martedì 31 luglio 2018

Eclissi.


La rinascita comincia quando cambia il vento; O quando inizi a ragionare come Ted Mosby su di un treno diretto a Fuengirola. 



                                    Sí, insomma, un attimo prima dell'esaurimento nervoso. 



E quindi eccola qui, la brezza di Levante. L'effetto speciale perfetto che accompagna le luci sulla scena. Spintona via il Terral, puntuale ed opportuna, mentre i Vetusta Morla accettano di dividere l'ovazione con lei. 

Un post condiviso da Ilaria (@ilaria_luna84) in data:



Mannaggia a me che ho iniziato ad ascoltarli così tardi! Ma forse le canzoni hanno una data di consumo preferente. Ci scivolano addosso. Ci ronzano attorno, pazienti, attendendo il momento più opportuno per colpire. 

Le canzoni, in fondo, sono solo rumore indistinto finché non abbassiamo le difese. Poi, diventano la frase che un'amica si vuole tatuare. Il ritratto di una te che non sapevi d'essere. Diventano Maldita Dulzura, e Consejo de Sabios, e Guerra Civil. 



Ti sussurrano all'orecchio di Puntos Suspensivos (grande assente in setlist) e ti martellano nel petto con le percussioni di El Hombre del Saco. 

Diventano ricordi, punto e basta. Ed è lì che ti rubano il cuore. 
Mismo Sitio Distinto Lugar mi aveva sorpresa inerte sotto alle luci di Natale in calle Larios, quando mi serviva una soundtrack con più spigoli.

Ed ora eccomi qui, a guardarla animarsi di video e di colori. Davanti al Levante. Alle migliaia di braccia che ondeggiano nel cielo. "Questo è il concerto della nostra amicizia italo-spagnola", aveva detto Nancy. Ed era l'emblema di un post it appeso al Centro Pompidou. 




No hay error. Anche perchè cosa può esserci di sbagliato se attendi l'apertura dei cancelli bevendo birra a un chiringuito sul lungo mare? Se chiacchieri con gente nuova? Se persino Fuengirola diventa un posto con cui fare la pace?  

                 Mentre barcolli verso il bagno ridi fuori l'estate che attendevi.

Di colpo, mentre la vescica reclama attenzioni, ti rendi conto che puoi ancora riprendere il controllo della tua vita. Che tutta quella successione disordinata di immagini si può ricomporre in un quadro. Anche se magari l'ha dipinto Dalí. 

Così ripassi.

Il sosia di Andrea alla Casa de Guardia. L'aliena sexy. I Gorilla che riescono a
d ordinare sequenze numeriche in tempi record mentre io ho problemi con la destra e la sinistra quando ballo le sevillanas. 

Un'amica che torna, un'amica che va. Le espadrillas consumate, i sandali coi pois, la matita nera che mi lascia nudi gli occhi. Ed accasciarsi sul computer allo stremo delle forze. Sfuggendo al caldo, agli scarafaggi sui marciapiedi. Aggrappandosi all'idea delle vacanze come a un ponte prima di cadere. 

Ma poi un giorno nulla cambia, e cambia tutto. Così, come il vento, senza alcuna ragione. 
Aprono un bar di tapas all'angolo, e a me torna la voglia di scrivere. 

Con i piedi gonfi, siedo su una panchina e inspiro leggerezza. I fuochi d'artificio, alle mie spalle, sembrano volerla celebrare. 





"Stai attenta a quello che pensi durante l'eclisse", m'hanno detto.

Stai attenta, si potrà realizzare. 








venerdì 6 luglio 2018

"Era una roba da blog, però l'ho scritta su Facebook"


... E quindi ora ve la ricopio qui:

Proprio l’altro giorno, per lavoro, ho scritto un post sul Digital Detox (questo ). Ecco perché non ho potuto fare a meno di fare un saltino sulla sedia quando ho scoperto che la cara vecchia Nancy  è tornata a bloggare con un post sullo stesso tema. Un post che vi consiglio caldamente di leggere (qui) e non soltanto perché è mia amica.



É da un po’ che penso che mi farebbe bene staccare dai social. Non lo faccio in parte perché ci lavoro e in parte perché da quando vivo all’estero ogni mezzo per tenere i contatti con le persone lontane è non solo benvenuto ma anche necessario. Infine, le potenzialità delle [non- più -così] nuove tecnologie continuano ad entusiasmarmi un casino.
Tuttavia, mi sono resa conto che le notifiche sul cellulare mi gettano in uno stato di ansia perenne. Ne vedo una e sento l’esigenza di guardarla immediatamente, come se il ritardo di due minuti in una risposta potesse far cadere l’altra persona giù da un ponte, o chessò io. 

Ora che ci penso è stata proprio Nancy, una delle prime volte che siamo uscite qui a Málaga, a farmi notare che tutti i miei messaggi di Whatsapp cominciavano con “scusa, ho visto solo ora”. Andavamo al Terra Mia, by the way. Che novità. 

Mi sono resa conto che il cellulare mi distrae, tanto, sia quando lavoro che quando mi dedico ai miei progetti personali. Scrivere, soprattutto, è diventato un casino. 


Non solo bloggo molto meno, ma quando lo faccio ci metto un sacco di tempo perchè non mi riesco a concentrare. Per riuscirci devo (giuro!!!) azzerare le suonerie ai telefoni, togliere la vibrazione, girare i display al contrario per non vedere le luci che si illuminano oppure portarli fisicamente in un’altra stanza.


Mi sono resa conto, anche, che leggo di meno. Ed è vero che i miei ritmi di vita, a Málaga, sono decisamente frenetici e spostati sulla notte, ma il fatto che prima di dormire io mi trovi a scrollare le timeline di Twitter, Facebook ed Instagram invece di spegnere e passare quella mezz’oretta in piú a leggere due capitoli del libro che ho sul comodino mi fa innervosire non poco.


Poi c’è l’eterna questione dell’apparenza. Di quelli che giudicano le persone in base alle foto che postano senza riuscire a capire che quello che mettiamo in Rete è solo e soltanto una parte della verità. I momenti di difficoltà ce li abbiamo tutti, sempre. Quindi mordiamoci la lingua prima di pensare “Ma questa sta sempre al mare? Ma questa non lavora? Ma questo é sempre in giro? Guarda che bella vita!”, perchè quasi sempre dietro a quella “bella vita” ci sono lacrime, lutti, delusioni, contratti finiti, stipendi non pagati, difficoltà.


Infine il fatto di esserci. Di DOVER esserci, sempre.


Lunedì il mio capo - uno dei due, cioè. Dei tre. Ma poi, tecnicamente, si possono avere dei capi essendo autonoma? - Insomma: il CEO di una delle aziende per cui collaboro ha concluso una riunione con una richiesta a tutto lo staff: “per favore, non contattate i vostri colleghi su Whatsapp per cose di lavoro. Abbiamo Slack per qualcosa, e lì potete avvisare quando siete o non siete connessi. IL TEMPO LIBERO E’ SACRO, e non è possibile staccare veramente se le questioni di lavoro vi raggiungono ovunque”

E mi sono resa conto che, come social media manager - ma anche, in generale, come professionista del digital o come giornalista, persino- nessuno può davvero staccare mai.

Non stacchi quando ti arriva la notifica di Page Manager che ti avvisa del tizio che ha chiesto il prezzo di un prodotto, anche se in quel momento ti stai bevendo una birra e dici “rispondo domani”. Intanto l’hai vista. Intanto, anche se per un secondo, ci hai pensato. Non stacchi quando Whatsapp diventa il modo più facile e veloce di comunicare con i clienti. Non stacchi quando i telefoni Android decidono che è una buona idea segnalarti l’arrivo delle mail sull’account delle varie aziende. Con la testa non stacchiamo mai davvero.

E quindi eccoci qui, tutti mezzi esauriti, a parlare di Digital Detox. Eccomi qui, a pensare a quando 10 anni fa raccontavo il mio Erasmus passo a passo sul blog perchè non avevo nessun social (a parte Twitter, che ho messo due mesi dopo essere atterrata e che è ancora l’unico che mi diverte davvero) e fondamentalmente mi appagava di più. 

Anzi no: più che appagarmi forse mi faceva sentire più presente, perchè passavo quell’oretta al giorno col computer sulle gambe, a buttare fuori tutto quello che provavo, e per il resto non c’era nulla che interrompessi per chinare la testa su un display. 













Eccomi qui, in definitiva, mentre mi accorgo che questo post - a dirla tutta - sarebbe stata più una roba da blog. A pensare che sì, dai, forse lo copierò sul blog. Intanto, però, mi è venuto spontaneo scriverlo su Facebook. E allora porca vacca, Mark, ci hai veramente rincoglioniti.