrizione breve. Ma, a volte,
si sa, può essere bello anche avere una traccia in più. Chessò,
magari trovare un riscontro post-lettura.
Oggi
si festeggia la Giornata internazionale del Libro. Quel catalanissimo
Sant Jordi che, in aggiunta di rose, fonde due tra le cose che amo di
più. A tal proposito, vi invito a leggere l'articolo che uscirà
domani sulla mia rubrica di Total Free Magazine, di cui – tutto
sommato – vado abbastanza fiera. Insomma, mi è sembrata la data
migliore per presentarvi la bacheca Pinterest dedicata alla mia opera
prima.
Lì
troverete i paesaggi che si suppone abbiano incorniciato le avventure
di Ulisse. Scoprirete, ad esempio, che una ricostruzione del Cavallo
di Troia domina a tutt'oggi la città turca in cui (si pensa) ne sono
state trovate le rovine. Vedrete che aspetto ha il fior di Loto,
droga per eccellenza dei Lotofagi Fricchettoni che tanto mi sono
divertita a ritrarre. Ammirerete il porto di Itaca, in uno scatto in
cui la barca ormeggiata sul fondo vi suggestionerà. E poi, ancora,
uno scorcio della spiaggia di Corfù, in cui è stata identificata la
terra dei Feaci. L'inquadratura, presa da dietro a una vegetazione
brulla, vi farà immaginare Ulisse, accucciato là dietro a guardare
Nausica che gioca a palla con le sue ancelle. Ma non è tutto.
Perchè, sulla pinboard di #Odissea (che, del resto, è in continuo
aggiornamento) sono raccolti anche gli articoli sulle presentazioni
del libro, alcuni momenti per me significativi nella gestazione dello
stesso, e...sì, persino i miei amati involtini di vite. 'Somma,
Follou mi. E
Buona visione!
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lunedì 22 aprile 2013
Ecco perchè non parlo di politica.
La Spagna è al terzo
posto in Europa per opportunità offerte all'imprenditoria giovanile.
Nonostante la crisi. Nonostante tutto. Ormai da giorni non penso che
a 'sta cosa, sentita di sfuggita al tg di TVE.
Vedete: io non ho mai
parlato di politica in questa sede, e certo non intendo cominciare
ora. Sono quella che insegue salatini con le erbette, pur di sfuggire
ai candidati regionali. Manca un giorno al voto ed immancabilmente
eccoli lì, a fare ruote da pavoni ai vernissage. “Il voto è
importante”, mi han detto. Salatini. “Mi raccomando, eh?”,
m'hanno strizzato l'occhio. Ancora Salatini. Perchè, dite quel che
volete: sono l'unica salvezza, i salatini. L'unico pretesto non
alcolico per evitare inopportuni scoppi d'ira.
E' solo che, ogni tanto,
la classe dirigente rispecchia veramente ciò che siamo. E guardate
lì. Guardate ai massimi vertici. Pensate ad un signore di quasi
novant'anni rieletto nel momento stesso in cui un po' tutti vorremmo
cambiare. Non ditemi che non ci ritrovate un Paese interno. Un paese
vecchio. Stanco. Inesorabilmente stantio. Dove chi ci governa non
riuscirebbe a mettersi d'accordo neppure sui gusti della pizza. E ci
regala titoli ancora una volta poco lusinghieri su pressochè tutti i
quotidiani stranieri.
Fa differenza, allora,
dove metto la crocetta? Se associo il mio nome ad un partito o a una
persona? Tanto, ad un'idea, non potrei associarlo in nessun caso.
Perchè di idee, mi sembra, non c'è proprio nessuno disposto a
difenderne davvero.
Io, se penso all'Italia,
vedo una gigantesca palude. Nient'altro. E, invece, avrei bisogno di
un futuro. Di un domani di cui ormai non resta neanche la speranza.
Ma il punto è che non sono sola. Il punto è che siamo in tanti,
troppi, a sentirci addosso questo schifo. Penso a come questo
sentimento condiviso potrebbe svilupparsi. Penso allo sbocco naturale
delle troppe ali tarpate, e...possibile che non lo vedano? Possibile
che nessuno si accorga che la corda è troppo tesa? Sono lì, troppo
presi a litigare per capire che, se i giovani non vedono un futuro,
hanno davanti a sé due soluzioni: e, se la prima è andarsene,
l'altra è molto meno pacifica. Non so a voi, ma a me entrambe fanno
paura.
Allora preferisco parlar
d'altro. Chessò, magari delle opere di Federica Gonnelli. Chè,
oltre ad avere un bel po' di talento, almeno è una ragazza in lotta
per un sogno. E l'arte, in tutte le sue forme, rimane pur sempre
l'evasione migliore. O magari stilo liste di ciò che mi fa star
bene. Mi ubriaco di flamenco. Mi tingo le unghie di rosso. Esco sotto
la pioggia coprendomi il capo con un trench. Magari, sì, magari mi
bevo anche uno spritz a stomaco vuoto, e al diavolo gli effetti. A me
è di questo, che piace parlare. Dei fiori neri a pois bianchi che
completano un'acconciatura. Delle canzoni sempre diverse che mi
svegliano al mattino. Dei miei sbalzi d'umore e le mie idee bizzarre,
per cui mi sento mille volte più pazza che geniale.
Non tratto la politica, mai. Con tutto quello che succede, più di qualcuno lo prenderà come un disinteresse. Invece lo faccio perchè, dopo quasi cinque anni, mi sto ri-adattando al mio Paese. Ascolto musica italiana. Apprezzo le varietà regionali di culture ed accenti. Ho perso quella lieve cadenza andalusa quando parlo spagnolo. E, prima che potessi accorgermene, ho riguadagnato pure la rassegnazione. Questa pigrizia che in Spagna non ho mai sentito. La poca predisposizione al coraggio e al movimento che immancabilmente, subdola, questa dannata terra ti contagia.
Poi sento questa cosa, a
TVE. Questa faccenda delle opportunità all'imprenditoria giovanile.
Ed è vero: la politica iberica è tutto fuorchè un esempio di
decenza ed onestà. Ma, se non altro, alle idee non oppongono
muraglie di burocrazia. Uno spiraglio di domani, almeno, lì lo si
riesce ancora a intravvedere.
Il punto è questo: dopo
quasi cinque anni, mi sento finalmente tornata. Se non parlo di
politica, è solo perchè ogni volta che ci penso mi accorgo di quanto
questo sia il più grande dei miei errori.
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giovedì 18 aprile 2013
I look ispirati ai dischi: Pequeño, di Dani Martín.
Tranquilli: non ho cambiato idea sulle mie velleità da Fashion Blogger. E' solo che ho scoperto Polyvore. Dicesi social network (sí, un altro) che permette di creare look originali assemblando quantitá infinite di vestiti. Insomma, una specie di versione 2.0 del giocare con le bambole. Solo senza bambole, e pure senza spendere una lira. In poche parole, una figata.
Quindi - visto che, tendenzialmente, sono un'anima creativa- ho deciso di sfruttarlo per una nuova rubrica. Da oggi, a scadenza più o meno regolare, cercherò di proporvi dei look ispirati alle copertine dei dischi che amo. Ovviamente, all'interno delle sottocategorie nazionali spagnola e italiana. Altrimenti, che diavolo c'entrerebbe con il blog?
Per iniziare, non avrei potuto scegliere nessun altro. L'outfit di oggi é modellato su Pequeño, il primo album solista del mio Dani Martín.
Nella copertina lo si vede disteso su di un prato, faccia a faccia con il suo bulldog inglese Blas. Gli abbinamenti che propongo giocano con i colori che dominano la scena, per uno stile di abbigliamento il piú possibile adatto ad una passeggiata col cane in quello stesso spazio erboso. Immancabile il giubbotto di jeans, che richiama gli indumenti del cantante
Il tocco in piú? La stampa sulla T-shirt bianca. Il motivo della bici stilizzata richiama le illustrazioni realizzate nel booklet dal collettivo artistico Boa Mistura, divenute poi il filo conduttore anche della scenografia del tour.
Quindi - visto che, tendenzialmente, sono un'anima creativa- ho deciso di sfruttarlo per una nuova rubrica. Da oggi, a scadenza più o meno regolare, cercherò di proporvi dei look ispirati alle copertine dei dischi che amo. Ovviamente, all'interno delle sottocategorie nazionali spagnola e italiana. Altrimenti, che diavolo c'entrerebbe con il blog?
Per iniziare, non avrei potuto scegliere nessun altro. L'outfit di oggi é modellato su Pequeño, il primo album solista del mio Dani Martín.
Nella copertina lo si vede disteso su di un prato, faccia a faccia con il suo bulldog inglese Blas. Gli abbinamenti che propongo giocano con i colori che dominano la scena, per uno stile di abbigliamento il piú possibile adatto ad una passeggiata col cane in quello stesso spazio erboso. Immancabile il giubbotto di jeans, che richiama gli indumenti del cantante
Il tocco in piú? La stampa sulla T-shirt bianca. Il motivo della bici stilizzata richiama le illustrazioni realizzate nel booklet dal collettivo artistico Boa Mistura, divenute poi il filo conduttore anche della scenografia del tour.
Outfit inspired by Dani Martín's Pequeño cd artwork di luna84 contenente bangle jewelry
Allora? Vi piace o no?
martedì 16 aprile 2013
Grazie Dani! (No, non lui, l'altro).
Non so se ricordiate questo post. Beh, nemmeno io, tranquilli. Non prima che un nuovo commento riportasse il video in auge sulla mia bacheca di Youtube. E, assieme a lui, anche il proposito di condividere quel vecchio scritto col suo autore.
E allora io lo voglio ringraziare, Dani Gancho. Tutto qui. Perchè non so se davvero lo pensa, che scritti come il mio lo spronano a continuare. So, però, che a me commenti come il suo fanno venire voglia di scrivere ancora. In un periodo di annunciata crisi creativa non è per niente poco.
E allora io lo voglio ringraziare, Dani Gancho. Tutto qui. Perchè non so se davvero lo pensa, che scritti come il mio lo spronano a continuare. So, però, che a me commenti come il suo fanno venire voglia di scrivere ancora. In un periodo di annunciata crisi creativa non è per niente poco.
Poi chissá se la fará davvero, la cover di "Le parole non servono piú". Sarei curiosa di ascoltarla. Se non altro per capire come accidenti tradurrebbe "cataclismi di attimi sparsi".
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lunedì 15 aprile 2013
Turismo in Musica: i videoclip girati a Barcellona
Dì ad un italiano
“Spagna”; e quasi certamente risponderà “Barcellona”. Ecco
perchè rintracciare i videoclip ambientati in una città concreta
non era mai stato così facile. Tra i numerosi connazionali che mi
hanno anticipata, segnalo in particolar modo i blogger di Zingarate.
Integrare il loro già ben fatto elenco ragionato mi permette, oggi,
di regalarvi la terza puntata di “Turismo in Musica”. D'altronde,
dopo il post su Madrid, non avrei potuto scegliere altra
destinazione. Voglio dire, già si odiano abbastanza. Non sia mai
che, vittime di mancate par condicio, i catalani poi si incazzino con
me. C'ho pure il cognome di sonorità
appropriate: mi sentirei in colpa mica poco.
Shakira – Loca
La consorte di
Piquè, ormai barcellonese di adozione, è protagonista di uno dei
video più chiacchierati tra quelli girati nella ciudad condal. Il
tuffo nella fontana del Born, unito al giro in moto senza casco per
il Passeig Joan de Borbó, è valso alla
pop star una colossale multa per comportamento
inappropriato. L'episodio, manco a dirlo, é passato di diritto alla
Storia del Gossip Mondiale. O, volendo essere malvagi, a quella di una riuscita promozione.
Sará stato anche guardare Amsterdam a renderlo contentissimo, ma il video l'ha girato a Barcellona. Certo, non che la cittá si veda molto. Ma il Tizianone nazionale ha messo sú un autentico micro-film d'effetto, per cui il play vale comunque la pena.
Evanescence- My immortal
Il Barrio Gotico, uno dei quartieri che preferisco, si apprezza in tutta la sua bianconera bellezza in questo storico (e meraviglioso) clip degli Evanescence.
Zero assoluto – appena prima di partire
E' un autentico spot, quello che gli Zero Assoluto regalano a Barcellona. La band, che buona parte delle ragazzine spagnole conosce per colpe o meriti del solito Moccia, ha ritratto la cittá con la piú turistica delle visuali. Il Barrio Gotico, la Estación de Francia, il panorama dal Mirador de Barcelona e l'immancabile spiaggia della Barceloneta sono alcuni dei luoghi di cui vi faranno innamorare.
Fervente ammiratrice della cittá, la
piccola grande Kylie é stata avvistata in piú di un'occasione per
le strade di Barcellona durante qualche pausa dai suoi impegni
professionali. Non stupisce, quindi, che abbia deciso di ambientare
il videoclip di Slow proprio a bordo della piscina olimpica del
Montjuic.
Sud Sound System feat. Morgan/Heritage- Piano
E'
ancora il fascino della Barceloneta, ritratta nella duplice versione
diurna e notturna, uno dei tanti protagonisti di questo curioso
videoclip. La tizia valigio-munita, attraversando a piedi l'intera
cittá, macina piú kilometri di me nei momenti migliori. E fa girare ben piú teste. Ma, su questo, sorvolerei.
Lucas Masciano – Al Diablo con Todo
Argentino trapiantato a Barcellona, anche Masciano ha scelto la sua cittá adottiva come cornice di uno dei suoi primi successi. La Rambla, la rete della metropolitana e Plaza Catalunya sono alcune delle location che si apprezzano.
Ligabue– il meglio deve ancora venire
Argentino trapiantato a Barcellona, anche Masciano ha scelto la sua cittá adottiva come cornice di uno dei suoi primi successi. La Rambla, la rete della metropolitana e Plaza Catalunya sono alcune delle location che si apprezzano.
Ligabue– il meglio deve ancora venire
Diciamocelo: un
brano con un messaggio cosí ottimista non poteva che trovare la sua
degna collocazione in terre ispaniche. E Ligabue, del resto, sembra aver visto in Barcellona un set particolarmente congeniale, visto che
sono ben due i videoclip che ha scelto di girarci. In questo, come si
legge nella nota ufficiale della Warner, “il
Luna Park del Tibidabo dipinge una cornice tra gioco e sogno, in cui
magnificamente si perde l'attrice Isabella Ragonese, protagonista
d'eccezione”.
Ligabue –il centro del mondo
Inizia in un'affollata Plaza Catalunya, il video che accompagna uno dei brani piú romantici che il rocker di Correggio abbia mai scritto. Tra viaggi nel tempo e una fotografia bellissima, le sue note ci portano a scoprire i molteplici aspetti della cittá e dei suoi dintorni.
Boy – little numbers
Bel video per una bella canzone che – confesso – non conoscevo. Dal Parc Guell al Mercado de la Boquería passando per il Born, non c'é luogo emblematico della cittá che non sia facilmente riconoscibile. Tra l'altro, mette un sacco di allegria.
Eros Ramazzotti - Cuanto amor me das
Se si parla di italo-spagnolismi Eros, a quanto pare, non si tira mai indietro. Notevoli, ancora una volta, le vedute panoramiche che fanno da sfondo ad uno dei suoi Grandi Classici. Qui, lo riporto in versione castigliana.
Natalie Imbruglia – Big Mistake
Decisamente una Barcellona insolita ed anti-convenzionale, quella ritratta in questo vecchio video dell'australiana. Il malcapitato protagonista, oltrettutto, mi fa seriamente pena. Poraccio.
Montserrat Caballé e Freddie Mercury – Barcelona
Se si parla di italo-spagnolismi Eros, a quanto pare, non si tira mai indietro. Notevoli, ancora una volta, le vedute panoramiche che fanno da sfondo ad uno dei suoi Grandi Classici. Qui, lo riporto in versione castigliana.
Natalie Imbruglia – Big Mistake
Decisamente una Barcellona insolita ed anti-convenzionale, quella ritratta in questo vecchio video dell'australiana. Il malcapitato protagonista, oltrettutto, mi fa seriamente pena. Poraccio.
Montserrat Caballé e Freddie Mercury – Barcelona
Non
potevo concludere altrimenti. Autentico capolavoro
dell'indimenticabile Freddie, che con Montserrat Caballé ha inciso
un disco intero, questo brano omaggiava la cittá catalana in modo
solennemente impeccabile. Nel video, i due cantano assieme in
occasione delle Olimpiadi di Barcellona. E, sarete d'accordo, la
cosa commuove un bel po' .
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sabato 13 aprile 2013
I piú ascoltati in Italia e Spagna: post semi-serio con echi astrologici.
Una vecchia canzone di Renga, riaffiorata dai ricordi in base a chissà
quale meccanismo cerebrale. Eventi che si accumulano in una stessa
serata. E in testa, a fregarmi, ancora il rapporto tra tempo ed idee.
Oggi va così, poco altro da dire.
Certo, a meno che non vi interessi sapere quanto costa l'affitto della mia futura casa. Perchè li ho poi guardati, i prezzi. D'altronde si sa, che sono esperta nel farmi del male.
Si
parla di 450 euro al mese. 500 a dir tanto. Mi riferisco a monolocali
da 60-70 metri quadrati. Ammobiliati. Con tutte le caratteristiche
di cui avevo sognato. 500 euro, capite? Basterebbe uno stipendio
medio-basso, altro che milioni! Solo che la devo smettere, di dar
ragione agli oroscopi de Il Piccolo. Perchè io non è che ci credo; Non è che li interpreto. Io proprio mi impegno a metterli in
pratica. Prendete quello dell'altr'anno. Diceva: “2012: periodo di viaggi”. Ed io cos'altro ho fatto, se non prendere aerei? Per il
2013 prevedeva che avrei avuto voglia d'indipendenza. Ed eccomi qui,
a cercare annunci su pisos.com. Sono patetica.
Comunque.
Il fatto è che ho una specie di blocco dello scrittore. O della
blogger, quel che è. Come se i troppi progetti grafico-visivi che ho in
programma rendessero gelose le parole. Come se si rifiutassero di
disporsi nell'ordine giusto, che ne so. Non potete neanche immaginare
quanto questa cosa mi faccia star male. Dormo male. Mi angoscio. Premo il tasto “delete” con troppa
frequenza per non sentirmi frustrata. Finchè mi viene da piangere
forte. Proprio coi singhiozzi e i moccoli, in pieno stile bimba capricciosa.
Insopportabile agli altri, oltre che a me. Scaglierei il
computer contro il muro con la stessa violenza con cui in era
analogica appallottolavo i fogli. E Keep Calm un corno, dannazione. Avreste anche un po' rotto, coi Keep Calm.
Poi sarà
l'ascendente Scorpione. Cioè, gli Scorpioni sono tormentati, no? Lo
diceva un tizio, l'altro giorno, su Teletruria (sì, lo so, non fate
domande). E a me non bastava nascere cocciuta come una capricorno da
copione. No. Io dovevo essere testardamente tormentata. Mi par
giusto. Anche l'astrologia doveva rendermi la vita un casino.
Insomma:
mi perdonerete, se il post non è all'altezza delle vostre
aspettative. E' che, persa ogni speranza di apparire interessante,
non restava che pescare a pieni mani da un articolo di Rolling Stone.
L'edizione spagnola, intendo. Quella che ha da poco reso noti i
risultati di uno studio sulle abitudini di consumo musicale degli
universitari iberici. Se ne evince che gli artisti locali vengono
generalmente preferiti a quelli internazionali. I più ascoltati
sono, in quest'ordine: Estopa, Fito y Fitipaldis ed El Canto del
Loco. Al quarto posto c'è David Guetta, il più apprezzato (sigh!)
tra gli stranieri. Soltanto noni gli
intramontabili Beatles.
Il
dato è interessante anche perchè proprio ieri Spotify ha diffuso i
dati sugli artisti più ascoltati online in Italia. E, al contrario
degli universitari spagnoli, noi continuiamo ad essere immancabilmente esterofili. I
più cercati sono i The
Lumineers, seguiti da Pink e Calvin Harris. Per trovare degli italiani bisogna scendere al decimo posto, dove il più amato pare essere ancora Max Gazzè. Dopo di lui Marco Mengoni, Fabrizio de Andrè e Lucio Dalla.
Se ne evince che se Gazzè duettasse con gli Estopa ne verrebbe fuori un italo-spagnolismo da best seller.
Non
riesco proprio a immaginarmelo, però.
lunedì 8 aprile 2013
Nek duetta con Sergio Dalma. Io, con i weekend di sole.
Dicesi: primo weekend di sole dopo tempi immemori. Comporta: subitanea apparizione di margherite; Ronzio di tagliaerba/seghe elettriche profuso in stereo alla Domenica mattina (ve possino...!); E tutta un'altra serie di danni collaterali.
Il mio entusiasmo, per esempio. Perchè io, si sa, sono meteoropatica. Mi basta un po' di cielo azzurro, e d'improvviso sembro in preda all'effetto di oppiacei. Ma roba grave, eh? Tipo che mi innamoro di ogni oggetto che vedo, soprattutto se si tratta di una gonna lunga in pizzo esposta da Tezenis. Morale: finisco per voler acquistare, assieme a lei, ogni singolo capo di vestiario appeso nei negozi di Trieste. E lo faccio esternando la mia approvazione in esclamazioni troppo acute tra cui la più frequente è “l'ho visto su Pintereeeest!”. Davvero: quel social network mi sta facendo malissimo. Però fa benissimo all'economia.
La gonna di Tezenis. In nero è molto più carina.
Insomma, nel disperato tentativo di scaldarti ti fai fuori tre bicchieri di vino bianco, un quartino di baileys e una camomilla bollente. La conseguenza è che finisci per capicollare sul divano davanti alla classifica di Video Italia. Al primo posto c'è Renato Zero, al secondo i Modà e al terzo Ramazzotti. Quando si dice la depressione. Ergo, borbotti qualche indignazione non del tutto comprensibile, e concludi il weekend con una consapevolezza: l'uomo della tua vita sarà quello che ti chiederà di sposarlo con un anello di calamaro.
In mezzo a tutto questo, ho anche scoperto che Nek ha duettato con Sergio Dalma. Un italiano filo-ispanico e uno spagnolo filo-italico uniti in “La Mitad de Nada”. Il singolo è appena uscito in Spagna e... capirete: sembrava fatto apposta per il blog. Con loro (e con i fastidiosi stacchetti di Cadena Dial) vi auguro un buon inizio di settimana.
sabato 6 aprile 2013
Un appartamento vista Malagueta.
Malagueta batte Paseo del
Prado. Ho deciso dove voglio vivere, scelto l'obiettivo da inseguire.
E, come quasi sempre, ha vinto il mare.
Lo so, per voi
probabilmente non c'è niente di nuovo. Se il mio blog fosse un
libro, lo stroncherei parlando di sviluppi scontati. Si capiva dalla
prima riga, dai. Che razza di colpo di scena sarebbe? Solo che le
cose, nella vita, non sono mai così semplici come in una trama di
finzione. Dovrei mettermici più spesso, nella pelle dei personaggi
generati da menti altrui.
Il punto è che ho sognato dei numeri, l'altro giorno. Li ho giocati. E così, quasi per scherzo, mi sono messa a fantasticare. "Se diventassi milionaria", mi son chiesta, "dove accidenti mi trasferirei"? Devo dire che ha sorpreso anche me, la facilità con cui mi sono data una risposta. Ferma. Senza alcuna obiezione, punto sospensivo o virgola. Perché per Madrid, in fondo, da María Zambrano parte pur sempre l'Ave.
E
allora Malagueta sia. Un appartamento anche piccolo ai piani alti
di quegli edifici moderni a bordo spiaggia. Ecco, è lì che voglio
stare. Dove ogni giorno, aprendo la finestra del salotto, io possa
vedere il mediterraneo. I turisti inglesi dalla pelle arrossata che
affollano i chiringuitos. Gli studenti erasmus che si comprano la
pizza da mangiare sulla sabbia, ancora nel cartone, ai primi sintomi
d'estate.
Ed è vero, avrei potuto scegliere piuttosto una delle
villette basse nella zona de El Limonar. Sono di certo più
graziose. Più tranquille. E, sulla spiaggia di Pedregalejo, i
ristoranti di pesce hanno miglior qualità.
Però hanno un altro
vantaggio, quei condomini esternamente anti-estetici con vista
Malagueta. Ed è che, con dieci minuti scarsi di cammino, sei già in
centro. Con meno di cinque arrivi a un supermercato aperto
ventiquattr'ore. Se non hai voglia di spostarti troppo, hai persino qualche discoteca pretenziosa a due passi. E nella notte di San
Juan, dalla finestra, ti godresti tutti i faló ed i concerti che vuoi.
Sembrerà stupido, ma ci
ho pensato così a lungo che mi sembra di abitarci già.
Di piú: mi ci visualizzo con tanta nitidezza che mi sembra
inevitabile che accada. Insomma: giá
soltanto immaginarlo mi riempie di una felicitá talmente
incontenibile da essere inumana. E quando sai, quando capisci
finalmente dov'é che saresti felice, beh...non cercare di andarci
sarebbe un'idiozia. E allora al diavolo chi dice “c'é la crisi”!
Chi scuote la testa, statistiche alla mano, ripetendo che “non é il
momento, sai”. Perché mi sono resa conto, scherzando coi miei
sogni, che essere milionaria non mi serve affatto.
Voglio
dire: gli affitti sono bassi, a Málaga. Qualcuno di quegli
appartamenti l'avevo appuntato sulla lista dei possibili giá
quand'ero in Erasmus. Il che, vista la scarsitá economica della
borsa di studio, dovrebbe giá risultarvi indicativo. In quella
cittá, poi, ho piú amici di quanti io ne abbia nel luogo in cui
vivo ora. Il che vuol dire che la vita sociale, no, nemmeno quella
sarebbe da costruire da zero. Senza contare il dato piú importante:
il lavoro. Per quello che svolgo ora basta una connessione ad
internet. Lo posso fare da qualsiasi angolo del globo: l'aveva detto
a suo tempo anche la mia “capa”.
Quindi, sí, probabilmente avrei dovuto parlarvi di Bigas Luna. Di una perdita che ha scosso me, il cinema europeo, e Dani Martín. Avrei dovuto dirvi che è tornato su twitter per un dovuto messaggio di tristezza e condoglianze, come del resto ci si sarebbe potuti aspettare. E quindi parlarvi dello schifo che quest'oggi ho provato per la razza umana, quando per quel messaggio migliaia di ragazzine hanno avuto il coraggio di gioire. Di scrivere: “che bello, sei tornato!”. Di chiedere del disco, del tour, dei progetti futuri. Senza rendersi conto del contenuto di quel che il loro idolo aveva scritto. Senza mostrarsi minimamente in grado di discernere i momenti giusti da quelli sbagliati, né mostrare rispetto per la morte ed il dolore. Sí, avrei dovuto parlarvi di questo. Di quanto a volte mi faccia venire la nausea il micromondo a cui pur spesso mi sono sentita appartenere.
Avrei
dovuto, giá. Ma oggi ho preso una decisione troppo importante perché
qualsiasi altro evento arrivi a metterla in secondo piano.
Oggi
ho deciso che vivró in quei dannati condomini sulla Malagueta. Lo
faró, e basta. Non importa quanti anni ci impieghi. Mi impegneró
nel lavoro ancor piú di quanto abbia fatto fino ad ora. Cercheró di
essere impeccabile, fino a guadagnarmi un aumento di stipendio. Una
posizione piú stabile. Una cifra che mi garantisca di essere
indipendente. E, non appena l'otterró, prenderó un aereo.
Con una
valigia da 25 kili in stiva e, all'orizzonte, tutta intera la mia
felicitá.
mercoledì 3 aprile 2013
I Negrita a Trieste, e quel po' di Spagna dentro a "Gioia Infinita".
Me l'ero sempre chiesta, come diavolo facesse “Gioia Infinita” a descrivere così bene il mio ritorno dall'Erasmus. Quel che non immaginavo è che un giorno avrei avuto una risposta. Che sarebbe successo un Venerdì di pioggia. Santo, il Venerdì. Di quelli in cui, pur di essere a tema, il flash ti dipinge aureole sulla parete scura del Burger King. Omaggio dovuto, vista la tua – Santa pure lei – pazienza verso i tredicenni imberbi con cui condividi il Regionale. Vuoto, tranne il posto accanto a te. Occupato da un'angelica biondina che mai e poi mai avresti detto stesse aspettando amici. Cercava pure di calmarli, poverina. “Dai, c'è gente!” Donna batte uomo mille a zero, almeno al di sotto della ventina. Perchè loro no, la quiete pubblica non l'hanno mai sentita nominare. Si spintonano. Urlano cose stupide a troppi decibel. E se appena volti lo sguardo in loro direzione, sfoggiano inopportune pose da bulletti. Credono non l'abbia sentito, quel “che cazzo vuoi?”. Ignorano che, tra un concerto pop-rock ed un hamburger di pollo, almeno nella non-violenza scelgo di rispettare le festività. Sospiro. Il pensiero stesso d'esser stata adolescente, adesso, mi inquieta. E intanto le gocce, sul finestrino, si rincorrono: danza fuori tempo sulle note del mio ipod. Ora che la fiesta è andata...
Aveva piovuto anche quel giorno, se non ricordo male. La natura s'impegnava a mandare a monte uno dei concerti clue della Barcolana. E non sapeva che, tanto, ci avrebbe pensato l'uomo. Succedeva anni prima. Ancora ignara di quanto stesse per cambiare la mia vita, m'innamoravo in anteprima di “Notte Mediterranea”. I Negrita, dal vivo, non li avevo più visti da allora.
E adesso sono qui, davanti alla biglietteria del Teatro Rossetti. Neanche l'ora abbondante passata alla Lovat è bastata ad asciugarmi del tutto i vestiti. Impreco mentalmente, spostando lo sguardo dalla borsa in pelle all'orologio. La simpatica coppietta, neanche la vedo arrivare.
“Scusa”, mi fa sobbalzare lui con un marcato accento triestino, “è questo l'ingresso principale?”
“Credo di sì. O, almeno, lì c'è la biglietteria, perciò...”
“Ah, ottimo. Perchè gavemo appuntamento alle sete e mesa all'ingresso principale e...”
“Sì, anch'io”, lo interrompo in un sorriso mentre mi chiedo perchè mai mi dovrebbe importare.
Del tutto inaspettatamente, lui si illumina. E anche lei sembra, di colpo, molto interessata.
“Davvero?! Te se vedi anche ti coi schizzadi qua che ga el concerto?”.
“Ehm, no, veramente io sto aspettando una mia amica.”
Ci metto un po' a realizzare. Schizzadi. Concerto. Sete e mesa. Oddio! No, aspetta. Non può essere che...
“Bohm, scolta, noi 'ndemo dentro che almeno no se bagnemo. Grasie sa”.
“Di niente!”
L'sms di Giada vibra il suo imminente arrivo in tasca. E, mentre lo leggo, mi chiedo se non sia il caso di avvisarla. Sì, insomma, di dirle che per caso ho scoperto che i Negrita saranno qui tra dieci minuti scarsi. Sto già digitando eccessi di esclamazioni. Poi, di colpo, penso che magari ho travisato ogni cosa. Sì, insomma, magari i due tizi erano amici di qualche strumentista, tecnico, operatore di palco. Mica me l'hanno detto chiaramente, no? Massì, è che sono troppo abituata a investigazioni da groupie, tutto qui. Deridendo la mia stessa demenza, premo con troppa foga il tasto “cancella”. Agli “oddiooo” sostituisco un più sobrio “ti aspetto”. Indice su “invio”. Attesa della conferma. Scuotimento divertito del capo. Poi, rialzo lo sguardo sulla pioggia inclemente. E resto interdetta, di nuovo.
Voglio dire, a me 'sto qui sembra di conoscerlo. Un tipo alto, con un filo di barba biondiccia e un cappellino grigio in testa. Cammina nella più totale solitudine a pochissimi centimetri da me. Me ne accorgo ora: sta parlando con qualcuno al cellulare. Ha un accento di fuori. Un accento toscan... Naaa. Sgrano gli occhi nel mio più eloquente sguardo da “sei proprio te?”. Lui aggrotta le sopracciglia nel più eloquente dei “sì”. Dopo di che, sparisce al sicuro tra le pareti del bar.
E, cinque minuti dopo, arriva Giada.
“Sai, penso di aver appena visto Pau”.
Da quel preciso istante, le sue amiche mi iniziano ad odiare.
D'altra parte non posso neanche fingere di essermi sbagliata. Non quando sale sul palco con addosso quello stesso cappellino grigio. Il concerto ha inizio così.
E sarà un concerto favoloso. Magistralmente costruito in un ramping di ritmi e densità di hit. Fatto per dimostrare che Unplugged non significa per forza brani lenti e noia mortale. Anzi. Chè io, in maniche corte, ci rimango dopo meno di mezzora. Scalmanata. Senza voce. Con i brividi sul corpo alle prime note di Luna, e strane botte di uno pseudo-orgoglio quando parte “Brucerò per te”.
“Sai, il testo di questa l'ha scritto Il Cile!”
Urlo all'orecchio della mia malcapitata vicina. Lei mi risponde “ah sì?”, ma probabilmente sta pensando “e quindi?”. Anzi, forse si sta chiedendo che c'entra 'sto monotematismo su Cilembrini, di cui le sto parlando più o meno da tre ore. Insomma, dovrei chiacchierare di Dani. Sarebbe molto più in linea col mio personaggio. Invece di Dani continuo a sognare il funerale. E mi sveglio anche parecchio agitata. Mah.
Io ogni tanto mi vedo dall'esterno.
E mi abbatterei a badilate.
E mi abbatterei a badilate.
Poi, a un certo punto, succede. Pau si toglie il cappello, ed introduce Gioia Infinita.
“Sapete” - attacca - “Siamo particolarmente contenti di essere qua. Per noi è una specie di rivincita, perchè l'ultima volta che siamo stati a Trieste, alla Barcolana di qualche anno fa, ci hanno trattato di merda. Ci hanno fatto smettere di suonare dopo soli due pezzi, davanti a diecimila persone, perchè il sindaco aveva litigato con gli organizzatori, che avevano litigato con non so chi. Siamo andati via da lì incazzati. E, il giorno dopo, siamo partiti per una tourné in Spagna. Al ritorno da quell'esperienza è nata Gioia Infinita”.
“Ecco perchè”, riesco a dire con un filo di voce. Nella mente, Málaga. Il volo del ritorno. L'appartamento vuoto con i pochi scatoloni da spedire. La despedida.
Ecco perché. E quasi piango, ché un perché c'é sempre. Perché le canzoni della vita...no, non é il contrario: sono comunque loro che scelgono te.
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