mercoledì 27 settembre 2017

Un anno.

Il capitolo due comincia ora. 

Era la notte tra il 25 e il 26 Settembre del 2016. Un aereo come tanti, pieno di storie come tante, atterrava sulla pista illuminata dell'aeroporto di Málaga. Non potevano saperlo, i membri dell'equipaggio, che dietro al mio "Hasta Luego" c'era l'inizio di una nuova era. 

Un post condiviso da Ilaria (@ilaria_luna84) in data:


Un anno. Che sembra un secolo. Che sembra un giorno. Un anno racchiuso nelle chirimoyas che iniziano di nuovo ad invadere il mercato di Atarazanas. "Ahora es temporada". La voce di Simone mi risuona nella testa, paziente mentre spiega alla mia espressione confusa il percorso da seguire nei food tour. 

Sono strane, le cose che ti tornano in mente. Come la sera del compleanno di Grace, che un ciclo mestruale un po' troppo violento mi scuoteva di lacrime senza nessun motivo. Come i primi tempi, in cui non dormivo mai più di 5-6 ore a notte. E lavoravo alle 2. E non sapevo fare le fatture. I tempi in cui le cose da fare erano troppe, e non avevo ancora trovato il mio equilibrio. 

Ricordo le chiavi sbagliate. La notte in strada a Torremolinos. Il rombo della moto come una salvezza. Ricordo la frustrazione della casa da cercare. Il conto in banca da aprire. E poi girare per un giorno intero con l'incoscenza della caparra nella borsa pensando "se ora mi derubano è finita, dovrò tornare indietro". Poi la sorpresa del Parque de Huelin, con la barca nel laghetto ad anticiparmi il mare. E ancora l'alternarsi di voci nel chiasso eterno di quel patio-megafono. I sassi che non ho mai finito di decorare. 




Mi torna in mente lo sfinimento del trasloco sugli autobus. Il giorno che sono andata a flamenco e volevo mollare tutto, per poi cambiare idea dopo due sole lezioni. Quel pomeriggio al CacMa con mia madre. Gli scambi linguistici in tetería. E quante volte ho rimandato l'incontro con Alice, oscillando tra un po' di febbre e la pigrizia estrema! Se solo l'avessi saputo, che grazie a lei avrei conosciuto alcune tra le presenze fisse di questa nuova vita... chissà, forse due linee sul termometro potevano valere qualche serata in più. 

Quella volta che ha nevicato per la prima volta dal 1984 ed io non me ne sono neanche accorta. Quella volta che il minipimer è stato l'acquisto migliore del mondo. Quella volta del concerto di Leiva, ché non si trovava un posto che fosse uno per mangiare. 

Il giorno della feria. La ressa al Cervantes per il Festival del Cinema. E il giorno che ho incontrato Veronica, con la mia giacca nuova di Dona Mediterranea. Ma era ponte, e siamo finite a bestemmiare sottovoce i ritardi di un cameriere dispiaciuto in un gastrobar in cui non avrei più messo piede. 

Quando sono andata a Siviglia per il SIMOF, e mi sono finta youtuber con Nancy dopo aver ballato estasiata sulle note dei Love of Lesbian a una serata indie. Quando ci sono tornata, spendendo per un AirBnB mai sfruttato ai confini del mondo. E i miei piedi hanno sofferto le scarpe a tre euro per almeno cinque mesi dopo la feria de Abril.

Ripenso a quella telefonata inattesa in un istante dolceamaro, mentre andavo a vedere il tramonto sul mare. I messaggi vocali col sottofondo dei pappagallini verdi. Casa José. Pretende. La Casa de Guardia. Tutte le volte che ho alzato lo sguardo e tutta quella bellezza mi ha inebriato il cuore. 

Mi succede ancora. Ha il sapore appagante del qui ed ora. Dell'essere nel posto in cui sai- e hai sempre saputo - che saresti dovuta stare. 




Un anno. Sì, insomma: immagino che ci si aspettino bilanci.

Solo che non so cosa dire. Tranne che, passando in rassegna foto e video, mi sono chiesta come accidenti sia possibile che in soli dodici mesi ci sia entrata tanta roba. Tutte quelle facce. Tutte quelle emozioni. Tutti quei suoni. 

Solo che, se tornassi indietro, lo rifarei altre dieci, cento, mille volte.
Solo che l'unico rimpianto resta lo stesso dal duemilaotto: non essermi trasferita prima. 

Ieri, chiudendo la porta alle mie spalle, ho salutato come sempre i vicini. Non avrei nemmeno avuto bisogno di voltarmi: a quell'ora stanno inevitabilmente sulle soglie delle loro case, ad accogliere tra le chiacchiere il fresco della sera. "Taluego hija". In quel momento ho pensato a quanto sia assurdo e inesplicabile il processo per cui, da un giorno all'altro, il posto in cui vivi diventa casa. 

Prima che potessi rendermene conto ho smesso di leggere gli annunci degli appartamenti in affitto. Ho iniziato a pensare a quanto starebbe bene una poltrona fatta con i pellet e un sacco di cuscini all'angolo tra le due finestre della camera. Un piccolo cactus dentro a quell'enorme bicchiere. Un forno elettrico. Qualche altra mensola. Magari un poster da stampare con il cielo della notte in cui sono arrivata qui.  

Prima che potessi anche soltanto provare a racchiudere la sensazione in un pensiero finito, i volti del quartiere sono diventati famigliari. I passi si muovono da soli verso il supermercato. E, nonostante le tende che ancora non arrivano; le zanzariere da montare; gli insetti; i problemi avuti di recente nell'edificio...nonostante il rumore del traffico; nonostante - già, persino quello - l'assenza del mare; Nonostante tutto, quando la sera mi butto sul divano in pigiama a guardare qualche serie su Netflix, ai miei occhi questo sembra un posto quasi stabile in cui stare. 

Il capitolo due lo inizio così. Più rilassata. Con più ore di sonno a notte e un po' più di tempo per me. Lo inizio con meno discobar e più serate tranquille a chiacchierare e bere vino. Ora leggo più libri. Ora ascolto più musica. Ora, forse, scrivo anche un filino di più.

Nella famigliarità di un luogo che non è più novità ma certezza, la felicità ha il calore del conforto. E ho come il sospetto che mi piaccia un bel po'. 






































domenica 24 settembre 2017

Bulevar Adolfo Suárez: la perla nascosta della street art malagueña

Se l'arte è la principale protagonista del rilancio turistico di Málaga, la sua declinazione urbana non poteva essere ignorata. Specie se ne é anche la sottocategoria più trendy. 

Negli ultimi anni la street art ha avuto un ruolo di rilievo nella riqualificazione di aree degradate della città. Il quartiere del Soho  - già dal nome emblema del cool per eccellenza, con buona pace dei prezzi degli affitti - ne è senza dubbio l'esempio migliore. Il museo a cielo aperto del MAUS, con i suoi QR code rosa sotto alle opere di nomi di fama internazionale come Obey, D*Face o Boamistura, ha portato in quello che era un tempo dominio di barboni e prostitute tutto un via vai di turisti hipster-chic muniti di cartine o guidati dalla voce finto entusiasta di Google. Attorno, negozi a tema, bar e attività di ristorazione curate a pari modo in qualità ed estetica hanno fatto presto a spuntare come funghi. 

Come riflesso, anche le creazioni spontanee sui muri diroccati del più autentico quartiere di Lagunillas hanno ripreso a suscitare interesse tra gli appassionati meglio informati in città. 

C'è però una terza area che non tutti conoscono, e che si meriterebbe invece di diventare tappa fissa per chiunque ami la Street Art. Parlo del Bulevar Adolfo Suárez, nel quartiere di Dos Hermanas. Sorto attorno ai vecchi binari interrati del treno ad alta velocità, è stato nel 2013 il primo progetto ad utilizzare i graffiti per abbellire quartieri altrimenti poco appealing (nonchè potenzialmente problematici) di Málaga. 




L'area consta di tre parti: in primo luogo un lungo muro riservato ad un concorso a tema libero che aveva coinvolto alcuni tra i più apprezzati giovani street artist a livello locale e nazionale; Poi, uno spazio di libera espressione su cui qualunque artista cittadino poteva liberamente andare a dimostrare il suo talento; Ed infine la parte forse più interessante: una serie di facciate di edifici industriali in cui altri graffitari spagnoli di fama indiscussa hanno realizzato opere di grandi dimensioni. 

Tutti loro hanno peraltro collaborato alla creazione di uno splendido murales collettivo, che nella tematica del treno si ricollega all'ambiente e alla finalità dell'intervento. Può essere un gioco divertente, dopo aver osservato le loro opere individuali, cercare di ritrovare al suo interno lo stile e le apportazioni di ciascuno. 

Tra i tanti nomi che hanno partecipato al progetto ci sono l'illustre granadino El Niño de Las Pinturas, Nando Mambo (uno dei malagueñi più famosi all'estero) o il valenciano Dulk. Potete anche apprezzare una tra le ultimissime opere realizzate da Hilos prima di perdere la vita - humor nero del Destino- investito da un treno. 

Il modo più facile e veloce di raggiungere il Bulevar Adolfo Suárez dal centro di Málaga è proprio con i trasporti ferroviari, scendendo alla stazione di Victoria Kent. Vi consiglio, se ne avete l'occasione, gli appositi tour guidati organizzati di tanto in tanto da associazioni come Málaga en el Corazón, che vi consentiranno di apprezzare al meglio le opere. 

Nel frattempo, qui sotto ho voluto regalarvi un piccolo assaggio di quello che potrete trovare (c'è anche una slideshow rallentata delle stesse foto a questo link). Buona visione!





domenica 17 settembre 2017

Concerto vista Oceano.

7 Settembre 2017.
Il sole è una palla rossa imprigionata dentro ad un bicchiere.
Rimbalza impotente su decine di schermi, il logo dello sponsor bene in evidenza sui profili di Instagram. 




Sono felice, Cádiz, di conoscerti finalmente per come sei davvero. Lontana dalla bolgia carnevalesca, dalle distopie dell'eccesso; liberata dalla puzza di piscio e vomito che aveva nascosto ai miei occhi la meraviglia che tutti dicevano. Lo sapevo da quel giorno che eri in qualche modo in debito con me. Così come sapevo che più di otto anni dopo l'avresti saldato. 

L'ho capito su questa stessa terrazza, soltanto poche ore fa. Avevamo mollato i bagagli in un ostello tutto soffitti alti ed azulejos, ancora un po' stropicciate dal viaggio in bus. Una telefonata, un po' di mascara e via, pronte a squarciare a passo svelto il centro storico della città. 

Dal settimo piano di un hotel asettico la tua caotica geometria bianca mi si è svelata come una promessa di infinite sensazioni. Era un saliscendi di tetti piatti e torri aggrappato all'Oceano, quasi temesse di vederlo scappare. Era un racconto di storia e di futuro, di fortezze e d'oro, e ancora ponti gettati sull'era moderna, e Arabia, e Roma e cattedrali. Era il teaser di quel giorno di turismo che è insieme conseguenza e causa del concerto che sta per cominciare. 

Lo skyline, in quel momento del pomeriggio, era interrotto soltanto dalla silhouette magra di David Otero. "Che sorpresa!", esclamava abbracciandomi, mentre lo stesso grido, Cádiz, io avrei voluto riservarlo a te. Céline doveva intervistarlo per una radio francese, e mi aveva dato l'opportunità di accompagnarla. Tutto intorno disponevano le sedie - "nel numero esatto di biglietti venduti, mi raccomando, non si devono vedere buchi nelle foto" - e mentre sorridevo alle direttive della tizia dell'organizzazione mi tornava in mente uno dei tanti corsi di comunicazione all'Università. É simpatica. Porta un fiore tra i capelli e ha vestito la figlia con una gonna di toulle che ricorda un tutú. In una vita parallela potrei essere io. Una vita in cui ho scelto un percorso diverso, mi sono sposata, e ho deciso di essere madre. 

Comunque. 

Ci aveva accompagnati al piano di sotto, in cerca di un posto che mettesse il registratore al riparo dalle rivendicazioni del vento. Meglio, tutto sommato. Ché, panorama a parte, il divano della reception é parecchio comodo. Mi sono bevuta l'intervista sottolineando l'interesse con i click della macchina fotografica. Presenza discreta e rispettosa del lavoro di taglio e montaggio a cui la mia amica si sarebbe dovuta sottoporre a casa. Difficile, però, trattenere una risata quando una signora si è schiantata dal nulla contro la porta chiusa di un ascensore. "Coño, casi se mata!". E praticamente impossibile non intervenire quando alla domanda "Ti piacerebbe suonare in Francia?", David ha risposto "certo", ma ha aggiunto che il luogo in cui gli piacerebbe di più portare la sua musica è l'Italia. 

É bello chiacchierare con lui, da sempre. Ha questo strano dono di metterti a tuo agio, come se in un sorriso eliminasse ogni distanza tra le luci dei riflettori e la vita in cui cambia pannolini. Ormai é una presenza famigliare per me, il che è piuttosto strano da constatare. Insomma, se lo dicessi alla ragazzina che un decennio fa ha imparato lo spagnolo con i video del Canto del Loco probabilmente non ci crederebbe mai. E invece eccoci qua, a scambiare opinioni sull'industria discografica e le migliori strategie per farsi conoscere al di fuori del proprio Paese. Ad analizzare lo strano meccanismo per cui i cantanti italiani, per avere successo in Spagna, traducono le canzoni in spagnolo; E però gli spagnoli cantano le hit italiane in italiano, e se vogliono andare in Italia pensano di dover tradurre le loro, quando in realtà hanno più successo se cantano nella loro lingua. Un casino bilingue, in definitiva. Salta fuori che a David piace Jovanotti. Ed io mi trattengo dal dirgli che ho sempre trovato una qualche affinità nascosta sia nel loro atteggiamento che nella loro musica. 

Eccomi qua, insomma, a farlo ridere con battute sceme che poi ruba per un autografo. A ripassare il passato, a parlare di social. 

Diceva, David, che Facebook ha ormai perso tutto il suo attrattivo, ed io annuivo con convinzione. Diceva che il problema di Twitter è che quando il numero di follower va oltre il centinaio di migliaia le valanghe di cattiveria finiscono per farti stare male. Perchè non importa quanto tu possa fingere di fregartene: l'essere umano è essere umano. Se ti dicono che una canzone è una merda e in quella canzone ti sei messo totalmente a nudo, è un po' come se dicessero che sei una merda anche tu. Anche per questo ha sempre avuto paura ad aprirsi troppo, nei brani. Allora resta Instagram, il più divertente. Che almeno metti le foto e le persone ci mettono i cuori senza impegnarsi troppo a demolirti o approfondire. É la scelta di quasi tutti i vip, ormai. E un po' mi faceva tristezza pensare che la decisione delle piattaforme su cui esprimersi sia dirottata dalla miseria di chi crede che basti nascondersi dietro un nickname per sfogare sugli altri le proprie frustrazioni. 

Adesso non ci resta che aspettarlo, mentre la terrazza si riempie e il sole del tramonto crede che quel piccolo palco sia tutto per lui. Un applauso quando si nasconde dietro al mare. Un ragazzo, una chitarra. Che lo show dei ricordi possa cominciare. 




É la prima volta che David Otero suona a Cádiz come solista. Gran parte del pubblico non é mai stato ad un suo concerto. Un pubblico bello, come é sempre il suo. Amiche sui trent'anni che sorridono estasiate, coppie sui quaranta, famiglie intere, hipster che cambiano volto chiedendo un revival de "El Agricultor" ("Claro, y Pequeñita?"). Il biglietto da visita é per tutti loro una cartolina dallo sfondo mozzafiato. La magia dei brani in acustico, crudi e puri come sono nati. La dimestichezza acquisita del performer che David ha negli anni imparato ad essere. Ed io, che non ne ho alcun merito, di tutto questo mi scopro orgogliosa. 

Perché, dai: cosa c'é di meglio che ridere fino alle lacrime nel bel mezzo di un concerto? A lui succede - e a noi di riflesso - mentre racconta aneddoti di "Una foto en blanco y  negro" e la nostalgia di quel gruppo mi colpisce nel petto come una pugnalata. 

Peccato che nessuno posti quel momento. Forse la memoria di tutti i cellulari é stata, per ripicca, intasata dal sole. 

Ci salutiamo in un abbraccio veloce e la promessa delle prossime puntate. E scendo, anche grazie a lui, alla scoperta della città incantata. 

Sono felice di aver ripreso a viaggiare con la scusa dei concerti. Perché le note di una chitarra possono voler dire anche kilometri di tonno tenerissimo cucinato in mille modi. E acque turchesi, e sabbia bianchissima, e la perfezione di una spiaggia da Caraibi a due passi dal centro città. 





Cádiz è il contrasto tra le pietre marroni e il bianco liscio dei muri, la sensazione di leggero degrado delle pareti scrostate tra i vicoli che in qualche modo riesce a renderli ancora più affascinanti. É un susseguirsi di palme, di piazzette suggestive, di locali con i tavoli fino in mezzo alla strada, perché mangiare é piú importante di camminare. 













Cádiz è la nave da crociera che compare d'improvviso come un condominio in mezzo agli edifici. E tu ti chiedi come sia possibile che in una sola notte ti abbiano rubato il mare. 


Ecco perchè se lo teneva stretto. Ecco perchè hai avuto quella stessa sensazione anche dopo aver salito i 173 gradini della torre Tavira. É come se la città avesse con l'Oceano un legame intenso, ma al contempo lui sembrasse troppo vasto per volersene curare. Detta legge, privando di acqua le barche ormeggiate ogni dannata notte per poi restituirgliela al mattino. Ed io lo guardo, affascinata dall'idea di grandezza che mi suscita da quando ero bambina. 
Vista dalla Torre Tavira


Perchè quando guardi il Mediterraneo riesci quasi sempre a immaginare l'approdo più vicino. Da qui in avanti, invece, solo il nulla più assoluto. Fino in America. Ho tracciato una linea immaginaria sul mio mappamondo: andando sempre dritti la prima terra che si incontra è Virginia Beach. 

Come un anello al dito, la cupola d'oro della cattedrale scintilla di ricchezza, forse anche per stupire chi arriva da così lontano. 







sabato 9 settembre 2017

Una dipendenza "maravillosa".

Ok, parliamo un secondo de La Maravillosa Orquestra Del Alcohol. Abbreviato MODA. Da non confondere con i MODÁ. Del resto, la differenza tra la MODA e i MODÁ sembra fatta ad uso e consumo delle femministe; Così, tanto per per dimostrare che femminile singolare è sempre meglio di maschile plurale. Non ci fosse l'accento di mezzo potrebbero addirittura assurgerla a motto. 

Ma sto già divagando.

La Maravillosa Orquestra Del Alcohol, si diceva. Questa band spagnola di nome bizzarro ed influenze variegate che ho scoperto anni fa grazie a un tweet di Dani Martín. Sí, insomma, quando ancora Dani Martín usava Twitter per consigliare musica. E non mi stancherò mai di ripeterlo: fatelo anche voi, musicisti del mondo. Segnalateci canzoni che ascoltate, artisti che vi piacciono, cd con cui riempire le nostre playlist. Fate che i social diventino per noi che vi seguiamo un terreno di scoperta continua, non per forza incentrata in modo esclusivo su di voi. Parlo sul serio. Dani Martín e Dan Reynolds degli Imagine Dragons sono stati i responsabili di una quantità impressionante di musica valida arrivata negli anni alle mie orecchie a seguito di raccomandazioni testuali inferiori ai centoquaranta caratteri l'una.

Comunque. Sto di nuovo divagando. 

Si dà il caso che i ragazzi de La MODA siano tornati adesso con un nuovo singolo. Si chiama La Inmensidad ed io davvero non riesco a smettere di ascoltarlo. Lui, il cantante, ha una voce particolarissima. Rotta. Rovinata. Il contrario della bellezza per come siamo abituati a concepirla. A volte i versi trascendono la metrica dandoti addirittura una lieve sensazione di stonatura. 

Eppure, Dio. 

Questa canzone, in qualche modo, mi si insinua tra le viscere. Le mescola da dentro. Mi regala sensazioni che vanno ben al di là della scelta esclusiva tra "Mi piace" e "Non mi piace". 

La Inmensidad mi ha instillato una sottospecie di dipendenza simile a quella provocata dalla droga. I sintomi dell'astinenza tendono a manifestarsi nella loro fase più acuta tra l'una e le due del mattino, quando l'impulso a premere il play mi catapulta in un loop che rasenta l'overdose.

Quando si pubblicherà questo post io starò verosimilmente tornando da Cadice. Nelle orecchie avrò tutt'altre note. Negli occhi altri ricordi vista Oceano. Eppure, m'è sembrato giusto farvela ascoltare. 

Senza altre parole. Solo "wow". 


giovedì 7 settembre 2017

L'Hipsterbole e le altre geniali figure retoriche di "Palabras Bastardas"



Palabras Bastardas è uno dei miei nuovi account Twitter preferiti di lingua spagnola. Sostanzialmente gioca con i vocaboli, deformandoli per fornirne definizioni ironiche. Roba da Nerd del Lessico, insomma. Proprio come me.

Ebbene, ieri il genio creativo che vi sta dietro ha dato vita ad un thread interamente dedicato a figure retoriche e concetti letterari. Mi è piaciuto a tal punto che ho sentito il preciso obbligo morale di condividere con voi, in italiano, alcune tra le più brillanti. Naturalmente, trattandosi di giochi di parole, non tutte sono facilmente traducibili. Per scoprire anche le altre, quindi, vi consiglio caldamente di cliccare qui. 







ALLEGORILLA: successione di metafore sulle scimmie. 

ALLITERAZIONE: ripetizione di suoni uguali uno sopra l'altro e in cui a te tocca sempre dormire sotto a quello che russa di più. 

ANTWEETESI: figura che contrappone un messaggio su Twitter ad un altro di un hater che lo annulla e lo contrasta usando parole contrarie. 


CUENCATENAZIONE: ripetizione di casas colgadas. 


Le famose "Casas Colgadas" della cittadina di Cuenca



DELFINIZIONE: enumerazione dei tratti distintivi di alcuni cetacei. 

EUFEMMINISMO: figura retorica che consiste nello sostituire una parola o espressione sgradevole con un'altra di connotazioni meno maschiliste. 

HIPSTERBOLE: modernismo che consiste nell'esagerare quanto sei alternativo: "sono talmente vegano che mi mangerei un cavolo" e robe del genere. 

LITROTE: figura birraia che afferma che non sei ubriaco negando il contrario, o all'opposto. O il primo che ho detto. Sono già ciucco con tutti 'sti giri. O no. 

PROSOPOPEYE: attribuire qualità di un animale ad un marinaio che mangia spinaci. 

SIPNOSI: trama di un film o libro che annulla la volontà e obbliga irrimediabilmente a vedere o leggere il suddetto. 


Voi quali altre inventereste in italiano?





mercoledì 6 settembre 2017

Flamenco a Málaga: 8 locali da non perdere

La scorsa settimana ho avuto il piacere di collaborare con il sito I Love Spagna per mostrarvi il lato più flamenco (e spesso nascosto) della mia Málaga. Quella che troverete nel post - visualizzabile qui - è una selezione di locali molto diversi tra loro, assemblata con il preciso intento di soddisfare tutti i gusti e le esigenze. Dai tablaos più autentici ai bar de copas, dalla tradizione alle contaminazioni contemporanee, sarà davvero facile identificare quello che più fa per voi. 


Siete pronti a scoprirli tutti? Cliccate qui e prendete appunti. Poi voglio sapere qual è il vostro preferito!