sabato 30 maggio 2015

Juan Solo in 4 canzoni

Ho conosciuto Juan Solo seduta su di un marciapiedi a pochi passi dal Manzanares. Era un pomeriggio di eccessivo excursus termico, nel confine tra ombre e luci di Madrid. Si è avvicinato subito dopo il soundcheck, un paio di occhiali da sole addosso. La prima cosa che ho pensato – valgami la superficialità - è che fosse carino un bel po'. 

“Non vedo l'ora di potervi far sentire le mie canzoni, questa sera”, ha detto all'ancora scarso gruppetto in fila davanti alla Sala Riviera. Suo, il compito sempre arduo di aprire un concerto altrui.

“Davvero, voi non potete capire quanto sia emozionato all'idea”. 
Se n'è andato così, pregando ci piacessero. E un paio di ore dopo, di fronte agli occhi attenti di una sala gremita, il suo microfono non funzionava. Insomma, dai, come avrebbe potuto non starmi simpatico? Tanto più che, a problema tecnico risolto, si è rivelato spiritoso e coinvolgente. Capace di intrattenere il pubblico tra un pezzo e l'altro. Di accaparrarsi la scena. Di convincerti con poche note ad andare ad ascoltarlo anche la sera dopo, in uno show intimo e stavolta personale nella centralissima Sala Buho Real.


Juan Solo sul palco della Sala Riviera di Madrid in apertura del concerto de El Pescao 


Perchè alla fine, sì, Juan Solo canta pure bene. Messicano D.O.C, è noto nella sua terra d'origine ma non ancora molto in terra iberica, dove è stato introdotto e fortemente pubblicizzato nientemeno che da David Otero. Con lui, del resto, ha composto addirittura una canzone via Skype, in un interessante esperimento trasmesso in live streaming grazie alla app upclose e interamente accessibile online. 

C'è tutta l'essenza latinoamericana, nella sua produzione. Il che comporta una facile collocazione da primo ascolto in un territorio neutro a metà tra i ritmi di Juanes e i pezzi lenti del primo Ricky Martin. A volte, per il mio gusto personale, è proprio questo a penalizzarlo un po', con testi e melodie un troppo disperatamente sdolcinate per un'italiana del Nord con troppi pezzi del Cile e degli Imagine Dragons sull'iPod. Nei pezzi più veloci, però, funziona eccome. E potrebbe funzionare anche da noi. 

Ve ne consiglio quattro, perchè possiate avvicinarvi anche voi alla proposta di un ragazzo umile, simpatico, e talentuoso che al di sopra di ogni dubbio si merita almeno un play. 

1. Contigo puedo ser quien soy - Un singolo é sempre il miglior biglietto da visita possibile. L'introduzione, perció, l'affido tutta a lui.



2. Terapia Intensiva – Durante il concerto alla Sala Buho Real l'ha descritta come l'unico retaggio dei suoi studi universitari (mai terminati) in medicina. “Assieme ad una valida scusa per 'curare' le ragazze carine”, ovvio.





3. Ámame – tra le piú latineggianti del suo album "Ni solo ni mal acompañado", è senz'altro una delle più orecchiabili. 






4. Tú lo que quieres – Brano dedicato (se non ricordo male) ad una donna che l'aveva tradito. Vi sfido ad ascoltarlo una volta e non canticchiare per l'eternità la rima baciata Paraíso/Piso. 



Poi fatemi avere il vostro parere!

martedì 26 maggio 2015

El Pescao. La Riviera. Madrid.

"Una lenta. Ti prego, fanne una lenta" 


Agonizzo la richiesta nella mente, la canotta a righe ormai impregnata di sudore. E penso che, in fondo, il concerto si riassuma anche così. 

Me lo ricordo, David Otero, nei suoi primi live come solista. Un po' intimidito, fermo in mezzo al palco, ancora alla ricerca - forse - di una più completa identità. Difficile crederlo, adesso, lo stesso showman che ha preso in pugno il pubblico della Sala Riviera. Palco mitico. Agognato. Emozionante. Scenario ora stracolmo di anime saltellanti con addosso facce di età e sesso variegati. Sono lontane anni luce dalle bimbeminkia dei guapoooo troppo striduli. Dai pennarelli squagliati sulla fronte. Dalle botte e dalle invidie nelle file eterne sedute sui marciapiedi. E' una folla bella, colorata, che mi rispecchia e rappresento nel sentirmi a mio agio. Una folla che, con El Canto del Loco, non pare avere più nulla a che vedere.



Ed è sua. Completamente sua. Di quel ragazzo con la chitarra colorata che ha saputo conquistarla sin dal primo accordo di Delay. E adesso salta da un angolo all'altro dal palco, ci interagisce, spazia senza paura da un genere musicale all'altro. Lui che fa gli onori di casa con gli ospiti e riesce a ballare senza portarsi addosso alcuna traccia di ridicolo, deciso e sicuro di sè come il più navigato dei frontman.



Mi rende orgogliosa, constatarlo. Io che ho sempre creduto nell'evoluzione costante come unica possibilità per un futuro vero e duraturo nelle professioni creative. David Otero, El Pescao, ha lottato, migliorato e scommesso giorno dopo giorno. Ha lasciato una casa discografica importante e tutte le certezze che ne derivavano. Ha preso lezioni di canto. Ha viaggiato. Si è confrontato con nuove realtà osando idee sempre nuove. E, poco a poco, è passato dalle poche anime dei paesini sperduti di provincia ai sold out della Joy e del Messico, per arrivare oggi in una delle sale più emblematiche della capitale spagnola, in una profusione di energia lunga due ore. Così tanta da farmi implorare una pausa. Da credere che forse non ce la posso fare. E invece sì. Certo che sì. Se ti diverti ce la puoi sempre fare.





Qui, alla Sala Riviera, David Otero aveva pianto sul palco in occasione di uno dei primi concerti veramente importanti del Canto del Loco. Ora ci torna da solista, dopo quella che a occhio e croce ipotizzo essere più di una decina di anni. E io lo vedo, dalla prima fila, lo vedo distintamente che succede di nuovo. Almeno due volte. Nei ringraziamenti. Nei ricordi. Nelle parti più emotive. 

In tanti gli hanno chiesto, sui social network, perchè dicesse che considera questo "il concerto più importante della sua vita". Lui che ha suonato davanti a un Calderón Sold Out, che ha fatto la storia riempiendo Las Ventas per tre giorni di fila. La veritá é che a me non sembra tanto difficile da capire. É un ritorno, epocale come tutti i ritorni sanno essere. Un ritorno da vincitore, oltretutto. La dimostrazione che ce la fa, e ce la fa eccome, anche senza il supporto di una band da classifica.


Per questo sono fiera di essere stata alla Riviera. Ed é questo che, soprattutto, ricorderó. Piú ancora dell'umiltà di un ragazzo con la chitarra che, appena sceso dal palco, è rimasto lo stesso di tanti anni fa. E si ferma a chiacchierare con tutti, fino che l'ultima persona non se n'è andata. Anche se gli amici lo aspettano altrove. Anche se l'una di notte è passata da un po'. E a Madrid fa freddo, tanto freddo, nelle sere ventose di maggio sulla riva di un fiume. 

David è la persona comune con cui, per qualche bizzarro motivo, non riesci a sentirti in imbarazzo neanche se lo vuoi. E ti chiede consigli sulla musica da ascoltare. Opinioni sul concerto. Parla di figli, di musica, di aneddoti di vita professionale e quotidiana in conversazioni che scorrono lisce come quelle con i conoscenti di una vita. Con la differenza che poi sale sul palco, e quando se ne va hai messo sù il più radioso dei sorrisi. 


Sono ancora più fan de El Pescao, al ritorno da una Madrid che dopo un anno mi ha ri-accolta come se non l'avessi mai lasciata. E quasi piangevo, quando la sua luce peculiare e indescrivibile mi ha avvolta oltre i finestrini dell'aereo. Possibile che l'avessi dimenticata? Possibile che fossi riuscita a vivere senza di lei?

Ché Madrid è una di quelle città in cui riesci a muoverti anche senza cartina, spinta soltanto dai ricordi e dall'amore. Una di quelle a cui hai legato così tanti ricordi che ti sembra che ogni strada racconti una storia. Una di quelle che - come ogni relazione seria - vorresti presentare ai tuoi. E quando te ne vai hai sempre qualcosa che non sei riuscito a fare. Un motivo per tornare. Un viaggio nuovo da pianificare al più presto. 

Ecco. Oggi in quella città c'è un capitolo in più. Uno in cui David Otero mi insegna che la depressione post concerto può curarsi solo con un altro concerto. Soprattutto se attorno ad esso ci muovi incontri e persone. Volti visti in foto che diventano 3D. Facce cambiate dal tempo trascorso dall'ultimo "ciao". E assieme ad essi una marea di progetti e di canzoni nuove.


Stravolta dai ricordi e dal troppo sonno arretrato, anche per questo sono grata alla Spagna che più amo. 



mercoledì 20 maggio 2015

Hoy.

La valigia pronta. La solita bandiera ingrigita. L'emozione del ritorno dopo prolungata assenza. C'è una canzone (come, poi, fosse strano!), ad animare questi miei giorni di sole e di viaggi. E, prima di prendere un aereo per la Spagna, volevo regalarla a tutti voi.
La cantano i Lagarto Amarillo, band di Madrid capace di autentiche infusioni di buon umore. 
Dice, il ritornello: 

"Lascia che ti porti il vento, oggi, a vedere il mondo intero;
Che tu possa arrivare ovunque tu voglia oggi, è tutto quello che voglio.
Dai il tempo al tempo, oggi 
Perchè nel mondo intero 
c'è sempre una nuova destinazione a cui guardare". 

Somiglia troppo alla mia filosofia di vita per non strapparmi almeno un sorriso.
Buon ascolto, quindi. E buon viaggio a me. 


martedì 19 maggio 2015

3 cose di Firenze che mi ricordano Madrid

Io, lo sapete, vedo la Spagna ovunque. Ci sono luoghi, tuttavia, in cui l'impresa mi risulta un po' più facile che altrove. Firenze, per esempio. Sarà che è una meta turistica. Sarà che la parlata iberica, in ogni sua declinazione e accento, anima il chiacchiericcio per le strade. Sarà, magari, anche perchè la raggiungevo col pretesto di un concerto. Ad ogni modo, ci sono almeno tre motivi per cui, socchiudendo un po' gli occhi, mi è venuto spontaneo associarla a Madrid. Da brava italo-spagnola, ho voluto condividerli con voi. 

1. Il Mercato Centrale

Luogo di perdizione enogastronomica per eccellenza, si sviluppa su due piani ambientando ristoranti, punti di ristoro ed assaggi di ogni genere e specie tra ambientazioni artistiche ed eterogeneità di stimoli. Proprio come al Mercado de San Miguel. 







2. Il Giardino di Boboli 


Alle spalle di Palazzo Pitti, è talmente vasto da rendere quasi impossibile l'impresa di percorrerlo intero. Ospita esposizioni d'arte, e sono in tanti a sceglierlo come cornice di pic nic domenicali. Mi ricorda il Parque del Retiro, con la differenza che il panorama è migliore (bene) ma l'ingresso si paga (malissimo). 





3. La Street Art 

Come, a onor del vero, nella maggior parte dei centri urbani di un certo spessore, l'arte si trova anche nei luoghi più inaspettati. Così, se a Madrid graffiti e murales di qualità abbelliscono gli angoli nascosti delle città, Firenze non fa differenza: dagli edifici in fase di restauro ricoperti da finte banconote agli interventi su muri e bottini dell'immondizia, la convivenza di vecchie e nuove forme creative ha un impatto vincente in entrambi i casi.














































(Che poi anche le vetrine di certi negozi si avvicinano molto all'arte, a dir la veritá....) 



E a voi é mai capitato di ritrovare qualcosa della Spagna in una città italiana? 

lunedì 18 maggio 2015

Io, "Lei", Firenze.

Il mio cervello ha questa strana proprietà di estrapolare pezzi di canzoni. Svicolarli dal contesto originario. E riapplicarli, random, a situazioni che non c’entrano alcunché. Immagino lo faccia per il solo gusto di aumentarne la drammaticità. Chè oltre i finestrini del rientro il mondo è sempre in movimento come un film. 
Per esempio adesso, sull’Intercity partito da Firenze, Brunori Sas mi canta in testa che “ti voglio bene, anche se ormai è finita”. Ed io ho una gran voglia di piangere senza motivo.



Si sono spenti i riflettori. E, di nuovo, è stato come se qualcuno mi avesse strappato il cuore dal petto. Per poi ridarmelo, nel tempo di un sospiro, davanti alla bellezza disarmante del Duomo. Io e la mia assurda paura di dimenticare le serate belle. Io che me ne sto in silenzio, a custodire i miei ricordi, persa in quell'equilibrio di pieni e di vuoti che non sarò mai in grado di descrivere davvero. 



E se adesso ci ripenso, a questi giorni, rivedo il tizio in bici con la musichetta da film dell'orrore. Sento Rebecca che dice, calma: “Ragà, ora ci ammazzano”. Ricordo Angela che “mi fa male la faccia dal troppo sorridere”. E ancora la coppia americana del treno, ritrovata per caso tra le strade del centro. Il gelato (e il gelataio, parliamone) del Mercato Centrale. I tizi della Deejay Ten che mi trasformano in impresa il semplice atto di attraversare la strada. La vetrina dell'Hard Rock Café dedicata agli Imagine Dragons (cuoricini). I brindisi col vino rosso. Il mio innato sentirmi fuori luogo, sempre e ovunque, che come per magia diventa invece un susseguirsi di risate. 

Il teatro è la dimensione giusta per la musica del Cile. Non c’è storia. Ché le canzoni, acustiche, si scarnificano per conficcartisi dentro come pugnali appuntiti. Ché quella voce un po' grattata arriva più forte e più netta fino in fondo alle viscere. E si alternano, le melodie, alle parole in prosa. Le abbracciano in una sola trama di dolore e malinconica empatia. Nella lettura che precede Cemento Armato quel peso sul petto si fa talmente pesante da costringermi a deglutire forte. Ed è assurdo, se ci penso, che tutto questo mi faccia stare bene. 



Catarsi, la definirei così. C’è anche lei, in quei silenzi. 
E c’è Firenze, con la sua storia, le sue terzine dantesche sui muri, l'Inferno di Dan Brown e di Tom Hanks, il suo eccesso di turisti per le strade. Firenze. Bella da non volertene andare, arricchita da un altro grappolo di attimi quotidiani protetti dagli ombrelli a pois. 

“Ma noi ce li faremmo, questi weekend, se non fosse per Lorenzo Cilembrini?”, chiedeva Angela sulle poltrone di quel teatro. 
E io avrei visto così tanti posti della Spagna, se non fosse stato per El Canto del Loco, per El Pescao, per Dani Martin? 
Avrei scoperto il fascino di Spilimbergo o di Cesena; avrei dormito su una spiaggia a Jesolo, se non fosse stato per Cremonini?

E’ tutto qui. E’ tutto negli orecchini a forma di chiave di violino che ho comprato questa mattina a Ponte Vecchio. 
Avevo quelle domande in testa, mentre li pagavo. Il cuore tronfio di una gratitudine suprema. 
Pieni. Vuoti. Pieni. Vuoti. Forse un po' più di pieni, adesso, dai. 



E' un tributo alla musica, mi sono detta. Lei che mi fa viaggiare. Crescere. Sentire viva nei modi più impensati. Lei che, in varietà di gusti e di scenari, rimane il motore dei momenti migliori. 

Prossima tappa: Madrid. 

Lo dico a Lei, la Lei con la maiuscola: Ti voglio bene. E non è mai finita. 



giovedì 14 maggio 2015

TicketOne aiutaci tu!

Avete presente quel concetto romantico per cui inizi a goderti un concerto nel momento stesso in cui compri il biglietto e bla bla? Ecco: tutte balle. Comprare il biglietto é una tortura, amici miei. Almeno se devi farlo in un punto vendita fisico. 



Tanto per cominciare ci sono le situazioni tipo. Quelle imbarazzanti. Tipo l'inevitabile dipendente impicciona che non ha mai sentito nominare l'artista. E allora vuole sapere chi è. Che genere fa. Quanti anni ha. Qual è la sua canzone più famosa. E, probabilmente, anche cosa ha mangiato la sera prima a cena. Se non ti chiede di metterti ad intonare a squarciagola, traccia per traccia, tutto il suo ultimo ellepi (sì, dice ellepi) puoi considerarti fortunato. Tutto sommato, però, è ancora il soggetto meno ostile con cui tu possa avere a che fare. 
Peggio sono quelli che ti fanno sentire nel migliore dei casi una pezzente e nel peggiore una sfigatella brufolosa. Entrano tutti giulivi e spavaldi a reclamare il loro biglietto per qualche data unica italiana di una qualche affermatissima band internazionale il cui nome tendono a pronunciare con ostentato accento anglofono. Un parterre per i plasibo (Placebo). Una gradinata per i mius (Muse). Due tribune per gli ertic manchis (arctic monkeys). E tu lì, dietro di loro, a bisbigliare con un filo di voce che vorresti, ecco, sì, andare a vedere Il Cile. Se non è troppo disturbo, eh. Si figuri. 

Oppure i marcantoni in tenuta da metallo pesante, con tanto di capelli lunghi, tatuaggi e piercing ovunque, che stanno in fila minacciosi dietro di te mentre tu domandi, cortesemente, un biglietto per Cremonini. E lo dici piano, Cremonini. Come fosse una roba losca. Ti distendi letteralmente sopra il bancone nella speranza che non ti sentano. Ma il commesso - bastardo per sua stessa predisposizione genetica - decide di urlare la conferma: "CESARE CREMONINI QUALE DATA, QUINDI?". Al che tu, che ormai vorresti sotterrarti, ti giri verso i marcantoni e con il tuo miglior sorriso innocente sfoderi il solito: "nooooo, ma è per un'amica". Sentendoti nella tua indole fan come dovette sentirsi Giuda dopo il bacio. 

"Cesare, stasera prometto che ti stellino un po' di tweet", ti ripeti mentalmente come sistema di espiazione 2.0.



Quindi no. Comprare il biglietto per un concerto, "divertente" non lo mai già di per sè. Figuriamoci con l'aggravante di vivere in un bizzarro paesello dell'estremo Nord Est che risponde al nome di Monfalcone.

Sì, perchè dovete sapere che in questo ameno loco ai confini del mondo conosciuto esiste un solo punto vendita TicketOne. Coincide con le Poste Italiane, universalmente note come La Fucina Di Tutti i Mali (da qui in poi: FDTM). Ci vai di buona lena, zompettando sotto i trenta gradi improvvisi di metà Maggio, alla ricerca del tuo biglietto per il solito Cile. Hai cercato di evitare l'inevitabile il più a lungo possibile, l'innata pigrizia incoraggiata dai "tanto puoi fare anche all'ultimo" delle amiche. Mentre ti avvii li senti già nelle orecchie: "scusa chiii?", "Ma Cile come il Paese?" (E dietro:"Vorrei i pirl scem"), ma dimentichi che alle Poste Italiane di Monfalcone le sorprese non mancano mai. 



C'erano solo due cose belle, alla FDTM. La prima era il negozietto all'interno, pieno di interessante materiale da consultazione con cui alleviare le attese. Roba tipo il libro di ricette dei cupcake vegani, la guida alla cucina con la Nutella - archiviabile nel genere "auto-aiuto" - e il monopoli del postino, limited edition (giuro che esiste davvero). La seconda, e nel caso specifico più interessante, consisteva nel baracchino Poste-Shop preposto alla vendita degli agognati biglietti: sempre meravigliosamente deserto, riduceva l'unica eventuale lungaggine nel processo d'acquisto al pessimo rapporto tra l'impiegata e il computer. 

Ebbene. Mi ci dirigo a passo svelto, senza neanche guardarmi attorno, per finire col trovarmi davanti un muro. Vagamente confusa, e con addosso innumerevoli occhi perplessi, mi rendo quindi conto che non solo il baracchino Poste-Shop è stato rimosso, ma non esiste più nemmeno il negozietto.
Superata la comprensibile fitta di nostalgia nei confronti del monopoli del postino, bracco una dipendente per scoprire che adesso i biglietti TicketOne si comprano allo sportello Poste Mobile. Che tra parentesi mi ha sempre ricordato la Bat Mobile. Ma vabbè. Con un sospiro rassegnato, mi accodo quindi alla marea di gente che A) non capisce come si compila un modulo, B) non riesce a ricaricare il cellulare, C) si lamenta perchè il cellulare non funziona, D) ha problemi con l'assistenza online, E) non sa perchè è lì. Il tutto mentre il microclima della FDTM - evidentemente coordinato con Trenitalia per questioni governative - ha ormai raggiunto i 110 gradi. E non Farenheit. 

Dopo circa mezz'ora e un elevato grado di disidratazione, l'impiegata mi accoglie con un gentile - bisogna dirlo - "Dimmi!"
"Volevo comprare un biglietto TicketOne", esordisco, mantenendomi sul vago (Rimandare l'inevitabile As A Way Of Life
"Eh, questo è un bel problema." , risponde lei, con tono grave. 
Al che vorrei dirle che sì, in effetti ha ragione, ma dubitando che fosse stata sintonizzata sul mio flusso di pensieri mi vedo costretta a replicare: "Cioè?".

Dal monologo che segue, scopro che l'unica persona in possesso dei codici necessari a vendere i biglietti TicketOne è una sua collega che prima era in malattia e adesso è in ferie. Però - pensa te che culo- torna dopodomani. Mi faccio dare gli orari esatti dei suoi turni onde evitare di ripetere l'esperienza a vuoto, quindi zompetto - molto meno di buona lena - verso casa. 

Due giorni dopo, forte del promemoria sul cellulare e del fatto che il concerto è ormai imminente, varco di nuovo la porta d'ingresso della FDTM. I segnali sono promettenti: temperatura tutto sommato accettabile. Nessuno in fila allo sportello. Un volto nuovo dietro il bancone. Daje, che è la volta buona! Raggiante, mi presento alla ragazza con la solita frase di rito: 

"Volevo comprare un biglietto TicketOne"
"No.", risponde lei. 
E devo guardarla un bel po' sconcertata, perchè si affretta ad aggiungere: 
"Nel senso che non posso farteli, perchè non ho i codici, l'unica persona che ha i codici è..."
"...Una sua collega, lo so. Sono venuta qui perchè Lunedì mi hanno detto che ci sarebbe stata oggi"
"Eh, lo so, ma c'è stato un cambio turno all'ultimo minuto. Però la trovi domani mattina".

Ora. Al di là del fatto che "domani mattina" avrei lavorato e che, viste le premesse, non sono per niente sicura che la collega Dea- Dei- Concerti ci sarebbe effettivamente stata, un paio di robette le vorrei anche dire. Del tipo: ma beata te, cara misteriosa collega, che puoi permetterti di infilare malattie, ferie e cambi turno ad libitum per evitare di andare a lavorare durante quello che a naso posso ipotizzare un mese intero. 

E soprattutto: vi pare il caso, carissime Poste Italiane, di affidare ad una sola persona i codici necessari a coprire un servizio che offrite SOLO ED ESCLUSIVAMENTE voi nel giro di kilometri? Cos'è, ci sono i protocolli di sicurezza tipo quelli della CIA ad impedirvi di consentire l'accesso ad altri di livello inferiore? Cacchio, sono dei codici! Ma scrivili su un post-it! Fatteli comunicare per telefono, non so, provvedi in qualche modo!

Chè TicketOne mica vende solo i biglietti per andare a vedere Il Cile o i Plasibo, eh? Vende teatro. Vende musica classica. Vende quella che universalmente si annovera alla voce "Cultura". E si fa presto a dire di valorizzarla, si fa presto a lamentarsi che è in crisi, se poi il sistema funziona male alle basi. Anche se magari ne usufruiamo soltanto i marcantoni del metallo pesante ed io.

'Somma: dalla FDTM ci sono tornata indignata e a mani vuote. Le prevendite online, anche volendo, oramai sono belle che chiuse. Non mi è rimasto che affidarmi alla clemenza di un'amica che vive altrove. 

Così domani parto per Firenze, senza biglietto, sperando a quel concerto di poterci entrare. 


TicketOne aiutaci tu.

















venerdì 8 maggio 2015

Le parole spagnole preferite dagli italiani, parte II.


Le nove di Venerdì sera. La mia vita sociale riassunta nel passarlo a casa con una gatta. A distrarmi, un bel po' di cose. I vicini, per esempio: party hard in giardino con musica a manetta. Che, dico io: invitatemi! Ogni tanto arriva l'eco di qualche risata, un frastuono di vetri rotti, qualche altro rumore non meglio definito. Trattasi di famigliola generalmente tranquilla. Dovreste vedere con quale sconcerto li osserva la mia coinquilina quadrupede. 

Oppure i whatsapp di mia madre, che mi invia foto dalla mia Málaga esasperando il desiderio di tornarci prima di impazzire. Ancora, gli effetti della prima oretta di sole tardivo preso questo pomeriggio dopo lavoro. La sensazione di avere un forno a microonde al posto della faccia. I brividi sulle braccia. La rassegnata consapevolezza di non averci il fisico, "poco da fa'". C'era ancora qualcosa, a distrarmi. Ma poi mi sono distratta e non me lo ricordo più. 

Comunque: tutto questo per dire che mi scuso, se questo post non sarà propriamente un capolavoro della letteratura (d'altronde, quale lo é?). Sentivo, tuttavia, di dovervelo. E i debiti, si sa, vanno saldati il prima possibile. 

Forse ricorderete di quando, ispirata dall'elenco illustrato di un sito iberico, vi avevo chiesto di segnalarmi le vostre parole spagnole preferite. Quelle che più vi piace masticare per concetto, suono o motivazioni affettive di sorta. Avevate partecipato in tanti, dando di fatto origine a questa cosa. Sono arrivati altri commenti, da allora. Altre "segnalazioni". Perciò, proprio come mi ero già a quel tempo ripromessa, mi sembrava giunto il momento di regalare una seconda parte al post. 

Ah! Ovviamente, se ci sono altri vocaboli castigliani che adorate e non avete visto in lista, i commenti sono tutti per voi. Chissà che dopo la seconda parte non arrivi la terza, e poi la quarta e poi... vabbè, magari mi ridimensiono, va. 

1. Bufanda. Un suono morbido, quasi buffo. Rassicurante e famigliare come l'oggetto che rappresenta quando ti ci avvolgi in inverno. Piace tantissimo a Kit. 



2. Ha ragione Alberto: è sempre difficile tradurre in italiano "disfrutar". Il verbo, usatissimo nel parlato comune, indica l'atto di divertirsi, di godersi cose e momenti. Secondo lui l'assenza di corrispettivo esatto nella nostra lingua madre dipende dal fatto che "in questo gli spagnoli sono unici". 


3. "Il modo veloce in cui si pronuncia tocadiscos - dice Luca - mi fa già pensare alla musica che si ascolta." 



4.  Altra parola per cui è difficilissimo trovare l'esatto corrispettivo italiano, Ilusión indica un concetto in bilico tra emozione, passione, entusiasmo ed illusione. Piú che il suono mi affascina il suo significato: tante volte l'ho sentito usare come complemento oggetto di me stessa, eppure risulta impalpabile anche a livello lessicale. 


5. Sorta di ennesimo "falso amico", las inquietudes non sono (solo) le nostre preoccupazioni, ma molto piú di frequente "la voglia di fare, il genio, la creatività e la ILUSIÓN messi insieme in un frullato di iniziativa." Un contrasto che ha conquistato Alberto. 



martedì 5 maggio 2015

Álvaro Soler vs. Natalia Lafourcade: i brani in spagnolo che stanno conquistando l'Italia

Ci risiamo: puntuali come i nuvoloni grigi con l'approssimarsi del weekend (davvero, anche basta!) in questo periodo dell'anno i brani in lingua spagnola iniziano ad affollare le radio nostrane. Ce ne sono due, in particolare, in cui vi sarà sicuramente capitato di imbattervi. Entrambi - etteppareva - già additati come "tormentoni estivi", sono in realtà espressione di sonorità, culture e storie molto diverse tra loro. Vi porto a conoscerli un po' più da vicino.











ÁLVARO SOLER - El Mismo Sol 

Trasmesso a frequenza imbarazzante dai network nazionali, il singolo di esordio di Álvaro Soler ha tutte le carte in regola per diventare la colonna sonora della bella stagione. Piace perché ha tutto ciò che l'italiano medio comunemente associa alla Spagna: ritmo incalzante perfetto per gli esercizi di acqua gym nei villaggi vacanze, riferimento al sole, allegria allo stato puro. In più lui è anche giovane e belloccio, il che - si sa- non guasta mai. 
Come spesso accade per chi viene prescelto a ricoprire il ruolo di "tormentone" da noi, in Spagna Álvaro non sembrano al momento filarselo granché. In effetti, si potrebbe dire che la Spagna (anzi, la Catalunya) sia poco piú che il luogo che gli ha dato le origini: figlio di genitori spagnoli e tedeschi, é nato a Barcellona ma é cresciuto in Giappone, per poi trasferirsi stabilmente a Berlino. Tedesca é anche la produzione dietro a "El Mismo Sol" che, distribuito dall'etichetta Universal, anticipa l'album in uscita il prossimo 16 Giugno. 
Il cantautore, di 24 anni, è stato scoperto sul web e deve il suo successo alla Francia, dove il suo primo singolo ha iniziato a girare prima di approdare da noi. Per questo e per le sue origini multietniche è stato paragonato nientemeno che a Manu Chao. 




>> VI PIACERANNO ANCHE: 

Se amate "El Mismo Sol", provate ad ascoltare anche gli Efecto Pasillo (originari delle Canarie, è appena uscito in Spagna il loro nuovissimo singolo Cuando Me Siento Bien. L'anno scorso hanno suonato per la prima volta in Italia al LatinoAmericando di Milano). Incontreranno il vostro gusto anche El Pescao, da me citatissimo ed amatissimo, attualmente in tour con l'ultimo album "Ultramar" (vi piaceranno soprattutto Azul Y Blanco e Pachanga), la Pegatina (il loro ultimissimo singolo, di recente uscita, è Heridas de Guerra ) ed El Tambor de La Tribu, gruppo guatemalteco di cui vi suggerisco Camino a Tu Corazón. 

NATALIA LAFOURCADE - HASTA LA RAIZ 

Cantautrice, produttrice, arrangiatrice, polistrumentista, stilista e filantropa messicana, Natalia Lafourcade è famosissima nella sua terra natia. Il suo estremo talento, unito alla semplicità e ad una vena un po' hippie, l'ha portata negli anni a suonare su palchi di tutto il mondo, dal Giappone all'Europa, passando per gli States. "Hasta la Raíz", anticipato dal singolo omonimo e giá ascoltabile integralmente su Spotify, é il suo sesto album di studio ma il primo che - finalmente! - la porta all'attenzione delle radio italiane. A distribuirlo é Sony, che riporta nella nota di presentazione una dichiarazione esaustiva della cantante in merito a quest'ultimo lavoro: "mi sono data per prima cosa l'opportunità di analizzare quello che provavo",  ha detto Lafourcade, "e lasciare che ciò che incontravo nei miei viaggi uscisse naturalmente. Ho viaggiato fino ad arrivare alle radici, entrando in contatto con ciò che sono e il luogo da cui vengo, con il Messico e la sua potente energia, con la mia anima e il mio cuore, connettendomi con la mia voce e lasciandola volare". Viaggi che l'hanno portata a trovare l'ispirazione tra Veracruz, Colombia, Cuba e Las Vegas per comporre quello che è stato definito il suo disco più viscerale. 

Natalia Lafourcade, che tra le altre cose è stata due volte nominata ai Grammy e ne ha vinto uno nella sottocategoria latina, presenta all'Italia una versione più intimista, profonda e raffinata dei brani che siamo abituati ad associare alla lingua spagnola. Un'operazione che mi ricorda quanto fatto anni fa con "Malo" di Bebe e, più di recente, con la cilena Ana Tijoux.


Lafourcade è molto conosciuta anche in Spagna, dove i più attenti l'avranno apprezzata in un meraviglioso duetto con El Canto del Loco in "Contigo", contenuto nel disco: "Radio La Colifata presenta El Canto del Loco".

(NB: Da noi tendono a passare il lyric video, ma il videoclip ufficiale di "Hasta la Raíz" é questo qui sotto) 




>> VI PIACERANNO ANCHE: 

Se amate "Hasta La Raíz" dovreste apprezzare l'argentina Julieta Venegas e, anche se non canta in spagnolo, il sound della brasiliana Ana Cañas: le tre artiste, peraltro, sono accomunate dalla partecipazione, in episodi distinti, al progetto "En Busca del Sonido del Viento": una serie di dvd che vedeva un gruppo di musicisti uniti in un viaggio anche musicale alla scoperta delle tradizioni e delle comunità autoctone meno conosciute dell'America Latina. 


venerdì 1 maggio 2015

Liebster, adesso sì.


Come premesso e promesso, ricevo il Liebster Award da Nancy rispondendo alle sue domande. Ne approfitto per ringraziare Dio, i miei genitori che hanno sempre creduto in me, il mio produttore che ha lavorato duro per questo - thank you man!- , il mio fidanzato immaginario che mi è stato accanto anche nei momenti più difficili, tutti alla Universal Music Katmandù e ovviamente i miei fan: ragazzi, questo premio è anche vostro!

*Ilaria alza il trofeo al cielo con gli occhi inumiditi dalle lacrime. Quindi, si allontana tra le ovazioni della folla nel suo splendido vestito lungo rosso con un filo di strascico e le pailettes, disegnato su misura da Jessica Rabbit *






1. Perchè hai aperto il blog? 

Tecnicamente, "Italo-spagnola" è figlio di un'esercitazione universitaria alla facoltà di Giornalismo a Parma. Facevamo robe fighe, noi, che vi credete. Quasi subito, però, ha assunto connotati propri che oscillavano tra notizie più o meno serie a soggetto iberico e il delirio pressochè totale. Oltretutto, si è dimostrato uno strumento in grado di consolidare notevolmente i rapporti con i miei compagni di corso (Love you guyz! *Si batte la mano sul petto con la faccia di chi ha appena succhiato un limone, mentre alza nuovamente il prestigioso trofeo al cielo*).

'Somma, ecco, è andata a finire che mi ci sono affezionata. É stato un po' per quello, e un po' per condividere il mio Erasmus con chi restava a casa, se ho chiuso il mio precedente blog per continuare a scrivere su questo. Tra l'altro il Precedente Blog era un posto tutto violetta in cui offrivo cioccolatini (?) e scrivevo robe personalissime in forma anonima, quindi direi che ci abbiamo guadagnato. 


2- Ti sei mai pentita di qualcosa che hai scritto sul tuo blog?

In realtà sono più rare le volte in cui non mi pento. Ogni volta che posto qualcosa di personale mi sembra di essermi aperta troppo e vado nel panico. Non ho mai cancellato nessun post, però. Almeno non qui. Quanto al Blog Precedente Tutto Violetta, beh ... diciamo che magari non è proprio solo perchè ne ho aperto un altro se l'ho chiuso per sempre. 

3- Come reagisci alle critiche? 

Sul momento malissimo. Mi incazzo e ci resto male. Poi, però, inizio a rimuginarci all'infinito e le utilizzo - tutte, anche le meno costruttive - per cercare di migliorare (o quanto meno cambiare) qualcosa.

4. Un blog "rivale" che ammiri sinceramente. 


Non mi piace la parola "rivale", sono per la pace e l'ammore nel mondo. O, per lo meno, nella blogosfera. Ad ogni modo, sono sempre stata una grande fan di "Rotta a Sud Ovest". Anzi, ne approfitto per lanciare un accorato appello alla sua autrice: perchè diavolo hai smesso di scrivere?! Cosa ti é venuto in mente? Mi manca davvero il mio sguardo in lingua italiana, sempre aggiornato, sulla Spagna e l'America Latina.

5. Un film, un libro e una canzone che ti rappresentano. 

Beh, il libro che più mi rappresenta è ovviamente il mio. Se devo sceglierne uno di altri autori, invece, andrei su "Il mio cuore messo a nudo" di Baudelaire: un'accozzaglia di pensieri, frasi e riflessioni disordinate che in più di un'occasione mi sono state d'ispirazione nella vita. 


Per quanto riguarda il film, a costo di sembrare scontata, punto su "L'appartamento Spagnolo". Anche perchè il sogno con le scritte nelle varie lingue io l'ho fatto DAVVERO.





Sulla canzone, invece, sono in crisi. Voglio dire: una sola? Ma davvero? E' come chiedere a un bambino se vuole più bene alla mamma e al papà! 


In questo momento mi verrebbe da dire "Gioia Infinita" dei Negrita, che descrive sempre a perfezione ogni mio ritorno dalla Spagna. Però mi sento ingiusta nei confronti di tutte le altre.






6. Hai la possibilità di intervistare in esclusiva per il tuo blog un attore o un regista a tua scelta; chi scegli? 


Ora come ora Antonio Banderas. Al di là delle facili battute sulla sua attitudine a chiacchierare con le galline nella pubblicità del Mulino Bianco, da quando ho iniziato a seguirlo sui social ho scoperto una persona veramente interessante, umile e legata alla sua terra d'origine, che poi è anche la mia Málaga. Probabilmente finiremmo a parlare del miglior posto in cui mangiare espetos sul lungomare de El Palo. 





7. Se potessi scrivere i tuoi articoli per un quotidiano o una rivista quale sarebbe? 

Mi piacerebbe scrivere di musica per uno di quei siti tipo OnStage Magazine o RockIt, che fanno tutti quegli articoli divertenti sulle tipologie di rompiballe ai concerti eccetera. Ma anche Rolling Stone non é che mi farebbe schifo, eh?

8. Scheletri nell'armadio, tiriamoli fuori: il film piú trash che hai visto? 


Probabilmente quello delle Spice Girls. Ma, a mia discolpa, ero giovane, erano gli anni novanta, e tendevo ad indossare dei pantaloni improponibili.

9. A caccia di bugie: un libro che hai finto di leggere, ma in realtà non hai neppure in libreria? 


Ve ne dico due. In realtà in libreria ce li ho, ma non sono mai riuscita ad andare oltre alla prima pagina, fingendo in più di un'occasione di averlo fatto per non sfigurare in qualche conversazione (sarebbero seguiti i soliti, insopportabili, "nooooo, non ci credo!",  "come é possibile che l'incipit non ti abbia fatto venir voglia di continuare?", eccetera). Trattasi di "Sulla Strada" di Kerouac e de "L'ombra del Vento" di Carlos Ruíz Zafón. Sì, non fate quella faccia. Prima o poi ci riproverò. 


10. A spasso nel tempo: se potessi fare un viaggio indietro nel tempo che epoca sceglieresti? 
Sono indecisa tra le solite tre che nomino sempre in questi casi: l'Antica Grecia, la Parigi dell'800 (per chiacchierare con Baudelaire) e gli anni '60 per vedere i Beatles in concerto. In effetti, credo che sceglierei i Beatles. 






I 10 blog a cui cedo il Liebster Award sono i seguenti: 


- Rotta a Sud Ovest (così ha un pretesto per riprendere a scrivere: sono furbissima. )
- Ziomuro
- Narrabondo 
- Desde Milán 
- Il Nuovo Mondo di Galatea 
- Il lato bello delle cose 
- Italians in Madrid 
- Bel País
- Poco da Dichiarare 
- La Vyrtuosa 


Queste, invece, le dieci domande a cui sono chiamati a rispondere nel caso in cui decidessero di accettare il premio. Nel formularle ho cercato di accontentare tutte le personalità degli autori, mischiando musica, letteratura, Spagna e viaggi.

1. Descrivi il tuo blog con una sola parola
2. Se il tuo blog avesse una colonna sonora, quale sarebbe?
3. Consiglia un solo post del tuo blog ad una persona che non l'ha mai letto
4. Il libro sul tuo comodino in questo momento.
5. Le tre cose imprescindibili per un viaggio perfetto.
6. Una cosa che ammiri e una cosa che non ti piace della Spagna e degli spagnoli
7. Se potessi partire in questo momento e andare ovunque tu voglia, quale meta sceglieresti?
8. Il disco più imbarazzante che possiedi.
9. Se potessi andare a cena con uno scrittore, di qualunque epoca e nazionalità, chi sceglieresti e dove lo porteresti?
10. Tra quelli che hai visitato, qual è il posto che ti è piaciuto meno e perchè? 


Fatemi sapere se rispondete sui vostri rispettivi blog, ché sono curiosa!