sabato 30 novembre 2013

I look ispirati ai dischi: Rosana


Rosana, in Italia, si conosce per El Talisman: traccia numero 1 della compilation Festivalbar Latino 1997 (lo so perché ce l'ho), nonché probabile colonna sonora di qualche film di Pieraccioni. O forse no, ma ci sarebbe stata bene. La cantautrice canaria, peró, di cd ne ha fatti poi moltissimi altri; Tanto che é uscita da poco una raccolta dei suoi piú grandi successi reinterpretati a duetto con alcuni grandi del panorama iberico ( "Con el día tonto", capirete, é la collaborazione a me piú cara). Il progetto si chiama "8 Lunas", festeggia i 17 anni di carriera (1+7=8), ed é una delle tante proposte natalizie sfornate in queste settimane dal mercato discografico in lingua spagnola. L'outfit di oggi, in duplice versione, lo dedico a lei. Al suddetto greatest hits, ovvio. Ma anche al precedente "Buenos días mundo", la cui copertina si adatta a meraviglia al mio stile personale. 


ROSANA, 8 LUNAS [Spain]

NB: l'ho realizzato prima che venisse resa pubblica la cover definitiva dell'album, che credevo sarebbe stata una delle foto promozionali riportate piú di frequente sugli articoli online. Quella foto, invece, é stata usata per le locandine del tour. Per l'artwork del disco ne é stata scelta un'altra che peró, con mio enorme sollievo, stilisticamente non si discosta molto dall'outfit che giá avevo creato. Non l'ho modificato, quindi. Ma, per onor di cronaca, sappiate che la cover é in realtá questa: 


>>> Ascolta il disco su Spotify


HIGHLIGHTS

Il Look é interamente giocato sui colori base del bianco e del nero, con un tocco di rosa acceso negli accessori.

VADO FIERA DE

I braccialetti: imprescindibili, stupendi, e...rock! Abbondate pure.

IL TOCCO IN PIÚ

Un ciondolo semplice ma al contempo vistoso, che richiami quello indossato dalla stessa Rosana (a questo punto, sulla locandina del tour). 

Music Inspired!- Rosana/8 Lunas






ROSANA, BUENOS DÍAS MUNDO [Spain]


HIGHLIGHTS

L'outfit indossato dalla cantautrice sulla copertina dell'album é ricreato in modo quasi didascalico. Cappello, occhiale da sole e sciarpa rossa gli elementi fondamentali. 

VADO FIERA DE

La spilla a forma di fiore! Dai: ammetterete che non era facile, trovarne una cosí simile all'originale! 

IL TOCCO IN PIÚ

La canottiera, che ho un po' reinterpretato a mio gusto. Anziché limitarmi alla semplicitá di quelle solitamente indossate da Rosana, ho voluto sceglierne una leggermente impreziosita dal taglio asimmetrico e dalle balze. In sostanza, una che indosserei volentieri anch'io. Il plettro come ciondolo, poi, é la ciliegina sulla torta. 





Music Inspired! - Rosana/Buenos días Mundo




Allora? Quale dei due outfit vi piace di piú? 

martedì 26 novembre 2013

Dicesi Baby Shower.

Baby Shower: usanza americana diffusa in tutto il globo da serie tv di culto e (presumibilmente) qualche film con Jennifer Aniston. In tali frangenti tende ad essere interrotta da eventi di portata drammatica, quali rottura delle acque, risse con tiro-di-capelli tra invitate, irruzioni di vecchi amanti, decorazioni ridotte in disordinati ma esilaranti frantumi. Grazie al cielo, quello di Laura é stato molto piú tranquillo. Strano, lo devo ammettere, considerato che torta di pannolini e cicogna confiabile– altro che Hollywood – li aveva pure lei. 



Per dare il benvenuto alla bimba che porta in grembo, tutto era stato studiato nei minimi dettagli. C'erano tavolate imbandite, regalini per gli ospiti, premi per i vincitori dei giochi a tema. E, c'era, soprattutto, tanto rosa. Sulle tovaglie. Nei piatti. Nei bicchieri in plastica. Nei tovaglioli. Nelle forchette. Nelle sue due splendide composizioni floreali. Erano rosa i palloncini appesi agli angoli della casa, quelli che Veronica ha gonfiato con efficienza impeccabile. Rosa una candela accesa. Rosa i marsh mallow a forma di margherita. Le caramelle per i piú golosi. Persino le decorazioni degli incredibili cupcakes fatti in casa da Daniela, sí, persino quelle erano tutte rosa. Ed era bello a vedersi, contrariamente a quello che forse state pensando. Un modo come un altro per visitare in carne ed ossa la casa di Barbie, o fare del mondo pendant col mio ipod.



Non ve lo dico mica per niente, badate bene. C'é una ragione precisa se ora mi accingo ad elencarvi le idee piú indovinate dell'ennesimo party stupendamente riuscito. Perché l'ho giá detto: le feste di Laura, dacché ne ho memoria, sono sempre state le migliori. Certo, c'é chi vi direbbe che la compagnia influisce. Te ne rendi conto il giorno dopo, davanti al piatto di carne avanzato dal barbecue, quando i discorsi si spostano sull'elencazione dei capodanni piú disastrosi delle nostre vite. Eppure, se anche voi avete degli amici preziosi e divertenti almeno la metá dei miei, forse un tocco di creativitá basta a fare di un pretesto un evento di cui tutti parleranno per un bel po'. E non precisamente per le risse tra invitate. La capirete dopo, la ragione di cui andavo cianciando. Intanto, peró, leggete qui. Dico a voi, future mamme! Leggete. Forse siete giunte qui per caso, ricerca mirata su Google. Avrete digitato “Idee per baby shower”, magari. O “soluzioni creative per party premaman”, qualcosa del genere. Ebbene, eccone qualcuna, direttamente da quanto ho visto e vissuto Sabato scorso a Desenzano:

SULLA TAVOLA:

- Piccole culle realizzate con uova sode e carote

- Antipasti salati a forma di sonaglini



- Ciucci caramellati (di quelli che si comprano all'Autogrill, per capirsi)
- Biscotti con glassa rosa a forma di lettera, disposti in modo da comporre il nome della nascitura (gli stessi biscotti, chiusi in un sacchettino trasparente, diverranno il regalino da dare ai vostri ospiti al momento del congedo)


I GIOCHI:

- Appendete ad una parete le foto dei vostri invitati da neonati (ve le sarete fatte mandare prima), ciascuna abbinata ad un numero. Date ad ognuno degli ospiti un foglietto con tanti numeri quante sono le foto appese e sfidateli a riconoscere gli altri. Il primo che riuscirá ad abbinare nomi e volti si porterá a casa un premio.




- Prendete un gomitolo di lana (nel nostro caso, ovviamente, rosa) e sfidate gli invitati a tagliarne un pezzo della misura secondo loro corrispondente a quella del diametro della vostra pancia (vostra perché mi sto rivolgendo idealmente a voi donne molto incinte, ovvio. Non é che vale per chiunque). Il secondo premio in palio é per chi ci si avvicina di piú.


- Spronate i vostri ospiti ad infilarsi un palloncino sotto il maglione e disponete un bicchiere di carta all'altro lato della stanza. Con una monetina tra le ginocchia, dovranno raggiungere il bicchiere nel minor tempo possibile lasciandovi cadere dentro la monetina stessa. L'idea sarebbe quella di ricreare una circostanza abbastanza frequente nelle donne in stato interessante: dover raggiungere il bagno per fare la pipí con tanto di pancia e camminata un po' “a papera”. Richiesto un alto tasso di ironia e una quantitá di dignitá ad essa inversamente proporzionale.


Il fatto é che non lo so, se dicesse sul serio. Ma da quando Laura, nel mezzo del suo baby shower, ha avanzato la proposta di mettersi ad organizzare eventi in modo professionale...beh, ho pensato che le riuscirebbe da Dio. Quindi, nel dubbio, io inizio a farle pubblicitá. Anche se, qualunque party voi organizziate o le facciate organizzare, una cosa ve la devo premettere: il livello di emozione che ho raggiunto riabbracciando un'amica con cui sono cresciuta al suo ottavo mese di gravidanza, ecco, quello forse non lo eguaglierete mai. E, se sono melodrammatica, scusate: é per adeguarmi al clima di tutte quelle serie tv.  

domenica 24 novembre 2013

Ci volevano i Paesi Baschi! [Parte II]

[Continua da qui]

La pioggia cade senza sosta, fuori dal Bilbao Arena. Mi sto destreggiando (male!) tra le public relation del post-concerto quando il furgoncino grigio metallizzato fa la sua comparsa oltre la sbarra del parking. 

Mi sarei aspettata qualcosa di veloce. Un finestrino abbassato. Un “Hola Chicos”. Niente più. Invece, Dani scende dai sedili posteriori. Non ha l'ombrello. C'è solo una camicia leggera a separarlo dal gelo della notte. Dalle ossa che si impregnano, come le mie, di un'umidità pressapoco assassina. Mi guardo attorno: Céline, Blanca, Carmen... le mie compagne di avventura, adesso, sembrano in tutto e per tutto reduci da uno sbarco clandestino. I capelli fradici incollati alla faccia, le chiazze di bagnato sulle giacche, un tremore incontrollato a scuoterle da testa a piedi. Il lato peggiore dell'immagine è che so perfettamente di essere molto, molto peggio di loro. Me ne preoccupo, in un istante passeggero di inutile vanità. Poi, peró, lui mi sorride. 
“Come stai, Ilaria?!”. Ricambio il suo abbraccio con la foga dei momenti importanti. “Cuánto tiempo!”, mi sfugge con forse troppo trasporto.  E “Grazie di essere venuta”. La danza delle foto prende il via subito dopo, ché l'urgenza di documentazione, si sa, e piú forte anche delle intemperie. 

Vi assisto in disparte, imbarazzata come al solito dal rituale angosciante delle piccole folle. Come colonna sonora, la voce di Blanca. “Chiudi l'ombrello”, mi ripete come un mantra. “Chiudi l'ombrello”. Io sono troppo stordita per darle ascolto, o almeno capire il perché. 

“Altrimenti perdi l'occasione”
Quando mi rendo conto che sta parlando di un altro scatto vorrei dirle che non mi interessa. Che ci sono momenti e momenti. Vorrei raccontarle,  solidale alla sua gravidanza, di questo assurdo istinto pseudo-materno che ora mi divora dentro. Dani, entra in macchina. Copriti. Prenditi una sciarpa. Dai che domani hai un concerto, sú. Ecco, questo vorrei dire. 

Ma ormai è troppo tardi. Vedo Céline mettere una Reflex in mano al Road Manager. Blatera qualcosa, poi gesticola in direzione del cantante. Lui sta ormai rientrando in auto, il saluto da Papa ed il ringraziamento collettivo che mi aspettavo dall'inizio. 

"Scusa, Dani, possiamo chiederti una foto?"
"L'ultimissima, davvero!!", aggiungo. 

Ed è allora che, con mia incredibile sorpresa, lui si scusa. Si scusa, capite? Per essersi dimenticato di farla prima, per averci lasciate per ultime, perchè se ne stava per andare. Forse anche un po' per il diluvio e la fame nel mondo, chissà. Qualunque sia la ragione, mi sembra tutto talmente paradossale che non farò che ripetere 'sta storia per il resto della nottata. "No, scusa tu". "Chiudi l'ombrello". Poi, il flash. 

Nella concitazione generale, l'immagine che immortala il momento ritrae: il mento di Dani Martin (si riconosce dalla barba), un braccio di Céline, e una ciocca dei miei capelli. Il tutto, su di uno sfondo di pozzanghere grigie. 

Aspettiamo il taxi assieme ad una folla sempre meno numerosa, che dopo circa sei vetture luci-verdi munite si riduce a noi e ai coniugi Martin. Suo padre, efficientissimo, gestisce i lavori di smistamento a seconda delle reciproche destinazioni. Sua madre, più defilata, fuma una sigaretta sotto alla tettoia. Quanto a noi, ci apprestiamo nei programmi a rendere fisica una barzelletta. 
"Ci sono un'italiana, una francese e una spagnola che vogliono cenare all'una e mezza di notte..."
Risate. Compassione. Espressione perplessa del taxista. 
Al grido di "scusate, siamo chiusi" veniamo cacciate in quest'ordine da: Burger King, Mc Donal'ds, TelePizza, ristorante, ristorante, caffetteria, baretto.. Alla fine riusciamo ad accaparrarci un paio di triangoli di toast ripieni di  uova fritte, salsine e bacon al bancone di un locale del centro. Sarà per l'ora tarda, la stanchezza, e l'indicibile gratitudine all'inventore del riscaldamento, ma mi sembra di non aver mai mangiato niente di più buono in vita mia. Ed evidentemente Carmen deve condividere la mia sensazione di euforia, visto che la sento profondersi in avance scherzose nei confronti del proprietario.

"Scusa se ti chiedevo di chiudere l'ombrello", mi riecheggia in testa una voce. 

Un paio d'ore e un sonno senza sogni dopo, stiamo socializzando con la donna delle pulizie, più semi-svenute che sedute sul divano di un hotel a quattro stelle. Strani scherzi del destino, è solo a pochi passi da quello in cui alloggiamo noi. 

"State aspettando...?", ci chiede la ragazza mentre passa il Mocio sui pavimenti già immacolati.
"Sì!"
"Chi?!", e ha già un'aria complice. 
"I cantanti!", dice Blanca. E il suo plurale mi dipinge nella testa un'immagine buffissima, in cui l'intero jet set della musica pop mondiale si raduna in questi pochi metri di atrio. Compresa Lady Gaga con lo stranissimo cappello stile anello di Saturno di quel video. Infatti scoppio a ridere, capirete. E tutt'intorno mi guardano male. 
"Aaaaaah!", esclama la donna delle pulizie, a sua volta piuttosto divertita (avrà immaginato Lady Gaga pure lei? ), "Stanno facendo colazione". 



Nel frattempo, è passata dai pavimenti al lustraggio del tavolino che abbiamo davanti. La specie di Vetril che utilizza ha un vago odore di bosco, e all'esserino di tre mesi che Blanca porta in pancia sembra piacere veramente un sacco. "Oddio, che buon profumo! Posso vedere che prodotto è? Lo devo comprare ASSOLUTAMENTE!". Sembra invasata. La tipa, dal canto suo, inizia a palesare un certo grado di terrore. 
"Ehm...vabbè, io vado...ciao ragazze, buona fortuna!"

L'ascensore si apre una mezz'oretta dopo. Tempo necessario perchè Stivi e Maitane si aggiungano alla comitiva, io metta in piedi storie complicatissime sulle basi dei numeri dei piani, e tutte assieme rivanghiamo il mio primo incontro in hotel con la persona che sta per raggiungerci. Ero più rincoglionita di adesso, ma decisamente anche molto più nervosa. Chissà perchè, di quel giorno è rimasta in mente a tutte la storia della banana. 
"Quando l'ho visto stava mangiando una banana"
"Quando l'ho visto stava gettando la buccia della banana"
"Quando l'ho visto ho pensato: ma chi cacchio è che ha lasciato lì la buccia di una banana?". 

Son bei momenti, non c'è che dire. 

Ma dicevo dell'ascensore. Cioè, di Dani. Abbandona la valigia in un angolo e si avvicina a noi. 
"Mi dovete scusare ma non posso parlare molto, oggi, ok?"
Dopo la perplessità causata dall'esordio imprevisto, scopriamo che si è svegliato con un mal di gola che lo preoccupa alquanto, visto che la sera stessa deve cantare a Salamanca. 
"E' che ieri, all'uscita del concerto, c'era un freddo terribile, e salutare la gente sotto tutta quella pioggia..."
Ok. Se già ho il senso di colpa facile, ora mi sento ufficialmente malissimo. 



"Dani, scusa se ti abbiamo 'assalito' ieri, con quel tempo...scusa davvero!"
"No, ma figurati! Non mi avete assalito per niente!"
"E' che io mi son sentita da schifo!"
"Non ti preoccupare, sul serio. E' stato più che altro lo sbalzo di temperatura, dal caldo del camerino al gelo..."
Quello e il fatto che sei uscito in camicia, vorrei aggiungere. Ma grazie a Dio mi mordo la lingua. 
Anche perchè, di fronte al mio centomillesimo "mi dispiace", lui mi abbraccia. Ma non è un abbraccio qualunque, questa volta. E' un abbraccio forte. Lungo. Un abbraccio di quelli in cui ti stringe gradatamente sempre un po' di più e a te viene un po' il dubbio che sia un gesto di affetto sincero o un modo come un altro per cercare di strozzarti. Comunque, un bel modo per morire. 
Nella tranquillità piena dei minuti a seguire parliamo di Giastin Biber (che scrivo cosi per evitare incursioni indesiderate sul blog), della - forse sfortunata, ma da noi condivisa - pubblica critica che gli ha mosso sul palco, di aneddoti dalla promozione americana. Poi, siccome sono un po' Babba Natale, estraggo dalla borsa l'ennesimo regalo che ho portato per lui. 

Non era previsto, questa volta, in realtà. Solo che alla Fnac c'era una guida dell'Italia in offerta. L'ho vista il giorno prima del concerto. Insomma, potevo forse lasciargliela lì? Certo, c'è da dire che avrebbero potuto farmi un pacchetto regalo un po' meno squallido. "Vuoi che ti metta l'adesivo con su scritto Zorionak?" - chiedeva il tipo alla cassa - "Vuol dire 'Tanti Auguri'". "No, guarda, lascia stare". 

Comunque. Lui, adesso, quel pacchetto squallido lo sta scartando. E mi guarda dritta negli occhi mentre io gli spiego, casomai non si capisse, che è un regalo ironico. Una cosa che DOVEVO comprargli. Un... - ecco, l'ha aperto - "Messaggio Subliminare!", diciamo in coro. E scoppiamo a ridere. Dani legge la dedica all'interno, una cosa raffazzonata in due minuti in cui gli dico che il "corto viaggio" di cui parla il titolo della guida io spero, in realtà, sia lungo; ma che da qualche parte si doveva pure cominciare. 

"Mil gracias, Ila", dice poi, serio. E' la prima volta che lo sento pronunciare il mio diminutivo. Lo scrive spesso, questo sì. Ma di persona m'ha sempre chiamata Ilaria. Insomma, lo so che è stupido, ma è quasi come un avvicinamento ulteriore. 

Col pretesto del libretto, mentre biascico un "de nada", Stivi mi anticipa chiedendo se, allora verrà in Italia. Lui risponde "Me encantaria", e l'assenza di certezze, col condizionale incluso, non mi piace per niente. M'inalbero. "No, no, no. Adesso DEVI venire! Che cavolo! C'hai pure la guida!"

Lui ride, poi mi racconta che è ormai tantissimi anni fa è stato a Roma. E' l'unica città del nostro Paese che ha visto, a quanto pare, ed è buffo che sia una di quelle in cui io non sia mai stata. Comunque: Blanca s'improvvisa agenzia turistica, e gli raccomanda caldamente le bellezze di Venezia. Io, intanto, cerco di spiegargli dov'è che vivo esattamente, visto che sarà la quattromillesima volta che me lo chiede. Dalla sua espressione vuota tra il "150 km da venezia" e il "confine con la Slovenia" capisco che me lo richiederà. Vabbé. 



A lui, ora, perdono tutto. Potrebbe anche chiedermi come mi chiamo mentre mi dedica il disco, e vi assicuro che m'importerebbe poco. Voglio dire: mentre gli parlo, d'improvviso, mi accarezza il volto. Io mi blocco a metà della frase, pausa lunga accompagnata dal mio miglior sguardo di "smettila subito o mi squaglio". Eppure lui non coglie, e lo rifà. Un'altra volta, e un'altra ancora. La conseguenza è che tra migliaia di chiacchiere inutili dimentico di chiedergli una delle pochissime cose che davvero volevo sapere: com'era andata a finire con Cremonini a Jerez
Avrò modo di pensarci solo svariate ore dopo, ripalleggiando in un bilancio mentale tutti i ricordi di queste giornate. Nel frattempo, la hall si è riempita anche degli altri musicisti della band. Inaki, soprattutto, si preoccupa delle mie opinioni sul concerto. 
"Era il primo di questo tour che vedevi, vero?"
Gli dico di quanto mi sia piaciuto, di quanto mi manchino Gretel ed El Puntito, di quanto mi sia stato impossibile organizzarmi anche per Salamanca. In realtà, 'sta cosa di Salamanca la devo aggiungere a causa della sua incredulità. Evidentemente sembra assurdo, visto da fuori, che io venga dall'Italia per un concerto e già che ci sono, non me ne faccia due. 

"E' che la data è uscita quando ormai avevo già prenotato i voli, e per cambiarli avrei dovuto spendere un sacco...", inizio a giustificarmi. Glisso mirabilmente sull'assenza di motivazione che m'aveva presa all'annuncio del tour, e ometto del tutto il pentimento che m'ha presa ora. In ogni caso, una cosa è certa: io, questi qui, li ho proprio abituati male. 

"Ciao Ilaria, fai buon viaggio!", mi distrae un ragazzo dagli occhi azzurri afferrandomi il braccio. 
"Anche tu, in bocca al lupo per stasera!"

O forse, con la loro estrema gentilezza, mi hanno - soprattutto- abituata male loro. 

mercoledì 20 novembre 2013

Ci volevano i Paesi Baschi! [Parte I]

In Spagna non si dorme. E' un dato di fatto. Anche se questa, in effetti, qualcuno direbbe che Spagna non è. Non ci somiglia neanche, parliamoci chiaro. Si capisce già a guardarla dal finestrino del boeing. La fila di asterischi delle pale eoliche solca questa volta ampie distese verdi. Niente più color ocra, niente linee picassiane. Soltanto alberi. E alture. E nubi. Atterraggio rapido, quasi impercettibile, in un mondo tutto nuovo. Nessuno applaude, c'erano pochi italiani sull'aereo. “Hasta luego” all'hostess d'origine russa; poi via, verso l'inizio di qualcosa.

Sto per  incontrare scritte fatte di X e K. Architetture d'angoli decisi. Climi schizofrenici d'ignoto. Eppure, chissà come, sono già certa che mi piacerà.



Ma il problema, quando non dormi, è che un weekend si trasforma in una macro-giornata. 72 ore, pochi stacchi, zero pubblicità. La vivi come dentro un sogno, con le date che sfuggono a una collocazione. I dettagli si mischiano dentro alla testa, sfocando un po' tutti i confini. E tu non sei certa di saperlo raccontare. Lo ammetto: forse è anche un po' per questo che ci ho messo tanto a produrre i resoconti.

Ancor oggi non so bene da cosa cominciare. Forse dal fatto che Bilbao, col senno di poi, è stata davvero la scelta migliore. Certo, magari assistere alla prima data del tour mi avrebbe garantito un maggior tasso di sorprese. Non avrei saputo quale canzone apre lo show, né quale la chiude. Tantomeno avrei scoperto inutile l'esercizio di evitare i video di youtube. “State zitti, cavolo, non volevo sapere!”. Però, se ti devi riconciliare con il tuo passato, evitarne i lati negativi è senza dubbio la scelta migliore. Per lo meno, è quella di cui avevo bisogno io. 
Non sarebbe potuto accadere da nessun'altra parte, lo so bene. Non a Cáceres, di certo non a Madrid. Soltanto sotto quelle nubi avrei potuto trovare il senso di casa che andavo cercando. Nella gentilezza della gente. Nell'organizzazione impeccabile della fila. Sotto il tetto rosso di quella tenda Quechua dove – sgravati dalla compresenza di capi di assurde fazioni opposte – tutto sembrava davvero come prima. 


Ho riscoperto il motivo di una passione, questo é. Ho capito perchè, malgrado tutto e tutti, non posso né voglio ancora rinunciare a seguire Dani Martín. Credo sia successo prima ancora che le luci si abbassassero. Le spalle appoggiate a una transenna, il volume della playlist che suona prima del concerto che d'improvviso si alza sul mio sorriso. “Dicono di me”, la riconosco subito. Mi tornano in mente Daniela e Stefania, l'autobus per Mijas, gli strani cocktail rossi della sera prima. E poi mi guardo intorno, un po' compiaciuta e un po' infastidita: al solito, la gente sembra indifferente a questo piccolo miracolo. Se ne stanno tutti lí, a chiacchierare tra loro, finalmente rilassati. Qualcuno mangia un panino, qualcun altro si scatta qualche foto. E non sanno niente del mio ruolo in quel legame. In quella scelta. Ignorano i cd che ho regalato, i messaggi che ho mandato, e Cremonini che mi chiede come si scriva “Al mio grande maestro” in spagnolo. Ho ancora una parte in tutto questo. Lui sa, io so. “A ver si lo consigues”. E tanto basta per rendermi conto che, comunque vadano le cose, di me si ricorderá ascoltando una canzone. Mi rendo conto che sembra assurdo, ma per me é una specie di messaggio criptato. Finché la voce di Cesare mi canterá dagli altoparlanti prima dei concerti di Dani, in qualche modo sapró di essere la benvenuta. Di essere – l'ho giá detto – a casa.




E alla fine non ho pianto, sulle note di Caminar. A dirla tutta sarebbe stato un po' difficile, vista la trasformazione in stile Jackill/Hide dell'amorevole ragazzina al mio fianco. Con l'apparizione dell'ormai ribattezzato Mr. Ciuffo raggiunge livelli di isterismo preoccupanti. Schivo per un pelo due gomitate, tre pugni in faccia e la sorditá-da-urletto. Ma non riesco ad evitare il sorriso dal palco quando lui, quasi subito, mi vede. 


Sará il primo di una lunga serie. Il colpo sul petto dopo aver indicato Céline e me in “qué caro es el tiempo”, la strizzata d'occhio sulla fine di Estrella del Rock; e ancora Eres Tonto, Cero,  il “perdón si no te supe amar” di Mi Lamento, che mi dá il colpo di grazia formato brividi. Ecco, lí si che ho rischiato di piangere davvero. E avrei voluto urlare che sono un'idiota. Che i social network e la distanza mi fanno dimenticare troppo spesso tutte queste attenzioni. Non dovrei permetterlo, accidenti! E' cosí difficile mandare in loop i ricordi, invece delle chiacchiere sterili? Tenersi le proprie certezze, anziché lasciarsi condizionare?




Potrei farne un proposito per l'anno nuovo, a conti fatti. Di quelli che poi mi impegno – foss'anche senza successo – a rispettare. Intanto, peró, il concerto é per nostalgici de El Canto del Loco. I brani della band superano in quantitá quelli dell'ultimo album, anche a discapito di qualche canzone che avrei davvero voluto ascoltare. Pazienza. E' la mia storia raccontata in poco piú di due ore, tra trovate sceniche come i maxi palloncini colorati lanciati tra la gente, e siparietti teatrali in piena regola ad anticipare “Por las Venas”.  E' una festa, soprattutto. Un party organizzato da 12 musicisti che sul palco trasudano in risate tutto il loro affiatamento. Buon umore, di quelli contagiosi. Di quelli che il ritmo sostenuto di buona parte della scaletta ti induce a improvvisare coreografie sceme. A ridere da sola, magari. Non che sia una novitá. Di quelli che avresti sete, ma le hit si susseguono con tanta rapiditá da non lasciarti fiato, tempo, voglia di distrarti facendo qualsiasi altra cosa. 

E poi finisce tutto, d'improvviso. Dani scende tra la gente. Stringe mani. Mi costringe all'asfissia sulla spinta della marea ormonale alle mie spalle. Vedo il terrore nel suo volto, quando Hide, al mio fianco, gli afferra la testa con due mani come fosse un giocattolo. Ché, a quanto pare, ci sono cose che non cambiano. Come la scia del suo profumo inconfondibile che, se ne evince, usa ancora a litri. 

C'é chi diceva, sotto al tetto di quella tenda rossa, che al termine di un concerto di questo tour ci si sente "come dopo tre orgasmi di fila". Non mi azzarderei a paragoni simili. Di sicuro, peró, adesso non mi pento di aver prenotato un volo per Barcellona.Sono tornata, come la depressione post-concerto e la gratitudine che m'illumina gli occhi. 
Sono tornata, al culmine di un anno strano. Oppure, forse, non sono mai davvero andata via.[To be continued]

martedì 19 novembre 2013

Tornata, son tornata...

In genere faccio il contrario, ma oggi - a mó di scusa - mi preme condividere sul blog quanto scritto su Facebook. E aggiungo che domani, su Total Free Magazine, troverete un'anticipazione in chiave piú turistica sul viaggio che tanto disperatamente vorrei avere il tempo di raccontare. 



mercoledì 13 novembre 2013

Bollettino Pre-partenza

Piovono messaggi da ogni dove. C'é una bora della Madonna. Ho appena visto un Pinguino. Per il giorno del concerto di Dani Martín sono previsti temporali e, al solito, devo incontrare troppa gente per troppi pochi giorni a disposizione.

Insomma, va tutto bene. E ora che anche il mio rituale scaramantico di scrivere un post prima di partire é compiuto, direi che posso partire davvero. 


Bilbao mi reclama, amici. 

Ci si rilegge la settimana prossima. 



lunedì 11 novembre 2013

Giusto quattro considerazioni sugli EMA


Ieri c'erano gli Ema, spettacolo che – come é noto – raggiunge posizioni altissime nella classifica delle umane manifestazioni di Kitsch. A caratterizzarlo ci sono, in genere: un presentatore urlante, un'accozzaglia di vestiti improponibili e una serie di battute che non fanno ridere. E non soltanto perché sono in inglese. Abbastanza inguardabile, ammettiamolo. Se non fosse che la curiositá pavloviana innescata dal “the winner is” e il monotema globale dei tweet finiscono comunque con l'avere la meglio su di me. Certo, non che sia riuscita a resistere a lungo. Le poche scene a cui ho assistito, tuttavia, sono bastate a farmi stilare le suddette conclusioni:

1. Io non ci vedo niente di trasgressivo nell'atto di fumare uno spinello ad Amsterdam. Neanche se lo fai in mondovisione. Piú che altro, direi che é un gesto da completa deficiente. E che nel prossimo futuro di Miley Cyrus ci sono abbastanza chiaramente una clinica di disintossicazione, un marito sbagliato e un episodio tragico a scelta tra overdose, tentato suicidio, e problema alimentare. Sempre che non si dia una regolata, é ovvio. Ad ogni modo, la ceretta all'inguine le é riuscita bene.

2. É ormai chiaro che i cinesi hanno messo in atto un piano per conquistare il mondo. Il fatto che un italiano sia stato scelto a rappresentare l'intero Sud Europa, peró, continua a sembrarmi qualcosa di cui andare fieri. Anche se si tratta di Mengoni, e non si puó dire che io sia una sua fervida ammiratrice.

3. Il palco, con il suo relativo sistema di luci, riproduceva abbastanza fedelmente lo scenario del tour Personas, de El Canto del Loco. Non potete capire la nostalgia.

4. Potrei diventare una fan degli Imagine Dragons. Dico sul serio. Sono ormai mesi che ascolto il loro ultimo album in loop su Spotify, ma dopo l'esibizione live che mi sono goduta ieri in diretta tv hanno guadagnato almeno un migliaio di punti. Ciliegina sulla torta, il cantante non é neanche male.



giovedì 7 novembre 2013

Meno sette [Pre-Concerto TO-DO List]

Una settimana. Mancano sette, miseri giorni al mio trionfale rientro in terra ispanica. Alla scoperta del Grande Nord Ignoto. Al re-incontro (foss'anche solo metaforico) con gli occhi azzurri di Dani Martín. Gli eventi sono cosí epocali che il Destino sembra fare di tutto per accelerarne l'arrivo. Dove per “di tutto” si intende, prevalentemente, anticiparmi l'orario del volo d'andata. Keep Calm and le maschere di ossigeno scenderanno automaticamente dall'apposito scomparto. Ché c'ho proprio bisogno di respirare un po'.




Voglio dire: io di Volotea amo tutto. Il logo che fa tanto tovaglietta da pic nic. La strategia imprenditoriale. La gentilezza e l'efficienza con cui ti trattano sui social. Adoro il loro essere, a conti fatti, itañoli. I prezzi bassi. Il fatto che ti attribuiscano un posto numerato nel momento stesso in cui fai il check in-online, rendendo ancor piú inutile la fastidiosa abitudine del viaggiatore medio a mettersi in coda per l'imbarco un'ora prima. In genere sbuffando perché la hostess non arriva, peraltro. Che ti verrebbe da dirgli: “ Ovvio che non arriva, testina! Ma tu le leggi le carte d'imbarco o le usi per farci gli origami?” (il tutto con la voce della Litizzetto, soprattutto al momento di pronunciare “testina”). Comunque. Mi piace, di Volotea, anche e soprattutto la facilitá con cui prenoti i voli da Internet, senza dover fare slalom tra infiniti pop-up che ti propongono servizi aggiuntivi.


Robe tipo: “Ok, vuoi comprare un biglietto aereo. Ma giá che ci sei, perché non approfitti dell'offerta e ti compri un orso bianco peluche formato naturale? Una macchina? Una bicicletta a motore? Un bazooka giocattolo? Un unicorno? Eh? Sei proprio sicuro di non volere l'unicorno? Perchéééé non vuoiiii il dannato unicornoooo? Daiii, per piacere. Piango. Sú. Comprati almeno un'aragosta viva da addentare in viaggio, no?”. 

Insomma, se ancora non si fosse capito, sono fan di Volotea.  Ribadiamo il concetto,  graffittiamolo sui muri, quel che volete. 'Sta cosa di spostarmi il volo ad ore antelucane, peró,  NON me la dovevano fare. Certo, mi fa piacere arrivare a Bilbao prima del tempo (Bilbao ricorda un po' Billboard, vero? E anche Bilboa. Cosí, per dire); Ma il fatto é che, tutto ad un tratto, mi son trovata ad affrontare un dilemma amletico: svegliarsi alle quattro del mattino per arrivare in aeroporto per tempo o svegliarsi alle 5 del mattino per arrivare in aeroporto in extremis? Ci ho pensato sú circa 10 secondi. Dopodichè ho aperto la pagina di Booking [nota soluzione ai Problemi del Mondo] e mi sono messa a cercare stanze singole in alberghi nelle prossimitá del terminal. Un'ora in piú di sonno val bene la spesa, capirete anche voi. 



Comunque. Mancano sette, miseri, giorni a qualcosa che aspetto da un bel po'. E il problema é che sono preda di una pericolosissima miscela di sensazioni contrastanti. Di quelle che potrebbero portarmi a scoppiare in lacrime come una bimbaminkia D.O.C. Ai primi accordi di Caminar. O, in alternativa, a picchiare qualcuno. Ad aggravare il tutto, pare che Mr.Ciuffo abbia radunato in un solo concerto tutte le canzoni che per me hanno un significato particolare. Dico “pare” perché di video sto cercando di guardarne il meno possibile. Si sa, Youtube prima di un live é come le medicine: fa bene, ma se appena esageri arrivano gli effetti collaterali. Peró so di Una Foto en Blanco y Negro. De La suerte de mi vida. Di Vuelve (e-e-e-) e di qué caro es el tiempo. E c'ho giá un brivido all'interno del cuore. 




So anche che buona parte dei musicisti della sua band é alquanto avvenente, ma quello é un altro discorso. Nonché un punto a favore della prima fila (vedere in seguito, alla voce “conflitti interiori”). 

Un attimo ci penso, e l'astinenza da concerto emerge con tanta forza che potrei vendermi l'anima pur di seguire tutto il tour. L'attimo dopo mi passa la voglia, ancora preda della strana lotta che ho ingaggiato con me stessa, dove crescere vorrebbe dire capire che é solo musica. E viverla meglio. Alla lontana. Senza stress. 

Un giorno sono talmente esaltata che mi organizzo -incoerente – per l'accampamento pro-prima fila. Perché un concerto lontana dalla transenna non é la stessa cosa. Perché ho bisogno di vicinanza e forse anche di occhiolini. Ma il giorno dopo ricordo e ribadisco il mantra assurdo dell'estate passata.  “Voglio diventare Indie!”, dicevo benedicendo la tranquillitá. Un bicchiere in mano, niente corse, niente tende, niente file: non é forse questo, il Paradiso? 

E poi ricordo i volti. Non vedo l'ora di rivederli. Di sentirmi parte del loro mondo, che é in parte quello in cui sono cresciuta. E poi ripenso alla nausea che mi danno quelle invidie. Le lotte tra i gruppetti. Il clima piú amaro, astioso e terribile che io abbia mai visto all'interno di un gruppo di fan. Non voglio trovarmici in mezzo, cazzo, non mi piace piú. E' troppo inevitabile il confronto con l'allegria del fanclub italiano (e non lo dico perché sono di parte!) o di un'altra community musicale che mi sono trovata a frequentare da un po' in qua. Lí c'é gioia, c'é unitá, c'é affetto. Ed é cosí che dovrebbe essere, tra chi condivide una passione. Non una sfida perenne per reclamare dediche piú fighe ed attenzioni. 

Morale: sono cosí presa dalle mie paturnie da aspirante bipolare che non ho ancora organizzato niente di utile o concreto (a parte progettare un provino per Homeland). Dico sul serio: non ero cosí impreparata a un viaggio da quando sono andata a Salonicco. E, considerando l'influenza intestinale epica che m'ero presa in quelle circostanze, direi che non é un buon segno. 

Peró, dai, forse sono troppo dura con me stessa. In fondo una lista delle cose da fare in quest'ultima settimana l'ho stilata. Dice piú o meno cosí: 

PRE-CONCERTO (<3 Billboard!! <3 <3)  TO DO LIST:

- Bandiera (é verde-grigio-rossa, forse é il caso di lavarla?) ---> naa, fa piú vissuto
- Custodia cd (senza cd, che magari lo perdi) 
- Cercare Guida/Mappa (Aeroporto?!?) 
- Comprare caramelle alla fragola (lunga storia)
- Decidere se provare i Pintxos subito o aspettare che arrivi Céline. 


Considerato che non so manco come raggiungere l'hotel o come contattare parte della gente che dovrei vedere, ho giusto il vaghissimo sospetto di avere un problema con le prioritá. 

domenica 3 novembre 2013

Lou Reed e la Sangria nel parco.

Di Lou Reed avrei probabilmente dovuto parlare quando l'hanno fatto tutti. Nel giorno della sua morte. Occasione perfetta per i ricordi, eppure sempre troppo ingombra di polemiche sterili. Sono state soprattutto quelle a frenarmi, vi diró la veritá. Ché, se stai ad ascoltare i commenti della gente, pare che non tutti abbiano il diritto di esprimere cordoglio. Di riascoltare una canzone. Di scriverci sopra qualche riga, magari.

E io decisamente non rientravo nella categoria di eletti a cui sembrava fosse concesso poter dire mi dispiace. Perché non sono un'intenditrice, e tantomeno un'ammiratrice. Io non sono niente. Sono poco preparata. Ascolto musica commerciale, non so nulla di note e di accordi, esprimo i miei giudizi solo in base all'emozione. Quindi no, non potevo menzionare Lou Reed. Non quel giorno. Forse, neanche adesso.

Peró c'é un suo brano che, nel mio piccolo, ho sempre associato alla Spagna. Non sono mai andata a cercare riscontri della mia teoria. Non conosco la storia che ci sta dietro e, francamente, non m'importa nemmeno. So che qualcuno ne ha interpretato alcune parti come riferimenti alla dipendenza da droga; Ma io preferisco continuare a leggerlo alla luce di ció che a me trasmette o ricorda. Filtrarlo con l'esperienza personale, come faccio poi con tutte le canzoni. Perché é soltanto quella la chiave e la condanna per cui riesco a farle mie.

Magari non ne saró all'altezza, ma da questo blog io Lou Reed lo voglio ricordare con quel pezzo. Senz'altre parole se non le sue. 




Perfect Day
Traduzione

Solo un giorno perfetto 


A bere sangría nel parco 

E poi, più tardi 
Quando fa buio, andiamo a casa 


Solo un giorno perfetto, 

dare da mangiare agli animali allo zoo 
E poi, più tardi 
un film, e poi casa 


Oh, è talmente un giorno perfetto 

Sono contento di averlo passato con te 
Oh, è talmente un giorno perfetto 
Tu mi fai resistere e andare avanti 
Tu mi fai resistere 


Solo un giorno perfetto 

I problemi sono lasciati soli 
Turisti per conto nostro 
E' così divertente 


Solo un giorno perfetto 

Mi hai fatto dimenticare me stesso 
Pensavo di essere qualcun altro, 
qualcuno valido 


Oh, è talmente un giorno perfetto 

Sono contento di averlo passato con te 
Oh, è talmente un giorno perfetto 
Tu mi fai resistere e andare avanti 
Tu mi fai resistere 


Raccoglierai ciò che hai seminato 

venerdì 1 novembre 2013

Un cupcake per...Halloween! (In ritardo)

La parola “Halloween” evoca in me due diversi scenari. Nel primo c'è Londra, fuori dal finestrino del mio taxi. Direzione Heathrow. Tramonto ormai prossimo. Una tosse catarrosa molto poco signorile ad annunciare al mondo i miei svariati gradi di febbre. Perchè debba sempre venirmi la febbre quando torno da un viaggio, poi, non è dato sapere. Comunque. É il 31 Ottobre, e i bimbi iniziano ad occupare i marciapiedi muniti di secchielli arancioni a forma di zucca. Io sono in piena fase Adolescente Ribelle. Ovvero, quel bizzarro momento della mia esistenza in cui me ne vado impunemente in giro coi capelli rosso mogano e tutta una gamma di pantaloni stretch in fantasie improponibili. Ne ricordo uno con un'enorme tigre disegnata sopra, un altro pitonato e un terzo tutto lucidino e sbrillucicante con intarsi di perline. Giuro. Il guaio é che ne andavo pure fiera. A pensarci adesso, essere adolescenti negli anni novanta, con l'aggravante delle Spice Girls come idoli, era veramente una gran sfiga.

Il secondo scenario mi rivede da piccola. Assieme alle amichette, prima ancora che l'usanza iniziasse a prendere piede da noi, avevamo deciso di opporci al detto “non accettare caramelle dagli sconosciuti”. Travestite – con originalitá inaudita, c'é da dirlo - tutte da streghe suoniamo ridanciane al primo portone. “Dolcetto o scherzetto?”, urliamo in coro, felici. “'Na pedada 'ntal cul” (traduzione Monfalconese- Italiano: "un calcio in culo") ci risponde prontamente una voce burbera dal citofono. 

Ci siamo guardate negli occhi. Ci siamo tolte i cappelli. E non abbiamo festeggiato Halloween mai piú. A dire il vero, io da quel giorno ho maturato nei confronti dell'usanza un vero e proprio astio che non mi ha mai del tutto abbandonata. 

Tra l'altro, i cornetti da diavolo lampeggianti che possiedo da tempi immemori fanno anche male alle orecchie . Per dire. 









Un Cupcake per...Halloween! (Cos'é 'sta storia dei cupcake l'ho giá spiegato qui) 


Ingredienti per la base: 

- Zucche intagliate a forma di faccini sdentati q.b. (Tra parentesi, intagliare una zucca é uno dei compiti piú ardui che si possano concepire. Secondo me piú di qualcuno s'é amputato qualche arto. Anzi, credo che la tradizione di andare in giro coperti di finto sangue nasca proprio da lí, altro che celti e morti e fantasmini con il languorino – Ambvogiooo!- a cui lasciare minestrine sull'uscio.) 

- Case

- Candele

- Bambini e adolescenti mascherati da zombie barra vampiri barra scheletri barra morte barra sono un rocker quindi faccio il figo e oggi mi trucco come i Kiss barra compro la maschera di plastica di Scream perché non mi sento per niente creativo. 

- Bambine e adolescenti mascherate da streghe barra Morticia perché cosí resto carina ed elegante barra fatina perché non ho capito in cosa consiste Halloween barra diavolette barra mi metto la minigonna e i cornetti cosí sono sexyssima e posso rimorchiare quello truccato come i kiss (che al primo kiss vero  ti ridurrá la faccia ad un ammasso indistinto di cera bianca, nera e rossa) o, se proprio va male, quello con la maschera di Scream (che quando se la toglierá risulterá essere un tizio brufolosissimo e alquanto bruttino). 

- Famiglie bastardissime 

- Scorte di dolciumi alternativamente: scaduti, disgustosi, avanzati. 

Ingredienti per il topping: 

- Ragazzi e ragazze sopra i vent'anni

- Alcol (tanto) per i ragazzi e le ragazze sopra i vent'anni

- Petardi come se piovesse (che poi: cacchio tiri i petardi? Mica é Capodanno! Boh)

- Tecnologici incazzati con Google perché non ha messo il doodle con la strega anche in Italia. 

- Michael Jackson che si rivolta nella tomba per l'abuso di Killer e relativo clip. 

Preparazione: 

Inserire le candele nelle zucche previamente intagliate a forma di faccino sdentato (una candela per zucca) e collocarle fuori dalle case. Disporre le famiglie bastardissime in placida attesa assieme ai dolcetti scaduti, disgustosi, avariati. Unire ghigni sadici a piacimento. Dlin Dlon. Aggiungere i bambini/e e adolescenti mascherati. Farli pronunciare il rinomato dilemma amletico. Mescolare. Infornate il composto per il tempo sufficiente a far venire a bambini/e e adolescenti un cagotto fulminante corredato da improperi. Lasciar raffreddare. 

Nel frattempo, a parte, unite litri e litri di alcol con i ragazzi e le ragazze sopra i vent'anni. Aggiungete i tecnologici (che nel frattempo stanno organizzando sommosse) e, con l'aiuto di una siringa da pasticciere, disponete armonicamente il composto sulla base. 

Decorate con Michael e i petardi. 
Bon appetit.