sabato 31 ottobre 2015

Canzoni spagnole per Halloween


Vi conosco, mascherine! E mai termine fu più adeguato.
Lo so, che state preparando le playlist per questa sera. Che vi lascerete ispirare da creatività finte - ma in realtà ritrite - inculcate sottilmente da radio e tv. Robe che "Bella idea passare Zombie dei Cranbberries ad Halloween". Riciclare il video di Tim Burton per Bones dei The Killers. Aumentare ulteriormente la frequenza di passaggio di Dead Inside dei Muse. Tutte belle canzoni, peraltro. Sta a vedere che le tematiche horror ispirano davvero. 

Comunque. Il punto è che quella di oggi è una festa divenuta tradizionale tra i popoli anglosassoni. Noi l'abbiamo adottata. Ce la siamo più o meno fatta piacere. Ma, per quanto io da un po' in qua stia seguendo una quantità imbarazzante di americani sui social, ammetterete che abbinarci anche la musica in inglese rischi di essere un pelino too much. Voglio dire, siamo filo-ispanici, no? (E qui mi immagino un coro di gente invasata che urla "siiiii" con la mano alzata mentre parlo su un palchetto in legno, quindi vedete di calarvi nella parte). E siamo originali, no? (Sapete cosa fare). Quindi innalziamolo, questo nostro segno identitario! Distinguiamoci dalla massa. Cospargiamo un po' di salsa brava su 'ste patate celtic-aglo-iuesei! (Applausi)



É per aiutarvi a portare avanti quest'ardua missione che ho voluto segnalarvi alcuni brani spagnoli per titolo o contenuti particolarmente adatti a questa notte di streghe e fantasmi. Se ve ne vengono in mente altri, vi invito ad indicarmeli in un commento. In fondo sarebbe bello se questa playlist Made In Spain la costruissimo insieme. 

1. El Pescao - Historia de Terror




Sono abbastanza sicura di avervela già segnalata in qualche altra occasione. Forse proprio in data 31 Ottobre. Si sa che, se si tratta di certi musicisti, tendo ad essere un filo ripetitiva. Ad ogni modo, questa canzone de El Pescao è diventata ormai il mio personale classico di Halloween, le cui atmosfere, declinate nel formato "festa casalinga" vengono ricreate nel video. 

2. Alejandro Sanz - Zombie a La Intemperie



Il brano che mi ha fatto rivalutare Sanz. Ve l'avevo già elogiato nella versione italo-spagnola con Zucchero ed ora ve lo ripropongo nell'originale di esclusivo idioma iberico. Perfette per le circostanze anche le atmosfere nebbiose del video.
3. Sidonie - La sombra





Per chi non parla lo spagnolo: il testo di questa canzone - contenuta nello splendido album "El Incendio" dei Sidonie - racconta la storia di un'ombra che segue le persone e invita a raggiungerla nel Paese Senza Luce, dove vivono le presenze oscure e tutto è notte e tenebra. Bellissimo e creativamente "dark" anche questo video fatto dai fan. 


4. Flacos - La hora de las brujas



"L'ora delle streghe" è il brano più azzeccato in assoluto da passare allo scoccare della mezzanotte. Lo cantano i fratelli Galván, che avete visto anche con El Pescao nel sopra-riportato video di "Historia de Terror" e che da un po' in qua si sono ribattezzati Flacos. 


5. Melendi - En ocasiones veo muertos






Atmosfere allegre e sonorità rumbere per un brano che - però-  parla di gente che vede morti. Se andrete a qualche festa in maschera, facile che questa sera ne vediate anche voi. 

6. Estopa - Demonios



Ad Halloween non possono mancare i Demoni. E, siccome è dall'inizio del post che sto facendo uno sforzo sovraumano per non citarvi una certa canzone di certi americani che mi renderebbe (di nuovo!) troppo ripetitiva, ve li piazzo cantati dai fratelli Muñoz. 


7. El Canto Del Loco - Tu Diablo



I CantoLoco, come li chiamava un mio compagno di Università, sono come il nero se si parla di moda: vanno su tutto. E quindi ce li abbino anche a questa festa. Perchè, per quanto il brano sia smielatissimo e di spaventoso non abbia nulla, pur sempre di diavoli tratta. 


Quindi buon ascolto, amigos. E, soprattutto: Feliz Halloween! 






giovedì 29 ottobre 2015

La città di Twitter è in Andalusia (e io già la amo)

Macccccciaaaao sindaco di Jun! Senti 'n attimo: se ti traduco al volo #Odissea posso venire a presentarla lì? Anzi, mi faresti direttamente cittadina onoraria? Gracias, muy amable.
Categoria: le mille ragioni per amare l'Andalusia.
Sottocategoria: articoli che danno soddisfazione.

A proposito: per leggerlo intero, l'articolo, dovete cliccare qui; Ché Facebook mica è figo come Twitter, e per qualche ragione insondabile m'impedisce di incorporare il post (Mark tivibi, però ripigliati).



sabato 24 ottobre 2015

5 trucchi per imparare lo spagnolo

Babbel è sempre un'ottima fonte di articoli interessanti a tema linguistico. Questo, per esempio, raccoglie 5 consigli per imparare rapidamente lo spagnolo. A dispensarli sono due poliglotti, uno italiano (Luca) ed uno di madrelingua anglofona (Matthew). Ironia della sorte, le loro tattiche sono le stesse che, inconsapevolmente, ho adottato anch'io. Ecco perchè posso dirvi che funzionano. Ed ecco perchè mi sembra cosa buona e giusta condividerle con voi, accompagnandole ad un breve commento con la mia esperienza personale. Di seguito, la traduzione del post. Sperando in un mondo sempre più pieno di itagnoles. 

5 trucchi per imparare lo spagnolo



1. Legalo alla tua vita.
Non separare lo studio della lingua dal resto della tua vita. Non stai certo studiando spagnolo per parlare del fatto che stai studiando spagnolo. Questo tipo di loop autoreferenziale rischia di diventare noioso in fretta e può essere demotivante. Invece, pensa allo spagnolo come ad un nuovo modo di sperimentare la vita di ogni giorno: imposta la lingua del tuo computer sullo spagnolo; cerca film e programmi televisivi spagnoli da guardare (meglio ancora se con i sottotitoli in spagnolo); leggi le news o i gossip dai magazine, dai quotidiani e dai portali spagnoli; guarda video su youtube in spagnolo su temi che davvero ti interessano ed appassionano. Se usi lo spagnolo per fare cose che fai già comunque, studiarlo quotidianamente diventerà un riflesso automatico anzichè un lavoro temuto. Ricorda che le lingue sono un mezzo per raggiungere uno scopo, non obiettivi finali di per sè.





>> Una delle primissime cose che ho fatto, quando ho iniziato a studiare spagnolo, è stata proprio impostare sul castigliano la lingua del cellulare, cosa che mi ha permesso di imparare senza accorgermene tutta una serie di termini come "carpeta", "buzón de voz", "pantalla" o "tono del móvil". Più tardi ho fatto lo stesso con Facebook. Ed, ovviamente, i miei Trending Topic di Twitter sono impostati stabilmente sugli argomenti di conversazione più discussi in Spagna.

>> Quanto al resto, per me le passioni musicali sono sempre state una motivazione fortissima allo studio di una lingua. Leggere e partecipare attivamente al forum ufficiale de El Canto del Loco, guardare video di trasmissioni a cui la band aveva presenziato su Youtube, ascoltare radio come Los 40 Principales e Cadena 100 via internet, leggere - e tradurre in italiano - le interviste apparse sulla stampa spagnola mi è servito (e non mi vergogno di dirlo) più di qualsiasi lezione frontale all'università. Certo, la base di grammatica serve comunque, ma è vero che è solo quando ti interessa il contenuto che fai di tutto per capire il linguaggio in cui viene espresso.



2. Interagisci con i madrelingua 



Il miglior modo per legare lo spagnolo alla tua vita quotidiana è passare del tempo con persone madrelingua. Se hai qualche amico che parla spagnolo, convincilo a parlare con te ameno per metà del tempo in spagnolo quando vi vedete. Se vai a mangiare in un ristorante messicano, cerca di ordinare in spagnolo. Se viaggi in Spagna o in America Latina, non chiedere sempre "Habla Inglés?": ogni volta che ti si presenta un'opportunità di parlare in spagnolo, COGLILA! C'è sempre bisogno di fare pratica quando cerchi di imparare qualcosa, e parlare è il miglior modo di farla. Quando sei in grado di sostenere una conversazione basica, trova un qualsiasi gruppo o club formato da persone che parlano spagnolo, così da poter portare avanti qualche tuo hobby in quella lingua. Può essere qualsiasi cosa: da un corso di danza ad un club di astronomia.


Questo è anche il segreto per non dimenticare quello che hai imparato. Come dice Luca, "i miei genitori avevano alcuni buoni amici spagnoli che venivano a mangiare da noi una volta a settimana, così io potevo fare pratica con loro. Se hai l'opportunità di parlare più lingue su base giornaliera, non le dimenticherai!". Questo succede sia che tu maneggi più di dieci lingue sia che tu stia semplicemente cercando di tenere una seconda lingua ben stretta nella tua memoria. Più la usi e meno facilmente la dimenticherai!







>> Ancora una volta, frequentare i fan de El Canto del Loco prima, e de El Pescao e Dani Martín poi, mi ha permesso di conoscere un sacco di persone di madrelingua spagnola con cui esercitarmi quotidianamente. Ma non c'é stato solo questo. Ricordo che, quando studiavo spagnolo all'università, in vista degli esami cercavo di parlare in spagnolo con una mia amica altrettanto italianissima, in modo da fare pratica il più possibile. Frequentare corsi di flamenco, inoltre, mi ha messo in contatto con un sacco di persone innamorate della Spagna almeno quanto me... e chi ama la Spagna, almeno un pochino, lo spagnolo è sempre dispostissimo a parlarlo!


3. Tutte le strade portano a Roma

Spagnolo, francese, inglese, portoghese e romeno possono a malapena essere considerate "lingue straniere" perchè tutte derivano dal latino. Queste lingue "romanze" hanno vocabolario, sintassi e grammatica talmente simili da poter essere considerate sorelle. Questa vicinanza con la sua lingua madre (l'italiano) ha fatto sì che per Luca fosse facile iniziare ad imparare lo spagnolo, ma anche così ha dovuto concentrarsi e fare dello studio dello spagnolo una pratica quotidiana.

In comparazione, potrebbe sembrare più difficile per un inglese imparare spagnolo. Dopo tutto, l'inglese deriva dall'Anglo-sassone, una lingua germanica. Cos'hanno in comune l'inglese e lo spagnolo? In realtà, molto. L'inglese deve una buona metà del suo vocabolario a francese e latino, così - se proprio non fratelli - inglese e spagnolo sono almeno cugini. Basta pensare all'esempio di Matthew, "la proclamación de la democracia". Questa frase ha a malapena bisogno di essere tradotta in inglese! E, come dice Luca “democratisation, democratización, démocratisation, democratizzazione …puoi imparare quattro lingue in un colpo solo".


4. Il gioco dei mimi







Un accento autentico: la frontiera finale. Per riuscire ad avere un accento spagnolo devi ascoltare con attenzione i madrelingua ed imitare quello che senti. Pensa a te stesso come ad un attore: non stai soltanto leggendo un copione, stai cercando di calarti nella parte. Ogni volta che ti poni di fronte allo spagnolo (incontrando amici spagnoli, parlando con partner "tandem" su skype, guardando film o programmi tv in spagnolo) imita le voci nel modo più accurato che puoi. Con il tempo, questo ti permetterà di familiarizzare con suoni che non sei abituato a fare. All'inzio potrebbe farti sentire sciocco, come se stessi facendo una brutta impressione, ma non appena inizierai ad entrare nel personaggio, allora parlerai spagnolo.

Siccome in Spagna ci sono diversi accenti regionali, le persone che sceglierai di imitare potranno darti una particolare inflessione. Matthew, avendo studiato a Barcellona, parla spagnolo come un barcellonese, mentre Luca ha sviluppato un accento madrileño uscendo con una ragazza di Madrid.

>> Non l'ho mai rivelato perchè mi sentivo idiota, ma dopo aver letto questo punto mi sento in obbligo di confermare. Per tutto il primo periodo di "fanatismo" per El Canto del Loco  imitavo per scherzo l'accento e la gestualità di Dani Martín, con il risultato che, ad un viaggio nelle Canarie, mi é stato detto che avevo l'accento madrileño. L'imitazione, peró, puó anche venire spontanea. Vivendo in Andalusia durante il mio erasmus e stando a stretto contatto con i locali, mi sono trovata ad assumere la loro inflessione senza accorgermene, come ti si attaccano certi accenti italiani. Non serve sforzarsi: viene naturale. 


5. Salta a bordo!

I trucchi sopra elencati ti aiuteranno soltanto ad iniziare ad imparare. No, non domani: adesso! Cosa stai aspettando? Ti basterà cominciare con 10 minuti al giorno, abbinando brevi sessioni di studio teorico con i consigli qui riportati, e ti ritroverai a parlare spagnolo in  men che non si dica!

giovedì 22 ottobre 2015

La vita degli italo-spagnoli raccontata con le Gif di Friends



Ci ricasco sempre, come il peggiore dei tossici. “Ciao, sono Ilaria, e ho di nuovo guardato Friends”. Tutte e dieci le stagioni. Tracannate d'un sorso in pochi giorni appena. Sbornia. Overdose. Chiamatela come volete. Eppure, uscita dal tunnel, sono giunta a due importanti conclusioni: la prima – non che sia una novità – è che nessun'altra serie al mondo potrà mai competere. Neppure Lost. Neanche Twin Peaks o Dawson's Creek. Nessuna. La seconda è che qualsiasi sensazione o momento di vita vissuta può essere riassunto con un'espressione dei sei amici del Central Perk. Non ci credete? Ecco un esempio applicato a situazioni che vi risulteranno famigliari. Perchè anche la quotidianità di un italo-spagnolo, o forse soprattutto quella, può essere descritta con le Gif di Friends.  


- Quando ti dicono che "lo spagnolo è facile, basta aggiungere la S alla fine delle parole". 







- Quando ti sorprendi a mescolare italiano e spagnolo esprimendoti con un vocabolario incomprensibile ai più



   



- Quando il tuo capo ti concede le ferie per andare in Spagna (o, come nella scena originale da cui è tratta la gif, quando qualcuno "ti sta chiamando da Madriiiiiiiiidddd") 






- Il giorno prima di partire, appena finito di fare i bagagli.

  




- Quando ritorni da una serata in Spagna.





- La prima volta che entri in un supermercato in Andalusia e ti rendi conto di quanto costi poco il cibo.



- Ogni volta che, in Italia, qualcuno ti parla con accento spagnolo.
   

- "Ah, la Spagna! La conosco bene, sono stato a Barcellona!"



- "Vado in Spagna solo per un breve periodo, poi torno".

 



- I primi giorni in compagnia di amici spagnoli, quando non ti sei ancora abituato agli orari e finalmente, alle tre, si decidono a pranzare.

via GIPHY




- Quando te la stai spassando in Spagna e realizzi che il volo del ritorno è domani. 
  

- "In Spagna c'è la crisi, e prima di andare all'estero bisogna prima conoscere meglio l'italia e... "

lunedì 19 ottobre 2015

SOS: Aiutatemi a tornare in Spagna!


AGGIORNAMENTO: Siccome sono la persona più furba del mondo, ho pubblicato questo post il giorno dopo la scadenza per le votazioni. Applausoni, prego. Oh, io ve l'avevo detto che chiedere like non faceva per me. Ad ogni modo, ci tengo a ringraziarvi lo stesso per la fiducia e il pensiero. Anche (e soprattutto!) se mi avrete bestemmiato dietro quando, cliccando sul link, non avrete trovato nessun cuoricino cliccabile. Insomma, vi vi bi. Se dovessi vincere giuro che vi porterò con me nel cuore. 

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Detesto fare propaganda per i concorsi sui social. Mi sento sempre come i politici alla vigilia delle elezioni: tutt'un intessere relazioni, cercare alleanze, fare promesse. Tutto un urlare ai quattro venti - con indefessa e svergognata insistenza- che, davvero, giurin giurello, dovreste proprio "votare me".

La politica non è mai stata il mio forte. Ci sono le eccezioni, però. Le cause che, capirete, meritano davvero. Per questo, a uno di quei concorsi, ho deciso adesso di partecipare.

Ad indirlo è Vita da Turista, in collaborazione con l'ente del turismo spagnolo. Basta leggere le prime righe per capire che - andiamo! - stanno cercando me. "[Siamo] alla ricerca di un testimonial che racconti la Spagna in 8 giorni attraverso un viaggio emozionante", scrivono. "Il protagonista selezionato racconterà l'esperienza in diretta sui social di Vita da Turista e avrà diritto a una retribuzione netta di 500 euro, oltre alle spese di viaggio per lui e un accompagnatore". 

Ho creato il mio identikit, e sono qui per chiedervi aiuto. Per mendicare (come i politici alla vigilia delle elezioni) il vostro voto. Vi basterà andare a questo link e cliccare sul cuoricino sotto la foto, proprio come fate su Instagram. Cosa ne avrete in cambio? Oltre alla mia eterna riconoscenza, un'opportunità: chi di voi riuscirà a procurarmi più voti - e potrà dimostrarlo- in Spagna potrebbe venirci con me. 




Pronti, attenti e....click!


 

sabato 17 ottobre 2015

Cachitos de Italia: la musica italiana che ha trionfato in Spagna


Era fine Settembre. Le tendenze di Twitter, in Spagna, erano tutte un commento alle elezioni catalane. In mezzo a loro, però, un hashtag aveva catturato la mia attenzione. #CachitosItalia, declamava inaspettato. E, con la sua popolarità, sembrava già rivendicare una nomination ai prossimi (prestigiosissimi!) Italo Spagnola Awards. Cliccandoci sopra, ho scoperto che si riferiva ad un programma allora in onda su TVE. Uno speciale che, denso di metafore gastronomiche, ripercorreva la storia della musica italiana che negli anni ha trionfato nella Penisola Iberica.

Ebbene, di quel programma ho trovato adesso il video su Internet. Ve lo propongo, non soltanto perchè è l'ennesima ottima occasione per scoprire come ci vedono all'estero; Ma anche - anzi, soprattutto - perchè porta ad esplorare frontiere nascoste oppure ormai dimenticate dell'italo-spagnolismo musicale. Ah, siccome in Spagna sono avanti, sappiate che c'è anche la playlist del programma su Spotify. 



Per chi non avesse un'oretta a disposizione o volesse sapere a cosa va incontro prima di cliccare play, eccovi un resumen dei punti salienti.



- La strepitosa notizia per cui Torrebruno, italiano d.o.c, aprì nientemeno che il concerto dei Beatles a Las Ventas di Madrid. Mica cotica.

- Un videoclip itagnolissimo di Albano e Romina in abiti gitani che cantano "Prima Notte d'amore" nella cornice di un pueblo blanco che giurerei collocato in provincia di Cadiz. 



Renato Zero che canta in spagnolo con addosso una specie di maschera rossa con la Z di Zorro. La didascalia dice che "aveva ceduto al fascino del Glam Rock", ma dietro a quell'affare "somigliava più a Camilo Sesto che a David Bowie. "


- Modugno nelle vesti di intrattenitore bilingue, che sfoggia un "vogliamo cantare tutti assieme? Cantemos todos?" come se declamasse i miei stati italo-iberici su Facebook. 

- Il revival di grandi classici come Lucio Dalla ("responsabile - con Caruso - di aver dato vita a tutta una scuola di cantanti con la voce rotta"); Toto Cotugno ("riferimento di studio obbligato per capire meglio Sergio Dalma"); un'irriconoscibile Anna Oxa col caschetto bruno, la Sgianna Nannini, una scatenata Rita Pavone e la - sempre e ovunque lodatissima - "tigresa de Cremona" Mina. 




- Un giovanissimo Eros Ramazzotti con i jeans a vita spaventosamente alta ed un timbro quasi normale. "Non sappiamo perchè, ma da qui in poi la sua voce è diventata sempre più nasale", commenta la tv spagnola. 

- Lo spazio riservato a nomi più attuali come Marco Mengoni con la sua performance all'Eurofestival, un agitatissimo Jovanotti ai tempi di Gimme Five e Zucchero con Baila. 


- Milva con la r arrotatissima in una toccante interpretazione de "La cucaracha, la cucharacha, ya no puede caminar". 

- Le coreografie de Las hermanas Goggi. 



- ... E la migliore in assoluto: Sabrina con la giacca da torero (!!!).

- I duetti itagnoli. Tipo Gina Lollobrigida e Raphael in Besame Mucho; oppure Patty Pravo e Julio Iglesias in Bambola. VamVola, anzi, secondo lui. D'altronde lei gli dice "NON te acuerdas", non è che ci possiamo lamentare. 



- Morandi in una versione psichedelica di Bella Belinda che si dimena con un volante che galleggia in mezzo ad ingranaggi in cartongesso. Boh. 

- Le versioni spagnole di canzoni italiane, come Yo Canto a cura del cappellonissimo Riccardo (anzi, perdón, RICHARD) Cocciante; Yo Caminaré di Fausto Leali, Yo no te pido la Luna di Fiordaliso, Será Porqué te amo dei Ricchi e Poveri o (con l'accento) di Tozzi. C'é persino Gigliola Cinquetti che intona "La lluvia no moja nuestro amor cuando yo soy feliz" (e il cielo blu che fine ha fatto?) e di nuovo Patty Pravo - ormai é un'ossessione - che si rivolge a "tú que en Kengsinton Vives" nell'interpretazione iberica di Walk on The Wild Side. La menzione speciale va però al povero traduttore di Centro di Gravità Permanente di Battiato. Me lo immagino a piangere in un angolino maledicendo la sua intera discendenza mentre cerca di rendere in spagnolo "Gesuiti euclidei vestiti come dei bonzi per entrare a corte degli imperatori della dinastia dei Ming" 



- Gli spagnoli che hanno cantato in italiano, per lo più cimentandosi con le cover. Ana Belén, per esempio, con Agapi Mou e un album intitolato addirittura Made in Italy. O Victoria Abril con un click d'ironia (e il cuore che si EXALTA).


- La rivelazione per cui ti accorgi, dopo tanti anni, che la melodia alla base di Venezia degli Hombres G è esattamente LA STESSA di Centro di Gravità Permanente di Battiato.

Miguel Bosé e Sergio Dalma, i più italo-spagnoli di tutti. 

I Collage (ma voi ve li ricordate?) che, definiti la versione italiana de Los Pecos, pare siano stati uno dei gruppi nostrani di maggior successo in Spagna (nnamo bbene)









- Il montaggio con Se Fue di Laura Pausini, la didascalia che informa del fatto che "mancano venti secondi perchè Laura se ne vada", e subito dopo Nek che canta "Laura se fue". GLI SPAGNOLI SONO L'UNICO POPOLO CON IL MIO STESSO SENSE OF HUMOR.

- Il finale col botto a cura di Raffaellona Carrà, amatissima dagli iberici oltre che la più citata ed adulata nei tweet di commento alla trasmissione. 




A voler proprio fare un appunto, mancavano i LunaPop con Vespa Especial. Un programma così, però, io lo vorrei anche da noi. Ovviamente, con la musica spagnola. RAI, MI SENTI?! RAAAAAIIIIIII?!?!

lunedì 12 ottobre 2015

Riemergere da un weekend nel Día de la Hispanidad.


Da certi weekend capita anche che ci riemergi. A fatica, come se sgambettassi dai fondali più profondi, con migliaia di ricordi a zavorrarti i piedi. Non è piacevole. Ci stavi bene, sott'acqua. O, fuor di metafora, nel caldo del tuo letto, la mattina di un Lunedì che arriva troppo in fretta. Ti piomba addosso, col ronzio del tosaerba a dividerti in due la fase Rem. Prima della sveglia. Prima della comprensione. 

L'aria, suppongo. Qualcosa di simile. In cucina un paio di biscotti al cocco, un messaggio vocale sul cellulare. E sei più stanca di quanto tu ricordi di essere mai stata. Dovrebbe essere previsto un weekend per riprendersi dai weekend. Dovrebbe essere almeno proibito che sfocino in un cielo grigio. Covi pensieri funesti. Tipo che il tuo ideale di vita dovrebbe essere sposare un milionario e farti mantenere. O collaudare materassi, che ne so. Ti viene in mente che oggi è il Día de La Hispanidad. Per qualche motivo, lo trovi di buon auspicio. Prima, però, fatemi dormire. 

E poi, sotto la doccia, é tutto un ritornare. Sono immagini sconnesse. Foto in auto-proiezione. Ci sono le pareti colorate del bar in cui hai presentato il libro. La foto di Hemingway sopra la tua testa. L'installazione con le meduse di quel nuovo negozietto di design che inauguravano a Trieste. 




Ci sono i nuovi jeans di Desigual, comprati sfidando la bora a 130, col sacchetto che ti fa da vela. "I hope you know how beautiful you are", c'è scritto all'interno. La cena per due persone vinta al Casinó - io che non vinco quasi mai niente. I budini della Cameo gratis davanti al tramonto più bello di sempre. Un pullman costato 2 euro. Enrique Iglesias sparato a manetta. Rebecca che ti dice "io quasi quasi mi trasferisco". Renzo e Lucia che, più che Twitter, userebbero Whatsapp. C'é una ragazza del Venezuela che ti dice di non aver mai visto tanto talento come in Italia. "Sí, peccato che non ci diano spazio per esprimerlo", ribattevi in modo quasi meccanico. E lei insisteva che no, che sono tutte balle. "Siete voi stessi a frenarvi, perchè siete troppo legati a quello che la gente potrebbe dire o pensare". Dio solo sa quanto avesse ragione. E poi un altro sorso. E poi vorresti visitare il Guatemala. 









É che certi weekend ti lasciano una traccia dentro. Lo capisci il giorno dopo, ripercorrendo quelle stesse strade. Un bicchiere ancora rotto sotto il tavolino di un bar assume di colpo lo sguardo schifato di una donna. "Ragazzi, state un po' attenti, eh!". "Ci scusi, glielo ripaghiamo". Qualcuno che strabuzza gli occhi. L'ennesimo selfie. Un sottofondo di tunz-tunz. L'angolo di un edificio un po' malandato echeggia le voci di tre ragazze che confabulano. Il palco, sconquassato dal vento forte, è tutto un clang clang di disperazione. Eppure ti sembra di vederlo ancora illuminato dai riflettori, nel momento in cui scrutavi l'orizzonte preoccupata, e tartassavi Rebecca di squilli perchè "ora inizia" e non la vedevi tornare. Poco più in là, pieni e vuoti di risate e birre, felicità e lievi tensioni, segni zodiacali e musica. Ascoltata, detta, e da ascoltare. La musica che crea e disfa i miei universi. E a cui - proprio per questo - non saprei rinunciare. 

Chè alla fine è andata come avrei voluto. E non importa se il concerto de Il Cile aveva scaletta ridotta. Se faceva troppo freddo. Se non è stato forse il mio preferito tra i suoi. Quello che importa è che ha concluso un tour sintetizzando tutto quello che per me ha significato: nuove conoscenze. Notti insonni. Dialoghi al buio e sorrisi appena sveglia. Umanità, nel bene e nel male. Amicizia. E in quella, un male, non c'è mai. 



martedì 6 ottobre 2015

5 ragioni per venire a sentire Il Cile a Trieste


É quasi certamente colpa mia. Sì, insomma, forse non ho messo abbastanza impegno nel coltivare i rapporti con persone geograficamente vicine. O forse è solo che non puoi aspettarti altro, quando vai ai concerti fuori. Con gente di fuori. E sei - ammettiamolo - un po' fuori anche tu. Resta il fatto che gli eventi in Regione, o almeno quelli interessanti, sono sempre per me fonte inesauribile di stress. Mi ritrovo a mendicare compagnia. A scorrere indefessa elenchi di contatti Facebook con annessi campionari di scuse. Inevitabilmente, finisco col sentire il peso di tutti i kilometri che mi separano dalle amicizie più importanti. Quelle di più vecchia data. Quelle che "vorrei, ma". Capita persino che finisca al confine estremo delle lacrime. Di notte. Negli apici di drammaticità per cui mi accuso nella testa di essere sfigata e sola e PerchèDioPerchèCosaHoFattoioDiMalePerMeritarmiCiò. Certo, poi mi passa, eh. Ma, nel frattempo, non si può certo dire che la viva bene. 






E' da quando seguo Il Cile (e cioè dal 2012) che sogno invano un suo live a pochi passi da casa. Noi concertiste abbiamo sempre avuto questa bizzarra tendenza a considerare due tipologie di date superiori alle altre per impatto emotivo: quelle dove vive l'artista, e quelle dove viviamo noi. Immaginavo che, quando fosse accaduto, mi sarei goduta lo spettacolo sotto palco, circondata da un sacco di persone. Credevo che, una volta finito, sarei rimasta a festeggiare con loro. Che sarebbe stato...non lo so, speciale. 

Ora, finalmente, le mie richieste sono state esaudite. Dopo averlo seguito in giro per l'Italia; dopo essere andata a sentirlo fino a Parigi e a Bruxelles, il Cile suonerà il prossimo Venerdì 9 Ottobre nella cornice della Barcolana. A Trieste. Che, per quanto non sia proprio la mia città, è la location ad essa più vicina che mi sarei potuta ragionevolmente aspettare. Ma, ancora una volta, trovare compagnia si sta rivelando un'impresa titanica. 



Così, a pochi giorni dall'evento, mi preparo ad affrontarlo con svariati kili in meno e capelli grigi in più. Eppure una cosa l'ho capita: se anche mi trovassi a viverlo da sola, in fondo alla Piazza, per andarmene dopo l'ultima nota, speciale lo sarà in ogni caso. 

Lo sarà tanto che ho deciso di elencarvi almeno 5 motivi per cui, secondo me, dovreste venire. Non importa se in mia compagnia o meno. 

1. Il Cile non è quello di Maria Salvador. E neanche (solo) quello di Cemento Armato. 

Se lo conoscete solo per le due hit radiofoniche più note, resterete piacevolmente sorpresi nello scoprire piccoli capolavori di malinconia struggente come Parlano di Te Ascoltando i tuoi passi, e lo stesso vi accadrà per i brani più ritmati - dai testi ugualmente magistrali - quali L'Amore è un SuicidioLa Ragazza dell'inferno AccantoBaron Samedi Tortura Medievale. 





2. Quello di Trieste non è un concerto qualunque. 

Se la memoria non mi inganna (o meglio: se non sono stata così cretina da perdermi altri appuntamenti per strada) quella del 9 sarà la prima data del Lorenzo Cilembrini solista in tutto il Friuli Venezia Giulia. Perchè non importa quel che dice Il Piccolosfocate manifestazioni Tim degli anni 2000 con band poi sciolte e miei improponibili cappellini a fiori hawaiani azzurri e bianchi (lo so, stendiamo un velo pietoso) non contano. Non solo, ma sembra anche che l'evento segni la degna conclusione del suo tour estivo. 

3. La cornice è unica. 




Non importa chi suona, in fondo. Anche se non vi piace il genere, un concerto durante la Barcolana va visto e vissuto. Pochi altri palchi, in Italia, sono così emozionanti come quello allestito in piazza Unità, con il mare sullo sfondo, gli stand illuminati, le barche ancorate in doppia o tripla fila sulle Rive e l'atmosfera gioiosa che si riflette nei volti di equipaggi, turisti, e locali.


4. É gratis! 

In tempi di crisi, non è un dato da poco. E - come disse una volta una delle mie compagne di avventure concertistiche - se è vero che andare ai concerti è cosa buona e giusta, andare a quelli gratis è quasi un obbligo morale. Insomma, dategliela una possibilità! Non vi costa niente, e se proprio rimarrete delusi potete sempre dirigervi verso gli stand per una birra in riva al mare. 

5. É uno di noi. 

Il Cile non è una di quelle popstar che se la filano in malo modo appena terminato lo spettacolo. Al contrario, è un ragazzo alla mano che - a quanto ho avuto modo di constatare in questi anni - è sempre disponibile per foto, strette di mano e chiacchiere con tutti. Un motivo in più per venire, se siete tra quelli che amano instaurare un seppur fugace contatto o scambio di opinione con gli artisti.

In più, se la vostra perplessità riguarda i mezzi di trasporto, sappiate che per una volta Trenitalia è dalla nostra. Perchè è sicuramente vero che raggiungere Trieste in auto e sperare di trovare un parcheggio, in piena Barcolana, è una missione persa in pazienza. I treni, però (almeno fino a Monfalcone) ci sono fino all'1.26 del mattino, il che vi consente di godervi il concerto e tornare a casa in tutta tranquillità. Se invece siete dei nottambuli e volete godere appieno dello spirito della manifestazione, potete far baldoria fino alle 5.15, quando il servizio ferroviario riprende a tutti gli effetti la sua regolare attività.

Io vi aspetto lì. 




domenica 4 ottobre 2015

Nuove uscite in Spagna: Cris Méndez e gli Estopa


Se nell'autunno c'è un lato positivo, è la quantità di nuove uscite musicali. E, parlando di Spagna, ce ne sono almeno due che proprio non posso non segnalare. 

La prima è Cris Méndez, omonimo esordio solista di quella che avevo conosciuto come corista di Dani Martín. Mi piace vantarmi di aver contribuito a finanziarlo io stessa, facendo riferimento al piccolo contributo dato all'apposita campagna di crowdfunding. Il lavoro ha visto la luce in ritardo, sotto etichetta Warner, trasformandosi da EP in vero e proprio album di otto tracce.



Non dovreste perdervelo perchè Cris ha una voce davvero molto bella, che sposa a melodie orecchiabili nel più classico stile pop. Oltre alla mia amata Vida - di cui credo di avervi già parlato - non posso non suggerirvi l'attuale singolo Sube: un omaggio della cantautrice ai fan che l'hanno sostenuta, disponibile online anche in una versione a duetto proprio con il suo "mentore" Martín.






Degna di nota anche Tatuado, la cui diffusione sul web è stata garantita grazie ad un video caricato su youtube; e, tra le meno conosciute, Salir a Ganar: perfetto mantra motivazionale per un'iniezione di coraggio ed autostima: "tornerò a ridere e ad ignorarti", recita il testo, "uscirò a cantare dappertutto, ne uscirò vincente ". 






E poi ci sono gli Estopa, che come ho più volte ricordato sono sempre stati in qualche strano modo legati alla genesi e allo sviluppo di questo blog. Dopo lunga assenza, i fratelli Muñoz sono tornati sulle scene con "Rumba A Lo Desconocido": album di inediti che comprende il classico gioco di parole nel titolo (quasi un marchio di fabbrica, per loro!), una copertina - parliamoci chiaro- veramente brutta, e qualche incursione su terreni musicali più rock. Ma sono sempre loro, e si fanno sempre amare. 



Tre, in particolare, sono i pezzi che consiglio. La malinconica Estatua de Sal, nelle più tipiche sonorità Estopa. Gafas de Rosa, scanzonata deriva ironico/satirica dei difetti della società spagnola, che invita a "rilassarsi e godersi il proprio Paese" in un'indovinata serie di amari sottintesi che spaziano senza dirlo tra corruzione politica, indifferenza e credo.

"Poi possiamo andare a festeggiare nella piazza del paese come facevamo anni fa; sappiamo tutti come organizzarci, sappiamo che ne siamo in grado. Possiamo sempre alienarci in qualche religione, con il passare degli anni, nonostante i danni, gli danno ragione. Possiamo anche affiliarci ad un partito im-popolare : ti proteggono dallo Stato, sono i migliori"






E, poi, soprattutto, Mundo Marrón, che mi sono giá spinta a definire la "Ya no me acuerdo" degli anni dieci. Trovo il testo di questa ballata romantica di una bellezza struggente. Oltretutto, la mia mente bacata vi ritrova un sorprendente agglomerato di rimandi non voluti ad immagini contenute nel titolo di alcune delle mie canzoni italiane e spagnole preferite. E' augurandovi un buon ascolto (ed invitandovi, se lo vorrete, a divertirvi a cercarli) che ve lo traduco a seguire.







Mondo marrone 

Estopa

Bruciano tutte le stelle, mi rigiro nel letto
Il fondo di una bottiglia non sa niente
di 
quello che mi succede, lo racconto al mio cuscino. 
Io seguo la tua comparsa, mangio la tua marmellata. 
Se le tue labbra sono stanche di parola, 
a forza di chiedermi se il cielo è vero, 
o è un'altra farsa... 

Sarà di cartone, sarà di ghiaccio, 
sarà il solletico quando mi sfiorano i tuoi capelli, 
Sarà di cemento, saranno i tuoi occhi neri,
Sarà il tempo passato senza infilarmi nel metro, 
Sarà che il mio cuore è un'auto senza freni, 
Sarà il mio mondo marrone
E la mia anima in bianco e nero. 

Io conosco solo il cielo della tua bocca e mi avveleno
Con i baci che ci diamo
con il desiderio che sentiamo, 
e con il poco che ci mettiamo a sentire la nostra mancanza... 

Si spengono tutti i lampioni, salgo in terrazza
la prima luce dell'aurora mi ha svegliato 
da questo dolce sogno
che anche se non ne ho il controllo 
perchè ultimamente sogno solo a colori, 
sogno solo con diversi sapori 
e dall'inferno io cerco di chiederti
di cos'è fatto il cielo dei nostri cuori 

Sarà di cartone, sarà di ghiaccio, 
sarà il solletico quando mi sfiorano i tuoi capelli, 
Sarà di cemento, saranno i tuoi occhi neri,
Sarà il tempo passato senza infilarmi nel metro, 
Sarà che il mio cuore è un'auto senza freni, 
Sarà il mio mondo marrone
E la mia anima in bianco e nero. 

Io conosco solo il cielo della tua bocca e mi avveleno
Con i baci che ci diamo
con il desiderio che sentiamo, 
e con il poco che ci mettiamo a sentire la nostra mancanza... 

e anche se cantano le sirene io resto qui al tuo fianco, 
con il cuore spettinato, 
che sogna di essere un vagabondo che vuole seguire i tuoi passi 
i tuoi passi, i tuoi passi, i tuoi passi. 










venerdì 2 ottobre 2015

Expo 2015: la mia classifica dei Padiglioni


Ragazzi, a me spiace dirlo, ma ci siamo sbagliati. Tutti. Ché non starei qui a parlarne se il pensiero fosse stato solo mio. Dicevamo che a Maggio era ancora tutto chiuso. Che in estate avrebbe fatto troppo caldo. Ed ora eccoci qui, a spintonarci sotto l'albero della vita, in una sera qualunque di fine Settembre. Le note di Renga accompagnano gli "oooh" pronunciati all'unisono mentre fontane e luci colorate si moltiplicano negli schermi dei nostri cellulari. Una signora, dietro di noi, si lamenta perchè non vede. Qualcuno parla di claustrofobia. Altri ipotizzano tragedie. Ma i fuochi d'artificio, alla sommità più estrema della struttura, riescono inspiegabilmente ancora a renderci felici.


L'Expo va visto, dicevamo. Va visto prima che chiuda. E su questo sì che avevamo ragione. Quello che non avevamo messo in conto erano le quattro/cinque ore di fila davanti ai Padiglioni più consigliati su Internet. L'umana incapacità di rinunciarvi nonostante le alternative siano molte, e il tempo - almeno da queste parti - venga sempre associato al denaro. Chissà come reagirebbero, tutte queste persone vogliose di Giappone ed Emirati Arabi, se raccontassi loro delle volte in cui mi sono accampata davanti ai palasport. Sono abbastanza certa che direbbero che è assurdo. Che figuriamoci se un concerto ne vale la pena. Chissà se, in altre circostanze, parleranno a qualche loro cliente del valore che ha una loro ora. Lo faranno, certo. Eppure adesso stanno qui, in attesa del loro turno davanti ad uno spazio architettonico che visiteranno, esausti, nel giro di pochi minuti. Perchè bisogna esserci. Come bisogna mangiare. E forse le due ore di fila sotto il sole per un misero panino del costo di otto euro rappresentano meglio di qualunque soluzione interattiva il tema su cui l'evento vuole sensibilizzare. Poche risorse. Risorse care. E tanta, troppa gente, che ha bisogno di loro. 



Sono stata in mezzo a quel delirio, lo scorso fine settimana. E, nonostante sia riuscita a visitare una quantità piuttosto esigua di padiglioni - otto; ma in fondo se lo giri può diventare infinito-  ho sentito lo stesso l'obbligo morale di ordinarli in una personale classifica. Prima di proporvela, però, un paio di consigli:

A) Se ne avete l'opportunità, andate all'Expo in una giornata infrasettimanale.

B) Andateci di sera. Non solo perchè il biglietto è molto più economico (5 euro contro i 35 dell'ingresso giornaliero, e scusate se è poco!) , ma anche perchè le architetture risultano valorizzate dall'illuminazione perfettamente studiata. L'Olanda e la Francia fanno a gara di deejay. I messicani servono ottimi margaritas. E quello che di giorno è ancora uno spazio fieristico diventa - come l'ha definito la mia amica Laura - la nostra personalissima Las Vegas.

Ma veniamo al dunque. 

EXPO 2015 - LA MIA CLASSIFICA DEI PADIGLIONI 


1. Kazakistan. 



Il migliore in assoluto. Interattivo, tecnologico e studiato nei minimi dettagli, ti accompagna in un viaggio plurisensoriale attraverso gli scenari e le risorse naturali di un Paese di cui poco o niente conosciamo. Una Nazione che ha utilizzato lo scenario milanese anche (ma grazie al cielo non solo) come biglietto da visita per il suo ruolo di anfitrione all'expo 2017.

Che ti aspetta una gran bella esperienza lo capisci sin dall'ingresso in una stanza buia. Qui un'artista di innegabile talento ti racconta la storia del suo popolo disegnandola sulla sabbia, in alternanze di scenari in costante mutazione. Poi, il percorso prosegue in uno spazio più ampio, dominato al centro da alberi e da un acquario con storioni del Caspio. Avvicinando il naso ad una fessura sentirai l'odore dei papaveri selvatici, mentre spingendo il bottone corrispondente farai uscire campioni di cereali dal muro. 





L'aspetto migliore, tuttavia, è senz'altro quello del cinema 3D. 4D, anzi. Chè, ai consueti occhialini, si abbina una pedana semovente, così che - quando la proiezione comincia- ti sembrerà DAVVERO di correre attraverso campi di girasole con i cavalli allo stato brado, di venire quasi falciata da una trebbiatrice mentre cerchi di afferrare una mela dall'albero, o di volare sopra la città passando per una piccola finestra da una torre. Ti spaventerai. Ti emozionerai. Ed uscirai da lì con la strana voglia di prenotare un volo per un posto di cui, fino a dieci minuti prima, conoscevi soltanto una vaghissima ubicazione ad est. 

L'unico lato negativo? Il kumis, latte di giumenta fermentato: bevanda tipica che ti viene gentilmente offerta ma che, almeno a me, al primo sorso ha provocato i conati. 

2. Uk



Geniale l'idea alla base del padiglione del Regno Unito, che ha ricreato architettonicamente un alveare. Di sera, illuminato com'è dalle luci al suo interno, ti sembra quasi un'astronave uscita dal film The Indipendence Day. 



Il bello, però, è che quelle luci sono attivate nientemeno che dalle api: ad illuminarle ci sono dei sensori che catturano le vibrazioni e i movimenti degli insetti realmente presenti in un alveare di Nottingham, per un impatto visivo veramente efficace. 



3. Spagna 



Vi avevo già raccontato il Padiglione della nostra amata Spagna attraverso le foto presenti su Instagram. Contrariamente a quanto mi era stato detto, visitarlo di persona non mi ha affatto delusa. Anzi, è sempre emozionante ritrovarsi in mezzo a immagini e parole della terra che più sento appartenermi; e la stanza con i piatti, devo dirlo, è veramente spettacolare. 





Unico neo, i commenti registrati o riferitimi mio malgrado all'uscita. Persone deluse perchè "dai, neanche un'accenno alla corrida e ai tori". Persone che si meritano tutti gli "Italia = pizza mandolino e Mafia" alla loro prima visita all'estero. Gente che mi fa vergognare non soltanto come filo-ispanica e nemmeno come italiana, ma proprio come appartenente alla razza umana in sè.


4. Cina 


Il fascino del Padiglione della Cina risiede soprattutto nel suo esterno. Le architetture tradizionali, sovrastate da un tetto di canne di bambù, sono state ricreate in fondo ad una spettacolare anticamera naturale di fiori arancioni. Anche l'interno, tuttavia, non è affatto male: vi aspettano, tra le altre cose, una profusione di ombrellini tradizionali, un'interessante catalogazione delle varietà di tea, e un gioco di luci e suggestioni proiettato su di un'installazione di coloratissimi led. 





5. Russia 



Le foto, al Padiglione della Russia, inizi a scattarle ancor prima di entrare, mentre ti guardi riflessa nella tettoia a specchio che sovrasta l'ingresso. L'interno, bisogna dirlo, non è di quelli memorabili: incentrato principalmente sulla scienza, fonde tecnologia e natura in un percorso tematico che mi è sembrato, valgami lo stereotipo, un po' ...freddino. Se può interessarvi, pare che di sera servano la vodka. 



6. Francia 



Della Francia restano soprattutto gli odori. Quelli delle croque baguette, delle crepe e dei croissant appena sfornati che ti fanno venire l'acquolina in bocca dai baracchini antistanti il Padiglione. Padiglione che, in sè, racconta la sua storia dal tetto di un edificio che si ispira ai mercati coperti: si colloca al termine di un giardino coltivato ed è un agglomerato architettonicamente ben riuscito di dettagli quali scritte al neon, padelle, reti da pesca ed ogni altro genere alimentare.

7. Colombia 



La Colombia si aggiudica senza ombra di dubbio il premio per il miglior merchandising. L'ho comprato lì, il mio unico souvenir della manifestazione: un bracciale coloratissimo e profumatissimo fatto con le bucce d'arancia essicate. Mi ricorda un po' le creazioni artigianali di Grace, colombiana anche lei e mia coinquilina a Málaga, facendomi pensare che forse lo stile creativo è emanazione dell'essenza nazionale. 

Quanto al Padiglione, invece, non mi ha convinta. L'idea era quella di ricreare i vari piani climatici colombiani in un percorso guidato in cui le spiegazioni fossero di volta in volta affidate ad una diversa guida. Il problema, però, è che le guide in questione mi sembravano talmente accelerate da ipotizzare un messaggio subliminale in merito ad un altro tipo di rinomatissimo prodotto colombiano. Non solo, ma l'intero percorso - che confluisce nella visione di una sorta di video musicale di promozione turistica - mi è sembrato un mero spot della Nazione, con scarse connessioni al tema principale di Expo 2015.

Peccato, perchè la Colombia è uno dei Paesi dell'America Latina a cui più mi sento legata e sicuramente quello che, al momento, più di tutti vorrei visitare. 

8. Argentina 



Il motivo della ressa al ristorante argentino lo cogli dalle portate di carne che ti sfilano davanti agli occhi mentre sei in fila per entrare. Un vegetariano potrebbe suicidarsi. Un onnivoro affamato rischia di morire comunque, ma di desiderio. Credo che quella gastronomica sia però l'unica vera attrazione del padiglione che (e, di nuovo, non potete capire quanto mi dispiaccia!) più di tutti mi ha delusa. Mentre lo percorri ti accompagnano le percussioni e i balli, in un sottofondo musicale talmente accattivante da riempirti tuo malgrado delle migliori aspettative. Quando il percorso finisce, però, ti accorgi che non c'è molto altro. E, inevitabilmente, ci rimani un po' male.