sabato 23 giugno 2018

Prima di San Juan.

L'età degli italiani all'estero dovrebbe essere calcolata come quella dei cani. La mia di sicuro, per lo meno. Ilaria: 33. In anni malagueñi fanno 150. "Cavolo, se li porta bene, però!". Modestamente. 

Tra l'altro giustificherebbe le borse sotto gli occhi e il fatto che devo appendere un cartello al frigo per ricordarmi di fare la lavatrice.

Però, sul serio: ho talmente tante cose su cui vorrei aggiornarvi che non so nemmeno da dove cominciare. Che poi magari non è che voi stiate proprio morendo dalla voglia di saperlo, eh. Solo che stasera è San Juan. La notte più magica dell'anno. Il capodanno dell'estate. Il nuovo inizio che - dai, sù-  questo duemilaeschifotto mi deve.

Ma non é concesso a nessuno aprire un nuovo capitolo senza prima aver chiuso il precedente, quindi figuriamoci se posso farlo io con un post in sospeso! Ergo, che vi piaccia o no, vedrò di tirare le fila.

Tanto per cominciare, sono andata al Gastronauta. Trattasi di locale piccolissimo e relativamente nuovo la cui paella si è guadagnata in tempo record la fama di "migliore del centro di Málaga". Recensioni entusiaste su Tripadvisor. "Devi andarci!" entusiasti da parte delle amiche. Peccato che ogni volta che provavo a metterci piede succedeva qualcosa: chiusura per lavori in corso; chiusura per giorno di riposo; chiusura perché é Semana Santa; chiusura perché é caduto un meteorite sulla terra e nooo, non dirmi che non te ne sei accorta! Insomma, ordinaria routine. 



É dovuta venire a trovarmi Céline perché ci riuscissi. Sapete, no? L'amica francese che si palesa ogni tanto. Quella che conosce sempre più gruppi spagnoli di me. Ecco, lei. Non so se mi abbia portato fortuna o il karma abbia deciso che avevo sofferto abbastanza, ma in un'imprevedibile svolta del Destino s'é liberato un tavolo proprio al nostro arrivo (voi non rischiate, però: é quasi obbligatorio prenotare). 

La paella de marisco a El Gastronauta
E quindi niente, confermo tutto: paella buonissima fatta al momento, camerieri gentilissimi, prezzi ragionevoli e - per i food blogger tra voi - il posto è pure altamente instagrammabile. Fate conto che c'è una gabbia vuota sulla parete con sotto la scritta "questa non è una gabbia vuota, è un passerotto in libertà": e già solo con questo avete sbancato i social per un mese. L'unica pecca, a volergliela trovare, è che assieme al conto ti portano delle caramelle gommosissime che ti si attaccano istantaneamente al palato. E siccome i camerieri sono socievoli poi ti ritrovi a sostenere conversazioni del tipo: "graie ì bissimo pso are tacreio?"; Che, tradotto, significherebbe: "grazie, tutto buonissimo, posso pagare con la carta di credito?"

Sono esperienze che ti segnano. 


El Gastronauta


Se come evento epocale non vi sembra abbastanza, sappiate che poco dopo sono salita sulla ruota. Sì, quella del Porto. Il Málaga Eye, Málaga Ayyyy, Málaga Ahí. Era uno dei punti della mia lista aggiornata con le cento e passa cose da fare in città prima di morire (capirete che devo darmi una mossa, avendo 150 anni!). E devo dire che ne è valsa la pena. Certo è caro - 10 euro per tre giri -  quindi non quel che si dice un'escursione da ripetere a cadenza regolare. La fai una volta, e stop. Per questo vi consiglio di scegliere la giornata giusta (tersa, senza vento), l'ora giusta (verso le 20.45-21.00 c'è una luce stupenda) e, soprattutto, la compagnia giusta. Perchè il bello è che - salvo, immagino, circostanze di affluenza straordinaria - vi danno una cabina tutta per voi. Il che significa che, oltre a godervi il panorama, potete sclerare di brutto senza incorrere nello sguardo perplesso di estranei. Chessò, farvi i selfie con le facce buffe, mettere like alle cose usando un cuoricino di cartone (il mio nuovo hobby), cantare canzoni a tema tipo "siempre se repiteeee esta misma historia, estoy harto de rodaaar como una noriaaaa" o "obsesiones, paranoias, la sensación de estar en una noriaaaa". Robe così.



Vista dalla ruota del Porto di Málaga


Vista dalla ruota del Porto di Málaga




Ah, e poi c'è stato il concerto di Carmen Boza sulla terrazza del Room Mate Hotel Larios. In pieno sole. A mezzogiorno. Con 30 gradi e i divani in pelle: un modo economico per farsi la ceretta mentre ascolti della musica live. 

Al di là del fatto che quando è finito mi sarei bevuta tutte le riserve idriche della Costa del Sol, 'sta tizia è veramente brava. Voce stupenda, testi per nulla banali, concept artistico a trecentosessanta gradi che rende la tracklist dell'album inscindibile dal suo contenitore. Se siete curiosi, vi consiglio di conoscerla con "Vida Moderna", probabilmente uno dei brani migliori del suo ultimo lavoro.

Concerto di Carmen Boza ad Art&Breakfast



La Boza suonava nell'ambito di Art&Breakfast: una sorta di fiera d'arte contemporanea volta a dare visibilità agli artisti più giovani. Ma proprio TANTO giovani. Del tipo che una mi ha detto "beh, loro hanno 35 anni" come se parlasse di vecchi decrepiti. E giuro che per un attimo l'avrei voluta picchiare. La particolarità, tuttavia, sta nel fatto che le esposizioni vengono allestite nelle camere d'albergo, di cui si sfrutta ogni spazio disponibile. 



Art&Breakfast, fiera d'arte contemporanea in un hotel


Il risultato è decisamente d'impatto, anche se in alcuni casi ho avuto la sensazione che la ricerca della provocazione - o, di nuovo, dell'instagrammabilità - fosse superiore all'effettiva qualità artistica. E poi non me ne voglia nessuno, ma una vasca da bagno piena fino all'orlo di spaghetti al pomodoro (veri, cotti, commestibili) non la giustifico neppure in nome dell'arte. SOPRATTUTTO non in nome dell'arte. In primo luogo perchè dopo due giorni di fiera l'odore, in uno spazio piccolo e senza finestre, ti fa venire il voltastomaco. E poi perchè parliamo di kili e kili e kili di cibo sprecato. E lo so che suona retorico dire che "in giro c'é gente che muore di fame". Ma se c'è una cosa al mondo che mi fa incazzare quella è buttare via il cibo. Che bisogno c'era poi? Usavi degli spaghetti di plastica e il risultato estetico era esattamente identico. 

Comunque. 

Nonostante questo ho avuto modo di apprezzare anche dei lavori interessanti, specialmente nell'ambito della fotografia. Ad esempio, il progetto "miopia" di Victoria Adame, che guarda caso ha fatto l'Erasmus a Trieste ("Di dove sei?" "Vicino a Venezia" "Ah sí? Io sono a stata a Trieste!" sta diventando una delle conversazioni più assurdamente ricorrenti nella mia vita). I suoi scatti sfocati ambiscono a ricreare l'esatta visuale che abbiamo noi orbi quando ci togliamo gli occhiali, e riescono nel loro intento alla perfezione. Oppure l'idea vincente di un ragazzo di cui (ahimè!) non ricordo il nome, che consiste nel ritrarre varie tipologie di persone viste per strada e presentarle come carte dei tarocchi. 


Art & Breakfast 


Art & Breakfast
Art&Breakfast
Avevo ancora i loro volti nelle retine quando mi sono accomodata sulle gradinate in pietra dell'Auditorio Municipal. Sul palco, l'inconfondibile scheletro con il fiocchetto fucsia mi parlava di un passato che non credevo di aver voglia di affrontare. Ormai ero distante da Dani Martín. Distante dalle ragazzine ammassate in prima fila. Distante dai fuochi che mi avrebbero scaldata. Distante dalle corse, dal sudore, da quell'emozione che ti increspava la pelle prima che le luci si suicidassero nel buio di un countdown. Comoda, e distante. Fisicamente. Emozionalmente. Io che avevo detto di preferire un festival flamenco. Io che avevo detto che avrei voluto essere altrove. Io che ci casco sempre, e dopo 33 - o 150 anni - ancora nego di conoscermi davvero. 
Concerto di Dani Martín all'Auditorio Municipal di Málaga

Perché mi ci sono voluti due secondi a cambiare idea. Letteralmente. Due.
Alle prime note di Volver a Disfrutar mi stavo già dimenando come se dovessi per contratto lasciare nella musica il mio DNA. Come l'altra sera col concerto dei Killers in diretta radio. Come quella volta che ho rotto addirittura un piatto.

In quel concerto c'era tutta la mia vita. Due ore e mezza ininterrotte di vita. Besos. Zapatillas. Puede Ser. E il secchio d'acqua. E la panchina. E Ya Nada Volverá a Ser Como Antes. Un tributo al Canto del Loco che mi ha riconciliata - per l'ennesima volta - con la me ventenne che, in fondo, non ho mai perduto.



Distante, allora? O, forse, solo cresciuta?


Perché certe mattine ti condannano a un profumo, ed é l'odore che do al tempo quando mi fa respirare un po'. Mentre Dani mi abbraccia per la solita foto io la frase nemmeno la riesco a finire. 

"Non sai quanto mi ha fatto bene quel concerto, ieri". 

Non sai quanto avessi bisogno di lasciarci la pelle, la voce, i piedi, l'anima.
Non sai - perché non lo sapevo neanch'io - quanto abbia bisogno, ogni tanto, di un porto sicuro a cui tornare.

E adesso sí che sono pronta per San Juan. 

Certe cose non cambiano mai. #Dieciocho

domenica 17 giugno 2018

Talking about [Tra le altre cose] Twitter - 2018 Edition

Non so se sia stata colpa del mio tweet o se, tanto per cambiare, ho rovinato la sorpresa. Però qualcuno ha detto "cruzamos" e la vita ha sempre in serbo uno sviluppo surreale.

Quindi eccomi qui, nel buio di un teatro chiuso al pubblico. Il maxischermo restituisce le immagini degli spogliatoi ed io mi scopro emozionata come una bambina. Una birra. Lo lo lo lo lo lo. Il silenzio che cala all'improvviso. 

Mi fanno uno strano effetto, i Mondiali. É come se riscoprissi in una maglia l'appartenenza a una Nazione in questo caso neanche mia. Di colpo avverto il bisogno assurdo di urlare nel tifo tutte le ragioni di un amore che va ben oltre me. Un "goaaaal" racchiude il tramonto alle 22.00. La tapa gratis quando ordini da bere. Le persone che attaccano bottone al semaforo. Ma anche gli amici. Il vermut. La Tranca. La giustezza di una scelta di cui non mi pentirò mai.

O magari non è neanche questo. Forse è solo che in circostanze come i mondiali ti rendi conto di come basti una passione condivisa ad appianare ogni diversità. 

Insomma, dai, guardiamoci attorno: Con me ci sono presentatori. Direttori marketing di compagnie importanti. Alte cariche di aziende di tecnologia. E ancora influencer. Cameraman. Community Manager di account che più o meno tutti seguiamo. Eppure hanno il mio stesso pass. Eppure, mentre si incazzano con Ronaldo, sono esattamente identici a me. 

Io che lancio il cibo per aria alla prima rete della Spagna e valuto mentalmente di tartassare quella della RAE. Potrei farle domande tipo "ma è più giusto scrivere Goal o Gol?", "Mi dici un sinonimo di Imbécil per De Gea?" "Nel caso di Isco sarebbe più corretto dire che è guapísimo o hermoso?". Potrebbe essere divertente. O mettere a repentaglio l'integrità del mio naso. Dipende da come la si veda.
Intanto ragazze belle da fare invidia si muovono tra i tavolini rotondi, silenziose ma certo non invisibili, strette come sono nei loro tubini. Portano altri stuzzichini, bicchierini di gazpacho e frutta, mentre rido di una battuta scema con i ragazzi al mio fianco. 



Ci siamo appena conosciuti, tutti e tre, in una di quelle occasioni in cui chiedi prima il nickname di Twitter del nome. Non è poi così strano, in fondo: i retweet che precedono la stretta di mano trovano spesso la loro ragion d'essere in un paio d'occhi timidi. E uno sguardo veloce al profilo diventa lo spunto di conversazione che cercavi. 

Mi torna in mente quella frase, una delle più sagge che abbia sentito quest'anno. L'ha pronunciata Marianna quando ci siamo finalmente incontrate. Diceva che "Capisci veramente il senso dei social network quando esci dal virtuale". E in questo teatro, tra  decine di persone che si abbracciano, ridono e soffrono per la stessa partita - persone che d'un tratto non sono più nickname, né aziende, né ruoli-  riscopro di nuovo la sua verità.

E' finito così il TATGranada, il più grande congresso di Twitter nel mondo. Chi, come me, c'era anche l'altr'anno è stato piuttosto unanime nel ritenere quest'edizione complessivamente un po' sottotono rispetto alla precedente. Ed è vero, perchè negarlo: ci sono stati meno gadget. Meno premi. Nessun dirigente in visita da San Francisco. Eppure, a livello umano, si è confermato l'evento digital che preferisco in assoluto. 

Se l'adoro è per quello che imparo. Per le persone che mi permette di conoscere. Ma soprattutto per quella sua impronta meravigliosamente informale che, nonostante i contenuti di alto livello, lo fa somigliare più ad un raduno di fan che ad un incontro tra professionisti.




Questa è stata l'edizione in cui sono arrivata assieme al nuovo ministro delle scienze, e per poco non m'investiva un'auto coi finestrini oscurati. E c'erano elicotteri. Giornalisti isterici che correvano da tutte le parti. E un Premio Nobel d'economia. É stata l'edizione in cui continuavo ad incontrare Manuel Bartual uscendo dal bagno; e giuro che per poco non ho avuto un attacco di fangirling quando l'ho menzionato in un tweet, l'ha letto, e si è girato a guardarmi (per la verità un po' male). 

L'edizione in cui ho dato un volto alla ragazza che gestisce l'account della polizia Nazionale (un giorno l'avevo menzionata per denunciare l'assassinio di un unicorno). Quella in cui m'hanno portata a pranzare in un posto decisamente più economico della solita caffetteria con le paste fredde da un kilo a porzione. L'edizione de: 

- "Dato che sei Italiana, posso farti una domanda?"
- "Basta che non sia sul mondiale... "
- "No, non sono mica una così brutta persona"
- "Ah, meno male. Ah Ah Ah"

Peccato che poi mi abbiano chiesto di Salvini. 

Il TATGranada 2018 si è concluso in diretta su Canal Sur, lasciandomi con qualche follower in più, ancora più gente di Twitter Spagna ad allietarmi la Timeline (sul serio, prima o poi mi assumerete?  Perchè la mia immersione nella cultura aziendale inizia a non essere normale) e i ricordi di una splendida esperienza sciolti nel batido al cioccolato di Puleva. 

In generale, le tematiche più ricorrenti sono state quelle delle fake news e dell'umanizzazione dei marchi, sia tramite strategie di marketing ad hoc che attraverso la nuova tendenza dei CEO di twittare come indemoniati dai profili personali (Ciaoo Jack ed Elon, penso che un po' tutti abbiamo pensato a voi). 

Come ormai dovreste aver capito, questo vuole essere un post più personale che professionale. Ma, se mai qualcuno volesse approfondire, non potevo non concluderlo riassumendo quelli che sono stati, a mio avviso, gli interventi più interessanti: 




1. Nathalie Piquot : 

La nuova direttrice di Twitter per Spagna e Portogallo ci ha ricordato le caratteristiche e i valori che rendono unica la piattaforma. Tra l'importanza di poter accedere a punti di vista diversi della stessa vicenda per poter dibattere ed evolvere (#SeeEverySide) c'è stato anche spazio per una frecciatina a Instagram: "Questa non è la piattaforma del 'guardami, guardami'", ha affermato la Piquot mimando il gesto del selfie; "Questa è la piattaforma del 'guarda questo, guarda cosa sta succedendo ora'. 




2. Manuel Bartual :

Personaggio dell'anno su Twitter,  il suo famosissimo "hilo" dell'estate scorsa ha viralizzato la "Twitteratura" portandolo ad essere paragonato nientemeno che a Orson Welles. A Granada, Bartual ha provato ad analizzare le ragioni di un successo che ha tenuto incollate alla Rete celebrities di ogni tipo, portato gruppi di giovani a incontrarsi appositamente per seguire insieme lo sviluppo delle vicende che raccontava sui social, e... addirittura insegnato a Iker Casillas come si fanno i  meme! Il periodo dell'anno (l'estate), la gestione dei tempi (il thread è durato in tutto una settimana), e il fatto di aver risposto letteralmente alla domanda "cosa sta succedendo?" di Twitter hanno decisamente avuto il loro peso sull'esplosione di un fenomeno che portato ora Manuel, tra le altre cose, a scrivere un libro. Il suo intervento ci ha anche offerto interessanti spunti di riflessione di natura sociologica come ad esempio il fatto che per le nuove generazioni fosse stata una novità assoluta il fatto di dover aspettare per sapere come va avanti una vicenda di finzione, abituati come sono a Netflix e ai contenuti on demand. 




3. Jesús Hernández

Professore all'ESIC, Hernández é stato protagonista della conferenza a più alta densità di nozioni  pratiche per chi si occupa di Marketing. Al centro del suo intervento c'è stata l'affermazione per cui il "funnel" tradizionale è ormai morto, sostituito dal "mobile engagement loop". In sintesi: oggi i contenuti si fruiscono via mobile, e in modo sempre più personalizzato. Una buona strategia non può quindi più prescindere dalla semplicità di fruizione,  dalla creazione di app dedicate - non bastano i website ottimizzati per la fruizione da smarphone - e dallo studio delle tendenze in fatto di contenuti. Creatività, pensiero critico e adattamento al cambio, assieme ad un approccio multicanale, sono le sole caratteristiche che ci permetteranno di affrontare l'evoluzione in corso. 





4.  Endesa

I social media manager di Endesa ci hanno svelato nei minimi dettagli le strategie alla base della loro efficace campagna digital per la Liga Endesa. La chiave: quando tutti tendiamo a pensare che per raggiungere il grande pubblico si debbano per forza organizzare eventi a Madrid o a Barcellona, Endesa ha puntato tutto sulle realtà locali. Una competizione tra paesini piccolissimi ha fatto sì che i cittadini si sentissero davvero coinvolti dall'iniziativa e la promuovessero di loro spontanea volontà, agendo da vero e proprio megafono per un marchio che a sua volta risultava più che mai umano. I numeri parlano chiaro: è stato un successo su tutta la linea. 




5. Marcos De Quinto 

Assistente personale del CEO di Coca Cola ed ex vicepresidente globale della compagnia, De Quinto ha iniziato il suo intervento con la domanda che tutti gli facevano essendo agli alti vertici di una multinazionale: "E nella tua azienda ti lasciano usare Twitter?". "E nella tua ti lasciano andare in bagno?", rispondeva allora. Per lui stare su Twitter è fondamentale per conoscere e capire cosa sta succedendo nel mondo, e ritiene che ogni dirigente dovrebbe farlo. Siamo ormai entrati, infatti, in quella che lui chiama "la terza ondata della trasparenza": in una prima fase, le aziende si limitavano a parlare dei loro prodotti. In seguito, hanno iniziato a parlare di sé stesse, dei loro valori. Oggi, però, non basta più: le persone vogliono saperne di più su chi le gestisce, su chi sono i loro amministratori delegati, quali sono i loro hobby, cosa amano, in cosa credono. 

Non è stato l'unico concetto interessante abbordato nell'ambito della conferenza. Il valore delle emozioni nel marketing è stato un altro punto fondamentale: "Se vendi il tuo prodotto dicendo che 'lava più bianco' - dice De Quinto - quando smetterà di 'lavare più bianco' o lo farà un altro per un minor prezzo, i tuoi clienti ti abbandoneranno. Se invece vendi un'emozione il legame durerà per sempre". Come si vende un'emozione? Con le storie, non con i dati. Tra l'altro apprezzerebbe anche Bartual, che ha ricordato che l'amore per le storie è ciò che ci distingue dagli altri esseri viventi.

Hashtag el año que viene, TATGranada! 


domenica 3 giugno 2018

6 musicisti emergenti malagueñi da scoprire

Pablo Alborán, Pablo López, Chambao, Efecto Mariposa. Bla bla bla. I grandi nomi li conosciamo tutti, ma la scena musicale malagueña non si esaurisce con loro. Da quando vivo qui sono stati molteplici i cantautori e gruppi locali che, per i motivi più svariati, sono riusciti a raggiungere quel misterioso strato sotto all'epidermide in cui si annida l'emozione di un brano riuscito.
Magari non riempiranno i palasport. Di sicuro non li ascolterete su Los 40 Principales; Ma se sarete disposti a connettere le orecchie al cuore, il loro talento vi sorprenderà. Per farmi perdonare di questa lunga latitanza, oggi ho deciso di presentarveli. Siete pronti ad arricchire le vostre playlist? 

1. LEIK

Sarò sempre grata a Céline per avermi trascinata, ormai più di un anno fa, in una sala semi-deserta nell'Ovest industriale di Málaga. Lí, chitarra tra le mani, Sergio López - in arte Leik- presentava in veste acustica i brani del suo ultimo lavoro discografico. Di Torremolinos, questo giovane cantautore trae ispirazione dall'universo sonoro anglosassone per fonderlo alla musicalità della lingua spagnola. Non solo, ma é anche un videomaker eccellente:  ragion per cui vale la pena passare in rassegna il suo canale youtube. Il posto "donde nada duele" per me è stato sin primo ascolto Málaga, e non potevo quindi scegliere un altro brano per presentarvelo. Sono però pronta a scommettere che se andrete ai suoi concerti rimarrete affascinati anche dalla cover in castigliano di "The Reason" degli Hoobastank: l'adattamento gli é riuscito così bene che per chi lo segue è ormai a tutti gli effetti una canzone sua. In attesa che la incida, potete ascoltarla qui. 





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2. DIEGO LARA

Conoscete il Sofar Sounds? Perchè se no dovreste. Si tratta di un movimento nato a Londra nel 2009 con l'obiettivo di diffondere un concetto un diverso e più intimo di musica live. Ora coinvolge oltre 400 città in tutto il mondo e funziona così: tu ti iscrivi al sito web selezionando il luogo di tuo interesse; Loro ti comunicano la data del prossimo concerto, e tu decidi se parteciparvi o meno. Piccolo dettaglio: fino al giorno stesso non sai chi suonerà, né dove. In genere i live coinvolgono una media di 4 artisti emergenti che si esibiscono in spazi raccolti ed insoliti quali gallerie d'arte, saloni di parrucchieri, negozi, biblioteche e molto altro ancora. Quest'anno il Sofar è arrivato anche a Málaga, e manco a dirlo ne sono diventata un'habitué.
Tra i tanti musicisti che mi ha permesso di scoprire c'é Diego Lara che, dietro la sua lunga barba, di cose da dire sembra averne un bel po'. La sua "Batalla Perdida" mi ha trasportata letteralmente in un'altra dimensione, facendomi risvegliare dal coma con la pelle increspata.

Ebbene sí: ogni tanto sono malinconica anch'io. 





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3. TARIFA PLANA

Come il nome lascia intendere, MusicaMálaga é una piattaforma volta a diffondere la musica locale. É grazie ad essa che mi sono ritrovata ad ascoltare i Tarifa Plana: una band malagueña pop-rock che mi ha incuriosita per il nome del suo singolo "Bipolar". L'istinto non mi ingannava: è veramente la mia descrizione!

C'è da dire che 'sti ragazzi non sono propriamente gli ultimi arrivati: hanno aperto i tour di artisti del calibro di Alejandro Sanz, Danza Invisible, Nena Daconte o Seguridad Social, tra gli altri. Non solo, ma il loro album di esordio è stato registrato da Daniel Pineda, tecnico del suono che ha lavorato con Pereza, Amaral e Joaquin Sabina. 




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4. GABARDINO 

Anche lui conosciuto al Sofar, Gabardino (all'anagrafe Alejandro Rodríguez) é una presenza abbastanza frequente agli eventi dedicati alla musica d'autore a Málaga. Adora Extremoduro e la poesia, e aspira a dar vita a strutture melodiche non troppo convenzionali che usa come base su cui spogliare la propria anima. Purtroppo non lo trovate (ancora!) su Spotify, ma potete ascoltare alcuni dei suoi brani su Youtube. 




5. ANA GARCÍA

Giovanissima, Ana García ha esordito nel rap per passare in seguito al cantautorato. Oggi non solo mette una voce stupenda a servizio di ritmi estremamente orecchiabili, ma ha anche il merito aggiunto di aver scelto una location niente male per uno dei suoi videoclip (tra parentesi, diretto proprio da Leik). 




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6. BENDITO 

Tra tutti, la mia scoperta più recente. Bendito è un progetto che unisce tre musicisti professionisti ansiosi di giocare con i suoni. Nel loro primo disco "Alma torcida" influenze giamaicane, spagnole e americane si uniscono, in un prodotto finale che non può fare altro che strappare applausi. A titolo d'esempio, ascoltatevi "Nada es mío". 





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Quale tra questi vi è piaciuto di più?