mercoledì 31 dicembre 2014

30 canzoni per 30 anni: la playlist della vita (parte I)

Oggi compio trent'anni. E, per quanto possa sembrare schifosamente auto-celebrativo, ho voluto festeggiare il traguardo con una playlist particolare. 30x30, si chiama. Racchiude i trenta brani che piú sono stati significativi nella mia (ancora breve, dai!) esistenza. Non é stato facile, assemblarli. Quando ho preso carta e penna, con questa folle idea in testa e la volontà di tagliare il piú possibile, mi sono ritrovata con un elenco di 52 canzoni. Cinquantadue, capite? Eliminarne altre mi sembrava impossibile. Ingiusto, persino. Ma, alla fine, ci sono riuscita. Ci sono grandi assenti, ovviamente. Ma il risultato mi soddisfa abbastanza da poterlo considerare un ritratto abbastanza fedele di me. Usatelo per conoscermi meglio, se vi va. Per quanto mi riguarda vi aiuto raccontandovi (in due parti) le ragioni alla base dei brani superstiti. Buon ascolto. Buona lettura. E - permettetelo - buon compleanno a me!   





1. Eagles - Hotel California.


Pare sia stata la prima canzone che i miei hanno ascoltato quando sono nata. Da quando me l'hanno detto, mi capita di sentirla per caso ad ogni mio compleanno; per radio, suonata da un piccolo complesso sulla scalinata di Montmatre o magari rivisitata per un qualche programma in Tv. Recentemente mi é persino capitato di vedere il verso "Some dance to remember, some dance to forget" abbinato ad una foto di flamenco su Pinterest. Giuro che ho quasi pianto.






I "pomeriggi spice" a casa mia, a pensarci ora, sono stati forse uno dei momenti piú spensierati della pre-adolescenza. Eravamo cinque amiche con un appuntamento periodico. Fissavamo una data, mettevamo sú le cassette, ed inventavamo coreografie in salotto. L'unica regola era che quel giorno non eravamo noi; eravamo le Spice Girls. C'erano borsoni pieni di vestiti da indossare. Trucchi con cui giocare. C'era la nostra Geri che si colorava le ciocche dei capelli con una di quelle lacche probabilmente tossiche che regalavano con Cioè. Erano giornate passate sul divano a tirarci cuscinate mentre ci sforzavamo di farci piacere un film orribile, a posare come le ragazze nei booklet ufficiali, o magari a fare merenda intingendo le patatine nel tiramisú. Esistono delle foto, di quei pomeriggi. Ogni volta che ci penso, ringrazio Dio che non esistesse Facebook. 





Scoprii gli Oasis grazie ad un disco che mi regalò mio zio. Lo ascoltai in loop sul mio lettore cd blu per tutto il tragitto in auto da Riva del Garda a Monfalcone, fino ad impararlo a memoria. A differenza della maggior parte dei miei coetanei, la canzone che più mi colpì non fu "Wonderwall", ma "Don't look back in anger". Ricordo che ne rimasi talmente affascinata da tradurne il testo, cercando sul vocabolario Garzanti le parole che lì per lì non capivo. Da quel momento in poi, la frase "Please don't put your life in the hand of a rock and roll band who'll throw it all away" (Per favore non mettere la tua vita nelle mani di una rock and roll band, che te la butterà via) sarebbe finita, anno dopo anno, su tutti i miei diari scolastici e privati. Per un periodo pensai addirittura che, da grande, me la sarei tatuata. Insomma, per me era la Verità Assoluta. La Perla di Saggezza Universale. La Prima Regola di Vita. E, manco a dirlo, non la rispettai mai. 






Con Ricky Martin ho iniziato ad imparare lo spagnolo. Grazie a la bomba, per esempio, appresi che "mona" voleva dire bella. Nozione importante. Non me l'avesse spiegata la sorella maggiore di una mia cara amica, avrei probabilmente continuato a pensare che il portoricano stesse rispondendo all'accusa di un tizio che chiedeva, in triestino, se non fosse scemo a provarci con Linda. "Cossa Linda? cossa Mona?", ribadiva stizzito. MueveteMamitaQueLaBombaVa. Vabbè. Ricordo anche i miei compagni di classe delle medie, che cantavano "un, dos, tres, María" durante le ore di educazione fisica mentre io perdevo i polmoni al secondo giro di corsa in palestra. Ancora mi chiedo dove diavolo trovassero le energie. Ho peró scelto "Livin' la vida loca" a rappresentarlo perché quando la ballavo in discoteca, la Domenica pomeriggio, mi scatenavo a tal punto che finivo sempre col rimorchiare un casino. Era l'unico momento in cui riuscivo a sentirmi all'altezza delle mie amiche sempre piú attraenti e corteggiate di me. E Scusate se é poco.


5. Alcazar - Crying at the discoteque 

Un'altra delle mie canzoni da gasamento in discoteca. Con la differenza che non richiedeva sculettamenti, e quindi non mi faceva rimorchiare. Quanto mi divertivo, però! Partivano le prime note e non riuscivo a stare ferma. Avevo addirittura imparato tutti i passi della coreografia, soprassedendo all'immenso shock di quell'orrore di videoclip che l'accompagnava. Chissà che fine avranno fatto gli Alcazar, poi. Ricordo solo che erano svedesi, e che lui sembrava un po' una versione umana di Ken.




6. Lunapop - Un giorno migliore 

Anche quelli musicali, come tutti i grandi amori, partono spesso con il piede sbagliato. Quando sentii per la prima volta 50 special in radio pensai al tipico tormentone estivo: una canzone idiota cantata da un ragazzino idiota che oltretutto aveva anche una faccia da schiaffi mica da ridere. Poi, però, salii sull'autobus che dal Liceo avrebbe dovuto riportarmi a casa. Era stranamente deserto, non ricordo perché. Forse c'era sciopero, o magari avevo finito un'ora prima. Comunque fosse, il punto è che si sentiva la radio. Mentre mi sedevo passarono Un giorno migliore, e fu come se qualcuno mi avesse aperto la porta verso un nuovo mondo. La mia passione per Cesare Cremonini, quella che dura esattamente da metà della mia vita, cominciò così. Diversi anni dopo, ad un concerto in teatro, Un Giorno Migliore divenne anche il primo ed unico brano su cui io abbia mai pianto ad un live. La mia vena romanziera aveva pensato che con quella scena stesse finendo una parte concreta della mia giovinezza. In un certo senso, fu davvero così. 






Iniziavo a sviluppare una certa attrazione nei confronti di tutto ciò che fosse anche solo vagamente latineggiante, quando uscì uno dei singoli di maggior successo di Geri Halliwell. "Mi Chico Latino" (declinato nel tempo in una serie infinita di varianti, tra cui "mi cioccolatino") divenne al liceo la mia personalissima ossessione. La mia compagna di banco me la cantava continuamente, ogni volta che gliene capitava l'occasione, ad intervalli talmente brevi e regolari da farmi prendere in seria considerazione l'idea di studiare con la pratica i sistemi di tortura medievale. Ancora oggi, ogni volta che mi capita di ascoltarla, io rivedo la sua faccia. 


La gita delle superiori in Andalusia, come tutte le gite all'estero delle superiori, fu una tappa fondamentale della crescita di tutti noi della sezione B. Finì con un volo annullato, gente che non si parlava più e ragazze che si tiravano i capelli su un autobus, ma in compenso ne valse la pena. Ebbe una sola colonna sonora, quell'escursione. Aveva a che fare con un presunto matador brufoloso che ci provava con una mia amica in un bar a Siviglia e con l'odore acre (forse più immaginato che sentito) del sangue assorbito dalla sabbia alla Plaza de Toros di Ronda. Quella colonna sonora era Torero di Chayenne. 

9. Cesare Cremonini - Vieni a Vedere Perché

Ebbi la fortuna di ascoltare in anteprima assoluta diversi brani del primo album solista di Cesare Cremonini. Ricordo ancora la data: era il 22 Giugno del 2002. Estate torrida, estate mondiale. Quella dell'arbitro Moreno e della Spagna che ci dava ragione nelle radio. Quella dei treni affollati e dell'esodo di massa verso la Riviera Romagnola. L'incontro era fissato a Cesena, riservato ai 25 utenti piú attivi del forum (non) ufficiale. Pranzai accanto a Cesare. Lo vidi guardare a terra, incapace di sostenere sguardi, mentre le canzoni inondavano la stanza finalmente climatizzata dello studio di registrazione. Assistetti alla Jam Session che mise in piedi assieme a qualche fan. Ma, soprattutto, conobbi alcune persone che sono poi diventate (e in certi casi ancora sono) parte integrante della mia vita. Fu "vieni a vedere perché" il brano che piú mi colpí in quell'occasione; forse perché era il piú "lunapoppiano", chissà. Lo legai a loro. A quella stanza col boccione dell'acqua svuotato troppo presto. Ecco perché, tanti anni dopo, mi emozionó sapere fosse tra i preferiti di Dani Martín. Ecco perché mi sentii fiera di farne il pretesto per allacciare un discorso tra loro su Twitter. Quel discorso era ed é il ponte tra due mondi. L'emblema di un Destino in cui mi piace fingere di credere davvero. 





10. Francesco Renga - Alba

C'é stato un periodo in cui Francesco Renga divenne per me una sorta di religione profana. Rischiai addirittura di iscrivermi al suo forum, il che, conoscendomi, avrebbe probabilmente finito col trasformare l'ascolto ammirato nell'irrevocabile devozione di fan. Mi trattenni, grazie a Dio. Alba, peró, restó indissolubilmente attaccata ai primi anni d'Universitá a Trieste. Ero riuscita a farla apprezzare anche ad una mia compagna di corso, e assieme a lei mi ero divertita a provare a tradurne il testo in spagnolo. Riascoltarla ora, dopo tanti anni, mi riproietta lá. Durante la pausa ad una noiosa lezione di storia. In cattedra, un prof che ricordava il Dottor House. 

11. Juanes - La camisa negra

Mi piace pensare alla hit di Juanes come alla "Cryin' at the discoteque" dell'universitá. Le somiglianze erano tante, infatti, nelle mie scomposte reazioni danzerecce. L'associo alle scale per raggiungere l'aula del corso di spagnolo. Ad una lezione in cui la lettrice di Gijón (l'adoravo per questo!) la utilizzó come esercizio didattico. E persino ad un viaggio a Madrid con un'amica, annullato all'ultimo causa fallimento della compagnia MyAir. (Yo por ti pierdo la calma y casi pierdo hasta mi cama. Dell'ostello in calle Huertas, nello specifico). 




12. Estopa - Ya no me acuerdo

Quelle lezioni, e intendo quelle di spagnolo a Trieste, furono cruciali per il mio futuro di italo-spagnola. Lí conobbi un ragazzo a cui, col senno di poi, penso come a una di quelle persone che di tanto in tanto capitano nella vita per un tempo breve ed un motivo preciso. Il suo, a quanto pare, era quello di addentrarmi nel mondo della musica spagnola. Mi aveva dato un cd con dentro innumerevoli hit del periodo e degli anni precedenti. C'erano anche quelle de El Canto del Loco, che di lí a poco avrebbero segnato una svolta per me importante. Prima di scoprirle, peró, su quel cd trovai gli Estopa. Per un lungo periodo ascoltai Vacaciones quasi tutti i giorni durante il tragitto in treno da casa all'università. Poi, scoprii Ya no me acuerdo. I fratelli Muñoz, con le loro canzoni, finirono con l'accompagnare moltissimi momenti della mia esistenza negli anni a venire. Anche la nascita di questo blog vi fu in qualche modo legata. Quel brano, peró, é stato per me una sorta di filo conduttore tra epoche. Il personaggio di un romanzo che leggevo, per addormentarsi, si canticchiava in testa un brano di cui sapeva a perfezione le parole. Al primo caso di insonnia, provai a vedere se funzionava. Funzionó, in effetti, cosí continuai ad adottare il metodo. Di tanto in tanto lo utilizzo ancora oggi, e per addormentarmi non ho mai cambiato canzone. 
Indovinate qual é. 

13. El Canto del Loco - Volverà

Nel tentativo di migliorare la comprensione in vista dell'esame di spagnolo, seguii il consiglio del ragazzo di cui sopra ed iniziai ad ascoltare Los 40 Principales online. Una delle prime canzoni in cui mi capitó di imbattermi fu Volverá. Non riesco a descrivere quello che provai: so soltanto che restai come paralizzata, alla disperata ricerca di un secondo ascolto. Poi scoprii che c'era, in quel benedetto cd. Di piú, c'era tutto l'album Zapatillas. Credo di non aver mai ascoltato nessun disco per tante volte di fila, senza interruzione. Nemmeno quello degli Oasis. Divenne una droga. Non avevo idea di chi fossero, quelli lí, che faccia avessero, da dove venissero, ma volevo disperatamente saperne di piú. Quando mi capitó di vedere un video su Internet, di nuovo, pensai che il cantante fosse un idiota con la faccia da schiaffi. Mi stava sulle palle. Lo trovavo brutto. Non capivo davvero come fosse possibile che venisse considerato un sex symbol. Viste le premesse con Cremonini, avrei dovuto capirlo già lí, che era l'inizio di una passione duratura. 
Al primo viaggio a Barcellona comprai una parte importante della loro discografia originale, che mi diede accesso al forum ufficiale. Entro la fine dell'anno avevo già creato il fanclub italiano. 





14. The Beatles - Strawberry Fields Forever 

Piccola parentesi di sdegno: possibile che non ci siano gli album originali dei Beatles su Spotify? Voglio dire: cos'aspettate a provvedere?! Mah. Strawberry Fields Forever é uno di quei brani che non mi vergogno di considerare un pezzetto di me. Per una serie di coincidenze, si é legato ad entrambe le mie tesi di laurea: quella triennale a Trieste e quella specialistica, a Parma. Al momento di scegliere le trenta canzoni della playlist piú sudata di sempre, su una cosa non ho mai avuto dubbio: questa non poteva mancare. 




15. Tiromancino - La descrizione di un attimo

Uno dei brani in assoluto piú trasversali nella mia vita. Mi ha accompagnata in tanti momenti diversissimi, legandosi a ricordi quasi opposti tra loro. Ascoltarla é sempre stato per me come ricevere un pugno forte nello stomaco. La mia anima romantica (e adesso non ridete!) ha sempre sognato che qualcuno mi dicesse "mi hanno detto dei tuoi viaggi, mi hanno detto che stai male, che sei diventata pazza, ma io so che sei normale". Voglio dire, una cosa cosí potrebbe pronunciarla solo la mia anima gemella: qualcuno che, pazzo, lo fosse piú di me. 

[To be continued....]




lunedì 29 dicembre 2014

Il 2014 italo-spagnolo di Spotify

Vi avevo promesso bilanci di fine anno, e non potevo non cominciare dalla musica. É ormai da un po' che Spotify ha reso pubblici i dati del suo “Year inReview”: l'efficace e sempre interessante riepilogo delle abitudini d'ascolto dei suoi utenti nel mondo. Come me, anche voi avrete probabilmente letto articoli, cliccato su mail, condiviso con gli amici i “brani top” dell'anno. Avrete scoperto – come se ce ne fosse stato bisogno! - che, a livello globale, il 2014 é stato dominato da Happy di Pharrell Williams, dai Clean Bandit e da Calvin Harris. Un dato, peró, forse vi é sfuggito: quello limitato al territorio italo-spagnolo.

Sí, perché la piattaforma non si é limitata a condividere le statistiche mondiali, e nemmeno ad entusiasmarci con quelle personalizzate. Macché. L'analisi dei comportamenti degli appassionati dello streaming ha evidenziato anche i cosiddetti “tormentoni locali”: brani molto popolari in singoli Paesi, ma magari non altrettanto diffusi a livello planetario (qui in una bella mappa interattiva). Ne è emerso che l'Italia ha ascoltato in massa “Stolen Dance” di Milky Chance, mentre la Spagna ha sviluppato una vera e propria ossessione per Bailando di Enrique Iglesias. E se pensate che la canzone sia stata molto trasmessa anche qui, credetemi: non é niente rispetto a quanto lo é stata in terra iberica. Io l'ho toccato con mano quest'estate a Málaga, eleggendola per forza di cose a “colonna sonora della Feria”. In una settimana l'avró ascoltata per caso almeno cinque volte al giorno, sempre in luoghi e circostanze diversi. Ne sono state fatte parodie, tweet, discussioni. Le sono stati assegnati dei premi. Ecco perché la dichiarazione di Spotify ha il sapore dello scontato, ed ecco perché – quanto a gusti personali – mi sento in questo piú in linea con l'utenza castigliana.


LA CANZONE PIÚ ASCOLTATA IN ITALIA NEL 2014 






LA CANZONE PIÚ ASCOLTATA IN SPAGNA NEL 2014




Non sembra essere cosí a livello generale, peró. Per quanto mi riguarda, nel 2014 ho ascoltato piú musica italiana che spagnola ( 47% contro 20%), in entrambi i casi di matrice pop. La categoria Latin, tuttavia, va un po' a controbilanciare il dato, collocandosi al quinto posto dei miei generi preferiti con un 11% di brani ascoltati. Se si sommano al pop spagnolo, la percentuale di ascolti ispanofoni sale dunque al 31 %, avvicinandosi al primato dei cantanti nazionali.



Spagnolissimo é invece il mio brano top dell'anno: Los Cantantes di Leiva, di cui peraltro é appena uscito un bellissimo videoclip. L'album che lo contiene, Polvora, é a sua volta il disco che ho piú spesso riprodotto in streaming, ed é presente nella top 10 delle canzoni che ho ascoltato piú spesso anche con Afuera en la Ciudad e Cerca. Le altre presenze spagnole nella lista sono Ms Maiko con il brano Too Many Questions e gli Hombres G con “Por una Vez”. Il Cile e Cesare Cremonini rappresentano ovviamente il mio lato italiano, collocandosi entrambi anche tra i miei 5 artisti preferiti.


IL MIO BRANO TOP DEL 2014 





Affascinanti anche le statistiche relative agli ascolti stagionali, secondo cui la stagione dell'ex leader dei Pereza é stata l'inverno (non che stupisca, in uno che ha intitolato un disco “Diciembre”). In primavera ho invece prediletto Cesare Cremonini, lasciando la carica degli ImagineDragons per i giorni di una difficile e climaticamente inesistente estate. Dani Martín é stato il mio autunno, sorta di canto del cigno di una passione in precario equilibrio, costante nelle cuffie malgrado gli alti e bassi.



Basandosi su questi dati, il simpatico programmino mi ha anche creato una playlist con gli artisti e le canzoni che secondo lui potrei amare nel 2015. Comprende Mengoni in spagnolo, Miguel Bosé, La Musicalité, Mr. Kilombo, gli Zero Assoluto, El Pescao e ovviamente Dani Martín in duetto con Leiva. Oltre ad una sfilza di gente che confesso di non aver mai sentito nominare. Proveró a cliccare play.




E voi, cosa avete ascoltato quest'anno? Quanto é stato italo-spagnolo il vostro 2014, secondo Spotify? Raccontatemelo, dai, che sono curiosa! 

sabato 27 dicembre 2014

Il Natale dei Vip spagnoli (e il mio).

Le feste sono impegnative. Ti ritrovi ad infornare cupcake in quantità sufficiente a sfamare un esercito; realizzi pacchi dono estremamente chic con il cartone dei rotoli di carta igenica, uno spago, ed un foulard firmato da utilizzare come involucro. Non contenta, tiri persino fuori un presepe alternativo da tre tappi di sughero, una forcina, un cordoncino di plastica di quelli che si usano per chiudere gli alimenti, e alcune vecchie carte regalo mai buttate via (uso molto Pinterest, si nota?). Certo, per Gesú bambino ti ci vogliono due tentativi: al primo ti esce obeso, al secondo rischi di amputarti una mano intagliando la culla con un po' troppa foga. Ma, appena inizi a pensare che forse si tratta di segnali divini, dallo schermo del cellulare una notifica ti informa che “a @vaticanolasantasede piace la tua foto”. Al che potresti bullarti dell'Altissima Approvazione, metterti a seguirli, chessó, magari recitare quattro Ave Maria. Invece, il primo pensiero che ti salta in mente é “Chissá quanto li pagano, i Social Media Manager al Vaticano”. E lí ti rendi conto di essere una bruttissima persona.















Non é finita qui, comunque. Perché sotto Natale ti trovi anche ad accogliere parenti, organizzare cene di Capodanno lottando con previsioni meteo catastrofiche, prezzi esorbitanti, e personaggi burberi. A perdere a Risiko. A perdere a Poker. A non essere nemmeno fortunata in amore (ingrati). Ma, soprattutto, ti ritrovi a saltellare da un centro commerciale all'altro con lo scopo di cercare qualcosa per i tuoi cari e la conseguenza di innamorarti di un poncho, di una borsa con le frange e di un cappello boho chic per te. Come già detto, sono una bruttissima persona. Nei centri commerciali, peraltro, ti trovi ad affrontare file kilometriche che manco ad un concerto pop per pagare un articolo qualsiasi, schivare gruppi di amici intenti a trasportare un sacco da boxe (cioé: lo trasporta uno; gli altri si limitano a dirgli “vai a destra, dritto, sinistra” come se manovrassero la macchinina di un videogioco) e condividere ascensori con tizi che sanno pesantemente di baccalá fritto. Bei momenti, insomma. Poi lo capite anche voi, che una resti un po' indietro con i post.

Ho intenzione di rifarmi, peró. E non potevo non cominciare con il post post (valga la ridondanza) natalizio per eccellenza: il preferito dalle riviste di gossip, dai portali web con le icone in rosa, ed – ovviamente – dai socialnetwork dipendenti come me. Sí, insomma, ho intenzione di regalarvi una selezione delle migliori foto festive condivise dai vippese spagnoli su internet. Cosí, giusto per stimolare con un argomento leggero l'anima pettegola che é nascosta in noi. Avrei potuto parlarvi dei Massimi Sistemi e della teoria di scissione dell'atomo, intendiamoci. Solo che non mi sembrava appropriato, durante la digestione.

I vippese, quindi. Cominciando da Iker Casillas (sospiri, cuoricini, bavetta) che ha postato su Instagram un collage di foto del figlio Martín travestito da Babbo Natale. Di per sé sono abbastanza contraria alla divulgazione di immagini di bebé sul web. Lui, peró, é cosíí cariiiinooooo!



Il trend “bimbi tenerissimi” é stato abbracciato anche da Raquel Del Rosario de El Sueño de Morfeo, che ha fatto indossare al suo piccolo Leo una tutina a tema.




Quadretto famigliare da pubblicitá del Mulino Bianco (Banderas, trema!) per Bustamante, che ha invece sfoggiato uno scatto tutto denti, fiocchetti e felicitá.




Il sempre figherrimo Pablo Alborán ha voluto dimostrare che riesce ad esserlo anche con un naso da pagliaccio addosso. L'albero l'ha decorato in modo alquanto kitsch ma vabbé, dai, lo si puó perdonare.




Il comico Dani Martínez, come (ho scoperto) una quantitá sorprendente di altre celebritá nel mondo, il 25 Dicembre ha compiuto gli anni. Ecco, allora, che alla tradizionale foto natalizia si é sostituita quella di una torta cioccolatosissima con dedica personalizzata. Manda 'na fetta, Danié, fai il bravo!



Quanto al suo quasi-omonimo ed immancabile Dani Martín, ci ha tenuto a condividere l'outfit impeccabile ed elegantissimo che ha sfoggiato durante la cena della vigilia, specificando che “ormai ha una certa etá”. Si potrebbe obiettare che appena poco prima aveva svelato su Twitter di possedere un Furby; ma a noi i dottor Jackill/Mr.Hide piacciono sempre. O no?






David Bisbal sostiene che il miglior regalo ricevuto sia stato il fotomontaggio che vedete qui sotto. Immaginate come devono essere stati gli altri, povera stella.



BabboNatalizzazione anche per Andreu Buenafuente, che commenta con “é venuto un signore, vestito di rosso, a portarci dei regali”.




Lo scrittore e giornalista Maxim Huerta ha optato per l'autopromozione, ri-postando una bella foto originariamente pubblicata da una sua lettrice.




Last but not least, ElPescao, che per la veritá é stato piú impegnato a preparare il suo concerto del 26 Dicembre a Buenos Aires che a calarsi nell'atmosfera natalizia. Il suo mini-video con le luci dell'albero in testa, peró, non potete perdervelo. Dico davvero.


martedì 16 dicembre 2014

Italo-Spagnola Awards 2014!

Ok, bella gente: vi ho fatti attendere, ma finalmente ci siamo. In tanti mi avete segnalato le vostre realtà italo-spagnole preferite, facendomi scoprire siti, blog e pagine Facebook di cui ignoravo l'esistenza (non finirò mai di dirlo: grazieeeeeee!). Adesso, però, è arrivato il momento di fare sul serio. Ho raccolto le più citate in ciascuna categoria, e sono quindi lieta di presentarvi le nomination ufficiali degli Italo-Spagnola Awards 2014! Chi mi segue da un po' sa già di cosa si tratta; Per gli altri, meglio fugare ogni dubbio: i premi sono nati (ormai tre anni fa) con il solo e giocoso intento di dare risalto agli angolini italo-iberici più fighi della Rete. 'Somma, non si vince niente, tranne la solita targhettina bruttissima che anche quest'anno mi affannerò a preparare affinché possiate sfoggiarla con orgoglio ( ah ah ah) sui vostri website. 




Ecco come funziona: attraverso il modulo qui sotto potete esprimere le vostre preferenze per ciascuna categoria in modo intuitivo ed anonimo da oggi fino al 17 Gennaio 2015. In seguito, saranno annunciati i vincitori. Tra le novità di quest'anno c'è la possibilità di incorporare la scheda di votazione anche sui vostri siti web semplicemente copiando ed incollando questo codice: 

<iframe frameborder="0" height="800" marginheight="0" marginwidth="0" src="https://docs.google.com/forms/d/11Gq8b9i2iBk51KsXOguxtW6JNEJPyNetoZ0gt3zqrlU/viewform?embedded=true" width="600">Caricamento in corso...</iframe>

Come sempre, gli Awards prevedono due sezioni distinte: la prima e più importante è volta a decretare i migliori siti web, account social, brani e video italo-spagnoli del 2014. La seconda, più ristretta, vi invita a segnalare i vostri post preferiti di questo blog tra i più letti per ciascuna delle sue tre anime: post italo-spagnoli, post non italo-spagnoli e post musicali. 

Come vedete, certe categorie sono più "affollate" di altre. Sono quelle per cui ho ricevuto il maggior numero di segnalazioni, ed ho voluto escluderne il meno possibile. 

Quest'anno, oltre al ritorno della categoria "miglior hashtag", segnalo anche la nascita della categoria dedicata ad Instagram, che - come gli altri social- sta iniziando a popolarsi di itañoles. Le altre piccole novità ve le lascio scoprire da soli. 

Buon voto e, come sempre, qué gane el mejor! 



domenica 14 dicembre 2014

Riflessioni a caldo al ritorno da Firenze

Le cose, quando le hai attese a lungo, hanno il brutto vizio di sembrarti irreali. Rimescolano i succhi gastrici, rendono le fasi REM troppo brevi e colorate in tinte accese. E se ne vanno, poi. Sempre toppo in fretta. Lasciandoti negli occhi gli aghi delle lacrime che proprio non vuoi far cadere giú. Forse mi odiano, le mie compagne di avventura. Ci ho pensato ieri, per un unico attimo, mentre fissavo il palco ancora vuoto. Luci blu. Perché sono una rompiballe, io, parliamoci chiaro. Cori impazienti, brusio. La fissazione per le foto, la condivisione sui social, i video documentativi che prevedono intrusioni davanti ad uno specchio e primi piani sul mascara. “Fuori, Fuori!”. Scusatemi, ragazze, davvero. L'ho detto, forse troppo poco e a bassa voce. É che sento questo assurdo bisogno di catturare i momenti belli, se non ho accanto un foglio su cui trasformarli in parole. Specialmente se so che nemmeno con le parole, tutto sommato, ci riuscirei.


E poi, fuori da un capannone in un luogo sperduto di Firenze, mi sorprendo a sperare che niente di questo cambi. Che non diventi mai un'altra delusione da mandare avanti sull'iPod. Come se la felicitá avesse una data di scadenza. Come se fosse un piatto buonissimo ma avariato che mangi chiedendoti se poi ti fará male. Paranoie, solo questo. Perché le cose, quando le attendi a lungo, te ne lasciano addosso in quantitá industriale.

Non lo recensiró, il concerto de Il Cile a Firenze. L'entusiasmo é ancora troppo fresco per non prendere in prestito frasi di altre canzoni. Spagnole, questa volta. Dei Sidonie. “Mi escono rose dalla bocca quando mi chiedono di te”, dicevano in “por ti”. E recensire dovrebbe presumere una minima parvenza di luciditá, mica fiori. Quindi, no. Non diró di scalette, testi, presenza scenica e demografia del pubblico. Che lui, secondo me, ha un talento enorme, in fondo lo sapete giá. Invece parleró di ció che adoro. Tipo la mia maglia zuppa di sudore. La piega dei capelli che sparisce in una massa informe mentre per una volta me ne infischio. Diró del Resto-Della-Vita che scompare in un istante mentre balli, salti e canti a squarciagola. Racconteró di quanto é stato bello e a tratti consolante immaginare Bruxelles davanti ad un albero di Natale. Di come continui ad adorare la gratitudine sorpresa e un po' commossa di Lorenzo quando un locale intero intona Cemento Armato. E, ancora, del dopo. Dei commenti, delle foto, delle risate. Dei "vi ho cercate per tutto il concerto!", di un verso di “bruceró per te” che ora (accidenti!) m'é rimasto incollato in testa. Del barista e dei tentativi di scroccare almeno un altro shot. Di quanto sia inevitabile pensare al mio primo concerto di questo tizio, a Treviso, quando per l'imbarazzo quasi non riuscivo a parlare e scrivevo riflessioni fin troppo pedanti sul web. Poi guardarmi adesso, e scoprirmi a sorridere. Quante cose sono cambiate da allora! Quante cose sono successe! Quante persone ho...
Mi fermo. Un tweet di Marta mi ruba il concetto prima che possa darci io stessa espressione.

Se devo riassumere il weekend a Firenze, lo rivedo nell'unico scatto che non sarei mai riuscita a fare: quattro amiche, abbracciate, che cantano assieme i brani che le hanno fatte conoscere. Sa di film da adolescenti, eppure é successo davvero. Perché la musica puó creare amicizie splendide, e le amicizie splendide generano momenti ancora migliori. Constatarlo, chissá perché, mi sorprende sempre un po'. 

Cosí rompo le balle con le foto, perché cerco un modo qualsiasi per non scordarlo mai.




mercoledì 10 dicembre 2014

Il ritorno di Ulisse ...su Twitter. Capitolo 2.

Ormai é un appuntamento fisso. E, se ho capito bene, é stato pure spostato a questa sera. Non l'ho seguita, la seconda puntata de "Il Ritorno di Ulisse", proprio come non ero riuscita a seguire la prima. L'ho letta su Twitter, però. Di nuovo. Ne emerso che 'sta roba è sempre peggio, con commenti disgustati ad abbracciare gli elementi più svariati del prodotto televisivo. Il malcontento riguardava soprattutto tre temi: l'inserimento di un giovane Omero scriba nella sceneggiatura (mapperchè, in effetti?), l'impietosa eliminazione dell'episodio del cane Argo, e la liason del prode Telemaco con una tizia mai nominata nel poema originale. Per dirla tutta ha fatto discutere anche la scelta dell'attrice destinata ad interpretare Elena, che a quanto pare tutta 'sta gran bellezza non dev'essere stata. Altra novità, rispetto alla scorsa settimana, la nascita dell'hashtag #Baulisse, che già di per sè spoglia di ogni solennità residua le vicende re-interpretate (e spesso inventate) da Mamma Rai. 

Quanto alle trovate di cui sono invidiosa, quelle a cui avrei tanto voluto pensare io al momento di scrivere #Odissea, segnalo la deriva sempre più modaiola dei commenti, con Penelope (la chiamano Penny come me, che teneri!), che diventa a tutti gli effetti la nuova icona fashion. Me la vedo contesa dagli stilisti, protagonista indiscussa delle riviste di moda, presenza irrinunciabile tra i tweet di Style.com e VanityFair. La re-immagino fotografata sui red carpet, o magari mentre stringe mani a qualche serata di beneficienza. Lei, moglie del grande Ulisse; la novella Kate Middleton che conquista tutti ad ogni evento mondano.




E poi l'appello della Sciarelli a Chi L'Ha Visto per segnalare la scomparsa di Ulisse, in assoluto il tweet più geniale. Ma non è male neanche l'idea di fare di Menelao un "AD qualunque", a dirla tutta. Telemaco, invece, in tutte le versioni resta (a mio avviso sempre un po' inspiegabilmente) il personaggio che più divide: sexy e perfetto per le ragazzine, raccomandato e un po' scemo per molti rappresentanti del genere maschile. In ogni caso, sempre e comunque studente erasmus inside.  

Senza troppe altre parole, ecco quindi la seconda puntata della versione live del mio libro. La racconta, a sua insaputa, un gruppo di utenti twitter commentando una fiction fatta male. L'episodio è quello di Ulisse che si rivela a figlio e moglie, per poi dare inizio alla strage dei proci. Da notare che il Mac si ostina a correggermeli in "Porci". Lui si che ne sa! 























lunedì 8 dicembre 2014

Being FaNshionista: i trend della moda da concerto

Mi perdonerete se mi prendo un'altra breve pausa dall'italo-spagnolismo, ma qui bisogna pensare ai seri problemi che affliggono l'umanità. Ad esempio: come vestirsi ai tour invernali. Si dà il caso, infatti, che io abbia trascorso gli ultimi due weekend pianificando le prossime trasferte concertistiche. La cosa ha provocato grande soddisfazione a Ryanair, Booking.com, EasyJet, Trenitalia e compagnie di trasporti pubblici d'origine francofona. Grande disperazione è stata invece arrecata alla mia banca, il cui prossimo sms per avvisarmi di acquisti effettuati online recherà probabilmente il PS personalizzato "Hai finito, sì?". Comunque sia, si dà il caso che il prossimo live sia nientemeno che Sabato prossimo, ed io non sappia ancora cosa mettermi. DISASTRO. Così, mi sono messa a scandagliare il web in cerca di ispirazione, nel tentativo di estrapolarne i maggiori trend della moda concertistica universale. Perché, come sempre, la pioggia e le robe-che-faccio-per-lavoro hanno conseguenze preoccupanti sul mio stato mentale. 

Insomma, le conclusioni che ho tratto sono quelle che seguono, da stampare e appendere all'armadio come vademecum della fan fashionista. Anzi, già che ci sono mi prendo la licenza di inventare un neologismo ad-hoc: fanshionista. Lo so, sono evidentemente un genio. 

- REGOLA NUMERO 1: MAI SENZA SCIARPETTA! 

Se c'é una cosa che salta subito all'occhio, passando in rassegna tutte le foto che ho scattato in attesa di qualche concerto dal 2008 ad oggi (perché prima non avevo Facebook), é che c'è un accessorio che non può mancare nel guardaroba di nessuna fan: quell'accessorio è la sciarpetta. Variopinta o monocromatica, in netto contrasto con il colore degli indumenti oppure tono su tono, è il pass-partout perfetto per l'outfit con occasione d'uso "ho intenzione di passare tutto il giorno in fila davanti a un palasport". Adatto a qualsiasi stagione e di versatilità invidiabile, questo capo - che puoi acquistare a pochi spiccioli da qualsiasi cinese -  ti offre una comoda via d'uscita a tutti i problemi della groupie. Ti protegge la voce in vista di cori appassionati ed isterici "aaaaaaaaaaaaaaaaaahhhiiiihhhiiiiihhh" da invasata; ti offre un riparo dal freddo; può trasformarsi in turbante nel caso in cui piova. Non solo, ma - una volta piegato- è anche un comodo cuscino per schiacciare un pisolino sull'asfalto. Ed é, ovviamente, il miglior stuoino fai-da-te che si possa immaginare in assenza di cartoni, sacchetti di plastica, asciugamani, teli mare, bandiere e qualunque altra membrana svolga la funzione basilare di separare il tuo culo dal cemento. 










- REGOLA NUMERO 2: NERO E LOW COST

Le fescionbloggerz di tutto il mondo, com'è noto, postano le loro mise in pose plastiche su svariate piattaforme dedicate. Una delle più utilizzate è senza dubbio Lookbook. Sono andata a cercarci gli outfit più popolari per il tag "concert", e le statistiche del sito hanno confermato i due principi chiave della moda applicata alla musica:
1) Il nero è il colore del rock 'n'roll (e se ti sporchi di asfalto, fango, porchetta ruzzolata giù dal panino si nota meno). Ergo, è anche il più diffuso per i look delle fanshioniste. 
2) Vestiti low cost. Ad un live salterai, pogherai, suderai, affronterai intemperie e sigarette altrui. Per questo, al momento di scegliere cosa indossare, dovresti tener presente che potresti rovinarlo. Secondo me il fatto che H&M sia il brand più usato per i look da live va interpretato anche così. 

- REGOLA NUMERO 3: IN ESTATE, SHORTS!

Pare non ci sia dubbio, almeno a giudicare dal sopra citato Lookbook: siano in jeans, borchiati, a righe o di colori accesi, gli shorts sono la scelta irrinunciabile per un concerto in estate. Nozione di cui al momento me ne frega poco o nulla, ma che mi premeva ugualmente condividere con il Pianeta.  






































- REGOLA NUMERO 4: IL QUADRO FA SEMPRE GRUNGE. 

Ebbene sì. A giudicare dalle fescionbloggerz, il buon vecchio camicione a quadri (possibilmente oversize) va sempre alla grande sottopalco. Puoi indossarlo sopra ad una t-shirt, o magari per sdrammatizzare un vestito altrimenti elegante. Altro accessorio chiave: gli occhiali da sole. Peraltro utilissimi per coprire le occhiaie dopo una notte passata in tenda. 















- REGOLA NUMERO 5: SCARPE BASSE.


Non servirebbe neanche dirlo, in effetti: oltre ad essere estremamente poco pratico, il tacco 12 nel contesto di un concerto trasmette un solo ed inequivocabile messaggio: "sono qui perché voglio farmi notare dal cantante; e sono disposta a portarmi a letto chiunque sia necessario per raggiungere il mio obiettivo". O, almeno, così viene interpretato dalle altre rappresentanti del genere femminile, che ti dichiareranno immediatamente guerra ed eterno astio anche se tu, magari, volevi solo fare innocentemente la figa. Un motivo in più per scegliere le scarpe basse. E, se le converse sono da fan qualunque, le più fashion, in inverno, tendono a preferire gli ankle boots. Pratici e molto più chic. 













- REGOLA NUMERO 6: KEEP CALM AND BE CIPOLLA


Il look da concerto più popolare in assoluto su Lookbook, se devo proprio essere sincera, mi genera un discreto ribrezzo. Insomma, 'sta tizia (che vedete qui sotto) s'è messa sù i pantaloni del pigiama e un maglioncino di un grigetto smorto, in un abbinamento che penalizzerebbe pure Naomi Campbell. Se ipotizziamo, però, che sotto al maglioncino ci sia una canottiera, lo possiamo prendere ad esempio di un altro dei concetti che ho personalmente sempre ribadito: il vestirsi a strati come must have. Soprattutto in inverno, in effetti. Ché dentro fa caldo, fuori ci sono i pinguini, e il coccolone non è mai il modo più scoppiettante per dare inizio alla serata. A ben vedere, lo confermano anche altri due outfit tra i più popolari, nonché tra i più amati da me stessa medesima. Li trovate, anch'essi, qui sotto (notare, in quello a sinistra, un'ulteriore esaltazione dell'accessorio sciarpetta). 























































-  REGOLA NUMERO 7: PERSONALIZZA IL MERCHANDISING

Parliamoci chiaro: le t-shirt che vendono al banchetto del merchandising sono da annoverarsi tra le piaghe dell'umanità. Non si sa bene per quale ragione, dopo ogni concerto, provi sempre l'impulso irrefrenabile di comprartene una. Non importa che ci siano file chilometriche e che costino, in media, almeno il doppio di qualsiasi maglietta venduta in altre circostanze. Sai che la DEVI avere. E allora scegli, sborsi, te la porti via tutta felice nel tuo bel sacchettino. Solo che, ovviamente, non la te la fanno provare. Così, smaltito l'entusiasmo, appena la indossi sembri una sottospecie di versione rock-n-roll di Cucciolo: ti sta larga, ti penzola da tutte le parti, e - come se non bastasse - ti senti molto spesso troppo bimbaminkia all'idea di indossarla davvero per uscire. Da lì, l'inevitabile destino di tutte le magliette comprate al merchandising: trasformarsi nel pigiama più caro della storia. 

Per evitarlo, basta qualche accorgimento. Pinterest, ad esempio, è pieno di tutorial su come customizzare le t-shirt di vecchie band. Dal classico nodo al taglio di una spalla passando per il collo a V, puoi fare della tua maglietta un vero e proprio top alla moda di cui non ti dovrai più vergognare. E, se proprio ti venisse male, puoi sempre cucirla assieme a tutte le altre in un'unica variopinta sciarpa, come suggeriscono qui.  



Spero che tutto ciò vi sia utile in vista del prossimo live, care le mie amiche fanshioniste.  Quanto a me, mi sa che è meglio se torno a svuotare gli armadi. 

sabato 6 dicembre 2014

Italo-spagnolismi musicali: i Negramaro a Madrid [Le Foto]

Gente, siamo di fronte ad un fenomeno innegabile. Dopo la fuga dei cervelli, delle galline e, in alcuni casi, dei neuroni, anche i musicisti nostrani sembrano scegliere sempre più spesso la strada del lavoro oltre-confine. C'è chi se ne va negli States, che fa sempre figo. Chi opta per l'Irlanda, come i Negrita ,che sclerano di brutto con gli ippopotami (basta Guinness, ragazzi, dai). E anche chi, all'evidente ricerca di un italo-spagnola award, prende invece un aereo con destinazione Madrid. É il caso dei Negramaro che - l'ho scoperto per caso - hanno registrato il loro prossimo album proprio nella capitale spagnola. Oltre agli ovvi scenari dello studio, le foto da loro postate sui social network durante la permanenza iberica hanno riguardato anche amenità piú prettamente turistiche, quali le decorazioni natalizie, le bizzarrie mascherate che popolano la Puerta del Sol o lo SpiderMan panciuto residente in Plaza Mayor, che ha immediatamente scatenato un'orda di commenti da parte di ex studenti erasmus su Instagram. Eccovene una selezione, ricordando molto sottilmente che potete segnalare anche i vostri vip italo-spagnoli preferiti fino all'8 Dicembre a questo link. 

Una foto pubblicata da negramaroofficial (@negramaroofficial) in data:
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