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sabato 17 marzo 2018

Italo-Spagnolismi in musica: Negrita vs. Izal


Forse vi ricorderete di quando improvvisavo irregolarissime rubriche musicali affiancando artisti spagnoli e italiani. Non che abbia mai smesso, a guardar bene. Però magari dovrei riprendere le vecchie abitudini; Perchè lo scorso 9 Marzo, da quel punto di vista, è stato un grande giorno per l'umanità. 

Facebook, opportuno come quasi mai, mi riproponeva in selfie sorridenti le emozioni del duemiladiciassette. Un festival organizzato da San Miguel. Il riparo confortevole dalla pioggia battente. Birra gratis. Spintoni. Insegne al neon. Todos a la mierda... E allora grazie Laura, grazie infinite. Perchè è stato a causa sua se, in quell'occasione, avevo scoperto Izal. 

Un anno dopo li ritengo una delle migliori band iberiche in circolazione, a diversi gradini di distanza dal resto. Sono diventati una parte importante della colonna sonora degli ultimi mesi, dalla serate Indie alla Sala Spectra fino ai tributi nell'oscurità del centro, con la bigliettaia che ricorda la Bertè. Un anno dopo "Sueños lentos, aviones veloces" é uno dei ritratti più completi di me; E "Tercera Guerra Mundial", cantata con i Full, ricama eternamente dalle cuffie brividi in stereofonia. 

Il loro nuovo disco usciva proprio nel giorno di quel ricordo, confermando e superando ogni più rosea aspettativa. Era davvero l'Autoterapia di cui avevo bisogno, la copertina in pile che riscalda negli inverni freddi. 9 Marzo. Guarda un po' le coincidenze. Perchè nell'altro mio Paese, in quella stessa data, i Negrita sfornavano Desert Yacht Club.




Ruvido. Rock. Viaggio on the road tra le contaminazioni. Un disco con i testi fatti apposta per ergersi un po' a motto. Ché anch'io aspiro a "non vedere più finestre, ma rettangoli di cielo" . 

Tra tutti e due, quegli album incarnano la speranza della mia ambivalenza nazionale. Saranno, entrambi, parte della nuova playlist che da domani mi riaccompagnerà a Sud Ovest. Il che, detto con altre parole, significa elemento inscindibile da me. 

Ho selezionato i miei tre pezzi preferiti di ciascuno, sperando di invogliarvi a scoprirli meglio. Buon ascolto. Come sempre, Italo-Spagnolo. 


IZAL - AUTOTERAPIA 

1. Santa Paz



L'amarezza rabbiosa di questa canzone mi carica come pochissime altre.
Agua bendita, tierra maldita, zapatos de tacón. 

2. Canción Para Nadie 



Struggente nella sua tenerezza, il brano si rivolge all'amore che si sogna e non è ancora nato. E, per qualche ragione connessa ad un romanticismo che mi sforzo di rifuggere, mi fa piangere ad ogni dannato ascolto. 

"Me faltan detalles que he de concretar, el color de ojos por ejemplo me da igual". 

3. Autoterapia


Il pezzo che dà il titolo al disco. Che lo apre. Che lo descrive. Una dichiarazione di intenti che prima di salire su un aereo, con la consueta solennità che attribuisco alle partenze, si presta adesso a farsi anche mia. 

"Dejaré mi mitad oscura en duermevela, y a mi otra mitad la haré dueña y señora de mis fiestas. Amaneceré como una nueva versión de humano, para compensar a este cuerpo poco y mal usado". 

NEGRITA - DESERT YACHT CLUB 

1. La Rivoluzione é Avere Vent'Anni 


Uno spaccato di quelli che - ahinoi - siamo. L'espressione delle paure che tutti, più o meno inconsapevolmente, ci siamo trovati a provare. Le nuove generazioni saranno in grado di salvarci davvero?

"Guardiamo lo schermo e proviamo sfiducia, con l'animo freddo e il polpastrello che brucia".

2. Voglio Stare Bene


La volontà di stare bene è il desiderio semplice che ha mosso le mie scelte di vita, quello che giorno dopo giorno ancora inseguo. Per questo il titolo del brano mi aveva incuriosita ancora prima di premere play. E avevo ragione, perchè è veramente bello. Forse più strettamente legato all'amore che ad una pace generale, ma comunque espressione di quella stessa tensione. E poi, in fondo, le canzoni sono fatte anche per essere interpretate come meglio si crede.

"Mentre il meglio dei miei anni sta ballando dentro a un gin, in bianco e nero su Youtube mi ripasso 'I have a dream'. C'è tutto un mondo che si è perso per arrivare fino a qua. Oggi ho gli esami di coscienza, e di uscire non mi va". 


3. Non torneranno più


La nostalgia formato canzone. Niente più e niente meno. La rabbia per le persone che ci sono state sottratte, il ricordo di un'epoca che non tornerà. Anch'io "guardo sempre avanti". Anch'io "ho sogni più arroganti". Solo che a volte, quando il cielo è meno blu, quei sogni sembrano mettersi in pausa. Ed è allora che la comprensione la ritrovi in un cd. 

sabato 4 luglio 2015

La musica spagnola consigliata dai fan (italiani!) dei Negrita

Gioia Infinita racconta ogni rientro dalla Spagna. Notte Mediterranea, il mio Erasmus a Málaga. Che i Negrita fossero un po' degli itañoli mancati, in fondo, io l'ho sempre detto e sospettato. La conferma, però, è arrivata da Facebook soltanto qualche giorno fa.

Nella foto, un cartello indicava i 15 kilometri scarsi che dividono il culo in Europa dal cuore in Africa. Nella didascalia, il cantante Pau si dichiarava rotolato - ancora - verso Sud.

Sì, insomma, si trova ormai da un po' in Andalusia. E pare essersi ambientato anche piuttosto bene, dato non riesce ad ascoltare altro che non sia Macaco o gli Ojos de Brujo. É proprio per questo che chiedeva consigli ai fan: per arricchire un menù musicale vacanziero già al 90% Made in Spain. E siccome i filo-ispanici, al richiamo della Seconda Madre Patria, rispondono sempre con indicibile entusiasmo, i quasi 350 commenti hanno finito con il rivelarsi (almeno per me) più interessanti del post. 

Sono in Andalucia ormai da un bel po', e me me tornerò proprio a ridosso del tour... Tra fare il babbo ed il...
Posted by Negrita on Lunes, 29 de junio de 2015



Sono andata a scremarli con interesse quasi scientifico, curiosa di scoprire quali fossero i musicisti spagnoli più amati dai fan italiani della band. C'era chi - con umorismo per la verità scontato - raccomandava di ascoltare "i Negrita, hai presente?". Il che è un po' come se consigliassero a me di leggere il mio romanzo, e cioè assolutamente insensato (dico sul serio: perchè lo fate?). C'era chi promuoveva il patriottismo musicale, all'insegna del motto "Italians do it better". Quelli che, considerata la destinazione, ricordavano il classico Spanish Caravan dei Doors (Andalusia with fields full of grain, I have to see you again and again!). C'erano i simpaticoni che nominavano ridendo Gigi D'Alessio e Violetta. Persino qualche sporadica band in vena di auto-promozione. E, in mezzo a tutti loro, molte conferme e più di una sorpresa. 

I musicisti spagnoli più consigliati in assoluto sono anche tra i più generalmente noti al pubblico italiano, come Manu Chao e i Chambao. Più inaspettato il terzo posto a Fito Y Los Fitipaldis, che guarda caso proprio assieme ai Negrita formavano la colonna sonora del mio Erasmus. Segue l'obbligo morale di immergersi nelle atmosfere flamenche con Paco De Lucía e Camarón de la Isla. Molto amati anche Bebe, Muchachito Bombo Infierno e Los Delinquentes. Hanno più di una raccomandazione anche Joaquín Sabina, Heroes del Silencio e i Canteca de Macao

Tra gli altri commenti a sorprendermi è stata, in generale, la varietà. Si spazia dal pop di Efecto Pasillo e Melendi all'indie dei Vetusta Morla passando per una serie di gruppi e di album che (lo confesso) non conoscevo manco io. Quello che più mi ha colpita, però, è senza dubbio il tizio che suggerisce "El Canto del Loco da Madrid". Voglio dire: Chi sei tu? Da dove vieni? Perchè non ti conosco?

seguire, l'elenco completo dei consigli ispanici arrivati al frontman dei Negrita. Chissà che non ispiri anche le vostre playlist da viaggio!



giovedì 26 marzo 2015

L'Odissea dei Negrita ai tempi di Facebook

Ne dicono tante, a noi socialcosi. Che non si dovrebbe postare ogni cinque minuti su Facebook. Che le foto garantiscono più visibilità. Che gli aggiornamenti flash in tempo reale, se proprio devi, è meglio farli su Twitter. Eppure, se sei il membro di una band di successo, sei creativo (e scoppiato) abbastanza e hai - soprattutto - una buona dose di ironia, puoi permetterti di fare l'esatto contrario. Dimostrando a tutti che le regole, ogni tanto, possono bellamente andarsene a quel Paese.
Ieri mi è capitato di seguire le peripezie di Drigo dei Negrita su Facebook. All'inizio mio malgrado, a causa di una frequenza di aggiornamento quasi molesta mentre mi dedicavo a mansioni lavorative. Poi sempre più appassionatamente. E, alla fine, ridendo a crepapelle come una perfetta cretina.
Quindi lo so, che non c'entra niente con la Spagna. Ma, in una giornata tronfia di notizie agghiaccianti, mi sembrava carino provare a strappare una risata anche a voi.





PS: ora che vi staranno sicuramente più simpatici di prima, vi consiglio spassionatamente di ascoltare il loro nuovo album 9. La mia preferita? Il nostro tempo è adesso.



domenica 8 marzo 2015

Viral Songs: le canzoni più condivise della settimana in Spagna e in Italia [#6].

Attenzió! Concentrazió! Annunciazió! 
Questa settimana mi rende particolarmente felice segnalarvi i brani più condivisi sui Social Network in Spagna e in Italia. Al numero uno del nostro Paese c'é, infatti, nientemeno che Il Gioco dei Negrita: brano che non solo segna il ritorno sulle scene della band aretina, ma è anche stato scritto in collaborazione con Lorenzo Cilembrini, in arte Il Cile, per cui è ormai nota la mia ammirazione. 
Festeggio stappando una bottiglia in suo onore. 



In realtà, ad essere targata Arezzo, è la quasi totalità della
viral top ten italiana di Spotify: le altre nove posizioni sono state, infatti, pressochè monopolizzate dal nuovo album di Jovanotti, con "un bene dell'anima" a conquistarsi lo scettro di traccia più apprezzata.


Pochi cambiamenti, invece, in Spagna, dove la canzone più virale continua, imperterrita, ad essere "No vuelvas a Japón" di Carlos Sadness, con la partecipazione di Santi Balmes dei Love of Lesbian. 





Al secondo posto c'è Glory, di Common & John Legend, mentre il ritorno di Ruben Pozo, ex Pereza, completa il podio con Me Quieres Destrozar. A confermare la mia gioia, restano nella top 10 anche gli Imagine Dragons (cuoricini) con la solita I'm So sorry. A voi, come sempre, il compito di segnalare la vostra preferita tra le viral song dei due Paesi. Ah, e auguri alle donne. Così, tanto per essere sul pezzo. 



martedì 10 febbraio 2015

Aspettando Sanremo: 5 (+1) esibizioni da ricordare


Sanremo, si sa, è fatto per essere criticato. Nella maggior parte dei casi, anche con discrete percentuali di ragione. É un'istituzione, però. La conversazione che ci accomoda tutti sullo stesso immaginario divano. Sanremo è la sbronza che ti stordisce per la durata di un'intera settimana. Il rito pagano che - nonostante tutto (leggi: nonostante Conti) - riprenderò anch'io ad osservare da stasera. É per questo che, nell'attesa, ho voluto ricordare a me stessa quanto all'Ariston non sia proprio tutto da buttare. Non lo sarà in quest'edizione, se non altro per la presenza degli Imagine Dragons tra gli ospiti. A proposito: ve l'ho già detto, che ho comprato i biglietti per andare a sentirli a Milano? Beh, ora lo sapete. Immaginatemi mentre premo forsennatamente play su tutti i video dei loro concerti da qui al 23 di Novembre. Ma soprattutto, non lo è stato in passato. Per dimostrarlo, ho messo insieme le 5 esibizioni a mio avviso più memorabili del festival degli anni duemila. L'ordine é cronologico; il criterio di scelta, il mero gusto personale. Quindi it's all about Arezzo, certo. Ma non solo. 


1. Subsonica - Tutti i Miei Sbagli [2000]

Ad oggi uno dei brani più celebri della band torinese, e tutt'ora uno dei miei preferiti. Storica anche per essere una delle poche performance che io abbia visto in cui il cantante non indossa il cappellino. In effetti, ora che ci penso: siamo proprio sicuri che sia lui? Li introduceva Pavarotti, pace all'anima sua. 





2. Negrita - Tonight [2003]

Scommetto che ve l'eravate dimenticata. Chissà perchè, la partecipazione dei Negrita a Sanremo sembra essere stata cancellata dalla memoria collettiva, così come la canzone che avevano portato. Peccato, perchè secondo me è stata una delle più rock'n'roll dell'ultima decade. 
E poi vogliamo parlare di quest'effettone di montaggio stile Windows Movie Maker che Mamma Rai aveva sfoggiato per l'occasione? Grande tecnologia, amici.





3. Negramaro- Mentre tutto scorre [2005]
Ricordo ancora la forza di questo brano come la sorta di sveglia che annunciava l'inizio della gara dei giovani. Avevo pensato: "il futuro è la risposta". Avevo sorriso alla speranza per le nuove generazioni. In effetti, "Mentre tutto scorre" aprì ai Negramaro le porte di una carriera scintillante; E, nella mia ignoranza tecnica, l'arrangiamento mi sembra a tutt'oggi spettacolare. 




4. Fabrizio Moro - Pensa [2007]

Ed ecco un altro effettone RAI, signori e signore: LE MANINE! 
A parte ciò, Moro fu uno dei miei "colpi di fulmine" sanremesi. Il testo e l'interpretazione di Pensa mi avevano indotto a comprare i suoi album e seguirlo - seppur in modo passivo - per un lasso di tempo non esagerato ma comunque considerevole. Quant'era carino, lui, tra l'altro?







5. Il Cile - Le parole non servono più [2013]
Serve proprio che io commenti? Io che l'ho seguito fin nel nord europa? Io che ancora mi emoziono guardando questo? No, cioè, SERVE? Una cosa però la devo dire. Anzi, due: 
A) La coincidenza numerica della sua partecipazione a Sanremo esattamente 10 anni dopo gli aretini e amici "zii" Negrita ha del profetico. Three is a magic number. La cabala.

B) GOMBLOTTO! Voglio dire, sarà mai possibile che il video dell'esibizione in HD sul sito della RAI sia disponibile soltanto in forma parziale? Una volta c'era anche quella integrale: dove diavolo è finita? E perchè su Youtube è presente solo 'sta roba di qualità pessima registrata dalla tv, con le facce solarizzate e l'audio che, se l'ascolti in cuffia, ti assorda solo dal lato sinistro? No, dico, NON VI VERGOGNATE? Mah. 





Anche se esula dalla TOP 5, non posso non concludere il post menzionando un'altra performance a me cara: quella della mia concittadina Elisa nel 2001, che la vedeva esordire in italiano con un brano destinato a rimanere nella storia della musica nostrana. 





Buon Festival a tutti! A proposito: la vostra TOP 5 qual è?! 

giovedì 24 ottobre 2013

I look ispirati ai dischi: gli ultimi che ho comprato

Lo so, che li stavate aspettando (mi sembra di udire un coro di "ma anche no" in sottofondo, ma farò finta di niente). Sono gli outfit ispirati alle copertine di alcuni dei dischi che ho comprato di recente. Esclusi quelli non italiani e non spagnoli, s'intende, ché devo pur sempre rispettare un tema. Modaiola sì, ma itañola innanzitutto. Persino nelle bizzarre rubriche che creo. Sappiatemi dire qual é il vostro preferito, poi. 


MELENDI - LAGRIMAS DESORDENADAS [Spain]


HIGHLIGHTS: 
Camicia a quadri, canotta bianca, jeans leggermente slavati e Converse All Stars ricreano in versione femminile il look di Melendi cosí com'é ritratto su cover e foto del booklet. Leggermente diversi solo gli orecchini, che declinano in chiave piú romantica il modello di quelli indossati dal cantante. 

VADO FIERA DE:
La borsa. Nero, bianco e giallo strizzano l'occhio ad alcuni tra i principali colori che si ritrovano sulla copertina. 

IL TOCCO (ironico) IN PIÚ: 
Il pettine. L'intero artwork dell'album, infatti, gioca sull'alternanza di due versioni di Melendi: in una appare ben pettinato e vestito di tutto punto, all'interno di una stanza impeccabile. Nell'altra, sembra che gli sia appena scoppiata una bomba a due centimetri di distanza. Dato lo stato della sua capigliatura in quelle foto, forse avrá bisogno di darsi una sistemata... 





Music Inspired! Melendi - Lagrimas Desordenadas



NEGRITA - DEJA VÚ [Italy]


HIGHLIGHTS:

Il look si ispira principalmente a quello di Pau (voce e quindi elemento forse piú visibile della band) nelle foto interne al disco. La borsa richiama invece colori e stile della copertina. Ah, mi scuso per l'orrida fantasia a fiori all'interno del Gilet: tenete presente che andrá coperta dalla maglia nera, per cui nessuno la vedrá. Grazie a Dio.

VADO FIERA DE:

Gli stivaletti. So Rock! So Trendy! So Negrita! (Oddio, sto parlando in itanglish: abbattetemi, vi prego.)

IL TOCCO IN PIÚ:

Gli orecchini a cerchio, che richiamano quelli indossati dal disegno in copertina nonché, da secoli immemori, logo della band (il disegno, non gli orecchini).

Music Inspired: Negrita- Deja vú



EFECTO PASILLO - EL MISTERIOSO CASO DE...[Spain]


HIGHLIGHTS:
Come per Melendi, anche in questo caso jeans, camicia a maniche corte, scarpe da ginnastica, cappello, cintura e occhiali da sole ricalcano quasi perfettamente il look dei membri del gruppo.

VADO FIERA DE:
L'impatto essenziale e tutto estivo dell'insieme.

IL TOCCO IN PIÚ:
Lo smalto arancione, che richiama uno dei colori chiave della copertina.


Music Inspired! - Efecto Pasillo



FABRIZIO MORO - L'INIZIO [Italy]



HIGHLIGHTS: 

Per ovvie ragioni che vedrete da voi, dal look della cover ho potuto riprendere soltanto cappello e stivali. Per il resto, ho giocato sui colori chiave del nero e del giallo, insistendo negli accessori sull'elemento che ha maggior risalto sull'immagine del disco: la chitarra. 

VADO FIERA DI: 

Essere riuscita a creare un outfit ispirato alla foto di un bimbo nudo, che di per sé non é poco. Ma anche del bracciale col ciondolo a forma di chitarra e, soprattutto (ancora una volta) della borsa. Cioè, l'adoro. La voglio. E' amore. 

IL TOCCO IN PIÚ: 

La maglia a righe. Se vi chiedeste il perché, dovreste sapere che la mia mente contorta vede nelle righe bianche e nere un chiaro rimando alle strisce pedonali. Che a loro volta mi ricordano la strada. Che a sua volta...beh, guardate la copertina. E abbiate pietá. 



Music Inspired! - Fabrizio Moro [L'Inizio]

martedì 17 settembre 2013

17 Settembre.

Questo periodo dell'anno, per me, ha sempre avuto odore di nuovi inizi. Non che pretenda di essere originale, certo. L'ho sempre detto, che Settembre è capodanno un po' per tutti: si fanno progetti. Si stabiliscono obiettivi. Si abbandonano abbronzatura e spensieratezza in favore di un ritorno alla routine. A Settembre si decide di andare in palestra. Di fare carriera. Di provare a sviluppare quell'idea. Di mangiare un po' di meno, risparmiare per un viaggio; magari soltanto leggere un po' di più. E per un momento, fosse anche solo un istante, si crede davvero di potercela fare. 

Non ci sarebbero così tante canzoni a parlare di questo mese, in fondo, se non fosse per tutti una nuova occasione. Eppure non è a questo che mi riferivo. No. Io parlavo delle date. Di questa data. Di un numero che a me non ha mai portato sfortuna. 

Era un diciassette di Settembre quando, in un aeroporto in cui non sono più tornata, sul boeing di una compagnia aerea che non ho mai più usato, m'imbarcavo per la più bella delle avventure. Era un viaggio lungo, di quelli che esigono valige più grandi di te. Nello stomaco, la lieve paura eccitata che precede le azioni che ti sembrano insensate; e poi, curioso a dirsi, sono proprio quelle di cui non ti penti mai. Ricordo che il volo era trascorso tra chiacchiere e qualche lacrima. Doveva essere così. In un film lo sarebbe stato. Non la conoscevo bene, Daniela. Giusto un incontro fugace in Via D'Azeglio alla consegna di un paio di moduli. Eppure entrambe, su quell'aereo, trovavamo giusto raccontarci la vita. La vita passata, la vita in Italia, la vita di pre-erasmus che ci aggingevamo a lasciare. Certe cose dette a lei, forse non le avevo forse ancora ammesse nemmeno a me stessa. Tanto non avevano importanza.Tanto lo sapevo, in quel momento come lo so ora, che quel viaggio mi avrebbe cambiata per sempre. Che quei dieci mesi a Málaga mi avrebbero resa una persona diversa. Una tornata con la gonna lunga, un top marrone e un fiore in testa, che in dialoghi di lingue mischiate sarebbe stata scambiata per spagnola. Una che, per guardare il mondo, indossava adesso un altro paio di occhiali. E non parlo soltanto della montatura. 





Era un diciassette di Settembre, solo un paio d'anni dopo, quando mi svegliavo in un'era distinta sul letto di casa mia. C'era ancora qualche scatolone da aprire. Il portaoggetti rosso e bianco dell'Ikea, un paio di tazze da caffé, la lampada bianca da scrivania. E tutti quei vestiti, ancora, i vestiti che non sapevo come accidenti far stare in un solo armadio. Il treno mi aveva ricondotta al mio paesello, assieme alla malinconia di una vita che lasciavo per sempre e le speranze di neo- laureata di un futuro per cui lottare. Un futuro che non credevo mi sarebbe stato cosí ostile. Centodieci e lode. Una tesi ben fatta di scenari poi realizzatisi con immancabile precisione. Un blog. Qualche contatto importante. Le speranze del mondo che sentivo riposte su di me. Sarebbe bastato mandare qualche curricula, questo pensavo. Giusto un paio, poi avrei scelto tra proposte svariate. Presuntuosa, forse. Ottimista, di sicuro. A tratti spaventata dallo stesso momento di leggera depressione che due sere prima, sotto l'aria frizzante di Parma, mi aveva increspato l'animo. Il dialogo che ne era seguito mi avrebbe accompagnata, come un fantasma di melodrammatico, in tutti i momenti di sconforto degli anni a venire. Perché é esattamente cosí che si sarebbe svolto in un film. Tuttalpiú con un primo piano sulla lacrimuccia trattenuta a stento che nessuno ha visto nella benedizione del buio. 
“...e se poi non lo capisco, cos'é che mi rende felice?”. 

Quel 17 di Settembre mi ero svegliata consapevole che non ci sarebbero piú state sessioni d'esame, aperi-cena all'Aquolina, feste in appartamenti minuscoli o serate in Pilotta in mezzo alla settimana. Non ci sarebbero state sangríe al Tapas con Francesca dopo le lezioni di Tarantino, né la sveglia di Laura che suona troppo presto con note dei Rolling Stone. La mia vita di studentessa a Parma si era conclusa in un punto e a capo. Ora c'era da rimboccarsi le maniche, e capire com'era quella da donna adulta nel mondo del lavoro. 




Potrei andare avanti potenzialmente all'infinito. Ma oggi é un diciassette di Settembre, e per quanto il confronto apparentemente non regga, anche il disco che oggi esce é epico un bel po'. Per questo ho deciso di resistere, fan stoica ed attaccata ai rituali; per questo non ho ascoltato nulla, nonostante il lavoro degli hacker e le innumerevoli filtrazioni online. Doveva essere un diciassette di Settembre. Come detto. Annunciato. Scritto su carta ormai da un bel po'.




Ché Dani Martín, stavolta, non ha usato titoli. Si presenta cosí, con il suo nome e basta. Con il progetto di un elaborato pout pourrí (comunque si scriva) che – se tutto va bene – dovrebbe portarlo anche in terre italiane. Ad anticipare il tutto, un singolo che parla di ricominciare da capo. E tutta intera,  prepotente, inarrestabile, la montagna russa dei miei moti interiori. Io che l'ho "rinnegato". Allontanato. E ci ho sofferto. E poi di nuovo, mi sono entusiasmata. Esaperata. Nauseata. Io che non mi trovo piú a mio agio nella competizione d'invidia di alcuni tra i suoi fan. Troppo giovani, d'un tratto. Troppi decibel negli urli, troppe file nelle attese. Io che ho riscoperto in altri ambienti quanto seguire la musica possa essere invece ancora divertente; quanto sia piú bello parlare di arte  piuttosto che di una pettinatura; E poi peró non riesco a non attendere con ansia. A non fare progetti. A non sperare che un abbraccio mi riporti a quel che ero. Consapevole che quel che ero, tutto sommato, non potró esserlo mai piú. 

Ma Dani Martín é Dani Martín, e forsa la mia vita riuscirá a cantarla sempre. Anche oggi. Anche con questo lavoro. Perchè Dani è quel tipo di persona che incontra una tua amica a Madrid e inaspettatamente, senza che nessuno faccia il tuo nome, le chiede di te. Come sta Ilaria. Dov'è. Che fa. E dalle un bacio da parte mia. Tu lo vieni a sapere, lo ringrazi in un messaggio privato, e - sarà anche di due sillabe - ma la risposta fa dimenticare ogni rancore. 

Così ti trovi a pensare che, tutto sommato, pettinatura ed arte non sono necessariamente incompatibili. Clicchi compulsiva sul link della mensajería DHL. E d'impulso, all'insegna del "tutt'al piú faró del turismo" ti prenoti un volo per Bilbao. 

Ci ho fatto un outfit dedicato, a quel disco, manco a dirlo. 

Eppure, mentre lo ripropongo, mi viene in mente che oggi esce anche un greatest hits dei Negrita. Che magari non saranno tra i gruppi epocali della mia esistenza, ma ne hanno fatto parte – oh, eccome -  in modo abbastanza decisivo. Basti pensare alla videointervista in cui sono incappata per caso. Parlavano del rock argentino. Del Cile. Di una canzone che mi é rimbombata in testa per l'intera durata dell'estate. Mi sembra un segno, anche questo. Come mi sembra un segno che oggi, diciassette di Settembre, la mia migliore amica ha scoperto che in grembo porta una bambina. Il migliore dei risvegli, in sequenze di bip. 
"Finalmente ho un pretesto per compare le Barbie flamenche!", ché ora sembra tutto un po' piú vero. 

E' il diciassette di settembre. E, alla luce di tutto questo, ho deciso di iniziare a lavorare seriamente al mio secondo libro. Di strutturarlo, quantomeno, in attesa di tempo concreto per buttarlo giú. 

Poi magari sará l'ennesima idea che accantoneró dopo un capitolo e mezzo. Il contrario, ormai, non ve lo posso garantire. Peró oggi guardo il calendario, e di colpo mi sento fiduciosa.