sabato 31 maggio 2014

Successe a Madrid, parte I: Porcospini e Re Magi.

Questa la conosco”, penso dopo i primi due giri di chitarra. Il metro é da poco partito dall'aeroporto, e forse solo adesso inizio a realizzare dove sono. L'approccio a Madrid, stavolta, é stato un po' convulso. Ci sono state corse per i corridoi lucidi e scivolosi di due terminal, bus che non arrivano, un po' troppe occhiate all'orologio. Ora, peró, sono qui. Intenta a contemplare il cartello con le fermate fino a decidere che voglio anch'io sponsorizzarne una. Sul serio. Devo chiedere alla Vodafone come si fa. Insomma, non sarebbe una figata sentire la voce metallica pronunciare dagli altoparlanti “Avenida de América DOT. Correspondencia con …?”. Sí, vabbé, ora abbasso la cresta. 



Il musicista ambulante, nel frattempo, ha attaccato la prima letra. E finalmente mi é chiaro il perché di cotanta famigliaritá.
Nooooo, ma é il Garrotín!!!”, urlo verso Céline e circa venti passeggeri che mi guardano come se fossi in procinto di commettere un attentato.
L'ho ballata un paio di anni fa”, mi affretto a spiegare (a tutti). E d'impulso la coreografia mi si dipinge in testa, esternandosi in un verosimile sorriso.

...De la vera, de la vera, de san juaaaan!

É con questa colonna sonora che ci dirigiamo verso la sede di Puerco Espín. O, almeno, verso quella che la mia piantina malandata sembrava indicare come la fermata piú vicina. Non sará cosí secondo il poliziotto logorroico che fermiamo appena uscite.

“Uuuuuuh, ma é lontanissimooooo”, ci demoralizza in un sospiro. Il musicista, manco mi leggesse dentro, si é congedato una fermata prima augurandosi “che dentro di noi abbiamo ballato”. Non sai quanto, amigo mio. Ay garrotánnnn…!

Il poliziotto, in realtá, avrebbe anche avuto torto. La sede dell'agenzia di management di Dani Martín, a cui sono diretta con la precisa missione di consegnare dei pacchi dono, si trova a scarse centinaia di metri da dove ci troviamo. Peccato che il nostro spiccato senso dell'orientamento, unito ai primi morsi della fame e all'agilitá di flessione a favor di vento della cartina di cui sopra, ci devii verso un dedalo di stradine laterali. La traiettoria che finiamo col compiere comprende quattro giri su noi stesse, una salita impervia, e un elevato numero di scalini in pietra da risalire trascinando un trolley. Il tutto, nel passo accelerato di chi sa che é l'una e cinquanta e gli uffici (sigh) chiudono alle due. Préguntaleee a mi sombreeeero...
Tra l'altro, se qualcuno mi togliesse dalla testa questa cavolo di musichetta magari potrei ragionare con luciditá.

Morale: quando mi incollo al campanello del vecchio portone con sú la targhetta “producción audiovisual” ho il fiato corto, l'ascella pezzata, i capelli scomposti e tutto l'aspetto di una che ha appena finito di fare una maratona.

Quando Carlos mi apre la porta (GrazieADioNonHannoAncoraChiuso) ho la vaga sensazione che potrei svenirgli in braccio. “Buongiooooooaaaaaaaaaahhhaaaacqua”, é all'incirca il saluto che mi esce. Dietro di lui scorgo, in quest'ordine: uno stanzino piuttosto disordinato, un Mac identico al mio, un bellissimo maglioncino con un cuore nero ricamato sopra, María che indossa il suddetto maglioncino dietro al suddetto computer, e – alla sua destra – un'altra scrivania a beneficio di un'indaffarata Patricia. E penso, in quest'ordine: l'immaginavo piú grande, potrebbero mettere un po' a posto, guardaaaa come il mio!, minchia che caldo, chissá chi gestisce i social network, secondo me é di Zara o di H&M. Per una specie di deformazione professionale mi verrebbe anche da dire, cosí a random, che gli hashtag di un evento andrebbero fatti piú corti, ma vista la poca professionalitá denotata dalla mia attuale condizione psicofisica decido di desistere.

“Sono passata a portare dei [Rantolo da moribonda] regaaaali [rantolo da moribonda] per Dani [sventolamento compulsivo con mano, asciugamento di goccioline dalla fronte]”, dico invece guardando Carlos, che per qualche motivo mi sembra il meno ostile dei tre.



Detto ció, apro il mio trolley facendo rotolare rovinosamente un paio di converse rosse per terra, e ne estraggo un sacchetto leopardato e stropicciatissimo che mi avevano dato dai cinesi.
Il sacchetto potete buttarlo, é solo perché la roba non si...[rantolo] rovini [colpo di tosse]. Ci sono due regali: uno da parte mia e uno da parte di venti fan italiani di Dani”.
Che meraviglia, grazie!”, esclama lui.
Se magari quando glielo date mi... mi...”
Si tranquilla, glielo daremo appena lo vediamo”.

Io in realtá volevo chiedere se potessero avvisarmi, ma non ho le forze materiali per concludere la frase. Invece, blatero qualcosa sul fatto che mi sono persa per arrivare lí e che estoy muerta, estoy muerta, Ay, Dios, inevitabilmente enfatizzando l'idea di perfetta psicopatica che sicuramente si sono giá fatti di me. Pazienza.

María-bel-maglioncino, indaffarata al computer-come-il-mio, interviene allora nella conversazione chiedendo se dovessimo per caso “ritirare qualcos'altro”. Sto per rispondere “sí, un pass”, e poi fingere che fosse una battuta, ma mi sono appena accorta del cartonato di Dani Martín in scala 1:1 che vigila l'ambiente alle sue spalle e mi prende di colpo un insensato attacco di ilarità.



“No, no. Sono solo passata a portare i regali, come dicevo nella mail perché, insomma...siamo in Calle Reyes Magos e volevo fare anch'io il Re Magio! Ahahahaah”
Nessuno ride. Eccheccazzo, era due giorni che mi studiavo 'sta frase. Ingrati.
Cioé, il fatto é che sapete com'é, se si puó evitare la posta, ché poi non sai mai quando arrivano le cose...”
“No, certo, hai fatto bene. Grazie mille per tutto. Glielo consegneremo”
No, grazie a voi”
No, grazie a te.”
Grazie a voi”
Grazie a te”
Grazie a v...vabbé, Céline, andiamo a mangiare?”

Carlos ci congeda con un Arrivederci italiano in profusione di erre rotanti. Dopo di che, ci vogliono due bambini di 4 anni a testa per spiegarmi – in dieci minuti buoni e parlando molto lentamente - come diavolo si faccia ad aprire il portone.

Non discuteremo di tale apoteosica performance finché non ci saremo sedute a un café y tè – all'aperto, perché siamo in Spagna- con l'aggravante di ordinare Gazpacho. Nel tentativo di convincerci che il gelo polare attorno a noi sia “temporaneo” rischiamo la congestione e socializziamo con un passerotto. In fondo é l'unico altro avventore: pareva scortese non attaccare bottone! Lo battezziamo Twitter, nell'attesa che qualcuno lo dipinga di blu.




In tutto questo, la cameriera ci regala dei simpatici cuscinetti confiabili “nel caso volessimo andare a vedere le corride”. Cosa che ovviamente non faremo, ma … Dio se vanno bene per la fila! 

(To be continued) 

giovedì 29 maggio 2014

La festa di Dani Martín a Madrid [via Total Free Magazine]

In fondo è un po' come l'indigestione. Ti senti le parole in testa, strutturate alla bell'e meglio, pronte a uscire nei momenti piú impensati. Liberarle si fa urgenza fisiologica; necessitá primaria che, non soddisfatta, ti fa stare male. Poi lo so, non sará un paragone bello. Eppure dopo - quanti? - cinque giorni oggi sono finalmente riuscita a vomitare. Vomitare, sì. Ho scritto di getto, in modo insano, con le dita impicciate dall'eccesso di velocità. Ho scritto col terrore irrazionale che, se non l'avessi fatto, avrei perduto i ricordi per sempre. Mi sono divertita. Liberata. Come per una condanna inversa, sono riuscita a ritrovare il buonumore. Cosí adesso mi ritrovo qui con tre pagine di word prive di sintassi e di punteggiatura. Flussi di deliri in lingue miste a cui, nei prossimi giorni, cercherò di dare comprensibilità. A quel punto, lo vogliate o meno, potrò finalmente condividerli con voi. 



Nell'attesa, visto che vi avevo promesso resoconti dettagliati, vi rimando ad una cronaca più "seria" dei due concerti di Dani Martín che la scorsa settimana mi sono goduta al Palacio de Los Deportes di Madrid. L'ho scritta per Total Free Magazine, e spero possa iniziare a trasportarvi un po' lá. Buona lettura. 




domenica 25 maggio 2014

Anteprima tra Sabina e Serrat

Vedere una persona che segui da anni seduta tra Sabina e Serrat. Pensare a quello che quei due significano per la musica spagnola. Per i suoi genitori. Per lui. Per te. Inevitabile: passi i dieci minuti successivi a scuotere il capo, in un misto di incredulità e meraviglia. Ti ripeti: "che grande, che grande!", come se qualcuno ti potesse sentire. E allora ti prende un'empatia sconvolgente, di quelle in grado di inumidirti gli occhi. Attorno a te, quattordicimila persone la cantano in coro. Nessun dvd, nessun video di youtube potrà mai rendere giustizia a quel tipo di emozione. 


E dire che te l'aspettavi anche. Hai visto delle foto, ascoltato dei commenti. Hai osservato il sottopalco affollarsi alla tua sinistra con la foga riservata alle grandi occasioni. I discografici della sony che si allineano in massa prima del bis. David Summers che inforca gli occhiali. La regia che accelera i movimenti con i volti pieni di tensione. Te n'eri accorta - sì, persino questo - che accanto al solito tavolino c'erano due sgabelli in più. Tre calici di Champagne. Qualche bisbiglio, il fiato trattenuto. Lo sapevi, in fondo. Eppure c'è questa cosa, prima dei momenti belli: quest'ultimo anticorpo contro le delusioni. Se mi sbagliassi?, sembra chiedersi il cervello. Se non fosse…?

Invece è. Ed è quell'istante, tra tantissimi, che oggi mi torna in mente. Lo estrapolo da una mandria di ricordi ancora sconnessi. Immagini che faticano a non sembrarmi oniriche, incastrate come sono tra le notti insonni e i cambi di temperatura. La scontorno, quella collaborazione, dallo sfondo di due concerti epici, della durata di tre ore ciascuno. E come o più di sempre, uscita dal Palacio de Los Deportes di Madrid, mi riscopro innamorata di Dani Martín. Innamorata, sí. Ma non di quell'amore platonico, da bimbeminkia (niñasminkia, in spagnolo); di quelli che ti scrivi il suo nome sulla fronte e tappezzi con le sue foto le pareti di camera tua. Non di una passione da cinquantenni combattive, nemmeno. Di quelle imbarazzanti, per cui passi ore a raccontare alle coetanee ogni minimo dettaglio di ciò che gli faresti in una stanza d'albergo. No, il mio é un amore diverso. Grato. Orgoglioso. L'amore per la sua musica, per quello che mi fa vivere, compreso avere a pochi metri di distanza la voce che l'anno scorso accompagnava il mio inchino sul finire di uno spettacolo di flamenco. Amore per quello che quelle note significano, hanno significato e probabilmente significheranno domani. Amore perché quel sorriso emozionato, dopo tutti questi anni, é - per quella strana empatia- anche mio. 

In attesa di resoconti (e video) più completi, oggi é questa la mia anteprima. 



domenica 18 maggio 2014

La Spagna delle file.


Ho letto un articolo, su ABC. Parlava dello strano record di un gruppo di ragazzine. La cosa piú agghiacciante erano i sorrisi stampati sulla foto. La profusione d'immotivato orgoglio. Le espressioni, cosí famigliari da chiedermi se per caso non le conoscessi giá.
Si sono messe d'accordo tramite social network, cosí c'era scritto. 107 adesioni per un solo, folle, piano: accamparsi davanti allo stadio Vicente Calderón di Madrid in attesa degli One Direction. DUE. MESI. PRIMA. DEL. CONCERTO.



Avevo appena finito di dire che non mi stupisco piú di nulla, alla notizia che per il live di Dani Martín al Palacio de Los Deportes stanno facendo la fila da una settimana. Poi questo. Quel guizzo negli occhi. I commenti ironici di chi condivideva l'articolo su Facebook gioendo solo del fatto che qualcuno é messo peggio di lui. Nessuna condanna. Non abbastanza forte, almeno, secondo me.

C'é da dire che le tipe si sono organizzate. Insomma, in 107 non ci stanno, in una prima fila. A questo arrivano persino loro. Allora hanno creato una tabella per il conteggio orario, tipo quelle che si fanno in ufficio o all'universitá. Chi totalizzerá piú ore di presenza in fila nel corso dei due mesi, si aggiudicherá l'ingresso nel gruppo delle prime quindici, chi ne fará un po' meno nelle seconde quindici, e cosí via.

L'unica cosa certa é che tutte dormiranno all'addiaccio. Con trenta gradi al sole nelle giornate piú calde. Forse qualche temporale pre-estivo. Avvolte dalla scarsa sicurezza della notte. Circondate da ubriachi, tifosi, e dalle lamentele dell'Atletico de Madrid. Perché gliel'aveva chiesto, la societá, se per favore potessero aspettare almeno fino alla fine della Liga. Ma queste niente, non c'hanno neanche fatto caso. In fondo chi se ne frega, se intralci l'organizzazione di altri eventi, partite, concerti. Il mondo non conta, se vuoi stare vicino ai tuoi idoli.

Ché poi lo giustificano – tutti, sempre – con la “necessitá di lottare per realizzare un sogno”. Perché se fai cosí nessuno ti dirá che hai torto. Perché te l'hanno insegnato i genitori, i maestri, i professori, persino le canzoni e le pubblicitá. Perché la vita é una, va vissuta, e via dicendo. Ma non si puó andare avanti soltanto per slogan. Quegli slogan dovrebbero parlare di trasferirsi all'estero, di cercare di ottenere il lavoro che desideri, di conquistare il ragazzo che ami. Non di un dannatissimo posto a pochi metri da un tizio sotto ai riflettori. I genitori, del resto – e questa é la seconda cosa piú agghiacciante dell'articolo – le spalleggiano. Hanno sborsato di tasca loro i 198 (CENTONOVANTOTTO!) euro del biglietto VIP, e, come se non bastasse, ora passano qualche notte in tenda assieme a loro. Le coccolano. Le giustificano. Portano loro del cibo e degli appunti perché studino, ogni tanto, almeno.
Come se davvero fosse razionalmente plausibile studiare con successo sedute sull'asfalto davanti al Calderón. Come se ci credessero, persino.

Fa molto “ai miei tempi”, molto vecchia zia bacchettona, lo so. Eppure non posso fare a meno di pensare ai miei primi concerti, a quando avevo quattordici anni e la testa piena di inutilitá. I miei acconsentivano ad accompagnarmi al palasport in macchina, a vedere i LúnaPop o il Festivalbar. Mi venivano a riprendere. Pagavano il biglietto. Accompagnavano a casa le mie amiche. Eppure MAI mi sono sognata di chiedergli di saltare scuola. Mai me l'avrebbero permesso. Come mai mi avrebbero concesso di dormire lá fuori. Ci si andava il pomeriggio, in fila. Dopo i compiti, a un orario ragionevole. Ed andava benissimo cosí.

Poi, intendiamoci: penso che accamparsi in attesa di un concerto, dormire una notte in tenda, sia un rituale di passaggio che tutti dovrebbero sperimentare. Io l'ho fatto, una volta compiuta la maggiore etá. L'ho fatto – lo sapete – in piú di un'occasione anche in tempi recenti. In fondo una notte in tenda, una volta ogni tanto, puó anche essere divertente viverla. Sei in compagnia di amici. Magari qualcuno ha portato una chitarra e un paio di bottiglie di Tinto de Verano Sandevid. Una notte la passi chiacchierando, cantando, conoscendo gente. E il giorno dopo sei sfibrata, sfinita, sí, ma in qualche modo ne sará valsa la pena. Una notte, d'accordo. Ma...due mesi? Una settimana? A quanto? Quattordici, sedici anni di etá?

Non so se ve l'ho giá raccontato; ma a Barcellona, lo scorso mese di Dicembre, una ragazza e sua madre avevano dato 100 euro ad un ragazzo di colore perché facesse la fila al posto loro, dormendo in tenda la notte prima del concerto di Dani. Scherzando dicevo che potrebbe nascerne una professione. Che magari quei 100 euro li avesse dati a me! Sotto sotto, peró, c'era un sentimento di grandissima inquietudine.

E lo so: quello delle file ai concerti non é un fenomeno solo spagnolo. Succede in tutto il mondo, succede anche qui. Ma parlando con un'amica francese conveniamo su un fatto: nessuna di noi due l'ha mai visto cosí pericolosamente esasperato come nella Penisola Iberica. Nei nostri Paesi ci si accampa per i gruppi piú importanti. Quelli che vengono da fuori; quelli che magari fanno una sola data nazionale. E lo si fa per una notte, due al massimo. Del resto piazzare le tende in spiazzi pubblici non é neanche del tutto legale. Né in Italia né in Francia si sono mai viste file di settimane o addirittura mesi. Non con la frequenza con cui accade in Spagna.




Mi é sempre piaciuto fare della sociologia spicciola. Associare il fenomeno a un carattere passionale, lo stesso che porta le signore di una certa está ad accamparsi per vedere la statua di Cristo da vicino in una processione; Magari attribuirlo al clima, che invoglia a stare all'aperto. Piú probabilmente, peró, la responsabilitá sta in chi lo permette. Nella legge, nelle famiglie, e nella societá che lo considera normale. Che vi dedica articoli di quattro o sei colonne corredati di foto ed interviste piene di frasi ad effetto. Ai “lottare per un sogno” vari ed eventuali. Ancora prima (e mi spiace dirlo, non sapete quanto!) sta negli artisti. In tutti quei cantanti e idoli delle masse che si profondono in ringraziamenti ed atti di benevolenza nei confronti di chi si accampa lí per settimane. Perché é vero: é un gesto di enorme umanitá mostrare gratitudine; palesarsi la notte nel luogo in cui i tuoi fan ti stanno aspettando muniti di tenda; portare addirittura del cibo. Sono gesti che dimostrano un gran cuore, senz'altro. Nessuno dice né dirá mai il contrario. Eppure, hanno anche l'effetto di far sentire questa gente importante. Di far credere alle ragazzine che “dimostrare amore” al proprio idolo significhi aspettarlo per dei giorni sotto al sole. E piú giorni l'aspetti piú lo ami. Piú settimane ti accampi, piú sei una brava fan. Anche se poi svieni nel bel mezzo dello show per la stanchezza accumulata, il caldo e la cattiva alimentazione.

Cosí, i concerti in Spagna sono sempre piú una lotta alla sopravvivenza. Se vuoi stare davanti, devi arrivare prima degli altri. E allora gli altri arrivano prima. E prima ancora...

Sapete che c'é? Io, che amo quel Paese piú di ogni altro al mondo;
Io che ho fatto e faccio parte di quell'ambiente;
Io che vorrei un biglietto per le gradinate pur di evitare tutto questo, ma non riesco a convincere chi mi accompagna a rinunciare al parterre;

Ecco; io, qualche giorno fa, ho letto quell'articolo su ABC. E penso che ci sia, in quello stesso Paese che amo, un problema che pare nessuno veda. Uno di quelli che non puoi risolvere senza un cambio radicale. Cosí ora vado a fare la valigia, vagamente rassegnata a quell'asfalto, chiedendomi se mai qualcuno, un giorno, se ne accorgerá.  

mercoledì 14 maggio 2014

(Altri) posti che voglio visitare a Madrid

L'amore muove il mondo, ma è la musica che muove me. Sono così fiera di questa frase che potrei persino tatuarmela. Con l'henné. In caratteri microscopici. Diciamo in modo tale che si possa facilmente scambiare con un neo. Poi magari l'avrà pure già scritta qualcun altro, va' a sapere. Nel caso, voi non ditemelo. Lasciatemi crogiolare ancora un attimo in questa rarissima sensazione di appagamento creativo. Beatitudine. Vasca idromassaggio per l'ego. Tanto svanirà tra tre, due un…di cosa stavo parlando? 

Ah sì, la musica mi muove. Per cui sappiate che nei prossimi giorni potrei diventare monotona. Più di quanto già non sia, intendo. Il punto è che è Madrid, la prima tappa in cui mi condurrà. E quello, ormai dovreste saperlo, è uno di quei posti che mi piace (forse insensatamente) definire casa. Non ci torno da un anno e mezzo, dopo aver spezzato il rituale mistico che mi ci riportava a scadenze regolari. La cosa, a quanto pare, è bastata a mettere in allarme le principali compagnie aeree. Easy Jet, persa la principale cliente, ha tolto la connessione diretta Venezia-Capitale-Di-Spagna. Ryan Air fa di tutto per risultare più simpatica aggiungendo la possibilità di imbarcare a parte la borsetta. Alitalia non cambia nulla (tanto, mica ci viaggiavo!). Insomma, il mio rientro è un evento mica da ridere. Mi capirete, se non ho altro in testa. 

Per prepararmici, ho spulciato Rete e amici alla ricerca di angoli che - in tutti questi anni - non ho ancora avuto modo di scoprire. Ché poi é questo il bello delle metropoli: ce ne sono sempre. E, anche se mi fermo soltanto pochi giorni, ho pensato di condividere i più interessanti con voi. Così, se non dovessi riuscire a visitarli tutti, potrete farlo voi al posto mio. Ah! Se ne avete altri da suggerire siete più che invitati a farmelo sapere. 

- CERVECERÍA EL DOBLE (c/ Ponzano 58)

Pare sia uno dei bar più tipici della città, arredato e decorato in stile tradizionale. Il suo punto di forza sono le birre, descritte come incredibilmente buone e "tirate" nel più perfetto stile madrileño, con la giusta dose di schiuma. É presente anche una vasta scelta di tapas per accompagnarle. Punto di ritrovo imprescindibile per gli abitanti del quartiere in cui é ubicato, brulica di recensioni positive sul web. E sembra che anche i VIP iberici l'apprezzino,  viste le foto di personaggi noti con cui sono letteralmente tappezzate le pareti del locale… Per tradizionalisti!




- MERCADO DE LA CEBADA (Plaza de la Cebada, s/n) 

Vale la pena di passarci per ammirare dal vivo lo splendido e coloratissimo intervento del collettivo Boa Mistura. Secondo me, uno tra i migliori esempi di come l'arte possa ridare vita ad uno spazio grigio e desolato. Per un mondo a colori!



- TABERNA LA BUHA (Plaza de la Cebada, 10)

Pare facciano tortillas de patatas come quella della foto qui sotto. Mi sembra già da solo un ottimo motivo per andarci. Senza contare che é a due passi dal Mercato di cui sopra. Per la serie: matar dos pájaros del tirón (prendere due piccioni con una fava). Per affamati!



- MATADERO DE MADRID (Paseo de la Chopera 14) 

Nonostante il nome poco incoraggiante, che rimanda all'antica funzione dell'edificio, il Matadero é oggi uno dei centri di aggregazione culturale più rinomati ed apprezzati della città. I suoi 165.415 metri quadrati ospitano costantemente attività creative di ogni genere, molto spesso a ingresso gratuito. Non mancano inoltre bar con tavolini all'aperto e un grande parco ben curato e attrezzato con piste ciclabili che portano direttamente fino al centro di Madrid, alle spalle del Palacio Real. Sul sito é disponibile il calendario aggiornato con tutte le attività in programma. Per creativi!



- LABIRRATORIUM (Calle de Blasco de Garay, 21) 

Spazio birraio riservato alla degustazione e vendita di più di 200 tipi di birra diversi, di tutte le provenienze e spesso introvabili altrove. Inoltre, il locale ospita corsi e seminari relazionati alla cultura di questa bevanda e/o alla presentazione di nuove birre artigianali. L'ho scoperto grazie al blog Vives Madrid e - visto che la Spagna tira fuori l'alcolista che é in me - devo dire che mi attira non poco. Anche già soltanto per il nome. Per chi ama la- hic- birra!





- ITALIANA MADRID (Corredera Baja de San Pablo, 10)

Libreria caffè completamente dedicata alla cultura italiana nel centro di Madrid. Ci sono libri in italiano e libri in spagnolo che parlano dell'Italia, tutti rigorosamente accompagnati da caffè, vini formaggi e stuzzichini made in Italy…oltre a quello che presentano come "il miglior spritz di Madrid"! Li seguo su Twitter da tempi immemori, abbiamo delle conoscenze in comune, e penso che potrebbe essere il posto perfetto anche per presentare il mio libro in terre ispaniche (sognare é gratis, no?). Prima o poi ci devo proprio andare! Per italo-spagnoli!



- LA TERRAZA DEL CÍRCULO DE BELLAS ARTES (c/ Alcalá 42)

Ok, non é propriamente ciò che definirei "un luogo anti-convenzionale di Madrid", ma non é ammissibile che in tutte le mie peregrinazioni nella Capital non sia ancora mai salita ad ammirare la migliore vista della città. Urge rimediare. Possibilmente poco prima del tramonto, per un tocco di romanticismo in piú. Per chi vuole ammirare la bellezza di Madrid!






sabato 10 maggio 2014

Cupcakes italo-spagnoli per l'estate: Gelato vs. Agua de Valencia

C'è una discreta tensione ossimorica nell'abbinare l'Agua de Valencia all'estate. Sì, insomma: è a base di arancia; L'arancia - fino a prova contraria - è un frutto essenzialmente invernale. Eppure, che volete che vi dica? Sarà il sapore frizzante, sarà quel suo essere (pericolosamente, visto il tasso alcolico) dissetante, ma io la trovo perfetta per la bella stagione. Così oggi, oggi che il sole sembra aver finalmente dato retta al calendario; oggi che si inaugurano i sandali, lo smalto sulle unghie dei piedi, le tavole imbandite all'aria aperta...ecco, oggi vi invito a ricrearne il gusto sotto forma di cupcake. La ricetta arriva, ancora una volta, dal STDI (Sacro Testo dei Dolcetti Ispanici) che vi ho già presentato con il nome del blog objetivo cupcake. Nel rispetto del tema della mia rubrica culinaria, ho scelto di abbinarci lo spettacolo gastronomico del Gelato Cupcake. Perchè, dai: cosa c'è di più italiano del gelato? Buon appetito! 




CUPCAKES AGUA DE VALENCIA (ricetta originale: objetivo cupcake

Ingredienti per 8 cupcake: 


  • 150 gr. farina 
  • 1 cucchiaino di lievito in polvere 
  • un pizzico di sale 
  • 100 gr. zucchero
  • 50 gr. burro
  • 50 ml. champagne (o spumante) 
  • 3 albumi d'uovo

Ingredienti per la glassa all'arancia: 

  • 75 gr. margarina
  • 25 gr. burro
  • 225 gr. zucchero a velo
  • 1 cucchiaio di succo d'arancia
  • 1 cucchiaio di champagne (o spumante) 



Preriscaldate il forno a 180º.
Sbattete il burro con lo zucchero, aggiungendoci poi farina, lievito e sale. Dopo aver ottenuto un composto cremoso, versateci lo champagne (o lo spumante) poco per volta. 
A parte, montate gli albumi a neve. Aggiungeteci il composto con lo champagne e distribuite il tutto nei pirottini. Infornate per 22 minuti. Lasciate raffreddare. 

Nel frattempo, preparate la glassa all'arancia montando assieme margarina,  burro, zucchero a velo, champagne (o spumante) e succo d'arancia. Perchè il composto risulti più cremoso, aggiungete qualche goccia di liquido (acqua o estratto di vaniglia, se l'avete) mentre mescolate il burro e lo zucchero. Mettete il tutto nella tasca da pasticciere e decorate i vostri splendidi cupcake! 

Se proprio volete esagerare, spolverateli con scorza di arancia grattuggiata o presentateli con una fetta d'arancia ad accompagnare il topping. Successo garantito. 


GELATO CUPCAKE (ricetta originale: dolcitorte.it

Ingredienti: 

195 gr. farina
2 uova
250 gr. panna
200 gr. zucchero
1 cucchiaino di lievito
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
un pizzico di sale

Ingredienti per il frosting: 

Gelato (gusto a piacere) 
cioccolato fuso
caramello 
Guarnizioni a piacimento (granella di nocciole, di pistacchio, cialde, etc)


Versate in una ciotola la farina con il sale e lo lievito. 
A parte, in una ciotola più capiente (o nella planetaria) lavorate con le fruste elettriche la panna, in modo da renderla soffice e spumosa. Aggiungeteci quindi un uovo alla volta, lo zucchero e l'estratto di vaniglia. Mescolate bene tutti gli ingredienti finchè non saranno ben amalgamati. Quindi incorporate poco alla volta il composto con farina, sale e lievito e mescolate bene. 
Versate il composto nei pirottini e cuocete per 20 minuti in forno preriscaldato a 175 gradi. Non dimenticate la prova stuzzicadente per verificare la cottura! 
Una volta pronti, estraete i cupcake dal forno e lasciateli raffreddare. 

Quando saranno freddi, componete una pallina di gelato e posizionatela sopra ad ogni cupcake. Guarnite con cioccolato fuso o caramello, e cospargete il tutto con granella di nocciole, pistacchio o qualunque altra cosa la vostra immaginazione vi suggerisca. 

Se non avete intenzione di consumare subito i vostri cupcake, conservateli in frigo o nel freezer, estraendoli 10 minuti prima di servirli. 



Per un tocco in più, potete anche valutare l'ipotesi di posizionare i vostri cupcake già pronti all'interno di  coni gelato sciolti, per un effetto ancora più "scenico". 



Allora, chi vince questa volta? Italia o Spagna? 

martedì 6 maggio 2014

Logico.

C'è sempre una certa emozione, nell'ascoltare per la prima volta un nuovo disco di Cesare Cremonini. 



Di solito accade secondo rituali prestabiliti. Sempre gli stessi. Li riservo ai cantautori che seguo da più anni, quelli che - in un certo senso - mi sembra siano cresciuti con me
Tutto ha inizio con la copia fisica. L'involucro di plastica strappato con un misto di impazienza e gentilezza, come in un impeto di passione. C'è il primo impatto con la fisicità. L'odore di carta e inchiostro del booklet. Il lieve scricchiolio dell'apertura. 

Poi mi siedo lì, in genere sul divano del soggiorno o sul bordo del letto in camera mia. La suoneria del cellulare azzerata. Il mio mondo in pausa per mezz'ora o quarantacinque minuti, mentre qualcun altro mi descrive in note. 
Nei miei rituali, il testo di ogni brano lo seguo sul libretto, parola per parola, per concentrarmici più a fondo. Ne assaporo ogni sfumatura. Mi ci impregno. Lo vivo. Ci entro in comunione. 

Questa volta, peró, non è andata così. 
Il fatto è che, quando acquisti un album su Amazon, te ne regalano in aggiunta la versione digitale. E quella non devi stare ad aspettare che ti arrivi. Niente postino che suona alla porta, unghie smangiucchiate per la frenesia, invidia di chi sta giá dicendo la sua in rete. Ce l'hai lí, subito. A portata di orecchio, anche se non di mano. 

Quindi volevo rispettarle, le mie tradizioni. Ci tenevo sul serio. 
Ché in fondo Cesare più di chiunque, per ragioni cronologiche, è in quello strano senso cresciuto con me. 
É stato l'entusiasmo altrui a fregarmi. Tutto quello sproloquio di aggettivi qualificativi sui social. E giú retweet. Punti esclamativi. Applausi (neanche tanto) virtuali. 

Insomma, al diavolo! Non ce l'ho fatta più. Anche perchè - mi sono detta - non fa tanto blogger seria e figa recensire un disco il giorno stesso dell'uscita? Ecco, forse é stato proprio questo a darmi il colpo di grazia. Che ci volete fare? Sono una povera succube degli status symbol. Degli stereotipi. Della facoltà di giornalismo. Dei film. De...

Vabbè, vengo al punto. 

Il punto è che Cremonini non delude. Certo, non bisogna fare l'errore di prendere troppo alla lettera i commenti della stampa. Perchè sì, "c'è stata una svolta", una "maggior sperimentazione". Ma, fondamentalmente lo stile resta il suo. Come dev'essere, del resto. Non é che si sia messo di colpo a fare tecno o heavy metal, per capirsi. Cosa che, in qualche strana parte del mio subconscio influenzabile, un po' temevo pure. 

Invece, in Logico, ci ritrovi Il Pagliaccio; L'"astronave" delle sei e ventisei; La strumentale "Cercando Camilla" (e ricordi i concerti, cosí, di botto, come una sorta di reazione pavloviana). Ci ritrovi Maggese, e forse un po' anche Jalousie. Le atmosfere di Amor Mio. Gli amori perduti di I Love You.  Ma tutto questo é ben presente senza ricadere nella copia. C'è in quanto cifra. In quanto immaginario. In quanto identità. 

In quanto Cesare, insomma. Cesare e basta. Cesare che però fa - e probabilmente è questo che intendeva la stampa, col senno di poi - un passo avanti, anche bello grande, per quanto riguarda arrangiamenti e suono. Non ho studiato musica, non posso parlarvi in chiave tecnica. Però si percepisce, eccome, anche dal punto di vista di un'ascoltatrice comune. 

Soprattutto, a parte un paio di brani lenti (che poi sono anche quelli che a me convincono meno) l'album ha un ritmo complessivamente sostenuto. Del tipo che non riesci a star ferma sulla sedia, e non vedi l'ora di goderti nella trasposizione live. GreyGoose e Vent'anni per sempre mi esaltano in modo preoccupante, tanto per dirne una.




E nel "mi esaltano" è chiaramente compreso il repertorio coreografico da pazza tarantolata in cui inevitabilmente mi cimenteró ai concerti. Sappiatelo sin da ora. Tra parentesi, ci sarebbe da capire perchè le canzoni che includono "vent'anni" nel titolo esercitino su di me una simile attrazione. Dev'essere una faccenda simile a quella del uo-oooh, vai a sapere.





Comunque: il miglior testo, al primo ascolto (che, emozione a parte, non è mai quello più fedele) ce l'ha Cos'hai nella testa. Sua la frase responsabile del colpo di fulmine lessicale del giorno, causato dalla frase: "Facciamola assieme la strada che resta, magari ci porta alle Hawaii". 




La miglior descrizione inconsapevole di me é invece tutta a cura di "Fare e Disfare".
Perchè anche questo è un rituale, d'altro canto: in ogni disco di Cremonini, ci dev'essere una canzone che più delle altre parla di me. Ecco: lei è quella canzone. Non essenzialmente la più bella. Magari neanche quella più poetica. Ma indiscutibilmente e visceralmente mia.



Buon ascolto (come avrete capito, il disco intero é giá su Spotify, quindi non avete scuse!) 



lunedì 5 maggio 2014

Segnali del fatto che hai quasi 30 anni (come la Seat Ibiza)

Non so se abbiate presente lo spot della Seat Ibiza su Spotify. Per farla breve, ci sono dei personaggi bizzarri che elencano, una alla volta, le "30 cose da fare a trent'anni". Sì, perchè la cosiddetta "icona dell'industria automobilistica iberica", a quanto pare, è mia coetanea.



Stavo giusto pensando di ispirarmici per un post (del resto, c'era anche un nonsochè di italo-spagnolo) quando la mia amica Grace ha condiviso su Facebook l'immagine che segue. E ho pensato che, vista la perfetta - ed inquietante - aderenza con le circostanze attuali della mia vita, mi si addiceva molto di più. 

In fondo, di anni ne ho ancora 29. La cosa della Seat, fino al 31 Dicembre, può aspettare. Sempre che non mi rubiate l'idea. 




SEGNALI DEL FATTO CHE HAI QUASI 30 ANNI

- In discoteca ti chiedono un documento e il tuo primo pensiero è "fantastico!"
- Invece di bere due bicchieri in quattro bar diversi, bevi due bicchieri in un bar e poi te ne torni a casa. 
- Anzichè foto di feste e sbornie, i tuoi amici pubblicano su Facebook foto di bebè.
- Se stai per raccontare una storia...ti rendi conto che è accaduta dieci anni fa. 
- I postumi di una sbornia ti durano due giorni.
- Ti emozioni quando vai a un concerto e ci sono i posti a sedere. 
- Ti spaventi sempre di più al momento di controllare le tue informazioni creditizie. 
- Ascoltare gli adolescenti che fanno casino ti da fastidio. 
- Nuovi artisti musicali di cui non hai mai ascoltato nulla. 
- Preferisci pagare di più per una stanza d'albergo "bella e pulita" che alloggiare in un ostello assieme a 12 amici. 
- Ogni sera pensi: "voglio fare cose, voglio fare cose"
- Un bambino ti insegna come usare il tuo cellulare. 

E voi quali altri punti aggiungereste, cari i miei coetanei?  

sabato 3 maggio 2014

Noi fan, che abbiamo aperto un blog [consigli di lettura in lingua spagnola]

C'erano una volta i forum. E sui forum li coglievi subito, i caratteri delle persone. C'era chi leggeva e basta. Chi cercava la rissa. Chi si limitava a commentare. C'erano quelli che, per "produzione di contenuto proprio", intendevano giusto poche righe in cui chiedere informazioni. E poi c'eravamo noi, quelli a cui piaceva scrivere. Per noi un nuovo post non era altro che una versione alternativa della pagina bianca. Vi ci inchiodavamo davanti, al termine dei nostri impegni quotidiani, ansiosi di far sapere al mondo cosa ne pensavamo di qualcosa. E ce ne fregavamo, della sintesi! Delle metriche in 140 caratteri che il web ancora manco conosceva! No, i nostri erano interventi belli lunghi. Pregni di metafore, sinestesie, giochi di parole in cui crogiolarsi come dentro a un bagno caldo.
Noi eravamo quelli che raccontavano i concerti. Che analizzavano le sensazioni. Quelli per cui il miglior complimento era "davvero, oggi mi hai fatto emozionare". A volte il leader di quel gruppo ci leggeva; E a noi faceva piacere, certo, ma tutto sommato non ce ne compiacevamo piú di quanto non facessimo davanti all'incontro di altri cento occhi comuni. Perché l'importante era che le nostre parole arrivassero a qualcuno. L'importante era comunicare. 

Ed era piuttosto inevitabile che avremmo finito con l'aprire un blog. 

Oggi, a piú di otto anni dal mio ingresso trionfale nel forum ufficiale de El Canto del Loco, io e la mia nuova frangetta siamo andate a ricercare in rete gli utenti che piú spesso emozionavano me. Col senno di poi potrei quasi azzardarmi a rivedere in loro un riflesso delle tre anime di quella band. Del tipo che chi adorava Chema ha sviluppato uno spirito piú indie. Che i fan di Dani Martín sono tendenzialmente piú onnivori. Che chi, invece, preferiva David Otero condivide con lui un'accesa vena creativa. Ma sono congetture, é ovvio. Quel che conta é il piacere di trovare e di proporvi sette blog in lingua spagnola apparentemente diversi tra loro, e sapere che invece hanno un passato in comune con me. Alcuni li seguo abitualmente. Di altri avevo un po' perso le tracce. Ma spero che possiate scoprirli in quanto valide letture per quello che resta del weekend. 






Desirée é di Santander. Ecco, lei é una di quelle a cui piaceva Chema. 
Si descrive quasi per contraddizioni in termini: "Melomane e mitomane. Mischio batidos di fragola con il gin delle notti in bianco. Evviva la mia ossessione per le barbe e i vestiti color pastello. Ah, e lunga vita al Sesso, Droga & Rock 'n'Roll". E, a questo punto, direi che l'avete giá conosciuta. 

Il suo blog prende il nome dall'inno di ogni pseudo-grupie:  un brano del gruppo "Días Extraños" che io, personalmente, adoro. Con una forte predilezione per la scena indie e rock, Desirée recensisce concerti e festival quasi tutti ambientati nella sua cittá natale. Di tanto in tanto li alterna con micro-post composti da pensieri fulminanti che starebbero senza sforzo in un tweet: a volte sono riflessioni personali, piú spesso stralci di canzoni. Tra le categorie esterne all'ambito musicale, segnalo le avventure di "Deisi", il suo alter-ego meme con cui ama raccontare i suoi stati d'animo sui social. 

Geniale quell'"incoscenti che ogni tanto mi leggono" con cui ha scelto ri-battezzare il widget dedicato ai suoi follower. 


























Ana Medina, che negli anni é diventata un'affermata giornalista musicale, gestisce un blog tematico molto seguito in Spagna. Si intitola "Así Desastre" e ha un'interfaccia estremamente intuitiva. In "Sobre mí" racconta che "é nato una di quelle sere in cui dovresti studiare per gli ultimi esami dell'universitá ma ti inventi qualunque tipo di scusa pur di non farlo: ti metti lo smalto sulle unghie, disegni qualsiasi tipo di strana creatura sugli appunti, sperimenti pettinature, accedi al tuo Fotolog (sto parlando di quell'epoca) o apri un blog e inizi a scrivere di musica".  

Molto vario in quanto a generi trattati, Así Desastre si contraddistingue per l'impronta professionale che peró - a differenza di quanto scrive per  quotidiani e periodici - si arricchisce di un punto di vista soggettivo. L'impaginazione di grande appeal dá rilievo alle foto,  e ha la fortuna di poter ospitare interviste di alto livello. Interessante la sezione "concursos", riservata alla segnalazione di concorsi per chi ama la musica e/o vorrebbe lavorarci ai margini. 

Del suo blog, Ana dice che "nasce da quella strana sensazione di felicitá che provi quando ti svegli un giorno e dici 'questa sera c'é un concerto'". Senza dubbio, una tra le mie preferite. 


























Javi - lo dico sempre-  é la prima persona che conobbi nel mondo virtuale de El Canto del Loco. Ricordo che stavo ancora cercando di capire come funzionasse il forum, quando mi mandó un messaggio privato scrivendo "Ma davvero sei italiana? Wow! E come li conosci?". Così iniziammo a chiacchierare. Lo trovai simpatico. E, dato che al momento era anche l'unico ad avermi calcolata, lo cercai in rete. E' lí che scovai il suo blog che, nonostante i mille restyling é sopravvissuto indenne agli anni. Proprio come il mio. 

Oggi Javi (che ho conosciuto in qualitá di fan) lavora occasionalmente con Dani, il che é dimostrazione concreta che i sogni si avverano, e anche monito per tutti a non arrendersi mai. 

Il suo TardesdeRecreo prende chiaramente il nome dal ritornello di un brano de El Canto (Aquellos Años Locos) e ha un layout molto basico, ad evidenziare il chiaro proposito di dare protagonismo alle parole. Come recita il sottotitolo, parla di "canzoni, film, libri...non importa da dove vengano". Dopo tanti anni, i tratti distintivi del blog rimangono essenzialmente due: la dichiarata assenza di pregiudizi (che lo rende piacevolmente eterogeneo) e la conclusione di ogni post, con quel "sin más, me despido, besos, saludos, abrazos, desvarios varios y..." che é diventato una sorta di sua personalissima formula magica. 




Paloma era l'utente del forum che leggevo con piú ammirazione. Eppure - in barba ad ogni previsione - lei un blog non ce l'ha. Scrive (se non erro) per una rivista, ma ció per cui ha scelto di farsi notare in Rete sono le foto. E, se giá era molto brava a immortalare i momenti con le parole, non immaginate quanto riesca ad esserlo con un obiettivo. Potete godervi i suoi ritratti a questo link


























Ana Botella non scriveva sul forum, almeno che io ricordi. Il suo blog, che gioca sul suo cognome, é stata peró una bella scoperta, fatta di recente grazie a El Pescao. Oltre ad essere una graphic designer attiva nel campo della pubblicitá, é anche una fan dell'ex chitarrista del Canto del Loco, ed é in questa veste che ha partecipato e vinto al concorso per accompagnarlo a Londra. 

Estremamente - e piacevolmente - creativa, Ana condivide sul blog le sue creazioni in fatto di grafica e design, con un'ovvia attenzione alla scelta delle foto.  Mi piace davvero molto ció che riesce a produrre e, in tal senso, vi consiglio soprattutto di dare un'occhiata al post scritto in occasione delle nozze di una coppia di amici. Tra l'altro, c'é dentro anche un accenno italo-spagnolo alla Toscana. 

...E I VIP!




























Odio il gossip con tutta me stessa. Soprattutto quando cerco informazioni e/o foto sulle novitá di Dani Martín e tutto ció che Google mi rimanda sono quintalate di immagini sgranate sulle seguenti tematiche: 
- Dani che porta fuori cani non suoi 
- Dani che si sbaciucchia dentro un'auto
- Dani che passeggia abbracciato su una spiaggia di Cádiz
- Dani che fa il check in all'aeroporto 
- Dani in un ristorante
- Dani che, in definitiva, fa le cose che fa chiunque altro. Solo che, nel suo caso, sembra debbano misteriosamente interessare la popolazione intera. 

Nonostante ció, parlando di blog legati al mondo fan, non posso non segnalarvi quello della persona che condivide con lui il protagonismo di quelle foto sgranate. Quindi sí, Blanca Suárez, attrice e attuale "fidanzata di" gestisce un blog di moda su Vogue. E devo ammettere, leggere-riserve-da-fan a parte, che il look sfoggiato nel post "saltar en los charcos" riscontra tutta la mia approvazione. 



Ebbene sí: un blog ce l'ha anche Iñaki García, musicista e co-compositore di molti brani della carriera solista di Dani Martín. Il suo spazio personale lo trovate su Tumblr (il giorno in cui riusciró a pronunciare correttamente il nome di quella piattaforma senza sembrare una perfetta deficiente giuro che faró una festa): lí condivide le sue collaborazioni, le interviste che gli vengono fatte, e tutto quello che potrebbe interessarvi per approfondire vari aspetti della sua carriera. 

























Qual è il vostro preferito?