martedì 17 ottobre 2017

Madame Bombay e altri 3 negozi "alternativi" da scoprire nel centro di Málaga.

Amo i negozi piccoli e curati, quelli in cui tutto sembra avere un'anima. 
E con loro amo le persone che si sforzano per proporre qualcosa di diverso, lottando giorno dopo giorno contro le inevitabili difficoltà. 

Spesso, a Málaga, capita che le due cose si fondano in un sorriso. 
É allora che mi ricordo come l'utilità di un blog risieda anche - forse soprattutto- nel condividere quello che amiamo. 

Questo post è nato così: nei pochi, graziosi, metri che incorniciano le meraviglie varie di Madame Bombay. Ci passavo davanti di frequente, percorrendo la discesa che da Plaza Montaño porta alle vicinanze del teatro Cervantes. 

La minuscola vetrina era un campionario di borsette in paglia, minigonne a fiori con cartellini del prezzo ridicolmente bassi ed oggetti vintage che mi sarebbero stati decisamente bene a casa. Stavano disposti con accortezza tra le vecchie valige in pelle e quei mappamondi che da sempre esercitano su di me un'attrazione ancestrale. A volte mi fermavo ad ammirarli, il naso quasi incollato al vetro. Altre volte sbirciavo dentro dalla porta aperta, un po' più incerta sul da farsi. 

Solo che in quel posto non c'era mai nessuno. 

Foto: Madame Bombay



Chissà perchè l'assenza di persone ci intimorisce. Come se l'idea di essere gli unici clienti possa sminuire di per sé il prestigio della mercanzia. Siamo bestie da branco. Disposte a fingerci cacciatrici di tendenze solo se c'è una piccola folla che le caccia assieme a noi.

Così passavano i giorni, ed io lì dentro non ci entravo mai. 

Finchè non è comparso il cartello "Liquidación". Dall'oggi al domani. Come una stilettata al cuore. 

Non vorrai mica chiudere, vero?!? 
Non potevo permetterlo. Non prima di aver dato almeno una sbirciatina. 
D'impulso, ho finalmente varcato la soglia con passo deciso.
E il sorriso di Esther, incollato ad uno "scusa per il disordine", mi ha fatta sentire come se entrassi nella casa di un'amica.

Stavo passando le dita tra la seta gialla di un vestito lungo e le trasparenze di una maglia con le frange quando altre due persone mi hanno imitata. 
La conoscevano, a quanto pare. 

"Ma quindi che fai?"
"Yo qué sé, tía! Questa faccenda della Catalogna mi sta penalizzando. I rifornitori sono catalani e la gente quando vede il nome mi dice che non vuole comprare marchi catalani. Che devo fare?"
"La gente si aggrappa a qualunque cosa, assurdo."
"Che poi se sono per l'unità di Spagna dovrebbero rendersi conto che i prodotti catalani sono prodotti spagnoli, no?"
"Comunque, guarda, secondo me è anche un po' la zona..."

Intanto i miei occhi si erano posati su una collana bellissima. Colorata. D'effetto. Decisamente mia. Più ci spaziavo con la vista attorno pensavo che fosse in qualche modo profondamente ingiusto che lì dentro non ci fossero orde di persone. 

"Scusa, quanto costa?"
E assieme ai dodici euro ho scoperto che quelle collane le fa lei, Esther, forse proprio nel laboratorio allestito nell'altra stanza. Questa, in concreto, l'aveva assemblata rivestendo di stoffa e perline gli anelli delle tende. "Provala, se vuoi". 
Me l'ha sistemata un po' meglio, mentre lo specchio a figura intera mi restituiva un'assurda coincidenza cromatica. 

"Non mi ero accorta che ha gli stessi colori della borsa! Sai cosa? Te la compro e me la tengo sù". 

É un pezzo unico, mi ha detto, che probabilmente aspettava proprio me.
Nell'amore con cui parlava delle sue creazioni, quasi come fossero persone, una specie di strana affinità mi ha riportata ad una trama che non ho (ancora) mai tradotto in pagine. 

La mia nuova collana di Madame Bombay


Quattro chiacchiere di rito.
"Se hai bisogno di qualunque cosa o ti serve aiuto, sai dove trovarmi", ha concluso stringendomi la mano.
Ed io da quel posto ci sono uscita felice, nonostante il portafoglio lievemente alleggerito. 

No panic, a proposito: pare che la liquidación si riferisse solo agli ultimi capi della collezione estiva. 

Anche se non ho la visibilità della Ferragni, mi piace pensare che nel mio piccolo qualcuno tra i lettori di questo blog si incuriosisca al punto da andare a dare un'occhiata. E magari compri qualcosa. E magari ne parli a qualcun altro. Finchè il negozio di Esther brulichi di vita e non debba davvero chiudere mai. Augurarsi che la vita sia all'altezza di Hollywood è sempre stata una delle mie debolezze maggiori.

Madame Bombay è in Calle Peña 1 e potete seguirla sulle principali piattaforme social: Facebook, Instagram e Twitter. 

Se poi vi piacciono i negozi particolari che magari tendono a passare un po' inosservati, qui ce ne sono altri tre che potrebbero sorprendervi nel centro di Málaga: 


Foto: volandoentacones.com

Preparatevi a fare un viaggio nel tempo. In uno di quegli ambienti che non ti stancheresti mai di fotografare, tutti divani e targhe di automobili, qui i vestiti si comprano al kilo. Proprio così: scegliete i vostri capi preferiti di autentico abbigliamento vintage americano, pesateli, e rifatevi letteralmente il guardaroba per meno di 30 euro. 

C/ Ollerías 27


Tendiamo a pensare che le finalità benefiche escludano l'estetica, ma nel caso di Cudeca il concetto non potrebbe essere più sbagliato. Nel loro negozio in Plaza de la Merced troverete un po' di tutto, dai libri a pochi euro fino a capi d'abbigliamento degni di nota. Le vetrine mi hanno stupita in più occasioni con abiti da sera dal taglio originale, o abiti flamenchi per soli 25 euro l'uno nel periodo della feria. All'interno, la mia ossessione boho ha trovato soddisfazione in un gilet con le frange a soli 4 euro. L'aspetto migliore? Il ricavato dai vostri acquisti andrà a beneficio dei pazienti malati di cancro o altre malattie terminali. 

Pl. María Guerrero, 6 / Pl. Merced 


Foto: Sharma 

Potrà sembrarvi uno dei tanti negozi colorati a stampo etnico di Calle Granada, ma Sharma ha una particolarità: tutti i capi sono dipinti a mano, uno per uno, dal proprietario. Se vi piacciono, sarete certi di avere per le mani un pezzo al 100% unico. 

C/Granada 39 


Ah, e poi naturalmente c'è Dona Moda Mediterranea in calle Granada 45, il mio angolino delle meraviglie preferito di sempre che da pochi giorni si può seguire anche su Instagram per l'imminente rovina della mia economia. (#VoglioTutto)

C/ Granada 45

Se ne avete altri da suggerire, scrivetemi nei commenti: sarò più che felice di andare a farci un salto. 




domenica 8 ottobre 2017

Quello che c'è attorno.


Ci sono circostanze in cui l'attualità entra di prepotenza nella vita quotidiana. La vedi sventolare di giallo e di rosso sotto la spinta del Levante e qualche lieve accenno di Terral fuori stagione. 

Tramonto al Muelle Uno, Málaga


Bandiere. 

Si vedono ovunque, ormai. Solenni come un inno cantato a pieni polmoni. Troppo gravide di sottinteso per associarle al ricordo frivolo del Mondiale del 2010. Eppure sarebbe legittimo. Erano quegli stessi colori che, illuminati dal sole, scivolavano a stupire i vicini dal terrazzo del mio appartamento a Parma. 

Oggi, sui davanzali delle case, sfilano in formati svariati. A volte sbiaditi e sfilacciati; altre suddivisi in rettangoli verticali dalle pieghe che mesi di inattività hanno disegnato dentro al nylon della confezione venduta nei bazar dei cinesi. 

Bandiere. 

Quelle arrotolate sotto il braccio di un signore affaticato dal sole inclemente dell'Alameda Principal. Quelle che saltellano felici sotto ai passi di un bambino grande la metà di loro. Quelle avvolte come un mantello sulle spalle di una ragazza di ritorno dall'ennesima manifestazione. 

L'attualità è nell'appartenenza dichiarata in quei tessuti. Nelle radioline che gracchiano le dichiarazioni dei politici alle orecchie tese ad ascoltarle. Nelle conversazioni fatte a voce sempre troppo alta nei bar.

Penso a chi, sui banchi di scuola, un giorno studierà tutto questo. E non concepirà, tra gli sbadigli delle leggi, delle date e delle negoziazioni, che potesse esserci altro attorno a 'sto casino. 

Solo che invece c'è. C'è sempre.

Dice Facebook che quasi mille persone non hanno mie notizie da un bel po'. "Scrivi un post", aggiunge, tanto per mettermi ansia. Ed io, a forza di redigere articoli sulla crisi catalana; a forza di ingurgitare tweet; a forza di documentarmi... io stessa, come gli studenti di domani, fatico a pensare che si possano trattare anche altri temi. 

Temi che non ho, intendiamoci. Temi che probabilmente non interessano nessuno.

Solo che c'è un momento, al termine di ogni visita, in cui passi in rassegna i momenti vissuti prima di re-impadronirti della tua routine sbilenca. 

E quello che mi viene in mente sono i weekend pigri dell'Andalusia, che sanno di aglio, di birra e di mare. Sono le spiagge meravigliosamente deserte di un autunno che si traveste da estate. Il fumo delle caldarroste nel cielo terso di una stagione con cui, da quando vivo qui, mi sono riconciliata. Quello che mi viene in mente sono i muri ricoperti di graffiti, le case bianche ed arroccate del centro storico di Frigiliana, un biglietto (perdente) della lotteria. Tutt'attorno alla Catalogna, agli estremismi, alle lotte verbali ci sono ancora l'odore dolciastro che impregna le pareti della Casa de Guardia, il Mercato del Libro in Plaza de La Merced, i vestiti in stile boho con cui non smetto di riempire sacchetti ed armadi. 

Scorcio di Frigiliana


Ieri, seduta nel mio chiringuito preferito di tutta Málaga, una signora con gli occhiali sorrideva da sola guardando il mare. Indossava una gonna lunga a fiori. Un top in pizzo. Una borsetta coloratissima portata a tracolla. 

L'ho guardata, e mi é sembrato di vedere il mio futuro. 

É lí che ho capito che, al di là di ogni altro sogno materiale - la carriera, una casa, la pensione che non avrò mai - quello a cui davvero aspiro è avere sempre quel sorriso. Quello che si impadronisce di me quando passeggio per il Paseo Marítimo Antonio Banderas, oppure alzo lo sguardo a scrutare i pappagallini verdi che volano tra le palme del Paseo del Parque. Quello che agli occhi degli altri mi fa sembrare con tutta probabilità una povera pazza. E invece io lo so che è espressione del benessere più autentico e profondo al mondo. 

Quando c'è quello, beh, chi se ne frega delle bandiere.