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sabato 10 novembre 2018

Origins (e quel saputello di Google)

Era tutto il giorno che aspettavo con ansia il momento giusto per premere play.

Perchè gli album delle band che ti marcano il ritmo della vita mica li puoi ascoltare così, mentre lavi i piatti, come un sottofondo qualsiasi a cui non presti attenzione.

Naa. Ti ci devi immergere, come in una vasca piena di schiuma.

Devono essere la coccola che fai a te stessa mentre t'isoli dal mondo in uno spazio tutto tuo.

Le band che ti marcano il ritmo della vita si meritano le tue orecchie, i tuoi cinque sensi, il tuo cuore.

Persino Google mi aveva mandato una notifica: "Nuovo disco degli Imagine Dragons, Origins".




Già. Come se non lo sapessi. 


Sul serio, sta diventando ogni giorno più invadente, 'sto coso. 

E "Sono le 2 di notte, cosa fai ancora in giro? Hai 4 hotel vicino, se mai volessi dormire". 

E "Sei alla Casa de Guardia, è un buon posto per fare foto. Fai foto, daaaai. Fai foto, ti prego, fai fotooo. Ma non hai ancora fatto neanche una foto?" 

E "Il tuo volo è oggi. Dovresti uscire di casa adesso perchè potrebbero esserci ingorghi".

Google, te lo dico da amica: E FATTELA, OGNI TANTO, UNA VAGONATA DI FATTI TUOI!


Mamma mia che saputello, oh. Più pesante della gente che qui non la smette più di parlare di Rosalía.

Che poi continua a mandarmi notizie di calcio da quando quest'estate, annoiata sul bus, avevo fatto una ricerca su Isco. Vediamo chi gli spiega che volevo solo sapere quanti anni ha.

Ma, si diceva, gli Imagine Dragons.

Avevo delle buone sensazioni su quest'album, e alla fin fine non si può dire che mi sbagliassi.


Certo, non arriva ai livelli di Smoke + Mirrors.

Di Smoke + Mirrors ce ne sarà sempre e soltanto uno.

Di sicuro, però, ci si avvicina più di Evolve.
Al primo ascolto, le mie canzoni preferite (almeno tra quelle che ancora non conoscevo) sono Cool Out e West Coast. Soprattutto perchè "Sarò la tua West Coast" sarebbe la dichiarazione d'amore definitiva, per me. Quella o "Sarò la tua Málaga". O "Sarò le tue conchas finas al pil pil" . O "Sarò la tua overdose di carboidrati". 'Na roba così.







Ma sto di nuovo divagando.

Digital mi affascinava già nei 30 secondi del teaser che annunciava l'album, e continua a farlo anche ora che l'ho masticata intera. A dire il vero ancora non capisco se mi piaccia o meno, ma è la "I'm so sorry" di questo disco, e penso che dal vivo sarà spettacolare.


In generale, tutta la prima parte mi pare nettamente superiore alla seconda. Only e Stuck, ad essere sincera, le eliminerei proprio dalla tracklist. Ma poi arriva Real Life e, nell'adrenalina che ri-esplode, riscopro il miglior riscatto possibile.


Insomma: ascoltatevelo. Che ve lo dica Google oppure no.

sabato 17 marzo 2018

Italo-Spagnolismi in musica: Negrita vs. Izal


Forse vi ricorderete di quando improvvisavo irregolarissime rubriche musicali affiancando artisti spagnoli e italiani. Non che abbia mai smesso, a guardar bene. Però magari dovrei riprendere le vecchie abitudini; Perchè lo scorso 9 Marzo, da quel punto di vista, è stato un grande giorno per l'umanità. 

Facebook, opportuno come quasi mai, mi riproponeva in selfie sorridenti le emozioni del duemiladiciassette. Un festival organizzato da San Miguel. Il riparo confortevole dalla pioggia battente. Birra gratis. Spintoni. Insegne al neon. Todos a la mierda... E allora grazie Laura, grazie infinite. Perchè è stato a causa sua se, in quell'occasione, avevo scoperto Izal. 

Un anno dopo li ritengo una delle migliori band iberiche in circolazione, a diversi gradini di distanza dal resto. Sono diventati una parte importante della colonna sonora degli ultimi mesi, dalla serate Indie alla Sala Spectra fino ai tributi nell'oscurità del centro, con la bigliettaia che ricorda la Bertè. Un anno dopo "Sueños lentos, aviones veloces" é uno dei ritratti più completi di me; E "Tercera Guerra Mundial", cantata con i Full, ricama eternamente dalle cuffie brividi in stereofonia. 

Il loro nuovo disco usciva proprio nel giorno di quel ricordo, confermando e superando ogni più rosea aspettativa. Era davvero l'Autoterapia di cui avevo bisogno, la copertina in pile che riscalda negli inverni freddi. 9 Marzo. Guarda un po' le coincidenze. Perchè nell'altro mio Paese, in quella stessa data, i Negrita sfornavano Desert Yacht Club.




Ruvido. Rock. Viaggio on the road tra le contaminazioni. Un disco con i testi fatti apposta per ergersi un po' a motto. Ché anch'io aspiro a "non vedere più finestre, ma rettangoli di cielo" . 

Tra tutti e due, quegli album incarnano la speranza della mia ambivalenza nazionale. Saranno, entrambi, parte della nuova playlist che da domani mi riaccompagnerà a Sud Ovest. Il che, detto con altre parole, significa elemento inscindibile da me. 

Ho selezionato i miei tre pezzi preferiti di ciascuno, sperando di invogliarvi a scoprirli meglio. Buon ascolto. Come sempre, Italo-Spagnolo. 


IZAL - AUTOTERAPIA 

1. Santa Paz



L'amarezza rabbiosa di questa canzone mi carica come pochissime altre.
Agua bendita, tierra maldita, zapatos de tacón. 

2. Canción Para Nadie 



Struggente nella sua tenerezza, il brano si rivolge all'amore che si sogna e non è ancora nato. E, per qualche ragione connessa ad un romanticismo che mi sforzo di rifuggere, mi fa piangere ad ogni dannato ascolto. 

"Me faltan detalles que he de concretar, el color de ojos por ejemplo me da igual". 

3. Autoterapia


Il pezzo che dà il titolo al disco. Che lo apre. Che lo descrive. Una dichiarazione di intenti che prima di salire su un aereo, con la consueta solennità che attribuisco alle partenze, si presta adesso a farsi anche mia. 

"Dejaré mi mitad oscura en duermevela, y a mi otra mitad la haré dueña y señora de mis fiestas. Amaneceré como una nueva versión de humano, para compensar a este cuerpo poco y mal usado". 

NEGRITA - DESERT YACHT CLUB 

1. La Rivoluzione é Avere Vent'Anni 


Uno spaccato di quelli che - ahinoi - siamo. L'espressione delle paure che tutti, più o meno inconsapevolmente, ci siamo trovati a provare. Le nuove generazioni saranno in grado di salvarci davvero?

"Guardiamo lo schermo e proviamo sfiducia, con l'animo freddo e il polpastrello che brucia".

2. Voglio Stare Bene


La volontà di stare bene è il desiderio semplice che ha mosso le mie scelte di vita, quello che giorno dopo giorno ancora inseguo. Per questo il titolo del brano mi aveva incuriosita ancora prima di premere play. E avevo ragione, perchè è veramente bello. Forse più strettamente legato all'amore che ad una pace generale, ma comunque espressione di quella stessa tensione. E poi, in fondo, le canzoni sono fatte anche per essere interpretate come meglio si crede.

"Mentre il meglio dei miei anni sta ballando dentro a un gin, in bianco e nero su Youtube mi ripasso 'I have a dream'. C'è tutto un mondo che si è perso per arrivare fino a qua. Oggi ho gli esami di coscienza, e di uscire non mi va". 


3. Non torneranno più


La nostalgia formato canzone. Niente più e niente meno. La rabbia per le persone che ci sono state sottratte, il ricordo di un'epoca che non tornerà. Anch'io "guardo sempre avanti". Anch'io "ho sogni più arroganti". Solo che a volte, quando il cielo è meno blu, quei sogni sembrano mettersi in pausa. Ed è allora che la comprensione la ritrovi in un cd. 

martedì 13 febbraio 2018

Wonderful, Wonderful

Vorrei tanto poter dire che l'assenza di Wonderful, Wonderful dalla mia top 10 dei dischi del 2017 non è stata nulla più che un'imperdonabile svista. La verità è che come sempre arrivo a scoppio ritardato. 




Suppongo abbia a che fare con la mia ritrovata - e in fondo mai perduta - passione per Brandon Flowers. Perchè sì, faccio parte della nicchia ristretta (saremo tipo in dieci al mondo) che preferisce i suoi lavori solisti a quelli con la band. Un nuovo album dei Killers allontanava la possibilità di averne un terzo, per non parlare dell'eventualità di ascoltare finalmente Magdalena live. Insomma, non ero dell'umore. Un unico play imbronciato mentre cucinavo. Uno sbuffo. Il sugo che schizza. Niente di che. Per me potete sciogliervi, maledetti. E sono corsa via, a riguardarmi per l'ennesima volta i video del Lollapalooza su Youtube. 

Youtube, già. Mi ha sempre fatto pensare a mia nonna. Quando ero piccola bastava dirle che mi piacevano le zucchine lesse per vedermele riproposte ogni singolo giorno per almeno due settimane. Ecco, con la piattaforma è uguale. L'aprivo e Brandon, Brandon, Brandon. Brandon che alle interviste parla dei Killers. Brandon che apre i concerti solisti con Human e li chiude con Mr. Brightside. Brandon che duetta con Dan Reynolds degli Imagine Dragons (sospiro!) in Jenny Was a Child of Mine. E mi ricorda che il suo gruppo, a conti fatti, non è poi così male. 

Complice Youtube, mi sono riguardata il video di Bones diretto da Tim Burton, che era letteralmente diventato la colonna sonora della mia tesi di laurea triennale. E da lì Somebody Told Me, che mi gasava non poco ai primi tempi della discoteca la Domenica pomeriggio. Tra parentesi, chissà dove sono finiti quei pantaloni neri a zampa che amavo tanto?

Insomma: killers, killers, killers. Finchè ad un certo punto l'algoritmo non mi ha proposto il video di Rut. Il tempo di cliccarci, e me ne sono innamorata. E' stato uno di quegli amori che ti inondano gli occhi di luccichii. Di quelli che proprio non riesci a smettere di ascoltare. Una volta. E poi un'altra. E un'altra ancora. Quella canzone mi é entrata nella testa e dentro l'anima per non mollarmi più. Come Magdalena. Anzi, persino peggio. La mettevo quando avevo bisogno di conforto. Quando sentivo la necessità di una pausa. Quando stendevo. Quando mi lavavo i denti. Appena prima di dormire.



.... "I'm climbing but the walls keep stacking up" ... 


Mi rifiutavo di credere che un gioiellino così potesse stare in un album mediocre. Ed è per questo che ho dato a "Wonderful, Wonderful" una seconda possibilità.

É strano come le band di Las Vegas finiscano sempre per accompagnare i miei momenti di transizione. Era successo con gli Imagine Dragons cinque anni fa, quando intraprendevo un'avventura professionale che si sarebbe rivelata sorprendentemente lunga ed appagante. Un percorso che ancora continua, e che mi ha fatta crescere ed imparare più di quanto avrei mai osato sperare. Succede con i The Killers, a
desso che lavoro mezza giornata e passo l'altra metà ad angosciarmi. 

In Spagna c'è questa cosa incomprensibile della quota fissa per chi lavora come libero professionista. In pratica, paghi un tot al mese per mantenere la partita IVA, indipendentemente da quanto guadagni. Questa quota aumenta di anno in anno. Prima cinquanta euro. Poi Cento. Poi.

Sono arrivata a centonovantadue, che si sommano alle tasse. Sottraendoli ad uno stipendio da mezza giornata non riesco più a coprire nemmeno le spese dell'affitto. Però sorrido. Faccio finta di niente. La gente crede che la mia vita sia perfetta solo perchè ho fatto una missione del mostrare sui social soltanto il lato più spumeggiante di me.

La verità è che trovare un secondo impiego retribuito al punto da giustificare quella partita  IVA sta risultando più complicato del previsto. Per non parlare dei contratti nel mio settore. Così ho deciso di iniziare a candidarmi anche agli annunci per commesse. Agenti immobiliari. Cassiere. Qualsiasi cosa. Che un po' vuol anche dire arrendersi. Ma l'unica vera resa, per me, sarebbe  andare via da qui. 

Ci ho messo tanto, cavolo. Otto anni solo per decidermi. Ho affidato l'anima, il cuore e l'insonnia a questa città. E proprio adesso che mi sembra di averci finalmente costruito una vita dentro, ho il terrore assoluto di doverla lasciare.

Non lo dico ma lo conosco, il sapore salato che hanno le lacrime calde quando mi scorrono all'improvviso sulle guance mentre sono seduta alla scrivania. Non chiedo aiuto ma lo so quanto può essere lunga una notte quando hai la sensazione di essere immersa nell'acqua che sale, e sale, e sale fino a non farti respirare più.

Eppure non voglio, e tantomeno posso permettermi di mollare.

Non posso perchè Wonderful, Wonderful sono le cene tra amici, col liquore di ciliegie che avevo scambiato per olive nere. E, chissà da quanto, poi, stava lassù. Wonderful sono i finti addii al nubilato con le fascette colorate "amigas de la novia" e i personaggi pittoreschi che incontri per strada. Wonderful, wonderful sono le spiagge ad Ovest dove non eri ancora mai stata, in uno di quei giorni che sembra già primavera. E ancora le band che suonano dal vivo nei locali del centro, Plaza Merced coi mercatini la Domenica Mattina e i mille festival da organizzare. Wonderful è la ragazza della scuola di danza che viene a trovarti a casa portando i cioccolatini con cui accompagnare il tea. E' Ursula Moreno che a lezione di flamenco ti dice che "hai orecchio" e che "sai stare a compás" dopo che per sette anni hai lottato per capire il contratiempo. E vorresti abbracciarla per la felicità.





... "Keep your ear to the shell, stay on the path that leads to the well"... 

Wonderful, Wonderful è l'amica che rivedi dopo dieci anni dall'Erasmus, e ti accorgi che é passato il tempo solo perché ti chiede de El Canto del Loco. Stupende sono le serate alcoliche guardando Sanremo. La resaca con due giorni di ritardo. Le conversazioni con la fruttivendola del quartiere. I commercianti che oramai ti riconoscono per strada. Wonderful, Wonderful é il pesce di cartapesta che brucia nel faló delle tradizioni; E questo cielo così perfettamente azzurro che, chissà come, riesce sempre a guarire ogni male.

Pare che questo duemiladiciotto abbia deciso di mettermi alla prova. Ma ogni volta che apro la porta, tra le arance cadute a terra e il vento di Levante che mi scompiglia i capelli, Málaga riesce a convincermi che in qualche modo, alla fine, l'avrò vinta io.

Ah: quello dei The Killers è veramente un album strepitoso. 




... "I didn't see this coming, I admit it, but if you think I'll buckle, forget it"





sabato 30 dicembre 2017

I miei 10 dischi del 2017

Ammettiamolo: a livello musicale, il 2017 non è stato niente male. Denso di uscite almeno quanto lo è stato di fatti. Ma, se i dati di Spotify riflettono piuttosto bene la mia deriva flamenca, non tengono altrettanto conto dei cd messi in bella mostra sulla libreria, degli mp3 in riproduzione casuale su iTunes, degli ascolti ossessivo-compulsivi di quest'ultimo mese. Ecco perchè ho voluto stilare un bilancio più preciso, elencando in ordine di preferenza i dieci dischi che più ho amato di quest'anno in conclusione. 





1. Cesare Cremonini - Possibili Scenari 

Capita di andare a dormire e risvegliarsi nel 2011. O almeno è questa la sensazione che provo, quando ascolto Cesare in loop costante e mi emoziono perchè Dani Martín lo esalta su Twitter. Non fosse per Málaga, direi che niente è mai cambiato. Sono ancora la ragazzina battezzata di birra sui capelli e transenne deformate di spintoni al primo concerto dei LunaPop. Quella che alle otto del mattino trascinava le occhiaie fino alle porte dell'hotel Vincci pur di regalare l'ennesimo album del solito italiano a un tizio di Madrid. Allora
 play. Finisce. E play di nuovo. Sarà pure uscito tardi, ma Cremonini torna ed essere quello della Teoria dei Colori, del rumore sinistro di una copertina inzuccherata di Coca Cola, dell'estate su una barca, e Parma e i progetti per il futuro. Gli arrangiamenti raffinati di Possibili Scenari sono la versione adulta di quel qualcosa di inspiegabile che in quella voce mi ha sempre stregata. Capitolo mille, capitolo uno.


Tra le tante cose da segnalare in questo 2017 c'è senza dubbio la maggior quantità di indie rock tra i miei ascolti musicali. Non mi ero mai presa la briga di conoscere i Vetusta Morla al di là delle loro hit più note. Capo cosparso di cenere. Mia colpa. Mia grandissima colpa. Questo disco mi è piovuto addosso come pioggia fresca dopo anni di siccità. Mi ha stregata. Rapita. Conquistata al primissimo ascolto per soggiogarmi del tutto dal secondo al millesimo. É uno di quei lavori in cui la traccia preferita cambia di giorno in giorno, a seconda dello stato d'animo. Quelli che ti sembrano ogni volta in parte nuovi, con il tipo di sound eterno che probabilmente anche tra dieci anni continuerai ad apprezzare. 


Ancora ricordo quando, spinta dalla curiosità delle eccessive lodi, ho ascoltato per la prima volta questo disco su Spotify. Vivevo ancora a Huelin. Il sole inondava il soggiorno e un mondo intero mi si spalancava con le prime note. Ricordo di aver pensato che era da tanto che un italiano non scriveva testi così perfetti, raccontando nello stesso istante un preciso momento storico e l'individualità qualunque di chi come me si trova a viverlo. Canzone contro la paura, La Verità, il Costume da Torero...quante volte, da allora, ho tediato i vicini nella megafonia naturale del patio! Quante volte mi ci sono specchiata! Quante volte è stato un vero peccato che non potessero capirne le parole. 




Signori della Universal, per Dio, date a quest'uomo la visibilità che merita. É un appello accorato, il mio. Ché investire nella rotazione sui network top 40 non basta mica, se lo fai solo con il primo singolo. Era Bellissimo è stato per l'italiano medio la promessa di un Grande Ritorno di cui ha subito perso le tracce. Buttami via, parliamone, era persino meglio, eppure i passaggi sono stati dimezzati. Ogni volta che ascolto brani come "La cenere dal cuore", "Da domani", "Il lungo addio" o "Mamma ho riperso l'aereo" sbotto per la rabbia di una profonda ingiustizia. Questo disco è stato il parto complicato al culmine di una gestazione troppo lunga, valsa trasferimenti, trasferte e cambi di vita. Ma l
'italiano medio che ne sa. Lui continua a non sentirlo in radio, a ricordarlo per (sigh!) Maria Salvador; e proprio non ha idea di cosa si perde. 






Lo so cosa state pensando: soltanto al quinto posto? In una classifica MIA? Eh. Il punto è che Evolve non è stato un disco facile da apprezzare. Per quanto adesso lo adori, e per quanto ammiri da sempre chi ha il coraggio di sperimentare con i sound,  è inutile negare che non raggiunge i livelli di Smoke+Mirrors o Night Visions. Ad ogni modo canzoni come Believer, Whatever it takes, Walking the Wire e la mia adorata Yesterday continuano a rendere questi quattro ammeregani imprescindibili nella colonna sonora della mia esistenza. Ai Grammy, manco a dirlo, tifo per loro. Sono convinta che li meritino, e di gran lunga molto più di Despacito. 





Mi sembra passato un secolo da quando, all'inizio dell'anno, El Pescao rinasceva con il suo nome, di nuovo sotto etichetta Sony. Un secolo dal trailer con l'evoluzione da pesce a uomo con chitarra, dalle anteprime nella sede di Twitter Spagna, da quando ero uscita per cercarlo alla Fnac. Due concerti, un'intervista e tante avventure dopo sono ancora affascinata dall'autobiografismo estremo di David y Goliath; E come allora resto innamorata di Me Voy, su tutte, perchè l'atto di andarsene ha sempre suscitato su di me un qualche tipo di assurda, pericolosa attrazione. 





Se il lavoro precedente dei Baustelle mi aveva lasciato un retrogusto amaro in bocca, con questo mi hanno riconquistata. Amanda Lear, Eurofestival e Il Vangelo Di Giovanni mi hanno accompagnata di playlist in playlist, riassumendo a perfezione il mood di un album che mi riporta ai tempi in cui li amavo per Baudelaire, Un Romantico a Milano o Charlie fa Surf. Un bentornato di inizio anno che è ancora riscoperta undici mesi dopo.







Chi ha condiviso con me anche soltanto una minima parte di questo 2017 sa bene che questa band ne è stata una componente tanto imprevista quanto essenziale. Da quando mi hanno stregata con La Inmensidad fino a quando ne ho apprezzato le qualità live alla Fnac c'é stato tutto un mondo fatto di notti tarde ed Héroes del Sábado, pulizie pomeridiane, Himno Nacional e secessionismo in televisione. Come in una scelta di doverosa continuità, il loro concerto sarà presumibilmente il primo a cui assisterò nel 2018. 







Gli applausi di Sanremo. Il bagno di lustrini dell'Eurofestival. Le spagnole quasi tutte innamorate. Il Gorilla come icona nazionale. Chiunque dica di non aver ascoltato nemmeno una volta Occidentali's Karma mente e chi non ha dato almeno una possibilità all'album che lo contiene si è sicuramente perso qualcosa. Francesco Gabbani è stato senza dubbio uno dei personaggi dell'anno. In un'abitudine tutta nostrana, più di tre quarti dei tuttologi col web gli ha voltato le spalle nel momento in cui si è permesso di "criticare" gli Afterhours, dimenticando che fino a poco prima stava per dichiarare guerra a San Marino in virtù dei punti che non gli aveva affidato. Poco male. Al di là degli snobismi e delle posizioni estreme, oggi restano i suoi diari di viaggio formato video dal palcoscenico di Kiev, la mutua ammirazione tra lui e il portoghese e - soprattutto - brani come lo scoppiettante "tra le granite e le granate", l'attuale singolo in rotazione "la mia versione dei ricordi" e quello che dà il titolo al disco: in assoluto il mio preferito. 






La già vertiginosa aspettativa per il nuovo album di Sabina era stata alimentata dalla produzione di Leiva e da due singoli a dir poco perfetti come "Lo Niego Todo" e "Lágrimas de Mármol". Alla resa dei conti, però (e forse proprio per quell'eccesso di aspettativa) il disco non mi ha convinta quanto avrei voluto. Forse troppo denso per una masticazione agevole mentre pulisci le finestre col Vetril, resta comunque degno di nota in virtù di brani come "Canción de Primavera" e  frasi come "Si no estás enamorada, vente al Sur ". 




Tra le altre uscite discografiche dell'anno non posso non menzionare poi la leggerezza solo apparente di Rozalén, il recente greatest hits di Dani Martín, il nuovo lavoro dei Negramaro e l'osannatissimo Camino, Fuego y Libertad di Pablo López, che però devo ancora ascoltare. E voi quali dischi del 2017 avete amato di più? Condividete la vostra top 10 nei commenti, se vi va: sarò felice di trarne ispirazione per gli ascolti dell'anno a venire!








martedì 26 luglio 2016

3 canzoni spagnole (e un bonus) per l'estate


Lo so che vi ho abituati a considerare la Domenica come il giorno riservato ai miei senz'altro utilissimi (?!?) consigli musicali. É però altrettanto vero che le canzoni in spagnolo - almeno secondo gli italiani - fanno coppia fissa con l'estate. E cos'è l'estate se non la Domenica del calendario annuale? Sì, va bene: mi sto arrampicando sugli specchi. Il punto è che ho deciso di venir meno alle mie stesse tradizioni pur di condividere con voi i tre brani Made in Spain che più spesso mi accompagnano in queste settimane di ricerca casa e progetti disertati di aggiornare il profilo LinkedIn. C'è anche un bonus che con la Spagna non c'entra niente. Così, giusto per dare alla lista un respiro più internazionale. Pronti, attenti, play!

1. Los Charcos - Dani Martín


 Non potevo cominciare che con lui. Il nuovo disco di Dani - è ufficiale da poco - uscirà il prossimo 23 Settembre. Due giorni prima di quel mio biglietto solo andata, puntuale come sempre nell'enfatizzare le tappe importanti della mia vita. Insomma, quella voce che sa di casa pare già predestinata ad insinuarsi per calmarmi tra pieghe di un trasloco. E, a dirla proprio tutta, non sono neanche certa che mi faccia piacere. Quel che è certo è che Martín sembra avere una discreta fretta di far conoscere al pubblico il maggior numero di brani possibili prima di quella data. All'inizio c'é stato Las Ganas, con il suo attacco di chitarre un po' incazzate e il videoclip con quella scena discutibile, discussa e discutibilmente discussa. Un videoclip che, diciamolo, in generale bah. In contemporanea, è uscito anche Dibujas: la ballata più sofferta che quelli più giovani etichetterebbero come web single e le anime vintage come ricordo di b-side nei singoli in vinile. Manco il tempo di entrare nelle top 10 radiofoniche spagnole, ed ecco che l'ex frontman de El Canto del Loco ci presenta ora Los Charcos. Che, vabbè, le sonorità non sono niente di nuovo. "Ricorda altri suoi brani" è un po' il commento condiviso. Ma a volte, per farti innamorare di una canzone, basta un verso al posto giusto. Uno e uno soltanto. Ascoltate: "Y tendrás que pintarme las estrellas cuando el cielo no las saque por temor". Traducetelo in "dovrai dipingermi le stelle quando il cielo non le farà uscire per timore". Aggiungeteci la mia inspiegabile ossessione per le strofe in cui si parla di stelle (vedi Il Cile, vedi Cremonini, vedi gli Imagine Dragons) in ogni tipo di canzone, e ditemi se poteva rimanermi intatto il cuore.

 

2. Guerra Mundial, Leiva




 

La data di uscita di questo brano mi aveva fatto sollevare un sopracciglio. Era in corso, se non sbaglio, il Golpe in Turchia. Forse si era appena concluso. Forse doveva ancora cominciare, non lo so. In ogni caso, tra Nizza e Dacca, gli equilibri internazionali mi erano sembrati troppo fragili per l'uscita di un pezzo intitolato "Guerra Mondiale". Ricordo di averlo trovato di cattivo gusto. Potevano rimandare, eccheccavolo, sceglierne un altro. Poi, però, ho premuto play. Sono bastate due note a farmi ricredere: un po' perchè il testo, con la guerra, c'entra solo in quanto metafora, ma soprattutto perchè Leiva - 'nnaggia a lui, detto col pugno tra i denti - ha questa strana proprietà di non deludere mai. L'album Monstruos esce il prossimo 26 Agosto, anticipato anche dal primo (ma forse qualitativamente inferiore) estratto Sincericidio. 


3. Sonrío (La Vita Com'é), Álvaro Soler 










 
Sarà sempre troppo tardi quando l'italiano medio imparerà a pronunciare correttamente il nome dell'autore del tormentone dell'estate. L'accento sulla prima A, che diamine, è così difficile? Comunque. Se siete comprensibilmente stanchi di Sofía, vi consiglio di spulciare tra la tracklist del suo album Eterno Agosto (Italian version) alla ricerca di prodotti molto più italo-spagnoli. Il primo lo rintraccerete nel duetto con Emma. Il secondo, che a me piace di più, è rinchiuso in questa collaborazione con Gazzè: nient'altro che la traduzione spagnola di un brano passato fino alla nausea in radio, ma che per ritmi e metrica si presta spaventosamente bene alla lingua castigliana.

Bonus: Young & Wild, The Strumbellas






Nella mia vita, evidentemente, c'era bisogno di speranza. A portarla ci hanno pensato loro, gli Strumbellas, che con HOPE si sono ufficialmente aggiudicati il personalissimo titolo di miglior album dell'ultimo periodo. Tra tutti i brani, il mio preferito è forse Young & Wild, che sto consumando con la stessa avida voracità dell'estate. Inutile dirvi che il verso "I Jump off from an airplane, to see if I can fly" (salto giù da un aeroplano per vedere se so volare) l'ho già distorto in metafore sbagliate pur di darci un senso malagueño e tutto mio. 





E voi, tra questi, quale preferite? 






sabato 4 luglio 2015

La musica spagnola consigliata dai fan (italiani!) dei Negrita

Gioia Infinita racconta ogni rientro dalla Spagna. Notte Mediterranea, il mio Erasmus a Málaga. Che i Negrita fossero un po' degli itañoli mancati, in fondo, io l'ho sempre detto e sospettato. La conferma, però, è arrivata da Facebook soltanto qualche giorno fa.

Nella foto, un cartello indicava i 15 kilometri scarsi che dividono il culo in Europa dal cuore in Africa. Nella didascalia, il cantante Pau si dichiarava rotolato - ancora - verso Sud.

Sì, insomma, si trova ormai da un po' in Andalusia. E pare essersi ambientato anche piuttosto bene, dato non riesce ad ascoltare altro che non sia Macaco o gli Ojos de Brujo. É proprio per questo che chiedeva consigli ai fan: per arricchire un menù musicale vacanziero già al 90% Made in Spain. E siccome i filo-ispanici, al richiamo della Seconda Madre Patria, rispondono sempre con indicibile entusiasmo, i quasi 350 commenti hanno finito con il rivelarsi (almeno per me) più interessanti del post. 

Sono in Andalucia ormai da un bel po', e me me tornerò proprio a ridosso del tour... Tra fare il babbo ed il...
Posted by Negrita on Lunes, 29 de junio de 2015



Sono andata a scremarli con interesse quasi scientifico, curiosa di scoprire quali fossero i musicisti spagnoli più amati dai fan italiani della band. C'era chi - con umorismo per la verità scontato - raccomandava di ascoltare "i Negrita, hai presente?". Il che è un po' come se consigliassero a me di leggere il mio romanzo, e cioè assolutamente insensato (dico sul serio: perchè lo fate?). C'era chi promuoveva il patriottismo musicale, all'insegna del motto "Italians do it better". Quelli che, considerata la destinazione, ricordavano il classico Spanish Caravan dei Doors (Andalusia with fields full of grain, I have to see you again and again!). C'erano i simpaticoni che nominavano ridendo Gigi D'Alessio e Violetta. Persino qualche sporadica band in vena di auto-promozione. E, in mezzo a tutti loro, molte conferme e più di una sorpresa. 

I musicisti spagnoli più consigliati in assoluto sono anche tra i più generalmente noti al pubblico italiano, come Manu Chao e i Chambao. Più inaspettato il terzo posto a Fito Y Los Fitipaldis, che guarda caso proprio assieme ai Negrita formavano la colonna sonora del mio Erasmus. Segue l'obbligo morale di immergersi nelle atmosfere flamenche con Paco De Lucía e Camarón de la Isla. Molto amati anche Bebe, Muchachito Bombo Infierno e Los Delinquentes. Hanno più di una raccomandazione anche Joaquín Sabina, Heroes del Silencio e i Canteca de Macao

Tra gli altri commenti a sorprendermi è stata, in generale, la varietà. Si spazia dal pop di Efecto Pasillo e Melendi all'indie dei Vetusta Morla passando per una serie di gruppi e di album che (lo confesso) non conoscevo manco io. Quello che più mi ha colpita, però, è senza dubbio il tizio che suggerisce "El Canto del Loco da Madrid". Voglio dire: Chi sei tu? Da dove vieni? Perchè non ti conosco?

seguire, l'elenco completo dei consigli ispanici arrivati al frontman dei Negrita. Chissà che non ispiri anche le vostre playlist da viaggio!



sabato 6 dicembre 2014

Italo-spagnolismi musicali: i Negramaro a Madrid [Le Foto]

Gente, siamo di fronte ad un fenomeno innegabile. Dopo la fuga dei cervelli, delle galline e, in alcuni casi, dei neuroni, anche i musicisti nostrani sembrano scegliere sempre più spesso la strada del lavoro oltre-confine. C'è chi se ne va negli States, che fa sempre figo. Chi opta per l'Irlanda, come i Negrita ,che sclerano di brutto con gli ippopotami (basta Guinness, ragazzi, dai). E anche chi, all'evidente ricerca di un italo-spagnola award, prende invece un aereo con destinazione Madrid. É il caso dei Negramaro che - l'ho scoperto per caso - hanno registrato il loro prossimo album proprio nella capitale spagnola. Oltre agli ovvi scenari dello studio, le foto da loro postate sui social network durante la permanenza iberica hanno riguardato anche amenità piú prettamente turistiche, quali le decorazioni natalizie, le bizzarrie mascherate che popolano la Puerta del Sol o lo SpiderMan panciuto residente in Plaza Mayor, che ha immediatamente scatenato un'orda di commenti da parte di ex studenti erasmus su Instagram. Eccovene una selezione, ricordando molto sottilmente che potete segnalare anche i vostri vip italo-spagnoli preferiti fino all'8 Dicembre a questo link. 

Una foto pubblicata da negramaroofficial (@negramaroofficial) in data:
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domenica 16 novembre 2014

Orecchio assoluto 1.0: l'album che educa i bambini alle note

C'é un progetto di cui mi preme parlarvi, e non é soltanto per questioni di amicizia. In fondo lo sapete, che l'alternanza di deliri e serietá é sempre stata uno dei tratti distintivi di questo blog. Sì, insomma: la versione digital dei miei sbalzi d'umore. Amo la musica, é un dato di fatto. Ed é per questo che trovo innovativo “Orecchio Assoluto 1.0”, un album studiato per sviluppare la capacitá di individuare le note al primo ascolto nei bambini in tenera etá. Non solo: ma chiunque, dopo il play, provi a riprodurne vocalmente i brani svilupperá l'intonazione. Cosa di cui, peraltro, avrei un disperato bisogno anch'io.



Responsabile dell'idea é Giuliano Prada, compositore, arrangiatore e realizzatore di tutti i pezzi. Non soltanto un grande strumentista attivo – tra innumerevoli altri campi – sulla scena flamenca italiana; ma anche (e, in questo caso, soprattutto) un insegnante di musica con esperienza ultra ventennale. Proprio i suoi studi e la sua abitudine all'interazione con i ragazzi delle scuole l'hanno portato a mettere a punto il CD, che é giá disponibile su tutte le principali piattaforme online: iTunes, Amazon e GooglePlay.

“L'orecchio assoluto non è riconducibile a una ragione genetica, ma si può formare gradualmente con metodo e con paziente ascolto” - si legge sul sito - “Costruire le strutture mentali per acquisire l'orecchio relativo o allenarsi per impadronirsi dell'orecchio assoluto è solo una questione di paziente esercizio.” Un esercizio che, in questo caso, avviene addirittura in forma passiva. Più comodo di così…! 



Ogni brano del progetto è disponibile in due versioni. La prima (tracce dall'1 al 10) prevede lo strumento seguito dalla voce e serve ad imparare ad associare un suono alla nota corrispondente. Consigliato soprattutto per l'ascolto nei primi mesi ed anni di vita del bambino.

La seconda versione (tracce 11-20) prevede la voce seguita dallo strumento ed invita il fruitore a riprodurre vocalmente le brevi melodie ascoltate. L'obiettivo è, in questo caso, quello di educare la voce all'intonazione ed è perfetto soprattutto per affinare le doti di chi già canta in un coro o chi, in generale, aspiri ad un miglioramento delle proprie capacità canore.

Gioco formativo per i bimbi ed utile esercizio per gli adulti, “Orecchio assoluto” è perfetto per un momento di condivisione musicale tra figli e genitori. Genitori che, peraltro, sono messi in guardia sulle pericolosissime controindicazioni: “attenzione! Potreste anche voi involontariamente migliorare il vostro orecchio musicale e la vostra intonazione.”

Per approfondire vi consiglio una scorsa al sito web ufficiale e alla relativa pagina facebook. In bocca al lupo a Giuliano e tutto il team.   

lunedì 8 settembre 2014

In Cile Veritas.

Sensazione strana, quella della fiducia ripagata. 
Ti vien voglia di gridarla ai quattro venti. Condividerla, orgogliosa, negli "avevo ragione". 
Che poi tu mica c'entri. Non hai fatto proprio nulla, se non pagare (e dieci euro, mica un capitale!) per un pre-ordine su Amazon. No. La tua sola parte attiva nel progetto, se mai c'è stata, si è limitata all'assillo dei tuoi rassegnati amici, quelli che ancora si chiedono - poracci! - quand'è che smetterai di vivere laddove un palco muore. 
Eppure eccoti qui, esaltata come le due quindicenni che ami affermare ti compongano i trent'anni. Ridicola, probabilmente. Ma, fuori da ogni dubbio, sollevata. 




Dovevo parlarne, perciò, del nuovo album de Il Cile. Ci ho riservato un primo ascolto febbrile, costruito di attese protratte e curiosità nutrita di commenti positivi. I mezzi erano quelli che erano. Un paio di cuffie intorcigliate. Un vecchio computer ormai talmente scassato da impedirmi di fissare altro che non fosse la schermata di Spotify (alla lunga, interessante quanto la vernice che si asciuga). Si impallava, ad aprire altre finestre. Evitava, da solo, qualsivoglia distrazione. E allora ci ho chiuso gli occhi, su tutto quel nero. 37 minuti di pausa dal mondo. Un incresparsi di brividi che è iniziato ad accentuarsi già al crescendo musicale di ascoltando i tuoi passi.

Dietro a In Cile Veritas c'è, nel complesso, un cantautore più positivo e leggermente meno criptico di quello conosciuto con Siamo Morti a Vent'anni. Di quel disco però conserva e ulteriormente affina le caratteristiche essenziali, in una tensione al miglioramento che - come ho scritto più volte - è in ogni campo artistico la sola cosa in grado di garantirti un futuro. Il timbro vocale, per esempio, resta inconfondibile nel suo spezzarsi arrugginito e roco. Si fa, però, più rotondo e pieno, più sicuro di sé, capace di virtuosismi assenti nell'opera prima. I testi stessi, per quanto sembrasse difficile, eguagliano - se non addirittura superano-  in profondità quelli a cui ci aveva abituati dal 2012 di Cemento Armato. Versi da pelle d'oca sono disseminati qua e là a densità talmente elevata da rendere difficile la scelta ogni volta che vorresti citarne qualcuno. Malinconia, tenerezza ed ironia ci si alternano dentro a comporre un quadro che, come solo Il Cile riesce a fare, racconta una generazione intera semplicemente parlando di sé. Ascoltate Liberi di Vivere e capirete cosa voglio dire. 

A livello tematico, l'alcol è il filo conduttore che lega sottilmente le 10 tracce, giustificando il titolo dell'opera e la scelta (discussa e forse discutibile) del primo singolo estratto. Bicchieri consolatori di Jack Daniel's, tequila, bottiglie vuote ed anime ad alta gradazione sono, a ben vedere, il fondale di un'unica storia che si snocciola poetica e viscerale in collane di parole da perdercisi dentro.  Una volta mi ha detto, Lorenzo Cilembrini, che quando scrive abbonda in "labor limae". Beh, secondo me in questo disco si nota e gli è riuscito più che mai. 

I brani migliori? Personalmente direi "Parlano di te", il momento più alto di tutto l'album. Crepuscolare nei suoi piatti da lavare; visivo nel suo descrivere di oggetti e situazioni comuni la fine di un amore; semplicemente lirico già dalla prima strofa, che anche slegata dalla melodia è un dipinto prezioso a pennellate di parole. 

"Luglio coi suoi passi felpati sulla terra secca e l'asfalto con le rughe, mi prende ogni volta alle spalle come i brividi delle mie paure". 





Per non citare "Parlano di te queste stelle ormeggiate in un mare al contrario di una notte d'estate", una delle mie frasi preferite in assoluto assieme a "Ogni volta che ti osservo nel mio sangue si scioglie la Luna" di Vorrei Chiederti (ribadisco: sono una romantica, che ci volete fare?) 

Poi "L'Amore è un suicidio": la botta di vita del disco, la sferzata di energia rock, l'irrinunciabile parentesi ironica in cui riversare fiato e polmoni. 





Un'Altra Aurora (PS: correggete il booklet, c'è un refuso!) sorprende nel suo rivelare un Cile tutto sommato finalmente sereno. Perché la cerca così tanto che "si ammazzerebbe", sì. Raccoglie i suoi rottami, e lascia le unghie sulla parete. Ma poi ringrazia la sua vita e si perde nell'immenso di ogni suo sorriso. Orecchiabile e destinata ad incollartisi dentro, con quel suo nananananananana che ti condannerà a canticchiarla fino alla perdizione. 




E ancora "Sapevi di Me", il singolo attualmente in rotazione. Quello che mi ha sciolta, conquistata e catturata fino a diventare il mio mantra personale. Il biglietto da visita vero che apre In Cile Veritas con quella che è a conti fatti una sorta di seconda parte del brano, omonimo, che dava il via a "Siamo Morti a Vent'anni". 




A convincermi un po' meno è invece Maryjane. Leggermente modificata in alcune parti del testo rispetto alla versione che ci aveva regalato Il Cile in un video su Facebook. Carina, senza dubbio. Ma, forse anche perché priva del fascino della scoperta, di livello lievemente inferiore alle altre. 

Baron Samedi perde un po' la carica esplosiva che ha nella versione live, la dirompenza di quel video consumato di play. Ma è comunque bello avere finalmente incisa la frase in cui , sin dalla primissimo ascolto, mi sono ritrovata più che in qualunque altra. Perché anche "Il mio cervello è una centrale nucleare con le scorie da smaltire" e ogni volta che l'ascolto mi sento un po' meno sola. 





"Sole, Cuore, Alta Gradazione", infine. Quel singolo che, col senno di poi, forse non era il più adatto ad introdurre l'album. Non per il brano in sé (che a me è piaciuto subito, e continua a piacere) quanto per le reazioni avute. Chè sono stati in molti a non averlo capito. Si sono soffermati all'involucro di sonorità radiofonicamente accattivanti per non arrivare a cogliere la derisione intrinseca, parodica e satirica, del testo. Chi si aspettava il ritorno del tizio di Cemento Armato ne è rimasto a volte un po' deluso, ed è un peccato perché quel tizio, invece, ne "In Cile Veritas" c'è tutto, dal primo all'ultimo di quei trentasette minuti. Ed io, ascoltandolo, riscopro nei suoi confronti quella stessa ammirazione assoluta e  intimidita che provai quando, in auto verso Gorizia, inserii per la prima volta "Siamo Morti a Vent'anni" nello stereo. 

Chè certe parole, non si sa come, ti specchiano. Cambiano. Toccano dentro. E Il Cile, con me, è riuscito a farlo di nuovo. Ha dichiarato, a La Stampa, che scrivere  "è quello che so fare, non so fare altro". Posso solo augurargli di non smettere mai.