giovedì 28 aprile 2016

Il concerto crowdfunding di Lucas Masciano

Lucas Masciano sogna di girare il mondo, e vuole metterci una colonna sonora. 

Viaggi e musica, d'altronde, sono sempre stati un binomio inscindibile nella vita del cantautore argentino. Basti pensare al documentario con cui, nel 2014, aveva accompagnato l'album "De París a Transilvania". Specchio fedele del suo spirito un po' naif e un po' gitano, quel filmato ci consegnava non solo l'inusuale processo di creazione del disco, ma anche - o forse soprattutto - l'apertura di vedute tipica di chi non capisce il senso dei confini. É proprio per questa sua intrinseca negazione di stereotipi e preconcetti se le canzoni di Lucas lasciano la porta sempre aperta a sonorità miste di folklori lontani.

Vuole cercarne di nuove, adesso. Anzi, a dire il vero le ha già trovate, ma intende arricchirle inseguendo il sogno di una vita. Per questo ha avviato un progetto di crowdfunding online. Un progetto di cui non posso non parlarvi, e non soltanto perchè la musica di questo tizio mi piace. No. La menzione, sul blog, è resa di per sè già doverosa dal cognome. Perchè in quel "Massiano" che gli ispanoablanti strascicano di aspirazioni e sibili c'è un Masciano con pronuncia più marcata, che sa di amatriciana. Italiano, come italiane sono le origini di cui mi parlava un giorno alla Fnac di Madrid. Quelle origini, per il tramite consueto della sua Argentina, l'hanno portato quindici anni fa a suonare per le strade di Barcellona, dove tutt'ora vive. E poi da lì al contratto con le major, alle canzoni su Los 40 Principales, a un nuovo, coraggioso, affrancamento indie, che si costruisce ancora adesso attorno alla schizofrenia di locali mezzi vuoti e immediatamente conseguenti sold out. 



Vi parlo del suo crowdfunding perchè quello che Lucas vuole fare - e che in parte già fatto con "De Paris a Transilvania" - è chiudere il cerchio tornando su quelle strade. I soldi che raccoglierà serviranno a finanziare il suo prossimo disco. E, subito dopo averlo presentato, partirà per un viaggio attorno al mondo in auto. Durerà diversi anni. Anni che lo porteranno a suonare le nuove canzoni, come lui stesso scrive, in "concerti, festival, per le strade, nelle riserve aborigene, nei deserti e nelle grandi città". 

La cosa migliore, però, è che il suo non è un crowdfunding qualsiasi, ma un crowdfunding basato sul live. Masciano farà, infatti, partire la sua nuova avventura con un concerto alla sala Bikini di Barcellona, il prossimo 4 Giugno. Per contribuire al finanziamento del disco si può comprare un biglietto reale per assistere allo show di persona o un biglietto virtuale per seguirlo in diretta streaming grazie ad un codice privato che lo renderà sì accessibile da tutto il mondo, ma solo agli spettatori paganti.



Ovviamente, sono previste varie ricompense a seconda della quantità  di denaro elargita. Perciò, se vorrete strafare, potrete guadagnarvi anche una copia del cd, una maglietta, la partecipazione al videoclip del singolo o una visita agli studi di registrazione, fino ad arrivare ad un concerto privato a casa vostra.

Trovate tutti i dettagli a questo link.   
E io direi che quindici euro per un concerto valgono sempre e comunque la pena. 

martedì 26 aprile 2016

Bentornato, David Otero


Ad uno sguardo attento, la metamorfosi de El Pescao era prevedibile. Premessa forse già dalla firma del contratto con la Sony. Sicuramente annunciata sottovoce da quando, uno dopo l'altro, aveva preso a rinominare i suoi account. 




David Otero: è così che si chiama ora. É così che si è sempre chiamato, cioè, solo che adesso ha scelto di farlo anche sul mercato musicale. Una scelta che si giustifica in virtù di una maggior autenticità ma che, parliamoci chiaro, lo rende soprattutto più identificabile al grande pubblico.

Difficile pensare che non ci sia un ragionamento di marketing, dietro. David, in fondo, è il figliol prodigo che torna sotto la protezione delle major. Il ribelle scappato di casa per sperimentare la vita indie. Naturale che il reintregro nel mondo dei Grandi Profitti abbia presupposto almeno qualche condizione. 

Tipo il cambio di nome. Un nome che ricordi anche alle menti più distratte il passato nel Canto del Loco. Un nome che, così facendo, lo collochi senza sforzo sotto l'etichetta del Pop Rock. Perchè El Pescao, diceva qualcuno, sembra flamenco. Sembra un gruppo. Confonde. E la confusione spiazza fan, espositori di cd e network radiofonici. La confusione non vende, punto e basta. Se non vende, non potrebbe essere Sony.

Ma, quand'anche fosse così, non ci sarebbe niente di male. L'ho capito l'altro giorno, quando David ha dato il grande annuncio via Periscope. L'ho seguito in lieve differita, preoccupandomi della persona che sono diventata nel momento in cui mi sono resa conto che, più di ogni altra cosa, ero curiosa di vedere come fossero gli uffici di Twitter Spagna. Dico sul serio, forse è giunto il momento che io mi faccia ricoverare.



Foto via: Twitter España


Comunque. Resta il fatto che persino la Twitter-dipendenza è passata in secondo piano, davanti al forte - e stranamente rassicurante - deja vù che ho provato. C'era il buon vecchio Álvaro, con lui. C'era il motto "David Otero, el mejor del mundo entero", coniato da Dani Martín ai tempi d'oro della band e ora di nuovo ripetuto fino allo sfinimento. C'era anche lui -  Dani Martín, persino. Nei riferimenti dei fan. Nelle parole dello stesso David, che dichiarava che si sarebbero visti a breve per farsi ascoltare i rispettivi album. I due cugini hanno ripreso a scriversi sui social network. Nessuna traccia di rivalitá vere o presunte, mentre l'altro sforna video all'insegna del surreale che, per quanto mi vergogni ad ammetterlo, mi fanno letteralmente morire dal ridere.

L'altro giorno, mentre seguivo quella specie di video-chat su Periscope, è stato come se qualcuno mi avesse portata indietro nel tempo. All'epoca delle attese davanti ai palazzetti, alle corse a perdifiato sull'erba umida incontro alla prima fila. Ai gabbiani fuori dalle tende quechua. A tutte le follie che, per qualche motivo, durante tanti anni mi hanno resa felice.

Non so spiegarla, quella sensazione. Somigliava molto a quella che ho provato all'ultimo concerto del tour de El Pescao. E qualunque cosa fosse, mi ha fatto sentire bene.

Mentre David parlava di "Una vez más", il suo prossimo singolo, non potevo fare a meno di pensare che da Settembre sarò (verbi che esprimono certezza, sempre!) di nuovo in Spagna. Il dato mi basta a rendere probabile e quasi obbligato il fatto che ne seguirò i concerti. I suoi. Forse anche quelli di suo cugino, malgrado tutto.

L'idea rende ancora più simile quest'agognata partenza a quella che, a Settembre del 2008, mi portò a iniziare l'esperienza Erasmus. E lo so, è assolutamente stupido e insensato; ma è anche un po' per questo se adesso sono certa che andrà ancora una volta tutto bene. 


domenica 24 aprile 2016

We all looked up: consigli in ritardo per la festa del libro


Le traduzioni, a volte, possono sviare. 
"Fino alla fine del mondo" sembra un po' il titolo di un romanzo di Moccia. Di quelli sdolcinati, con la classica storiella d'amore adolescenziale. Lui ama lei. Lei ama lui. Complicazioni di mondi diversi e promesse incompiute d'eternità. Letture stucchevoli. Prevedibili. Ritrite. Ed è anche un po' per questo se, sugli scaffali della Giunti, quel volume rischiava di passarmi inosservato. Ad aggravare il tutto, il fatto che sul web appaia ovunque etichettato sotto la categoria Young Adults. Cioè, andiamo. Per favore. Dai. 

Perdermelo sarebbe stato un peccato, invece. Di quelli capitali.
Quindi, d'accordo, la giornata del libro era ieri. Sant Jordi. I 400 anni dalla morte di Shakespeare e Cervantes. Il momento perfetto, decisamente, per chi volesse regalare consigli assieme a una manciata di rose. 

Eppure ho ormai fatto dei ritardi una dichiarazione d'intenti; ed è perciò con certo orgoglio che sfido le consuetudini facendolo ora.


Foto via: devilishlystylish2011.blogspot.it


We All Looked Up - chiamiamolo così, col titolo originale - è già candidato alla Top 5 delle mie migliori letture del 2016. I motivi per cui dovreste leggerlo trascendono le ragioni più classiche. Perchè certo, Tommy Wallach ha messo in piedi una gran bella storia. L'ha fatto con una scrittura visiva, magistrale, in cui frasi dal retrogusto quasi poetico si mischiano al colloquiale senza che tu neanche lo percepisca al primo acchito. L'ha fatto incollandoti alle pagine, affidando ai capitoli brevi di un countdown i destini e le visioni di personaggi tutti ben caratterizzati. Wallach, che non a caso può vantare ora il ruolo meritato di "autore di best seller" si è dimostrato impeccabile sia nella struttura narrativa che nella redazione di un finale che, con una trama così, avrebbe rischiato fin troppo facilmente di rovinare tutto.

Ma non è solo per questo, che ve lo segnalo. No. Lo faccio perchè adoro i progetti cross-mediali. Quelli curati nei minimi dettagli. Quelli che ti fanno capire che c'è stato un ragionamento, studiato con dedizione per riuscire a darti qualcosa in più rispetto agli altri.

Così Wallach, che è anche musicista, ha realizzato di suo pugno la colonna sonora del libro. Un disco di dieci tracce, come sono dieci le tappe del countdown che scandisce gli eventi della storia. Un disco la cui copertina richiama quella del romanzo, preannunciando di rispecchiarne fedelmente in musica il mood, i fatti e le sensazioni.

Immaginate, quindi, il mio entusiasmo quando ho scoperto che quell'album - disponibile su Spotify - sapeva emozionarmi almeno quanto il libro. Un libro che, a proposito, con Moccia & Co non c'entra proprio nulla. Anzi, a reggerne le fila c'è il contrario esatto del concetto di eterno. Ci sono Eliza, Andy, Peter, Anita. E poi Bobo. E poi Misery. Personaggi intrecciati da un comune destino e da una stessa volontà. Sì; perchè l'asteroide Ardor ha il 66,6% di possibilità di schiantarsi sulla terra. E di fronte alla possibilità che tutto finisca quei ragazzi decidono, ognuno nel suo piccolo, di dare un senso alle loro giovani vite.

Ma "dare un senso" non significa, per forza, fare gesti eclatanti. Può voler dire aiutare gli altri, può voler dire raccontare qualcosa al mondo, può voler dire inseguire un sogno o magari - perchè no- anche solo l'amore. E se, detto così, vi sembrasse una roba da libro di autoaiuto, rischiate di venire delusi a suon di colpi di scena degni del migliore dei film.

Vi lascio con le note di A Natural Disaster, la traccia che apre l'album e che forse meglio di tutte può introdurvi nello scenario diversamente pre-apocalittico in cui, spero, possiate un giorno ringraziarmi - etichette e traduzioni a parte - di avervi fatto scoprire.

giovedì 21 aprile 2016

Postilla: La Feria de Abril a 360 gradi


"Ancoraaa"? Sì, lo so, scusate. 

É solo che non potevo archiviare l'argomento "Feria de Sevilla" senza segnalarvi, nell'ordine, che: 

A) Ci ho scritto sù un articolo lungo, all'incirca serio e sicuramente alquanto dettagliato per Total Free Magazine. Rispetto al post che avete letto sul blog è molto meno "Coachella" e molto più "Cerchiamo di far capire ai non-andalusi perchè è giusto e doveroso andarci in fissa". Inoltre, ospita tutta una serie di simpaticissimi "ah, tipo" ispirati a troppe, troppe storie vere. Quindi, insomma, dateci un'occhiata a questo link, se vi va.





B) La Claqueta ha pubblicato su Youtube un video della feria a 360 gradi. E, se di sicuro non è come viverla di persona, oserei dire che rende abbastanza bene l'idea. Lo trovate qui sotto. Spostate lo sguardo muovendo le frecce in alto a sinistra e... disfrutadlo mucho!





martedì 19 aprile 2016

Il Coachella e la Feria de Sevilla hanno più cose in comune di quante pensiate.


Ragazzi, non mi potete concentrare il Coachella e La Feria de Abril negli stessi giorni, però. Dico davvero, è cattiveria. Ché poi finisce che passo ore intere a scorrere fotogallery su Internet con gli occhi a cuoricino e la voglia di comprare qualsiasi cosa includa fiori e frange. Non va bene, lo capite? Insomma, ho dei progetti. Devo risparmiare. 'Nnaggiaavoi. 

Comunque. Siccome devo pur condividere la mia sofferenza con qualcuno, ho voluto raccogliere le immagini di alcuni tra i migliori outfit visti ai due eventi clue della settimana scorsa. Chè, tra l'altro, se ci fate caso, di cose in comune ne hanno un bel po'. Al di la del periodo, dei fiori e delle frange, intendo.

Non mi credete? Pensateci sù.

Tanto per cominciare dettano tendenza. Il Coachella per quanto riguarda la moda da festival, lo stile boho, e quelle robe lì. La feria de Abril per il flamenco. In tutti e due i casi, chi pensa di assistervi studia il proprio look per tempo, spendendoci una barca di soldi pur di curarlo nei minimi dettagli a beneficio di blog e cacciatori di street style. I brand li sfruttano entrambi per lanciare collezioni ed accessori dedicati, per non parlare degli spot tematici che impazzano sui rispettivi media locali. Naturalmente, le celebrities non si fanno sfuggire l'occasione. Ed eccole, puntuali, al centro della ribalta, sorridenti e super stylish sulla passerella più cool del momento. Certo, in California c'è Taylor Swift e a Siviglia tuttalpiù qualche consorte di torero, ma il concetto di base non cambia, no?

Prima di lasciarvi alle immagini (e giusto per non farvi mancare nulla) vi fornisco anche un brevissimo riassunto delle tendenze di quest'anno.

Al Coachella il capo must-have è stato la bandana, resa necessaria dal clima particolarmente ventoso. Imprescindibili anche gli short e gli stivali da cow-girl, mentre le corone di fiori continuano comunque ad andare alla grande. Alla Feria de Abril, le flamenche hanno scelto trasparenze e pois più piccoli, puntando spesso su abiti la cui particolarità si concentra tutta sulle maniche, proprio come dettato dalle passerelle del settore. Il fiore è, tranne qualche eccezione, uno solo e centrale, come nella tradizione più classica.

E quindi eccoli qui, i miei outfit preferiti.
Voi quale amate di più?

domenica 17 aprile 2016

Un futuro non troppo lontano.


"Ehi, ma questa novità? Stai benissimo!"

Sussulto. Gli occhi ancora gonfi di un pianto recente, lavato male d'acqua e ombretti d'oro della Kiko. 

Ah, già. Il taglio. Per qualche motivo, l'avevo dimenticato.

Assurdo se penso che l'avevo persino twittata, l'importanza simbolica di cui lo rivestivo. Cambiare fuori per cambiare dentro, quelle cavolate lì. 
Le tre fasi di una metamorfosi che passano per capelli, occhiali e città. 



Che avrei voluto scrivere Paese. Intendere vita. Invece sono andata dalla parrucchiera. Poi dall'ottico. Ma è solo adesso, in uno spogliatoio gravido di sudore adolescenziale, che capisco cosa questo implichi davvero.

Pensa a quanto stavi bene in quei sogni.
Un post it giallo sull'ennesima agenda. Lo scontrino del Pimpi. L'insalata coi pomodori sulla terrazza di un ostello.
Pensa all'ultima volta che hai rifatto la montatura. 

Mi volto. Sorrido. 
Biascico qualcosa di insensato a proposito di uno chignon. Ringrazio meno di quanto vorrei. E, di colpo, basta un pensiero più concreto degli altri a fare dei miei nervi un fascio di energia. 

Succedeva più di due settimane fa. Era stata una giornata strana. Brutta. Ma, ancora una volta, il flamenco l'aveva salvata. C'era un piccolo cane bianco che scondinzolava ai miei piedi, un vestito bellissimo da provare. C'era un "ti stavamo aspettando" detto senza pensarci che mi aveva, più di sempre, fatta sentire a casa. Avevo ballato un po' meglio del solito, quella sera. O almeno così mi era sembrato. Sicuramente ci avevo messo più foga. E quasi avevo pianto, quando mi ero concentrata sul testo del brano.

C'entrava una colomba a cui avevano spezzato le ali.
Ed io, le mie, me le ero sempre strappate da sola.
Era ora di finirla, eccheccavolo. Finirla per davvero.

Perchè non basta dire di volersi trasferire. 
Inserirlo nei propositi per l'anno nuovo. Affermare che niente mi impedirebbe di farlo. No, non basta. Bisogna decidere di farlo per davvero.

Dopo quel Mercoledì, un nuovo documento excel ha fatto la sua comparsa tra i miei file. L'ho intitolato "Life's Goals", perchè mi piace essere un po' teatrale. Dentro ci sono solo tre fogli, in ordine inverso di priorità. Un libro nuovo. Un viaggio in America. E il più importante, quello con più caselle dentro. Quello che, giorno dopo giorno, mi occupa sempre più spazio tra i pensieri: "Trasferimento a Málaga".

Mi sono data una scadenza. Vietato rimandare ancora. Mi sono calendarizzata tutte le faccende pratiche da sbrigare. Mi sono imposta di parlarne solo con tempi verbali che esprimano certezza. Indicativo. Futuro semplice. "Andrò", e non più "se andassi". "Lo faccio" invece che "lo farei".

Non ultimo, ho abbandonato quell'assurdo rituale scaramantico che mi imponeva di non parlarne con nessuno finchè non fosse stato certo. Al contrario, lo sto dicendo a tutti. Perchè, se alla data prefissata non avrò ancora preso quell'aereo, almeno ci sarà qualcuno a rinfacciarmelo. Perchè la sola idea dei "non l'hai fatto", unita all'intento di dimostrare che sono capace di rispettare gli impegni è un incentivo anche più forte della mia volontà. 

Adesso o mai più.
Il futuro su di una finestra vista mare.
Mi ci visualizzo.
Non sento quasi più nemmeno la paura.
Foto: noticias.spainhouses.net 

E sapete che c'è? Non sono mai stata una tipa zen. Una da karma. Da energie dell'universo. Sì, insomma, una che crede alle risposte misteriose che il cosmo darebbe sulla spinta della nostra attitudine. Eppure, forse qualcosa di vero c'è. Perchè, da quando ho aperto quel documento di Excel, mi sembra che le opportunità mi piovano addosso senza nessuno sforzo.

É un po' come essere innamorati. Come aspettare il primo appuntamento con il tipo dei tuoi sogni. Quello che ti sembrava irraggiungibile e che, invece, hai scoperto che ti ricambiava. É lo stesso principio assurdo per cui quando ti senti bene rimorchi di più. É come avere davanti l'equazione per la felicità e capire di colpo come fare a risolverla.

E poi, va bene, non ci saranno Nobel. 
Forse avrò bisogno di altri ombretti per nascondere altri pianti. Forse il primo appuntamento sarà una delusione.

Ma, se solo ci penso, so che è la scelta giusta.
Ed è per questo che, dietro ai miei occhiali nuovi, con il mio taglio di capelli nuovo, quella data, adesso, voglio dirla anche a voi. Perchè il viaggio, per me, è già cominciato quella sera. In quello spogliatoio. 

Settembre 2016 è un futuro non troppo lontano.








lunedì 11 aprile 2016

Quasi una tradizione: account spagnoli belli per il vostro feed di Instagram

Vi ho già detto che sono fan di Verne, vero? Ebbene; qualche giorno fa, l'amato blog de El País ha pubblicato un altro di quegli articoli che a me piacciono un casino. Lí, María Sánchez Sánchez elencava 118 (!!!) account Instagram Made In Spain segnalati almeno una volta dalla comunità InstagramEs. Consultarli tutti, va da sè, rischierebbe di risultare impegnativo per chiunque abbia uno straccio di vita sociale. Così, dato che aumentare il contenuto ispanico dei vostri feed di Instagram sta diventando una mia sottospecie di missione a cadenza annuale, ho estrapolato per voi i diec...perdón, undici a mio avviso più meritevoli. Per farlo mi sono basata sulla creatività, sull'originalità e, naturalmente, sul molto poco oggettivo gusto personale. Eccoveli a seguire. 

Buona lettura, buon follow e buona visione a tutti. 


1. Mebeliart 


Jordi Beli studia graphic design a Lleida. Il suo soggetto preferito sono i ritratti, in cui ama giocare con una componente fantastica, surrealista e variamente "magica". 

@mebeliart


2. Mr.boo 

Mr Boo è un fantasma. O, per meglio dire, un utente misterioso travestito da fantasma. Dopo aver indossato il caratteristico lenzuolo bianco con i buchi per gli occhi, si fa fotografare in luoghi sempre diversi della Penisola Iberica. Il motivo? Come sostiene nella sua biografia, "ha un sacco di questioni in sospeso".



@Mr.boo


3. Jesuso_Ortiz

From Málaga with Love, Jesuso potrebbe tranquillamente essere descritto come la versione iberica e più colorata della nostra virgola. Proprio come lei, fa interagire disegno e oggetti d'uso quotidiano per realizzare illustrazioni semplici eppure mai banali.



@jesuso_ortiz


4. Isaaccordal

Scultore di Potevedra, Isaac Cordal crea piccole statue che fotografa in ambienti urbani per ricreare situazioni che hanno in molti casi l'obiettivo di farci riflettere sulle tematiche più scottanti della nostra società.



@isaaccordal


5. Gretaway 

Interior designer di Girona, il soggetto fotografico preferito da Dani sono gli aerei incorniciati dagli edifici e i pattern geometrici che ritrova, giorno dopo giorno, nelle architetture attorno a lui.


@gretaway




6. DeliciousMartha

Dopo aver studiato Pubblicità e Public Relations, Marta ha deciso di fondere su Instagram le sue passioni per la gastronomia e la comunicazione. Food blogger molto seguita, ci regala così foto di manicaretti di ogni genere, sempre molto studiate nella composizione. 



@deliciousmartha


7. Kpturas

Fotografo freelance, Juan Chaves ama giocare con le prospettive e le forme, restituendoci immagini a dir poco insolite dei paesaggi spagnoli. 



@kpturas



8. Toni_laoshi

Di La Vall d'Uixó (Castelló), Toni Laoshi si fotografa nella stessa posizione con fondi diversi, accompagnando i suoi scatti con testi di canzoni.

@toni_laoshi




9. Ensanx

Co-founder di @catalunya_arquitectura, Jordi "cerca la bellezza dove sembra che ci sia solo un angolo, una parete triste o un edificio poco attraente". Obiettivo che risulta chiaro dalle sue foto, tutte immancabilmente a soggetto architettonico. 


@ensanx


10. Pabloalekoh
Pablo vive tra Albacete e Valencia e, decisamente, ama il mare. I suoi scatti lo ritraggono spesso, avvalendosi di specchi, cornici o espedienti prospettici per conferire ai paesaggi un tratto originale.



@pabloalekoh


Il numero pari sarebbe stato, a questo punto, una ragione sufficiente a chiudere la lista. Non potevo, peró, prescindere dalla menzione speciale al profilo più itañolo tra tutti quelli segnalati da Verne. E quindi... 

11. Bidibadau

Spagnola residente in Italia, Paloma ama l'arte, la natura e i racconti brevi con cui spesso accompagna le sue fotografie.



@bidibadau




Se anche voi avete scoperto qualche altro account spagnolo particolarmente affascinante, come al solito, fatemelo sapere!

giovedì 7 aprile 2016

Un giorno, tre canzoni.

Si può riassumere una giornata con una foto. Lo si può fare con un hashtag.
Figurati se non puoi tratteggiarne un ritratto accurato in tre canzoni.

Quindi oggi è andata così.

1. Conchita- Puede Ser



Il ritornello che mi ronza in testa appena sveglia. Strascichi di ottimismo della lezione di flamenco. La conversazione con una sconosciuta. La consapevolezza improvvisa di quelle coincidenze che mi piace a vario titolo chiamare segnali.
"Quand'era?"
"Nel duemilao...duemilaotto".
Nella pausa un respiro, un ricordo, un aereo che decolla.
L'immagine di me al centro di una stanza vuota. Parma. Gli scatoloni.
Di me a pochi metri da lì. Davanti a un'altra sconosciuta, per la stessa ragione.
Paure sciolte in lacrime in un piatto di tortellini.
E, nello stereo (nell'iPod!), quella stessa, identica canzone.

2. The Strumbellas - Spirits



Hanno anche un bel nome, a palleggiarlo sul palato. The Strumbellas. Sa di burla e piroette, chissà poi perchè. Spirits è stata amore al primo ascolto. Spiriti come Demoni: sound simile, stesso impatto fatale.

"La più bella canzone che passa in radio ultimamente".
E c'è chi, sui social, mi dà ragione.
"Ascoltati anche le robe vecchie", dice.
Momento di raro impulso. Curiosità. Cieca fiducia. Play. Partenza per un viaggio di suoni altri. Di deserti e strade dritte. Di metropoli e casini. Di mare aperto, e sogni, ed un sorriso sulle labbra che si apre, piano piano, sempre più.

Grazie, Andrea. Avevi ragione, e non esistono parole per esprimere quanto. Scoprire dischi belli è - assieme, forse, alla cioccolata fondente - la mia personale ricetta per la felicità.

3. The Killers - Jenny Was a Friend Of Mine





Dan Reyolds degli Imagine Dragons che canta con Brandon Flowers dei The Killers. La collisione delle mie playlist su di uno stesso palco, giù, a Las Vegas. Come se Cremonini collaborasse DAVVERO con Dani Martín. Come se Il Cile duettasse con El Pescao. Chessò, se Leiva si incontrasse con i Sunset Sons. Questo era molto più probabile, d'accordo. Però, nella ricerca compulsiva di video, c'è la stessa esagerata frenesia. 

Non ne trovo, ovviamente. Trenta secondi al massimo, sfocati, su Tumblr. Epperò scopro la canzone. Un'altra. Ché, benedetta ignoranza, Jenny was a friend of mine non l'avevo mica mai sentita prima.

Sa di punto e a capo. Di fine giornata. Di scrivere tanto per scrivere, tanto per stare bene, anche se quello che hai da dire non importerà (o non lo capirà!) nessuno. Che poi è esattamente quello che cerco, e trovo, nella musica che amo. Nonchè la ragione - soprattutto-  per cui esiste, adesso, questo post.

domenica 3 aprile 2016

Jenny Penny Full: da Verona al tour spagnolo

Le mie Domeniche, sostanzialmente, sono fatte di musica e scrittura. 

Quando un ragazzo mi ha contattata chiedendomi di aiutarlo a promuovere il tour spagnolo di una band di Verona, pensavo che mi sarei limitata ad una segnalazione su Facebook. 

Solo che poi è arrivata la Domenica. Poi, quella band l'ho ascoltata. E dalla prima esplosione di percussioni di Far Continents mi è stato subito chiaro che l'avrei amata un bel po'. Il video, girato in Portogallo, è stato la ciliegina sulla torta. Il necessario e riuscito compendio visivo ad un sound che, già di per sè, ti trascina verso dimensioni altre. Autentiche oasi di pace e relax. 




Si chiamano Jenny Penny Full. E, dal prossimo 7 Aprile, porteranno la loro musica in giro per i locali spagnoli. La prima tappa è l'Honky Tonk Bar di Madrid, assieme ad Almirante Boom. Poi toccherà a Jaén (Café Teatro Central), Zaragoza (La Ley Seca) e Barcellona (Restaurant Cinc).

























Un'ottima opportunità, per gli italiani che vivono in Spagna, di farsi cullare dalle atmosfere internazionali - eppure Made in Italy - di un gruppo di connazionali meritevoli davvero. Per arrivare preparati, questo é il link del loro canale youtube. Non fatevelo ripetere due volte, itañoles!