sabato 31 marzo 2018

IT/ES Interchange: un progetto artistico 100% Italo-spagnolo

Ricordo perfettamente la prima volta che sono entrata a La Casa Amarilla. Mi aveva attratta l'ambiente accogliente: mattoni, pallet e creatività. A metà tra un negozio e una sala espositiva, lì l'arte mi sembrava finalmente spogliata della sua consueta aura di sacralità. Avevo la sensazione che non ci si rivolgesse tanto ai collezionisti attempati, ma piuttosto alle persone come me: sulla trentina; con pochi soldi in tasca e tanto amore per la bellezza. Una bellezza che, in quel posto, ti dava del tu. 

Mancavano pochi giorni al Natale del 2016. Avevo passato in rassegna ogni singolo oggetto in cerca di un regalo un po' diverso. Serigrafie, stampe, originali su supporti insoliti. Alla fine mi ero decantata per un lavoro di piccole dimensioni sui toni del giallo che ancora oggi fa bella mostra su di una mensola a casa dei miei. Guardarlo, quando ci torno, mi fa stare bene. Proprio come mi fece stare bene, allora, entrare lì. 

Ricordo che David - un ragazzo con gli occhiali, simpatico - iniziò a chiacchierare con me dell'importanza di supportare i talenti locali. Per qualche motivo mi trovai ad accennargli qualcosa a proposito della Galleria d'arte che mio padre gestisce assieme ad altri quattro soci. In fondo avevano molto in comune: la volontà di mantenersi indipendenti, l'entusiasmo nello scoprire autori meritevoli, lo sforzo incessante per organizzare iniziative che coinvolgessero un'intera città. E, soprattutto, la finalità ultima di promuovere gli artisti in cui davvero credono. 

Allora non potevo saperlo, ma fu in quel preciso istante che la vita iniziò a srotolare uno dei suoi imprevedibili copioni a lunga gestazione. Un anno, tre mesi, molte conversazioni e vagonate di e-mail dopo, quell'incontro casuale si è trasformato in IT/ES Interchange: un progetto che oggi sono particolarmente fiera di potervi presentare. 

Si tratta, per farla breve, di uno scambio culturale: cinque artisti italiani esporranno a La Casa Amarilla (Málaga) e 5 artisti spagnoli esporranno a La Fortezza (Gradisca d'Isonzo, Italia). 




Ogni singolo dettaglio dell'evento - dalla selezione degli artisti fino al progetto espositivo, alla scelta del titolo e all'immagine coordinata, è stato curato dalle due associazioni, lavorando gomito a gomito nel corso di svariati mesi.

Ciascuna delle due gallerie ha proposto dieci artisti all'altra, in forma assolutamente anonima. Tra questi, la sala ospitante ha quindi individuato i cinque che, da questo mese d'Aprile, esporranno tra le sue mura. 

In entrambi i casi, il campionario è risultato alla fine piuttosto variegato: a La Casa Amarilla troveranno spazio le astrazioni di Giuseppe Latella, l'esperienza calcografica di Renzo Marzona, le suggestioni giocose di Myriam Cappelletti, la "passeggiata visiva attraverso il tempo" proposta da Maddalena Barletta tra stampe fotografiche, manoscritti e sovrapposizioni e, infine, il mondo di Luca "Skawalker" Pedrelli, perennemente in bilico tra fumetto e street art. 



A La Fortezza si potranno ammirare invece le ricerche fotografiche personalissime di Virginia Rota e David Villalba, le incisioni solo apparentemente Naif di Paula Gallardo Sánchez e i cromatismi accesi di Martín De Arriba, senza tralasciare la minuzia grafica di Pablo Caro Revidiego.



Tutte le opere sono state realizzate su carta in formato A3, con l’intento di fornire alla mostra un preciso filo conduttore anche a livello allestitivo.


Come collaboratrice dell'iniziativa, da questo blog cercherò d'ora in poi di fornirvi dettagli periodici sull'evento e sugli artisti che ne fanno parte. Di seguito trovate invece tutte le informazioni pratiche se mai voleste visitare (ed io vi invito a farlo!) la collettiva di persona. 

Naturalmente, se siete a Málaga, vi aspetto il 5 per il Vernissage!

IT/ES INTERCHANGE 

La Casa Amarilla
C/Santos 7, Málaga (Spagna)
5-16 Aprile 2018
Vernissage: 5 Aprile h.20.30
>> Espongono: Maddalena Barletta (Bologna), Myriam Cappelletti (Prato), Giuseppe Latella (Gradisca d'Isonzo, GO), Renzo Marzona (Tolmezzo, UD), Luca "Skawalker" Pedrelli (Parma). 

>> Orari: da Lunedì a Venerdì dalle 10.30 alle 14.00 e dalle 17.00 alle 20.30, Sabato dalle 10.30 alle 14.00 / INGRESSO LIBERO


La Fortezza
Via Ciotti 25, Gradisca d'Isonzo (Gorizia, Italia)
7-30 Aprile 2018
Vernissage: 7 Aprile h.18.30 - con intervento musicale a cura di Angelo Giordano

>> Espongono: Martín De Arriba (Algeciras), Pablo Caro Revidiego (Málaga), Paula Gallardo Sánchez (Granada), Virginia Rota (Málaga), David Villalba (Málaga)

>> Orari: da Mercoledì a Venerdì dalle 17,30 alle 19,30, Sabato dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 17,30 alle 19,30, Domenica dalle 10,30 alle 12,30. /Ingresso Libero







venerdì 30 marzo 2018

Tu chiamala, se vuoi, vocazione.

"Scusate, ragazze, sapete dirmi se il Paseo Marítimo Antonio Banderas è vicino?"

"Il Paseo...è tipo alla fine del muelle, no?"
"Sì, mi pare, non.."

Entro a gamba tesa nella conversazione, preda di un impulso superiore alle mie forze. 
Immagini di tramonti e capelli spettinati. E lune obese. E gelati. E case in costruzione. Richiamo salmastro della parola "casa". 


"No, guarda è dalle parti di Huelin, la zona Ovest della città."
Le ragazzine al mio fianco sbottano in un "ahhh, è vero". Io alzo gli occhi al cielo. Meno male che, dall'accento, quelle autoctone dovrebbero essere loro. Ay, Dios.
"Non proprio vicinissimo ma puoi arrivarci a piedi in mezz'ora, in auto saranno 15 minuti". 
"Grazie mille! Quindi forse ce la facciamo a fare delle riprese, no?"

La giornalista riccia, ormai, non parla più con me. Si è rivolta a guardare il cameraman, intento a riporre l'attrezzatura tra alzate di spalle e dialoghi veloci che non riesco a percepire. 

Qualcun altro, alle sue spalle, sta filmando per la settima volta l'introduzione di una perfezionista mora. Un telefono squilla. "Siamo davanti al Teatro Cervantes" - ormai la so a memoria - "Per la prima mondiale di Genius: Picasso, l'acclamata serie di Ron Howard..."

Potrei pure andarmene, in effetti. Ho visto Antonio Banderas, ancora inguardabilmente calvo per quelle che presumo esigenze di copione. Gli ero talmente vicina da sentire quello che diceva fuori dal microfono. Attorno pochissima gente, a parte i vip e gli addetti ai lavori. D'altra parte si erano guardati bene dal renderla pubblica, l'ora dell'evento. In pochi, oltre a me, sono stati abbastanza abili nell'arte dello stalking dal reperirla in una comunicazione interna sul sito del Comune. 



Giusto giusto le ragazzine sperdute. Qualche passante che non capisce bene che succede. "Is this a Premiere?" E una signora malagueña che urla a squarciagola "qué bien hablas, hijo, qué bien hablas!" 

Potrei andarmene, davvero. Dovrei. La brezza che inizia a spirare è ancora troppo fresca per i miei vestiti. Eppure c'è una forza invisibile che mi inchioda all'asfalto e mi fa brillare gli occhi nel sospiro della vita che vorrei.

Perchè io, al photocall, guardavo dall'altra parte. Chissenefrega dei vip, al diavolo l'abito lungo della protagonista, o quella giacca improponibile a foglio di giornale. A me interessavano i flash dei reporter. I "guarda di qua". I click di quando cambi obiettivo. Io ero affascinata dai pass attaccati alle camice. Dai registratori tra le mani. Da quel correre veloci a bordo del furgoncino - e dritti in redazione, presto, ché c'è un pezzo da far uscire entro domani. 



Málaga, per un giorno, é stata al centro degli sguardi di tutto il mondo. C'era glamour. Feste in hotel lussuosi. C'erano lingue diverse per lo stesso contenuto nei tweet. Ed é stato in mezzo a quel vortice che, una volta in più, mi sono ricordata di una vecchia passione.

Dicono che quello del giornalista sia uno dei cinque lavori più stressanti al mondo. Eppure, Dio, cosa darei per poterlo esercitare! Dico sul serio. Dico pagata. Dico per viverci.
Intendiamoci: mi piace gestire account social, ma poche cose mi fanno stare bene come l'adrenalina di dare una notizia prima degli altri. Lo scrupolo di verificare le fonti. La tecnica di eliminare il superfluo per far stare un pezzo nel giusto numero di battute. 

Ero seria, l'altro giorno, quando nel fuori onda di una trasmissione radiofonica dicevo che adoro le interviste. Perchè sono curiosa per natura. Perchè ti permettono di scoprire di più su altre persone ed altri mondi, magari lontani anni luce da te.

Entrare nelle redazioni di Málaga col curriculum in mano, sulla scia di quelle sensazioni, mi é sembrata come sempre una perdita di tempo. Ma respiravo nel va e vieni degli ascensori, nei computer accesi, nell'informalità cameratistica dei tizi con gli occhiali, l'odore di un mondo a cui sento di appartenere. É stato - non lo so - come tornare a casa. 

Allora è questa la vocazione? Non ne ho idea. E poi, che sostantivo estremo "vocazione"! Però Martedì sera sono stata ospite di Radio Stonata per commentare gli outfit dei videoclip dell'Eurofestival (Jo Squillo era impegnata). Mi sono presentata dicendo "sono giornalista" ed immediatamente mi sono sentita più sicura di me. Come se, nonostante tutti gli anni di esperienza, dire "faccio la social media manager" mi facesse ancora sentire un'imbrogliona.  Lo "faccio", appunto. Non lo "sono". Ho avvertito un leggerissimo, stupidissimo brivido: come se, finalmente, mi fossi ritrovata. 


A proposito: se volete farvi quattro risate, potete ascoltare il podcast qui. 






sabato 24 marzo 2018

Flash da un weekend con odore di incenso.

Se sei sulla trentina. Discuti dell'evoluzione dei rapporti con gli amici che hanno figli mentre tu, al momento, nemmeno ci pensi. Ad un certo punto, qualcuno afferma che "quando vivi da solo e lontano dalla famiglia la tua famiglia diventano gli amici". 
Se annuisci convinta. Se segue un istante di silenzio solenne. Poi "scusate, ma devo andare in bagno". E sei in un bar. E c'è un divano. 

Ecco, allora sei in un episodio di Friends. 

Se barcolli in centro come conseguenza di un Negroni, si potrebbe dire che tu sia finita in una canzone de Il Cile. 




Ma se tutto questo avviene con un sottofondo ritmico di tamburi, a due passi dalla Tribuna de Los Pobres; Se oltre la cornice della porta un manipolo di Nazarenos incappucciati ondeggia sulle spalle l'ennesima Madonna tra l'indifferenza di chi si sfonda di tapas e la devozione folkloristica di chi li attornia fuori; Se sulla statua hanno gettato una cerata trasparente per proteggerla dalla pioggia ("No, è che stanno pitturando"); Se la app del meteo si consulta con frenetica, ed insolita apprensione.... 

...Beh, allora sei sicuramente a Málaga. 
E' la vigilia della Semana Santa. 

E il delirio sta per cominciare. 





Per capire un po' meglio cosa mi aspetta  vi consiglio la visione di questo splendido cortometraggio che proprio stamattina è stato presentato ufficialmente al Teatro Cervantes di Málaga. 

Nonostante tutto, devo ammettere che un suo fascino ce l'ha. 



sabato 17 marzo 2018

Italo-Spagnolismi in musica: Negrita vs. Izal


Forse vi ricorderete di quando improvvisavo irregolarissime rubriche musicali affiancando artisti spagnoli e italiani. Non che abbia mai smesso, a guardar bene. Però magari dovrei riprendere le vecchie abitudini; Perchè lo scorso 9 Marzo, da quel punto di vista, è stato un grande giorno per l'umanità. 

Facebook, opportuno come quasi mai, mi riproponeva in selfie sorridenti le emozioni del duemiladiciassette. Un festival organizzato da San Miguel. Il riparo confortevole dalla pioggia battente. Birra gratis. Spintoni. Insegne al neon. Todos a la mierda... E allora grazie Laura, grazie infinite. Perchè è stato a causa sua se, in quell'occasione, avevo scoperto Izal. 

Un anno dopo li ritengo una delle migliori band iberiche in circolazione, a diversi gradini di distanza dal resto. Sono diventati una parte importante della colonna sonora degli ultimi mesi, dalla serate Indie alla Sala Spectra fino ai tributi nell'oscurità del centro, con la bigliettaia che ricorda la Bertè. Un anno dopo "Sueños lentos, aviones veloces" é uno dei ritratti più completi di me; E "Tercera Guerra Mundial", cantata con i Full, ricama eternamente dalle cuffie brividi in stereofonia. 

Il loro nuovo disco usciva proprio nel giorno di quel ricordo, confermando e superando ogni più rosea aspettativa. Era davvero l'Autoterapia di cui avevo bisogno, la copertina in pile che riscalda negli inverni freddi. 9 Marzo. Guarda un po' le coincidenze. Perchè nell'altro mio Paese, in quella stessa data, i Negrita sfornavano Desert Yacht Club.




Ruvido. Rock. Viaggio on the road tra le contaminazioni. Un disco con i testi fatti apposta per ergersi un po' a motto. Ché anch'io aspiro a "non vedere più finestre, ma rettangoli di cielo" . 

Tra tutti e due, quegli album incarnano la speranza della mia ambivalenza nazionale. Saranno, entrambi, parte della nuova playlist che da domani mi riaccompagnerà a Sud Ovest. Il che, detto con altre parole, significa elemento inscindibile da me. 

Ho selezionato i miei tre pezzi preferiti di ciascuno, sperando di invogliarvi a scoprirli meglio. Buon ascolto. Come sempre, Italo-Spagnolo. 


IZAL - AUTOTERAPIA 

1. Santa Paz



L'amarezza rabbiosa di questa canzone mi carica come pochissime altre.
Agua bendita, tierra maldita, zapatos de tacón. 

2. Canción Para Nadie 



Struggente nella sua tenerezza, il brano si rivolge all'amore che si sogna e non è ancora nato. E, per qualche ragione connessa ad un romanticismo che mi sforzo di rifuggere, mi fa piangere ad ogni dannato ascolto. 

"Me faltan detalles que he de concretar, el color de ojos por ejemplo me da igual". 

3. Autoterapia


Il pezzo che dà il titolo al disco. Che lo apre. Che lo descrive. Una dichiarazione di intenti che prima di salire su un aereo, con la consueta solennità che attribuisco alle partenze, si presta adesso a farsi anche mia. 

"Dejaré mi mitad oscura en duermevela, y a mi otra mitad la haré dueña y señora de mis fiestas. Amaneceré como una nueva versión de humano, para compensar a este cuerpo poco y mal usado". 

NEGRITA - DESERT YACHT CLUB 

1. La Rivoluzione é Avere Vent'Anni 


Uno spaccato di quelli che - ahinoi - siamo. L'espressione delle paure che tutti, più o meno inconsapevolmente, ci siamo trovati a provare. Le nuove generazioni saranno in grado di salvarci davvero?

"Guardiamo lo schermo e proviamo sfiducia, con l'animo freddo e il polpastrello che brucia".

2. Voglio Stare Bene


La volontà di stare bene è il desiderio semplice che ha mosso le mie scelte di vita, quello che giorno dopo giorno ancora inseguo. Per questo il titolo del brano mi aveva incuriosita ancora prima di premere play. E avevo ragione, perchè è veramente bello. Forse più strettamente legato all'amore che ad una pace generale, ma comunque espressione di quella stessa tensione. E poi, in fondo, le canzoni sono fatte anche per essere interpretate come meglio si crede.

"Mentre il meglio dei miei anni sta ballando dentro a un gin, in bianco e nero su Youtube mi ripasso 'I have a dream'. C'è tutto un mondo che si è perso per arrivare fino a qua. Oggi ho gli esami di coscienza, e di uscire non mi va". 


3. Non torneranno più


La nostalgia formato canzone. Niente più e niente meno. La rabbia per le persone che ci sono state sottratte, il ricordo di un'epoca che non tornerà. Anch'io "guardo sempre avanti". Anch'io "ho sogni più arroganti". Solo che a volte, quando il cielo è meno blu, quei sogni sembrano mettersi in pausa. Ed è allora che la comprensione la ritrovi in un cd. 

venerdì 9 marzo 2018

Moda Flamenca: la mia top 5 delle collezioni del FIMAF

Che il FIMAF sarebbe stato un successo lo si intuiva già dalla promozione. Da ormai tre anni l’evento malagueño chiude il trittico delle meraviglie della moda flamenca inaugurato tra Gennaio e Febbraio dalle passerelle sivigliane di We Love Flamenco e SIMOF. Superfluo dirvi che non sarei potuta mancare.



Ve ne parlo solo adesso perchè ho bisogno di distrarmi. Un cielo inaspettatamente azzurro mi parla di inopportuno fuori dalle finestre di una giornata triste. L’Andalusia, dal mio paesello, sembra come sempre lontana anni luce. Sono salita all’improvviso su un aereo, disegnando punti di sospensione dietro ai progetti di pranzi nel weekend. E sono giorni così. Di notifiche sul cellulare, di abbracci senza corpo e lacrime stordite.

Sono giorni che cerco di incanalare sensazioni attorno a persone che vanno e vengono. Con la stessa risposta per le stesse domande, il ritorno da organizzare ed un bisogno urgente di musica nuova.

Ma avevo lasciato un post a metà. Parlava del museo dell’Automobile. Delle sfilate sold out, delle file lunghe il doppio e dei biglietti più cari ad anticipare una svolta di cui poi avrebbero parlato i giornali. C’era un bar con le sedie colorate, davanti all’ingresso. E poche cose più di tinte forti e volant sono in grado di risollevarmi il morale.


FIMAF, quindi; Che come sempre si distingue dai saloni precedenti per l’impronta tendenzialmente più classica delle collezioni proposte. In soli due giorni sono stati in 5.000 a visitarlo.
Il rosso e il fucsia si sono confermati come i colori più in per le imminenti ferias, ma il minimalismo flamenco intravisto alle prime sfilate di stagione ha lasciato spazio ad ampi volumi. Trasparenze e spacchi generosi sulle gonne hanno conferito un plus di sensualità ai modelli, mentre bottoni, zip e giochi di sovrapposizioni hanno reso palese l’incursione della moda civile in un settore sempre più aperto alle contaminazioni esterne.


Queste sono le 5 sfilate che ho amato di più. Non posso garantirvi che siano le più significative, ma di certo sono quelle che vi consiglio di andare a rivedere sul web.






Vi sarebbe mai venuto in mente di associare il denim al flamenco? A Lourdes Paz sì. La stilista ha dedicato la sua prima collezione “Siénteme” ad uno dei tessuti più universali e versatili, utilizzandolo come base per abiti dal taglio semplice ma elegante, spesso impreziositi da pizzi e applicazioni decorative. Il denim è stato utilizzato anche per gli accessori, tra cui segnaliamo le borse di forma rotonda già viste a We Love Flamenco e consolidatesi come accessorio must-have per le ferias di quest’anno.

2. JOTE MARTÍNEZ 



Denominata “De Larios al Real”, quella di Jote Martínez è stata senza dubbio la collezione più “autoctona” che si sia vista al FIMAF. Ispirata direttamente alla città di Málaga, si caratterizza per l’enorme varietà di tagli e tessuti, con una scommessa chiara sull’asimmetria e sugli intramontabili pois.





Ispirata alle notti flamenche, la collezione “Anochecer” di Astrid Hohle è eleganza allo stato puro. Il nero è il colore protagonista delle sue creazioni, che tra trasparenze, tessuti metallizzati e bottoni si è auto-imposta di portare le principali tendenze del momento sulla passerella del Museo dell’Automobile di Málaga.




Con la sua “Hilo Calé”, Aurora Gaviño ha voluto omaggiare le personalità illustri di etnia gitana. Per farlo ha puntato su tagli classici e tonalità accese recuperando tra gli accessori il quasi dimenticato “mantoncillo”. Da sottolineare anche la presenza di modelli a vita alta e di gonne con volant variopinti a “effetto patchwork” (se vi piace lo stile vi consiglio di dare un’occhiata anche alle collezioni di Pol Nuñez, che ultimamente è la designer flamenca che preferisco). La sfilata é stata arricchita dall’esibizione live di Inma “La Carbonera”, Amparo Lagares, José Manuel Carraskilla, Sergio González, Pedro Espinosa, Paquito Macías Juanma Ruíz e Isidro Suarez, nell’ambito di una tendenza già vista al SIMOF per cui il cante e il baile flamenco entrano direttamente nei contesti più modaioli.





Data la mia ammirazione per Pilar Vera, ammetto che da questa collezione mi aspettavo molto di più. “A tu vera” va tuttavia menzionata in virtù dei microvolant, dei cromatismi accesi e degli abbinamenti tra fantasie diversissime, come fiori e pois. Il giallo e il verde sono tra i colori più ricorrenti nei suoi nuovi modelli.


E voi, quale  preferite?