martedì 29 dicembre 2015

El Mejor Momento: Pablo López e i bilanci di Spotify


Spotify mi capisce. Dico sul serio. É da quando ha preso l'abitudine di regalarci i bilanci di fine anno che attendo il suo Year In Music con l'impazienza di una bambina. Non che quello del 2015 si sia rivelato poi così sorprendente, beniteso. Le statistiche del servizio di streaming non hanno fatto che confermare la già nota piega ammeregana che hanno preso i miei ascolti, con gli Imagine Dragons tra i top artist, Shut up and Dance dei Walk de Moon come canzone più riprodotta e Brandon Flowers (Viva Las Vegas!) indiscusso ever green buono per tutte le stagioni.

C'è una novità, però; Ed è che il social ha introdotto nelle sue statistiche finali una voce che io ho sempre ritenuto fondamentale. Parlo del "Primo Brano Ascoltato nel 2015": un dettaglio che ho sempre annotato con la minuzia dei rituali in block notes e post, per lo piú gravandolo del peso di bizzarre premonizioni. 

Ebbene. Secondo Spotify - che mi capisce - la mia prima canzone di quest'anno è stata El Mejor Momento di Pablo Lopez. Un pezzo con tutta probabilità restituitomi dalla selezione casuale di una qualche radio tematica. Un pezzo che, ad essere sincera, avevo completamente scordato. Lo riscopro ora, però. E lo faccio con un brivido. Perchè si dà il caso che Pablo López sia di Málaga. Che abbia la mia stessa età. E che il testo di quella sua canzone, in concreto, si prestasse da Dio ad inaugurare 12 mesi in cui i lati positivi sono stati tutto sommato superiori a quelli negativi. Mesi di viaggi. Di concerti. Di tanto lavoro, sì, ma anche di tante soddisfazioni.

Avevo iniziato il 2015 col sorriso e la certezza che sarebbe stato migliore del 2014. E, senza saperlo, mi ero scelta la colonna sonora ideale.


Amo i cicli, oltre ai bilanci. Ed é per questo che mi sembrava giusto e doveroso ri-presentare quel brano anche a voi. 







IL MIGLIOR MOMENTO 
Pablo López

É da tempo che non sogno in grande,
é da tempo che non importa cosa accadrà
Ormai ho perso di vista i giganti, 
Non possono più spaventarmi perchè
Oggi mi sono svegliato forte, 
Tutte le strade mi hanno portato fino qui.

É il momento di uscire e respirare, 
é il momento di cantare a tutto ciò che vedi.
É il momento di saltare per cadere in piedi
Butta giù la porta e grida forte,
che se ne accorga il mondo,
questo è il miglior momento. 

Non smetterò mai di ringraziarti
Per ogni luce che hai acceso nel salotto.
Sei patrimonio della mia fortuna,
sei risate e sei più di una canzone.
Ed è che io ho trovato la vita nei tuoi abbracci,
Ho imparato che l'importante accade oggi.

É il momento di uscire e respirare, 
é il momento di cantare a tutto ciò che vedi.
É il momento di saltare per cadere in piedi
Butta giù la porta e grida forte,
che se ne accorga il mondo,
questo è il miglior momento. 

É il momento di uscire e respirare, 
é il momento di cantare a tutto ciò che vedi.
É il momento di saltare per cadere in piedi
Butta giù la porta e grida forte,
che se ne accorga il mondo,
questo è il miglior momento. 






Ah! Secondo "A Year in Music di Spotify" la maggior rappresentanza italiana del 2015 nelle mie playlist é stata a cura dei Negrita. Gli Estopa si sono incaricati di tenere alto il nome della Spagna, mentre l'estate si conferma per me la stagione degli Efecto Pasillo (oltre che, in questo caso, del tormentone Alvaro Soler). Resta da capire in base a quale classificazione mi sarei "avventurata nell'ignoto" con the Nights di Avicii, ma immagino che tutto non si possa sapere.





domenica 27 dicembre 2015

Italo-Spagnola Awards 2015: Le Nomination! (Meglio tardi che mai)

Quest'anno sono talmente in ritardo che potrei farmi sponsorizzare da Trenitalia. Ma in fondo, finchè il calendario dice "Dicembre", facciamo in tempo ad onorare le tradizioni. Anzi, sapete che c'è? Forse pubblicare le nomination il 27 Dicembre è addirittura meglio. Sì, insomma, se non altro avrete qualcosa da fare mentre aspettate inerti sul divano che i succhi gastrici facciano il loro lavoro. Non male, no?


Mi sembra sempre doveroso ricordarlo: gli Italo-Spagnola Awards sono un grande Classico di questo blog. Nati nel 2012 con la dichiarazione ironica di voler emulare MacchiaNera, si sono fatti appuntamento celebrativo fisso il cui unico scopo è quello di far conoscere ai miei lettori (ma anche a chi si ritrova a passare di qui per caso) le migliori realtà italo-spagnole del web.




Per quanto mi riguarda è, inoltre, anche un modo alternativo per stilare i bilanci dell'anno in conclusione. Non solo mi permette di ripercorrerne, infatti, gli eventi in assoluto più itagnoli, ma mi dà anche modo di capire quali tra i miei post vi siano piaciuti di più. 

Le nomination, come sempre, sono divise in due macro-sezioni. Quella generale, che vi permetterà di esprimere le vostre preferenze sui siti web, hashtag e account social a tema Italia/Spagna; e quella relativa a questo stesso blog, in cui vi verrà chiesto di scegliere - per l'appunto- i migliori post di italo-spagnola. 

Perchè il voto risulti valido, dovrete esprimere la vostra preferenza in almeno tre categorie (Miglior sito o blog, miglior new entry e miglior post di Italo-Spagnola); Io, però - manco a dirlo - vi invito caldamente a farlo per tutte quelle in gara. In fondo basta selezionare i prescelti dal modulo qui sotto e, alla fine, cliccare invio. Facile, divertente, e di durata inferiore ai cinque minuti!

Tra le novità del 2015 segnalo la nuova categoria dedicata ai siti, organizzazioni o blog italo-spagnoli di argomento musicale, che con mia somma gioia stanno spuntando come funghi. Le nomination per il miglior video italo-spagnolo dell'anno sono state sostituite da quelle per il miglior canale italo-spagnolo su Youtube; e la categoria "miglior VIP italo-spagnolo" ha lasciato il posto a quella per la miglior trasmissione televisiva, visto che in questi dodici mesi ce ne sono state diverse a soddisfare le nostre anime di itagnoli. 

Per il resto, non posso che concludere ringraziandovi per quest'anno meraviglioso: l'anno in cui il mio blog ha ricevuto più visite e condivisioni di sempre; l'anno del mio post in assoluto più virale. Spero di continuare a scrivere testi che vi piacciano, perchè per me è davvero la più grossa delle soddisfazioni. 

Ma ora bando alle ciance: potete votare da adesso fino alle ore 23.59 del 27 Gennaio 2016. Non si vince niente, tranne l'imperitura gloria (?) e tutt'al più le solite targhette bruttissime con cui bullarvi del riconoscimento sui vostri social e siti web. L'hashtag per commentare i premi è #ISAwards15 , e qui sotto c'è il codice da copia-incollare per incorporare il modulo di votazione nei vostri website. 

<iframe src="https://docs.google.com/forms/d/1nCnK8IEdB90BtgZyRgKHOe7uDUZhEFUB4fN20dtKg0o/viewform?embedded=true" width="600" height="500" frameborder="0" marginheight="0" marginwidth="0">Caricamento in corso...</iframe> 

Sicuramente ho dimenticato qualcuno: chiedo perdono in ginocchio sui ceci e prometto di inserirlo nella prossima edizione. 

Buon voto e... che vinca il più itagnol!





venerdì 25 dicembre 2015

Cose che ho amato di questo Natale.


Amare il Natale quando di lavoro fai la social media manager rischia di diventare complicato. Eppure eccomi qui, entusiasta come una bambina. La pancia piena e la palpebra in picchiata dopo due giorni di abbuffate famigliari.

Quello che mi piace, di questa festa, non sono tanto i regali o le luci. Piuttosto, la amo per l'atmosfera che riesce a creare. Per il calore. La frenesia dei preparativi. Per il dolce far niente del dopo. L'adoro, soprattutto, perchè per qualche ragione insondabile mi istiga sempre ad essere creativa. Studio confezioni personalizzate. Stupisco i parenti con qualcosa di sempre nuovo. Tiro fuori cartoncino, pennarelli e forbici per prodigarmi - unica volta in tutto l'anno - in qualche insolita creazione manuale. E quando, attorno a un tavolo, tutto questo sfocia in un sorriso, riesco a sentirmi grata per quello che ho.


Quindi amo il Natale, sì. Lo amo oggi più che mai, nonostante i più di sessanta post programmati su Facebook. Sarà che sono nata in inverno. Sarà che il mio Natale è sempre assieme convenzionale e strano come me.

Per concluderlo, avevo voglia di condividere con voi l'elenco semi-serio delle 10 cose che tra ieri e oggi più mi hanno resa felice. 

1. Il successo del mio giochino "Pesca il tuo regalo per il 2016". Se mai ve lo chiedeste (o voleste copiarlo) consisteva nel pescare bigliettini da un vaso tra una portata e l'altra della cena della Vigilia. Ogni bigliettino riportava quello che la persona avrebbe avuto dal 2016. Robe standard tipo amore, denaro, viaggi, successo. Ma anche bonus speciali per lavatrici o lavaggi piatti. L'ambito premio speciale del Folletto Goloso che dava diritto al cioccolatino nascosto in fondo al barattolo. L'omino di zenzero che invitava a condividere con gli altri un momento bello dell'anno che sta per concludersi. O il Babbo Natale Ubriaco che esortava - per l'appunto - a scolarsi un bicchierino. 





2. Ben due "chi sono questi?" durante la riproduzione delle mie playlist: la maggior soddisfazione di chi sceglie le colonne sonore.

3. Entrare nella taglia 40!!!

4. L'incredulità di mio nonno nello spiegargli concetti quali la realtà virtuale, il funzionamento di Siri e le nuove frontiere del cibo stampato in 3D.

5. La decorazione a tema natalizio della mia torta soffice allo yogurt.


Una foto pubblicata da Ilaria (@ilaria_luna84) in data:



6. Addobbarmi con i nastri e le rose dei regali già scartati per constatare che al Coachella non sfigurerei.

7. Lo spumanteeee (che spiega il punto 6)

8. Nessuna nuova mail nella posta in arrivo.

9. La statuina di Topo Gigio in versione pensionato inserita nel presepe fatto con i tappi di sughero al motto di "tutti hanno diritto di andare a vedere Gesù Bambino!". (Vedere punto 7)

10. Esternare il mio italo-spagnolismo anche mentre perdo a poker. 


Una foto pubblicata da Ilaria (@ilaria_luna84) in data:


E voi, come avete passato il Natale?

domenica 20 dicembre 2015

"Te encontré sincero, primo": pesci, lumache e nostalgia.

É passata ormai più di una settimana, dal concerto di fine tour de El Pescao. Parlarne adesso rischia di sembrare inutile. Notizia vecchia, buona tutt'al più per incartarci il pane. Eppure, per uno dei miei tanti inspiegabili tarli mentali, so che non sarò in pace con me stessa fino a che non vi racconterò come è andata.

Ed è andata bene, intendiamoci. Bene da risate di pancia. Bene del tipo che è stato uno dei live più divertenti a cui io sia mai stata. Roba da coriandoli (e difatti). Da gag sul palco. Da overdose di amici. É andata che ha avuto il sapore di una festa di fine anno scolastico al liceo. Con la birra che sa di trasgressione, gli arrivederci che suonano come un grazie, la spensieratezza di un futuro da esplorare. Aiutava anche la location. I colori psichedelico-naif dei dipinti sui muri della sala Caracol. Lumaca, in italiano. Un posto che chiaramente si chiama così perchè sono tutti lenti da morire. E poi c'erano i deejay. Anzi, i diiyey. Dai, quanto è meravigliosamente buffo come lo pronunciano gli spagnoli? 




Comunque. Il fatto è che sarebbe riduttivo limitarsi a questo. Ad un paragone. A una definizione di cinque lettere appena. No. Per me quel live ha significato ben più di questo. E, d'altra parte, in tutte le feste della mia vita ho sempre avuto almeno un attimo di riflessione. Forse è un problema di chi scrive. Molto più probabilmente, solo mio. 


Mi sembra ieri - e al contempo un secolo fa - che uscivo da una sala prove nel quartiere di Carabanchel. Avevo appena finito di ascoltare per la prima volta il nuovo disco di David Otero. Il resto del mondo (vabbè, di Spagna!) l'avrebbe conosciuto appena di lì a qualche mese, ed io mi sentivo una privilegiata. Ci eravamo fermati a chiacchierare fuori da un portone. Avevamo scattato selfie. Girato video. L'estate illuminava di luce diversa la stessa città che di quel tour avrebbe in fondo scandito tutte le tappe fondamentali. L'aveva sempre fatto. Era così dai tempi de El Canto del Loco. Non dovrebbe stupirmi, dal momento che quella città è la sua. 






A pochi metri da quella sala prove, ignaro di tutto, un discografico della Sony usciva da un bar con i vetri appannati. "Che ci fate qui?!" "El Pescao?!" "Cosa?!". David, quell'etichetta, l'aveva da poco lasciata. Una mossa azzardata che aveva riscontrato tutto il mio entusiasmo, traducendosi al contempo in voglia di rischiare, supporto di agenzie piccole e giovani, ed incremento di soluzioni promozionali anti-convenzionalmente creative. Lui, il discografico, di quel pre-ascolto non sapeva nulla. In compenso ci parlava di Dani Martín. Del DVD di prossima uscita in cui sarei comparsa anch'io. "É sempre speciale lavorare con Dani", diceva. Ed io pensavo "see, certo". Mordendomi la lingua per trattenere il sarcasmo. In quel momento quasi l'odiavo, Dani Martín. Avevo deciso di chiudere quella tappa dopo una delusione che ancora bruciava. Tutto o niente. Niente o tutto. Le mezze misure lasciatele agli altri, non a me. 

É passato più di un anno, da allora. Adesso El Pescao è tornato alla Sony, e ha scelto di mettere fine al progetto Ultramar con una specie di Festival alla sala Caracol. Ha coinvolto i suoi amici. La bravissima Ms Maiko, live from Canarias: un concentrato di energia con l'aggiunta di un tocco di itagnolità ne "il numero da lei chiamato è inesistente" che introduce in italiano uno dei suoi pezzi. Los Galván, al loro decimo anniversario, che mi fanno sgolare rispolverando quella "Por eso canto" che nella versione con Melendi era stata per un periodo uno dei miei ascolti ossessivo-compulsivi. Paula Rojo, che l'accompagna in "Por las Calles de Palermo". E ancora Joshua Diaz, musicista che ho imparato a conoscere a seguito di una richiesta di amicizia mandatami su Facebook. Umile ed efficace mentre canta con David "Descalza y sin avión", il brano che hanno composto assieme e che certo non poteva non piacermi nel suo parlare di aerei e libertà. 




El Pescao, quel festival, l'ha fatto iniziare con una playlist che sembrava una delle mie su Spotify; E già metteva voglia di sorridere e ballare. Una voglia che non si sarebbe mai spenta, neanche dopo. Nello snodarsi di un repertorio calibrato che ri-arrangiava pezzi noti mescolandoli ai meno conosciuti, passando da una Me Da Lo Mismo in chiave rock a una troppo poco suonata Si Me Pusiera en Tu Piel; dalle suggestioni acustiche di "Cuando llegas tú" a quell' "El Mundo de Los Recuerdos" sempre sorprendentemente difficile da cantare.

Un repertorio che, soprattutto, comprendeva una quantità di brani de El Canto del Loco superiori alla media. Ed è questo che non mi aspettavo. La nostalgia. Il modo in cui una sola parola, aggiunta al testo di Tal Como Eres, riesce a disegnarmi in testa tutto un universo di ricordi e sensazioni. 

"Te encontré sincero, PRIMO."
E la mia mente va via, all'istante. Torna al momento in cui, seduti su di una panchina al centro del palco, i due cugini si guardavano cantandola a duetto. Ai palchi fantasmagorici con le "gabbie" a più piani. I carnevali improvvisati al Sant Jordi. Sweet Child o' Mine. Le corse a perdifiato verso una prima fila alla Ciutadella di Roses. Primo. Solo Primo. E ritrovo gli anni belli. Quelli in cui ancora non c'erano stati hotel, abbracci, chiacchiere o anche solo menzioni sui social. E magari vivevo la musica in modo malato, ma mi bastava una dedica dal palco per scoprire una felicità impossibile da descrivere a parole. Una felicità che non avrei mai smesso di provare a raccontare agli altri, che fosse in mille post, davanti ad un caffè al tavolino di un bar, o al telefono con le amiche per ore. L'avrei inseguita ovunque; L'avrei rincorsa per anni, quella briciola di felicità.






Qualcuno, in altre circostanze, mi avrebbe detto più avanti che non ne valeva la pena. Qualcun altro ancora, che "i musicisti sono tutti stronzi, dal primo all'ultimo". 

Ma allora sono i musicisti, semmai, che vanno lasciati perdere. Non la musica. La musica mai. E quando un problema tecnico spegne l'amplificazione sul palco a me viene voglia di riguardare il film di Personas. Quando David attacca "Sperman" ricordo quel concerto del 2008 pressata tra la gente con un caldo boia. Una foto en blanco y negro è ancora il video di compleanno più bello che mi sia mai stato fatto. Non per il montaggio o la canzone, ma per quello che rappresentava. 

Forse non si è mai trattato di riconciliarmi con Dani Martín, ma di riconciliarmi con me stessa. Di accettare che una tappa si è conclusa non in virtù di una delusione, ma di una necessità di vivere le passioni in modo diverso. Forse più sano. Forse più distaccato. Forse si tratta solo di far pace coi ricordi, ripremere play e ripartire da lì. 

L'ho saputo nel momento in cui David ha detto Primo, guardando col sorriso verso il fondo della sala. Sapevo quello che poi avrebbe confermato: Dani era lì, in quello stesso posto. Sapevo anche che non l'avrei visto; che avrebbe evitato la gente, che comunque in ogni caso l'avrei evitato io.

Eppure ero contenta che ci fosse. Ero contenta di provare così forte quella nostalgia. 

E ringrazio El Pescao perchè, senza volerlo, la sua fine tour mi ha dato la giusta carica per festeggiare un traguardo per me importante. Nel 2016 compierà dieci anni il fanclub che ho fondato. Un fanclub che - scioltisi o meno-  era, è e resterà sempre per prima cosa il fanclub di quella band che tanto ho amato.

Larga Vida - siempre- a El Canto Del Loco. 





giovedì 17 dicembre 2015

Bentrovata, Capital.

Metro Atocha. Senso di deja vù. Nell'aria, odore di castagne e mandorle tostate. Trascino il trolley sulle scale in salita, la schiena ancora zuppa di sudore. Sarà sempre troppo tardi quando i mezzi di trasporto ci grazieranno di temperature umane. Mi fermo. Un attimo soltanto, giusto per spostarmi la frangetta dalla fronte. All'altro lato della strada, gli alberi decorati del Paseo del Prado fanno da orizzonte ad un orientamento cieco. Mi ci dirigo senza esitazioni, col passo sicuro e il pensiero distratto che riservi solo ai posti che puoi chiamare casa. 

Fuori da quella stazione, Madrid mi ha colpita in piena faccia con un pugno di pura euforia. Lei, con la sua vita che scorre senza sosta. Veloce come le Metropoli. Umana come un paesino di poche anime appena. É quasi un privilegio, ricongiungermici da sola. Passeggiare in silenzio per le sue strade dritte mentre mi restituisce ad uno ad uno tutti i ricordi che le avevo affidato. Tra il Reina Sofia e la Fuente del Neptuno percepisco il mio pensiero  - prima ancora del suono della voce - riadattarsi senza sforzo alla musicalità dello spagnolo. Metamorfosi kafkiane, ma all'inverso. Nel sorriso che si apre, eccola!, è la trasformazione quasi fisica nella versione di me che amo di più. 

Bentrovata, sembra dirmi. Bentrovata anche a te. Questa città, ne sono certa, mi conosce anche meglio di quanto io conosca lei. 

Arriveranno dopo, le mie amiche, in rincorsa ai messaggi su Whatsapp. A quel punto un'allegra comitiva di cinquantenni brille avrà già allietato e rovinato al contempo la mia cena solitaria al Museo del Jamón. Avrò scambiato battute con i camerieri. Avrò passeggiato senza meta per i vicoli con l'intento di perdermi senza riuscirci in nessun caso. E sarò collassata, alla fine. Tronfia di un appagamento stanco, gonfia di emozioni. Inghiottita letteralmente dal letto comodo di un hotel con le pareti un po' troppo sottili. E coppiette che amoreggiano. E tizi che russano. E il mondo, tutto il mondo, fuori. 

Con Céline e con Michela, qualche ora più tardi, farò le scoperte migliori del viaggio. Tipo il Vertical Café, a due passi dal Caixa Forum: una versione più intima e sorridente di Starbucks, dove il caffè si sposa allo zenzero e alla cannella in alti bicchieri di vetro. 




Lo abbino ad una fetta di torta al cocco e cioccolato fatta in casa, in una delle descrizioni più efficaci del concetto di "colazione perfetta". Oppure l'Ale-Hop, catena tutta ispanica di negozi in cui il mix di oggettistica insolita, design accattivante, e canzoni natalizie sparate a palla dallo stereo rende matematicamente impossibile tenere il portafoglio chiuso in borsa.




Un po' come al Mercadillo del Gato, esattamente di fronte. Due piani di palazzo storico che riescono a stordirmi di meraviglia. E dico in modo letterale. Tipo che gli occhi mi si stancano a forza di spalancarsi in wow. Ci sono abiti ed accessori vintage, là dentro. Oggetti di artigianato. Bigiotteria. Ci sono cappelli, cinture e bracciali di estetica bohemian. Ma anche tea. Marmellate di birra e di vino. Sculture di arte contemporanea, illuminate di colori accesi a beneficio dei corti circuiti sensoriali. 


Una foto pubblicata da Ilaria (@ilaria_luna84) in data:



Troppa bellezza per portarne via un solo esemplare. E sarà proprio questo a salvare, in effetti, la mia economia. A Madrid ho anche imparato che 'sta cosa degli abbracci gratis non è poi proprio del tutto una stronzata. Mi sono lasciata convincere da un tizio con gli occhiali che un po' somigliava a Leiner della precedente edizione di X-Factor. Non ci credevo. E invece è assurdo come una stretta di soli tre secondi, seppure ad opera di un perfetto sconosciuto, riesca a farci stare meglio davvero.

Perché siamo strani, noi esseri umani: ci isoliamo. Litighiamo. Ci rintaniamo a meditare in luoghi sperduti sproloquiando sul fatto di dover ritrovare noi stessi. Ma poi è solo col contatto che funzioniamo davvero. 

E contatto può essere anche semplicemente una lunga chiacchierata davanti a un'albero di Natale da Starbucks (quello vero), o magari un sorriso di gruppo a favore di obiettivo con lo sfondo del solito orso alla Puerta del Sol. Io mi ricordo di te all'imbocco dell'altra strada, mi verrebbe da dirgli ogni volta. Mi ricordo dell'insegna del Tio Pepe nel periodo in cui non c'era più.

É stato un giorno e mezzo. Una concatenazione di abbiocchi sugli aerei. Una boccata d'aria, nient'altro. Eppure è sempre bello; sempre rassicurante, soprattutto, ritrovare Madrid. 


martedì 8 dicembre 2015

I migliori 5 libri del mio 2015


Voi mi confermate che il mese di Dicembre autorizza i blogger ad intasare Internet con le TOP 5 e le TOP 10 dell'anno, vero? No, perchè morivo dalla voglia di scriverne una. 

In concreto, mi premeva consigliarvi i libri che, più di tutti, hanno segnato per me questi mesi. Non quelli editi nel 2015, beninteso; Piuttosto, quelli che nel 2015 ho letto, riletto, scoperto ed apprezzato di più. Quelli che hanno avuto un'influenza concreta nel mio quotidiano, anche. Che mi hanno a vario titolo lasciato dentro qualcosa.

Nel segnalarveli, oltre al motivo per cui li ho inclusi nella lista, vi riporto anche i rispettivi incipit. In fondo, assieme alla copertina, le primissime righe sono sempre state un fattore determinante per i miei acquisti letterari. Ho pensato che, forse, potessero esserlo anche per voi.




1. Inventare Twitter - Nick Bilton 

4 Ottobre 2010, 
Sede di Twitter
"Esci" disse Evan Williams alla donna ferma sulla soglia del suo ufficio. "Sto per vomitare."
Lei indietreggiò, chiudendosi la porta alle spalle, e, mentre il rumore dello scatto metallico riecheggiava nella stanza, lui prese il cestino della spazzatura nell'angolo, con le mani sudate e tremanti.
Ecco. Il suo ultimo gesto da amministratore delegato di Twitter sarebbe stato vomitare in un cestino della spazzatura. 


Mi era stato recapitato con un pacco di Amazon, assieme all'edizione deluxe del disco degli Imagine Dragons. L'avevo instagrammato, con il consueto entusiasmo che riservo agli arrivi più attesi. Riguardando quella foto, adesso, mi sembra di cogliere la perfetta sintesi di un anno ad alto tasso ammeregano. Sì, perchè quello di Bilton non è soltanto uno dei cinque libri top del mio 2015. É diventato uno di quei testi imprescindibili con cui tartassare di "leggilo" amici, parenti e perfetti sconosciuti. Il must have della libreria. Chiamatelo, se preferite, uno dei miei nuovi cult. 


Una foto pubblicata da Ilaria (@ilaria_luna84) in data:


Potreste dire che, in fondo, sia normale. Ero su Twitter prima che su Facebook. Ci ho scritto sù un libro. Grazie a quel libro, ho trovato un lavoro. Ecco perchè, quando ho scoperto che esisteva una storia romanzata delle origini del social network, mi è stato subito chiaro che non avrei potuto lasciarla lì. Soprattutto non con quella copertina così bella. Nera, con l'uovo che si schiude. Soprattutto non se aveva i capitoli intitolati di chiocciole ed hashtag. 

Starete pensando che è una roba da nerd. Che sarà certamente noioso, figuriamoci. Che di Twitter non c'avete mai capito niente, grazie ma l'argomento non fa proprio per voi. Invece è proprio qui che vi sbagliate, amici. Perchè Nick Bilton non si sofferma su dettagli tecnici, sviluppi economici o codici di programmazione. Al contrario, si limita a raccontarci una storia. Una di quelle avvincenti e ben scritte, che ti tengono incollato alle pagine. Dimenticate, per un attimo, che è vera. Dimenticate l'onnipresenza di quel logo azzurro sugli schermi dei vostri cellulari, o ai margini di un programma tv. Quello che vi resterà è una trama esplosiva fatta di amicizia, rivalità, potere, denaro, ambizione e tradimento. Con il vantaggio che, dopo aver chiuso l'ultima pagina, potrete ritrovarne i protagonisti online. 

Io, per esempio, ho iniziato a seguire con una certa assiduità Jack Dorsey. Lo trovavo il più interessante a livello narrativo. Il più adatto a diventare il protagonista di un ipotetico film (ché con Steve Jobs anche basta, dai!). Siccome i miei interessi sono sempre molto pacati e superficiali, ovviamente ho anche guardato sue svariate conferenze, interviste ed interventi vari su Youtube. Ne ho ricavato esercizi di english comprehension, qualche dose di ispirazione ed anche, in certi casi, la capacità di prevedere - o, per lo meno, di ritenere perfettamente logiche  - alcune mosse di Twitter da quando è stato ri-nominato CEO. Però, vabbè, questo sì che inizia a diventare troppo nerd. 

2. La ragazza del treno - Paula Hawkins

É sepolta sotto una betulla bianca, vicino ai vecchi binari della ferrovia. La tomba è segnalata solo da un mucchietto di pietre, nient'altro. Non volevo attirare l'attenzione sul luogo in cui riposa, ma nemmeno potevo abbandonarla all'oblio. Dormirà in pace, lì: a turbare la sua quiete, solo il canto degli uccelli e lo sferragliare dei treni. 

Sono sempre piuttosto scettica nei confronti dei cosiddetti "fenomeni letterari". Non per una sorta di snobismo nei confronti di ciò che è popolare, quanto per paura che derivino nel paranormale. Ancora peggio: in un elenco strappalacrime di sfighe. Per fortuna, La Ragazza del Treno di tutto questo non ha niente. É solo un giallo. Un bel giallo classico senza complicazioni, magistralmente strutturato per tenerti incollato alle pagine. Una droga che parola dopo parola, capitolo dopo capitolo, ti getta nella dipendenza più estrema. 

L'aspetto psicologico ed introspettivo gioca un ruolo fondamentale. L'autrice riesce a calarti nei pensieri dei personaggi, anche quando la loro vita è anni luce lontana dalla tua. Guardi il mondo con i loro occhi. Dubiti di tutto e tutti. Cambi continuamente idea, fino all'adrenalinico sviluppo finale.

Questo "fenomeno letterario" il successo se l'è meritato eccome. Ve lo consiglio per una lettura di puro svago. Un trip che vi trascinerà lontano, in mezzo a treni, coppie non così perfette come sembrano, alcol e percezioni distorte. A costo di ripetermi: una volta iniziato non vi ci stacchereste più. 


3. Dimmi che credi al destino - Luca Bianchini


Il cielo di Londra sembra fatto per raccontare l'amore. Cambia continuamente, e anche quando ti illude con una giornata piena di azzurro, ecco che qualche nuvola compare all'orizzonte, si mette a correre veloce, e di colpo la luce è buio e la pioggia si mischia alle tue lacrime. 

Diciamolo subito: non è il miglior romanzo di Bianchini. Eppure, Luca ha questo dono di trascinarti in storie quotidiane piccole, fatte di gioie e di dolori quotidiani, dove i luoghi sono personaggi essi stessi e quelli in carne ed ossa sono più vivi che mai. Ti ci affezioni, sempre. Perchè li descrive di manie e difetti; perchè mette loro in bocca pensieri che, almeno una volta, hai avuto anche tu.

I suoi non sono eroi. Mai. Sono i tizi della porta accanto con cui potresti avere a che fare ogni giorno. Sono la tua amica, il tuo vicino di casa, il tuo parrucchiere, magari. Ed è per questo che sono così umani. Talmente veri che spiace sempre, girare l'ultima pagina e dovergli dire addio.




La scrittura di Bianchini la amo perchè è fintamente semplice. Sembra lieve, scorrevole, spensierata come la sua espressione nelle foto. Ma poi, se appena ti ci soffermi un attimo, scopri che ogni frase è una piccola perla, potenzialmente degna di essere appuntata sul block notes delle citazioni. 

Dimmi che Credi al Destino, a differenza di altri suoi lavori, non ha avuto una ripercussione diretta nella mia quotidianità. Questa volta nessun personaggio mi ha attaccato addosso un'esclamazione, non sono caduta in altri vizi tipo quello di leggere sempre la prima e l'ultima riga di un libro, tantomeno ho imparato a canticchiarmi canzoni per addormentarmi di botto. Eppure, quella scrittura continua ad esercitare su di me un fascino quasi ipnotico. Quei personaggi continuano ad essere sempre gran belle conoscenze da fare.

Leggetelo tutto. Anche i ringraziamenti: vi apriranno una chiave di interpretazione tutta nuova.  


4. L'assassino non sa scrivere - Stefano Piedimonte 


Fancuno è un paesino di tremila soggetti - definirli "anime" sarebbe un'esagerazione - che sorge fra i comuni di Castelcapro, Sicignavia e Valle del Seme. Ci sono tanti modi per andare a Fancuno. Se ci si arriva da Sud, la strada è migliore, e poi è alberata. C'è da passare sui colli di Valle del Seme, che a parte il nome è proprio un bel posto, e prendere per Santo Stefano Martire.


"L'assassino non sa scrivere, ma tu in compenso lo fai da Dio. Appena finito e...niente, solo complimenti.", scrivevo a Stefano Piedimonte (su Twitter!) lo scorso Febbraio. La sua è una storia in bilico perenne tra l'assurdo e il surreale, narrata in quei particolarissimi toni comico-cinici che ho imparato (forse a torto) a definire caratteristica degli autori napoletani. L'ho associato in qualche modo a Diego Da Silva, lo stile di scrittura veloce e tagliente che ti strappa sorrisi due secondi dopo averti raccontato di una strage. E, già da solo, quello stile di scrittura vale tutto il libro. 

In più, c'è un campionario di personaggi uno più bizzarro dell'altro. Hanno i tratti tipici degli abitanti che trovi in un qualsiasi paese di provincia italiano, ingigantiti e deformati pur riuscendo, in qualche modo, a rimanere credibili. E' proprio questa, forse, la maggior forza di questo giallo anticonvenzionale: che anche laddove accarezza il confine tra reale e leggenda; anche quando oltrepassa i limiti dell'impossibile, riesce sempre e comunque - in qualche strano modo - ad apparirti verosimile. E poi, diciamolo: ti fa anche sorridere un po'. 


5. Il Mio Cuore Messo a Nudo - Charles Baudelaire


Quand'anche Dio non esistesse, la religione sarebbe ancora Santa e Divina. 

Lo so, lo so: lo infilo ovunque, peggio del prezzemolo. Se seguite questo blog da un po', sarete ormai stanchi di sentirlo nominare ogni volta che si accenna- anche vagamente- alla letteratura. Il problema è che non potevo prescindere da Baudelaire, nel riassumere quest'anno in libri. Chè è vero, ne ho letti molti altri. Certi anche carini. Sicuramente più recenti e meno citati in questa sede. Ma, se "Inventare Twitter" è uno dei miei cult più nuovi, "Il mio cuore messo a nudo (e altri progetti)" è uno di quelli di più vecchia data. Lo rileggo spesso, anche in virtù del suo essere un agglomerato sconnesso di pensieri ed appunti da sbocconcellare non interamente e senza un ordine preciso. 

L'ho riletto anche quest'anno, prima del viaggio che mi ha portato a Parigi e in Belgio subito dopo la strage di Charlie Hebdo. Era un periodo strano. Il terrore che, sottile, aleggiava nell'aria, si mischiava alla mia felicità per i concerti che andavo a vedere; ad uno sconosciuto carino che ci provava il giorno del mio ritorno; al sapore di poesia che - soprattutto - ritrovavo per le strade pensando alle parole, da pochissimo rilette, di Charles Baudelaire. Quelle parole che, come sempre, per me sono il miglior consiglio e miglior sprone all'esercizio della scrittura. 

Forse un giorno la farò davvero, questa cosa un po' da schizzati di andare a mettere una rosa sulla sua tomba. Magari solo un biglietto con sù scritto Merci. 





domenica 6 dicembre 2015

La trasmissione più italo-spagnola di sempre!

Chi mi segue anche su Facebook già lo sa: questa settimana era iniziata nel più italo-iberico dei modi. Il motivo? La trasmissione, su Rai 3, di una puntata per me speciale de "L'erba dei vicini". Conduttore Beppe Severgnini. Ospiti - tra gli altri - Teo Teocoli, filoispanico di vecchia data; Marco Balich, ideatore dell'instagrammatissimo Albero della Vita ad Expo 2015; e Sergio Scariolo, allenatore Made in Italy della nazionale spagnola di basket. Con l'apporto di tutti loro, le votazioni del pubblico e l'ausilio di una serie di servizi che hanno toccato anche la mia sempre meravigliosa Málaga, il programma ha messo a confronto Spagna e Italia su aspetti quali l'organizzazione, la conoscenza dell'inglese, la parità di generi o la religione.




La trasmissione è interamente visibile online. Mi sembrava carino, perciò, concludere la settimana così come si era aperta. Proponendovela, senza troppe altre parole. In fondo sono abbastanza certa che, se leggete questo blog, l'argomento vi interesserà.

Poi però aspetto commenti, eh?






mercoledì 2 dicembre 2015

I 10 migliori brunch di Madrid


Ragazzi, gli spagnoli mi capiscono. A darmene l'ennesima conferma - come se poi servisse!-  c'è stato un vecchio articolo di Europa Press. Uno di quelli a lista, scritto con il solo obiettivo di consigliare i locali in cui godersi i migliori brunch di Madrid. Non male, direte voi. Eppure, ad attirare la mia attenzione non erano stati in quel caso il contenuto o l'acquolina in bocca, quanto il contesto in cui veniva condiviso. A postarlo era stata la pagina Facebook di un festival musicale. "Lo sappiamo, che la mattina dopo un concerto la colazione è più importante che mai", avevo letto. E quell'anonimo community manager, in qualche modo, sembrava parlare con me.

Sì, signori. Sono quella della spremuta d'arancia del day after. Quella che si sveglia col mal di collo da prima fila, i lividi di provenienza incerta su ogni angolo del corpo, a volte le orecchie che fischiano. Ma comunque sempre, inevitabilmente, una dannata fame nera.

Certo che la colazione è importante, amigo. La colazione, per noi gente da transenna, è pressochè VITALE. E, considerato che tra non molto sarò a Madrid per (strano!) un concerto, va da sè che quell'articolo andava oggi ripescato. Tradotto. Arricchito. Condiviso. Ché se è vero che non sono l'unica italo-spagnola al mondo ad amare la musica live, ancor meno posso rivendicare l'esclusiva dell'amore per i brunch. Insomma: ho pensato che, a conti fatti, un'abbuffata mattutina potesse interessare anche a voi. Pronti col blocchetto degli appunti?
 

1. HOTEL WELLINGTON 

Uno dei più famosi ed elitari della Capital. Il brunch del Wellington è noto per la sua speciale selezione di prodotti di cui si può fruire in un ambiente elegante. Salumi della miglior qualità, una gran varietà di marisco e, come non potrebbe essere altrimenti, numerosi dolci per coronare un pasto indimenticabile. Puro lusso! 



2. MUR CAFÉ

Situato in Plaza Cristino Martos, il Mur Café propone un altro brunch imperdibile. Un ambiente accogliente, tavoli di legno e un'illuminazione da favola ti faranno godere ancor di più le sue tre diverse tipologie di colazione: completa, dolce e salata. Per tutti i gusti.





Sosta imprescindibile nel quartiere di Malasaña. In calle Pozas, questo locale delizierà gli innamorati dell'arredo vintage: porcellana, mobili antichi e disegni di animali. Prezzi competitivi e splendida atmosfera. Per Old Style lovers. 







4. GANZ

Gli amanti del brunch che si dirigeranno in Calle Almadén scopriranno un locale tra i più tranquilli e accoglienti. Chi ci è già stato loda la presentazione dei piatti e l'attenzione per i dettagli. Inoltre, se ci vai con il tuo cane puoi entrare senza problemi, perchè Ganz è dog-friendly. Per una sosta con l'amico a quattro zampe! 





5. WESTIN PALACE 


Anche gli amanti della musica classica hanno il loro brunch! Il Westin Palace di Madrid offre ogni domenica un buffet salato e dolce accompagnato da esibizioni operistiche dal vivo che promettono di non deludere. Il tutto, nel singolare contesto della cupola di cristallo dell'Hotel Palace. Raffinatissimo e a prova di musicofilo. 







La cucina latinoamericana condensata in un brunch. La Candelita, in calle Barquillo, propone un menù pieno di colori e sapori. La domenica dalle 12.30 alle 16.00 potrete godervi le sue uova rancheras, la sua colazione criolla o alcune deliziose cachapas (piccole torte di mais ripiene di formaggio). Desde latinoamérica con amor. 




7. THE TOAST CAFÉ

Anche chi ama la gastronomia statunitense ha un posto adatto per lui. The Toast Café propone cibo nord-americano fatto in casa nel cuore del quartiere di Chamberí. I suoi brunch, disponibili il Sabato e la Domenica dalle 11 alle 17, vi permetteranno di assaggiare pancakes dolci e salati, uova alla Benedict, bagels e frittate. Non solo, ma qui potrete godervi concerti e mostre in un ambiente che saprà esservi d'ispirazione. Born in the U.S.A!



8. EL FERRY 

Questa caffetteria vi stupirà per la sua decorazione di ispirazione marinaresca, dove gli specchi che simulano boccaporti e le tonalità del bianco e dell'azzurro vi trasporteranno in alto mare, mentre assaporerete un brunch composto da hamburger di bue o uova alla benedict, accompagnati da caffè o da un buonissimo Bloody Mary. Particolarmente adatto dopo un live de El Pescao! 





9. BRISTOL BAR 

Se cerchi un brunch in puro stile british, Bristol Bar è il posto che fa per te. Nel quartiere di Recoletos, questo locale si distingue per la sua accurata selezione di vini e gin. Se scegli uno dei suoi brunch, non ti mancherà una gran varietà di dolci, frutta e piatti salati. 100% english. 





10. EL KIOSKO DEL PAN 


Se hai una Domenica libera e sei vicino alla calle Don Ramón de la Cruz, El Kiosko del Pan è un'ottima opzione. Il suo ambiente rustico con sedie di vimini è la miglior cornice per i suoi brunch, con pane e prodotti di pasticceria appena sfornati. Per cominciare la giornate in stile un po' più italiano.