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martedì 14 marzo 2017

"David y Goliath": il ritratto più intimo di David Otero.

Mi sembra ieri che ho comprato il biglietto online, fissando mentalmente al 17 Marzo la data d'inizio di una delle stagioni concertistiche più appassionanti degli ultimi tempi. Da allora sono passati giorni, settimane, mesi. Nuvole veloci si sono rincorse in un cielo variamente azzurro mentre le coperte lasciavano piano spazio ai costumi sulle corde per stendere del patio. 

Per questo mi sembra incredibile che il countdown sia ormai agli sgoccioli. Venerdì andrò a vedere David Otero (aka El Pescao, aka gli strascichi di passione di una vita in musica); Ed è emozionante, dopo tanti anni, rendersi conto che per la prima volta potrò farlo senza bisogno di aerei, autobus o eccessi di preavviso. 




Suona a Málaga, a La Cochera Cabaret. E per l'occasione mi è sembrato giusto scrivere il post che rimando da una vita. Perchè avrei voluto parlarvene molto prima, dell'ultimo disco di David. Quando ancora odorava di nuovo. Quando l'involucro in plastica della Fnac conservava insieme il rumore dell'aspettativa e un silenzio vuoto di recensioni. Ormai lo sapete che la vita qui mi scompiglia i piani. Adesso di parole se ne sono spese tante, proporzionali al numero di riproduzioni in loop che ho concesso a quel quadrato musicale. 

Non mi rimane molto da dirvi, adesso, se non che la ritrovata identità di David gli ha regalato il disco migliore della sua carriera solista. O che riesce sempre, in qualche modo, ad essere un'iniezione istantanea di buon umore. Tra i miei brani preferiti ci sono "Un mundo para ti", la già citata "Me voy", l'ossessiva "Me enciendes" e l'ultimo singolo "Aire": un gioiellino in cui, come già accadeva per "Castillo de Arena", di nuovo gli elementi naturali si personificano per diventare protagonisti di una storia d'amore. 

Quello su cui però vorrei richiamare la vostra attenzione è "David y Goliath", la traccia che chiude l'album. É un pezzo che tende a passare inosservato. Snobbato dalla maggior parte dei fan. Diverso nel genere. Forse leggermente inferiore agli altri nella qualità dell'arrangiamento. Eppure - magari sarò strana - a me è subito piaciuto da morire. Il fatto è che ci trovo dentro il ritratto più completo ed intimo di David. Mi fa sentire felice di averlo conosciuto quel tanto che basta per sentirci l'eco di tutti i post, le conversazioni in camerino, le caramelle gommose e i marciapiedi di un quartiere di Madrid. E, cosa forse ancora più importante, nonostante sia così personale riesco lo stesso ad identificarmi in molti dei versi, con tutte le mie moderne e banali contraddizioni. 

Vi lascio la traduzione del testo, invitandovi ad ascoltarlo qui. 




Davide e Golia

(David Otero)

Non sono né alto né basso, 
né grasso né magro, 
Un po' solitario e non mi raso mai. 

Mi piace camminare per il lato della vita
In cui nessuno mi mente ma tutti mi guardano
Sono uscito dalla mia bolla e ho potuto guardare l'orizzonte
Io non mi rendevo conto 

Di cosa avevo di fronte: 
un mondo pieno di milioni di persone, 
ciascuna col suo sogno, 
ma quasi tutte sole. 

Io mi sento diverso 
da quasi tutto quello che vedo
Mi piacciono quelli in basso, 
a quelli in alto non credo. 
Sono un calciatore frustrato e con la dislessia
Un Cristiano dimenticato
che un giorno è andato in Chiesa, 
ma perché obbligato. 

Sono pigro 
nei confronti di tutto quello che non mi diverte
Schiavo dei social, 
connesso a tanta gente. 

Mi irritano le critiche 
e mi piacciono gli elogi, 
soprattutto se li ricevo 
per le cose che faccio. 

E tu che pensi 
che non ho dato il meglio di me, 
prigioniero del silenzio che non ho mai sentito. 
Sembra troppo tardi
e ti sei dimenticato di vivere. 
Magari se risvegli dentro di te
Le cose che solo troverà l'amore
capirai un po' alla volta
e prima che io possa continuare. 


Sono una via di mezzo
tra egoista e solidale.
Mi piace guardarmi allo specchio ogni giorno,
Mi annoia seguire tutta la politica, 
ma non c'è alternativa 
perchè ha bisogno di critica!

Ogni tanto nuoto
e mi credo una stella: 
spot alla tv, concerti alla feria...
Ma quando torno a casa e mi spoglio
sono un idiota come qualunque altro uomo nudo.

Io non venivo mai notato
dalle ragazze del mio quartiere, 
però mi consolavo con una del calendario. 
Fino a 17 anni non ho dato il mio primo bacio
ma è stato bellissimo 
perchè nessuno bacia come me. 

E tu che pensi 
che non ho dato il meglio di me...

Preferisco chiacchierare 
con il fruttivendolo del mio quartiere
che farlo con un swagger 
che era hipster un anno fa. 
Sono passato dall'essere l'ultimo della fila
a suonare su palchi davanti a migliaia di persone. 

Adesso sono di nuovo lo sfigato di prima, 
Con molti anni e tutta la vita davanti
Capisco meglio cosa mi ha dato la vittoria: 
sono quelli che ho davanti, 
non è la fama né la gloria

Non credo né al fallimento né al successo nella vita
Non credo negli estremi
Né nell'arrivare fino in cima, 

Mi sembra meglio godersi ogni singolo passo, 
anche se piccolo, 
anche se andiamo piano. 

Ed é tutta una pazzia:
innalzare la guerra come bandiera, 
i confini sulla terra, 
la quantità di barriere, 
i mari inquinati, 
i poli che si scongelano, 
uccidere migliaia di balene
e guardare dall'altra parte

Però, attenzione: bisogna andarci piano
perchè io sono il primo che consuma come un matto. 

Mi piace avere un iPhone e un paio di Levi's, 
guardare il calcio sui canali a pagamento...
io sono più snob degli snob. 

E come cavolo faccio?
Vado a vivere in campagna 
con un orto vicino a un lago 
e smetto di mangiare tanto? 
É che sembra che ci troviamo in un gioco molto complesso, 
chiusi in casa anche senza avere le sbarre. 

Dai il meglio di te adesso
che é il tuo ultimo minuto 
Me ne vado a quel paese
se non mi godo quello che faccio 
Dicendo quello che sono 
e a chi avesse qualcosa da ridire lo stendo
come Golia con la mia fionda. 


martedì 26 aprile 2016

Bentornato, David Otero


Ad uno sguardo attento, la metamorfosi de El Pescao era prevedibile. Premessa forse già dalla firma del contratto con la Sony. Sicuramente annunciata sottovoce da quando, uno dopo l'altro, aveva preso a rinominare i suoi account. 




David Otero: è così che si chiama ora. É così che si è sempre chiamato, cioè, solo che adesso ha scelto di farlo anche sul mercato musicale. Una scelta che si giustifica in virtù di una maggior autenticità ma che, parliamoci chiaro, lo rende soprattutto più identificabile al grande pubblico.

Difficile pensare che non ci sia un ragionamento di marketing, dietro. David, in fondo, è il figliol prodigo che torna sotto la protezione delle major. Il ribelle scappato di casa per sperimentare la vita indie. Naturale che il reintregro nel mondo dei Grandi Profitti abbia presupposto almeno qualche condizione. 

Tipo il cambio di nome. Un nome che ricordi anche alle menti più distratte il passato nel Canto del Loco. Un nome che, così facendo, lo collochi senza sforzo sotto l'etichetta del Pop Rock. Perchè El Pescao, diceva qualcuno, sembra flamenco. Sembra un gruppo. Confonde. E la confusione spiazza fan, espositori di cd e network radiofonici. La confusione non vende, punto e basta. Se non vende, non potrebbe essere Sony.

Ma, quand'anche fosse così, non ci sarebbe niente di male. L'ho capito l'altro giorno, quando David ha dato il grande annuncio via Periscope. L'ho seguito in lieve differita, preoccupandomi della persona che sono diventata nel momento in cui mi sono resa conto che, più di ogni altra cosa, ero curiosa di vedere come fossero gli uffici di Twitter Spagna. Dico sul serio, forse è giunto il momento che io mi faccia ricoverare.



Foto via: Twitter España


Comunque. Resta il fatto che persino la Twitter-dipendenza è passata in secondo piano, davanti al forte - e stranamente rassicurante - deja vù che ho provato. C'era il buon vecchio Álvaro, con lui. C'era il motto "David Otero, el mejor del mundo entero", coniato da Dani Martín ai tempi d'oro della band e ora di nuovo ripetuto fino allo sfinimento. C'era anche lui -  Dani Martín, persino. Nei riferimenti dei fan. Nelle parole dello stesso David, che dichiarava che si sarebbero visti a breve per farsi ascoltare i rispettivi album. I due cugini hanno ripreso a scriversi sui social network. Nessuna traccia di rivalitá vere o presunte, mentre l'altro sforna video all'insegna del surreale che, per quanto mi vergogni ad ammetterlo, mi fanno letteralmente morire dal ridere.

L'altro giorno, mentre seguivo quella specie di video-chat su Periscope, è stato come se qualcuno mi avesse portata indietro nel tempo. All'epoca delle attese davanti ai palazzetti, alle corse a perdifiato sull'erba umida incontro alla prima fila. Ai gabbiani fuori dalle tende quechua. A tutte le follie che, per qualche motivo, durante tanti anni mi hanno resa felice.

Non so spiegarla, quella sensazione. Somigliava molto a quella che ho provato all'ultimo concerto del tour de El Pescao. E qualunque cosa fosse, mi ha fatto sentire bene.

Mentre David parlava di "Una vez más", il suo prossimo singolo, non potevo fare a meno di pensare che da Settembre sarò (verbi che esprimono certezza, sempre!) di nuovo in Spagna. Il dato mi basta a rendere probabile e quasi obbligato il fatto che ne seguirò i concerti. I suoi. Forse anche quelli di suo cugino, malgrado tutto.

L'idea rende ancora più simile quest'agognata partenza a quella che, a Settembre del 2008, mi portò a iniziare l'esperienza Erasmus. E lo so, è assolutamente stupido e insensato; ma è anche un po' per questo se adesso sono certa che andrà ancora una volta tutto bene. 


domenica 20 dicembre 2015

"Te encontré sincero, primo": pesci, lumache e nostalgia.

É passata ormai più di una settimana, dal concerto di fine tour de El Pescao. Parlarne adesso rischia di sembrare inutile. Notizia vecchia, buona tutt'al più per incartarci il pane. Eppure, per uno dei miei tanti inspiegabili tarli mentali, so che non sarò in pace con me stessa fino a che non vi racconterò come è andata.

Ed è andata bene, intendiamoci. Bene da risate di pancia. Bene del tipo che è stato uno dei live più divertenti a cui io sia mai stata. Roba da coriandoli (e difatti). Da gag sul palco. Da overdose di amici. É andata che ha avuto il sapore di una festa di fine anno scolastico al liceo. Con la birra che sa di trasgressione, gli arrivederci che suonano come un grazie, la spensieratezza di un futuro da esplorare. Aiutava anche la location. I colori psichedelico-naif dei dipinti sui muri della sala Caracol. Lumaca, in italiano. Un posto che chiaramente si chiama così perchè sono tutti lenti da morire. E poi c'erano i deejay. Anzi, i diiyey. Dai, quanto è meravigliosamente buffo come lo pronunciano gli spagnoli? 




Comunque. Il fatto è che sarebbe riduttivo limitarsi a questo. Ad un paragone. A una definizione di cinque lettere appena. No. Per me quel live ha significato ben più di questo. E, d'altra parte, in tutte le feste della mia vita ho sempre avuto almeno un attimo di riflessione. Forse è un problema di chi scrive. Molto più probabilmente, solo mio. 


Mi sembra ieri - e al contempo un secolo fa - che uscivo da una sala prove nel quartiere di Carabanchel. Avevo appena finito di ascoltare per la prima volta il nuovo disco di David Otero. Il resto del mondo (vabbè, di Spagna!) l'avrebbe conosciuto appena di lì a qualche mese, ed io mi sentivo una privilegiata. Ci eravamo fermati a chiacchierare fuori da un portone. Avevamo scattato selfie. Girato video. L'estate illuminava di luce diversa la stessa città che di quel tour avrebbe in fondo scandito tutte le tappe fondamentali. L'aveva sempre fatto. Era così dai tempi de El Canto del Loco. Non dovrebbe stupirmi, dal momento che quella città è la sua. 






A pochi metri da quella sala prove, ignaro di tutto, un discografico della Sony usciva da un bar con i vetri appannati. "Che ci fate qui?!" "El Pescao?!" "Cosa?!". David, quell'etichetta, l'aveva da poco lasciata. Una mossa azzardata che aveva riscontrato tutto il mio entusiasmo, traducendosi al contempo in voglia di rischiare, supporto di agenzie piccole e giovani, ed incremento di soluzioni promozionali anti-convenzionalmente creative. Lui, il discografico, di quel pre-ascolto non sapeva nulla. In compenso ci parlava di Dani Martín. Del DVD di prossima uscita in cui sarei comparsa anch'io. "É sempre speciale lavorare con Dani", diceva. Ed io pensavo "see, certo". Mordendomi la lingua per trattenere il sarcasmo. In quel momento quasi l'odiavo, Dani Martín. Avevo deciso di chiudere quella tappa dopo una delusione che ancora bruciava. Tutto o niente. Niente o tutto. Le mezze misure lasciatele agli altri, non a me. 

É passato più di un anno, da allora. Adesso El Pescao è tornato alla Sony, e ha scelto di mettere fine al progetto Ultramar con una specie di Festival alla sala Caracol. Ha coinvolto i suoi amici. La bravissima Ms Maiko, live from Canarias: un concentrato di energia con l'aggiunta di un tocco di itagnolità ne "il numero da lei chiamato è inesistente" che introduce in italiano uno dei suoi pezzi. Los Galván, al loro decimo anniversario, che mi fanno sgolare rispolverando quella "Por eso canto" che nella versione con Melendi era stata per un periodo uno dei miei ascolti ossessivo-compulsivi. Paula Rojo, che l'accompagna in "Por las Calles de Palermo". E ancora Joshua Diaz, musicista che ho imparato a conoscere a seguito di una richiesta di amicizia mandatami su Facebook. Umile ed efficace mentre canta con David "Descalza y sin avión", il brano che hanno composto assieme e che certo non poteva non piacermi nel suo parlare di aerei e libertà. 




El Pescao, quel festival, l'ha fatto iniziare con una playlist che sembrava una delle mie su Spotify; E già metteva voglia di sorridere e ballare. Una voglia che non si sarebbe mai spenta, neanche dopo. Nello snodarsi di un repertorio calibrato che ri-arrangiava pezzi noti mescolandoli ai meno conosciuti, passando da una Me Da Lo Mismo in chiave rock a una troppo poco suonata Si Me Pusiera en Tu Piel; dalle suggestioni acustiche di "Cuando llegas tú" a quell' "El Mundo de Los Recuerdos" sempre sorprendentemente difficile da cantare.

Un repertorio che, soprattutto, comprendeva una quantità di brani de El Canto del Loco superiori alla media. Ed è questo che non mi aspettavo. La nostalgia. Il modo in cui una sola parola, aggiunta al testo di Tal Como Eres, riesce a disegnarmi in testa tutto un universo di ricordi e sensazioni. 

"Te encontré sincero, PRIMO."
E la mia mente va via, all'istante. Torna al momento in cui, seduti su di una panchina al centro del palco, i due cugini si guardavano cantandola a duetto. Ai palchi fantasmagorici con le "gabbie" a più piani. I carnevali improvvisati al Sant Jordi. Sweet Child o' Mine. Le corse a perdifiato verso una prima fila alla Ciutadella di Roses. Primo. Solo Primo. E ritrovo gli anni belli. Quelli in cui ancora non c'erano stati hotel, abbracci, chiacchiere o anche solo menzioni sui social. E magari vivevo la musica in modo malato, ma mi bastava una dedica dal palco per scoprire una felicità impossibile da descrivere a parole. Una felicità che non avrei mai smesso di provare a raccontare agli altri, che fosse in mille post, davanti ad un caffè al tavolino di un bar, o al telefono con le amiche per ore. L'avrei inseguita ovunque; L'avrei rincorsa per anni, quella briciola di felicità.






Qualcuno, in altre circostanze, mi avrebbe detto più avanti che non ne valeva la pena. Qualcun altro ancora, che "i musicisti sono tutti stronzi, dal primo all'ultimo". 

Ma allora sono i musicisti, semmai, che vanno lasciati perdere. Non la musica. La musica mai. E quando un problema tecnico spegne l'amplificazione sul palco a me viene voglia di riguardare il film di Personas. Quando David attacca "Sperman" ricordo quel concerto del 2008 pressata tra la gente con un caldo boia. Una foto en blanco y negro è ancora il video di compleanno più bello che mi sia mai stato fatto. Non per il montaggio o la canzone, ma per quello che rappresentava. 

Forse non si è mai trattato di riconciliarmi con Dani Martín, ma di riconciliarmi con me stessa. Di accettare che una tappa si è conclusa non in virtù di una delusione, ma di una necessità di vivere le passioni in modo diverso. Forse più sano. Forse più distaccato. Forse si tratta solo di far pace coi ricordi, ripremere play e ripartire da lì. 

L'ho saputo nel momento in cui David ha detto Primo, guardando col sorriso verso il fondo della sala. Sapevo quello che poi avrebbe confermato: Dani era lì, in quello stesso posto. Sapevo anche che non l'avrei visto; che avrebbe evitato la gente, che comunque in ogni caso l'avrei evitato io.

Eppure ero contenta che ci fosse. Ero contenta di provare così forte quella nostalgia. 

E ringrazio El Pescao perchè, senza volerlo, la sua fine tour mi ha dato la giusta carica per festeggiare un traguardo per me importante. Nel 2016 compierà dieci anni il fanclub che ho fondato. Un fanclub che - scioltisi o meno-  era, è e resterà sempre per prima cosa il fanclub di quella band che tanto ho amato.

Larga Vida - siempre- a El Canto Del Loco. 





venerdì 11 settembre 2015

El Pescao sul tetto che scotta (Live The Roof, Barcelona)

Mi è francamente difficile immaginare qualcosa di meglio di un concerto intimo al tramonto. Su di una terrazza panoramica. Al sesto piano di un hotel con vista su di una città spagnola. Figuriamoci se, poi, quella città si apre sul mare. Figuriamoci se a cantare è un artista che segui da ormai più di dieci anni. Uno con i piedi per terra, che ti abbraccia quando ti rivede.






Non c'é da stupirsi che io mi sia emozionata, ai primi accordi di "Una Foto En Blanco Y Negro". Non l'avevo mai sentita, cantata da El Pescao. Non dal vivo. Quella canzone - e chi mi conosce lo sa bene - ormai per me trascende il mero concetto estetico. Non posso più essere sicura che mi piaccia in quanto tale, perchè ha smesso di essere combinazione di testo e musica dal momento in cui ha iniziato a proiettarmi in testa il film di tutta una vita. 

Una foto en blanco y negro sono io su un treno diretto a Trieste. Io aggrappata alle transenne in qualche posto della Spagna. Io che cammino da sola per le strade di Parma, felice, in un giorno di sole. Mi sembra quasi un essere vivo, ora che si è spogliata da ogni fronzolo elettronico. E, vestita com'è soltanto degli accordi di una chitarra spagnola, mi riassume in tre minuti il motivo per cui sono qui. 

Quando ho comprato il biglietto per assistere al live di David Otero per Live The Roof, non sapevo ancora se sarei potuta andare a Barcellona. Era il penultimo. "Al massimo lo rivendo", dicevo. Ma una parte di me ha sempre saputo che avrei fatto di tutto per non perdermelo.

Perchè, se scegli di andare all'estero per un concerto, dovresti far sì che almeno sia particolare. Diverso dagli altri. Degno, in sostanza, di un ricordo indelebile.

Questo lo è stato. E per quanto abbia dato sfogo al mio insito romanticismo, si è rivelato anche divertente come pochi. Sì. Perchè El Pescao - ho già avuto modo di dirlo - è diventato uno showman di quelli navigati. Uno che, a quelle cento persone su un tetto catalano, racconta aneddoti. Uno che ci chiacchiera e ci interagisce a suon di gag improvvisate con la suoneria di un cellulare, dediche a bimbi e bimbe che gli ricordano i suoi figli, cambi di look "in stile madonna" ed esilaranti siparietti che lo vedono interpretare (con voce in falsetto e doverosa imitazione dell'accento) una ragazza argentina. 





Di David Otero mi piace il fatto che trasmette allegria dentro e fuori dal palco. E' disposto a scherzare sui problemi tecnici, a condividerli col pubblico per non farne mistero. E poi sorride. Sorride sempre. Anche se dopo cento firme e cento foto verrebbe naturale immaginare la stanchezza. La voglia di andarsene. Di stare, semplicemente, un po' da solo. Invece lui ha una parola per tutti, una risata da dipingere su ogni singolo volto, anche su quelli che si sono attardati per guardare le luci della Barceloneta. Un'impressione positiva impossibile da non dare. 

Al concerto di Live The Roof ha offerto un campionario dei suoi successi rivisitati in chiave acustica. Un viaggio musicale che ha dato spazio alle hit piú conosciute della sua carriera solista (Castillo de Arena, Azul Y Blanco, Buscando el sol), alternando brani intimisti (La Luz Oscura del Mar, Cada Día, Me Da Lo Mismo, Cuando llegas tú) con le atmosfere più ritmate e scanzonate di pezzi come Pachanga o Peces Voladores, senza rinunciare a qualche salto nel passato con El Canto del Loco (El Pescao, Tal Como Eres, Volverá, Una Foto en Blanco Y Negro).

Senza altre parole, vi lascio qualche video.
Perché il bello dei concerti intimi al tramonto, lasciatemelo dire, é anche che le riprese riescono piuttosto bene. 










sabato 27 giugno 2015

Postilla: le 5 (o mille) vite di Volverá

Perdonate la monotonia, giuro che poi la smetto. E' solo che non potevo parlare di Zapatillas senza riservare nemmeno uno spazio al brano che, quel disco, mi spinse a farmelo prestare prima e a comprarlo poi. Il detonatore, insomma. Il colpo di fulmine in streaming radiofonico. L'accendino acceso su una scia di benzina. 

Musica di David Otero e testo di Dani Martín, Volverá é uno di quei rari successi che sembrano in grado di mantenersi giovani in eterno. Ha attraversato indenne anni e concerti, vestendosi di arrangiamenti, voci e circostanze sempre nuove. Ed è così che è arrivato al giorno d'oggi, con un ruolo da protagonista nei tour solisti dei suoi due papà e la dimostrazione di saper ancora elevare entusiasmi e cori. 

Per concludere il mio personale omaggio al decennale del disco, ho voluto perció riproporvi le tappe e le rivisitazioni più significative della vita della canzone. E, già che ci sono, ci aggiungo pure un piccolo sondaggio: voi in quale versione l'apprezzate di più? 

1. VERSIONE DISCO  (2005)
Come uscì nel 2005. Come la conobbi io, e prima di me la Spagna intera.





2. SOLEDAD (2007) 



La demo del brano così come nacque: cantata da David Otero, con il suo testo originale che fu in seguito radicalmente modificato da Dani Martín. La band la fece conoscere al pubblico con il cofanetto "Arriba el Telón!"




3. CON ALEJANDRO SANZ (2009) 

Il duetto con Sanz dotò il brano di un'atmosfera nuova all'interno del greatest hits "Radio La Colifata Presenta El Canto del Loco", l'ultimo pubblicato dalla band prima di sciogliersi)




Dani Martín incluse il brano nella setlist dei suoi tour solisti, riarrangiandolo assieme alla band che l'accompagnava nei live. 






In occasione del suo concerto del 22 Maggio scorso alla Sala Riviera di Madrid (e proprio per omaggiare i 10 anni del disco Zapatillas!) David Otero eseguì il brano live per la prima volta dall'inizio della sua carriera solista. Qui le prove per il live, che tramite social network aveva condiviso con i fan. 




Así sonaba VOLVERÁ en el ensayo de esta tarde para La Riviera el 22 de Mayo... Queda mal decirlo de una canción mía, pero menudo TEMAZO... Desde YA, anuncio que se queda como canción para esta gira, nos encanta tocarla, me encanta cantarla y me trae recuerdos increíbles!!! Aquí os dejo las entradas para la Riviera... www.ticketea.com/el-pescao-en-la-riviera/Solo puedo decirte una cosa... ¿TE LO VAS A PERDER?Esta es solo una pequeña muestra de lo que viviremos dentro de dos semanas!!!SONIDO DIRECTO DEL ENSAYO, sin trampa ni cartón!!!Pd: Como mola la batería electrónica, es lo mejor que he probado para ensayar y no quedarte sin voz después de 8hs cantando!!!
Posted by El Pescao on Domingo, 10 de mayo de 2015



giovedì 11 giugno 2015

Fan che incontri, Emoji che trovi


Non per fare la nerd, ma questo post ha avuto serie ripercussioni sulla mia sanità mentale. Così, in uno dei miei consueti attacchi di "Chissà Cosa", mi sono messa in testa di provare a capire quali fossero le emoji più usate dai fan dei musicisti che seguo. Non che il mio metodo sia stato proprio scientificissimo, eh. Più che altro dovete visualizzarvi una povera Crista che, sul Lago di Garda, passi i tempi morti a scartabellare Instagram mentre appunta su un foglietto: "lingua-pugno-fiorellino-scimmietta che si tappa gli occhi". Roba che, se mi avessero scoperta, ora vi starei scrivendo dall'Ospedale Psichiatrico. Comunque. Il fatto è che - per quanto sembri strano - 'sta cosa mi ha divertita. Tanto che, al momento di ricopiare il tutto su Excel (fare i conti a mano era oggettivamente troppo impegnativo) mi sono resa conto che di foto ne avevo ormai visualizzate ben più di un migliaio. Quindi sì, magari i risultati della mia ricerca non saranno proprio da prendere come La Verità Assoluta, però secondo me rischiano di andarci vicino. 



Quello che ho scoperto, in sintesi, è che non solo le emoji più utilizzate cambiano effettivamente molto a seconda dell'artista ammirato (e meno male! Immaginate se avessi fatto tutto 'sto lavoro per niente); ma rispecchiano anche in modo sorprendente i tratti distintivi delle diverse community di fan prese in esame. E questo posso dirlo, visto che - più o meno da vicino- le frequento tutte e cinque anch'io. Eccovi i dettagli. 

IL CILE - "Ciao proprio!"





I fan del Cile salutano. Non perchè siano particolarmente cortesi, quanto perchè tendono a trasferire in linguaggio grafico il gergo giovanile in cui si esprimono sul web: un agglomerato di espressioni idiomatiche in cui io ho sempre scorto una qualche lieve connotazione rappettara. Così, ecco che i "ciao proprio" si sottolineano con la manina ondeggiante, mentre che il pezzo è "una bomba" o "il top" lo dicono le icone corrispondenti. Un po' fuori dal quadro la frequenza del fiore, che ipotizzo legata alla citazione dei "prati di viole" o all'aspetto più sensibile dei testi di Cilembrini: in effetti, è più usata in relazione ai suoi brani piuttosto che all'onnipresente collaborazione nel tormentone estivo di J-Ax. In generale manca solo un "bella zio", che a questo punto mi sarei aspettata di veder descrivere così: 
 (Quello coi baffi è chiaramente uno zio, dai). 

DANI MARTÍN - Too much love! 




Saranno i proverbiali occhi azzurri. Sarà la prevalenza di ragazze molto giovani nella composizione del suo pubblico. Sarà - chissà - forse anche il contenuto romantico delle sulle canzoni più famose. Il punto è che l'ex leader de El Canto del Loco si conferma un conquistador anche su Instagram. Basta cercare l'hashtag #DaniMartín per ritrovarsi letteralmente sommersi da cuoricini di ogni tipo. Il più usato in assoluto é quello doppio, descritto nei miei foglietti come "cuore grande-cuore piccolo". La cosa (essendo io scema) mi fa anche un po' ridere, dato che nella ricerca da cui tutto ha avuto origine era risultato essere il più utilizzato per indicizzare le foto scattate dalle madri assieme ai loro figli. Molto presente anche il piú classico cuore rosso, superato in quantità soltanto dai sorrisi. Chiude l'alfabeto grafico l'emoji con il bacio. Anzi besos. Ché "eso es lo que quiero". 

EL PESCAO - Blub Blub Blub 





Per quanto possa sembrare scontato, l'emoji del pesciolino azzurro è ormai diventata il codice internazionale ed universalmente riconosciuto per indicare il nome d'arte di David Otero. Il suo impiego supera di gran lunga quello di qualunque altra immagine a lui associata, facendo pensare ad una sorta di convenzione non scritta che imponga ai suoi fan di inserirla per un preciso obbligo morale. Al secondo posto, seppur molto distanziata, c'è l'emoticon con il gesto dell'ok, utilizzata soprattutto in relazione alle foto dei live, come ad indicarne l'eccelsa qualità. Molto usata anche la chitarra, che strizza l'occhio anche al ruolo di David all'interno de El Canto del Loco. Il cuore è presente anche qui, ma nella forma del rettangolo/carta da gioco, evidenziando una vena più creativa ed anti-convenzionale dei seguaci de El Pescao rispetto a quelli piú tradizionalisti del cugino Dani Martín. 

IMAGINE DRAGONS - LOL 





Arrivati a questo punto, verrebbe da pensare che i fan degli Imagine Dragons facciano man bassa di queste icone: (per il nome della band), ☢ (per la hit "Radioactive") e (perché sono di Las Vegas). Beh, niente di tutto ciò. Invece, se la ridono un casino. Non è poi così strano come sembra: basta guardare quello che scrivono su Twitter, o video tipo questo, per capire che 'sti ammeregani sono obiettivamente out like the balcons, fuori come balconi. Io li amo anche per questo, e sembra sia così anche per le migliaia di persone che in tutto il mondo abbinano alle loro foto la faccina con le lacrime di gioia. Salvo che poi spunta una specie di bipolarismo latente quando constati la frequenza (insolita, per un fan) del posting dell'emoticon disperata. Sbalzi d'umore che si spiegano, nella maggior parte dei casi, con la lontananza di un evento live a cui si sarebbe voluti assistere, o con l'eccessiva attesa per l'agognato concerto nella propria Nazione. Da segnalare anche la presenza delle stelle (When the stars look down on me, what do they se?") e, al secondo posto, dell'emoticon con gli occhi a cuore. D'altronde l'ho sempre detto, io: "Imagine Dragons = cuoricini". 

CESARE CREMONINI - Get Lucky!





Ascoltare Cremonini porta fortuna! O, per lo meno, porta fortuna seguire su Instagram i suoi fan, che tappezzano il social di quadrifogli. Si tratta, per lo più, del giusto complemento all'augurio della hit "buon viaggio", e fa ad apripista a tutto un universo insolitamente natural. Le cosiddette "Furie Rosse" usano infatti molto anche il sole e il girasole, per quanto quest'ultimo in quantità per poco non sufficiente ad entrare nelle Top 4. Vale la pena segnalare  anche il palloncino rosso, che a me ricorda sempre il ciclo mestruale, ma che in realtà potrebbe essere una sorta di riferimento indiretto al colore storicamente indossato dagli utenti del suo forum ufficiale per riconoscersi ai concerti. 





Se volete che analizzi le emoji utilizzate su Instagram dai fan di qualche altro cantante specifico, dite pure. Però poi mi pagate, sia chiaro. 


martedì 26 maggio 2015

El Pescao. La Riviera. Madrid.

"Una lenta. Ti prego, fanne una lenta" 


Agonizzo la richiesta nella mente, la canotta a righe ormai impregnata di sudore. E penso che, in fondo, il concerto si riassuma anche così. 

Me lo ricordo, David Otero, nei suoi primi live come solista. Un po' intimidito, fermo in mezzo al palco, ancora alla ricerca - forse - di una più completa identità. Difficile crederlo, adesso, lo stesso showman che ha preso in pugno il pubblico della Sala Riviera. Palco mitico. Agognato. Emozionante. Scenario ora stracolmo di anime saltellanti con addosso facce di età e sesso variegati. Sono lontane anni luce dalle bimbeminkia dei guapoooo troppo striduli. Dai pennarelli squagliati sulla fronte. Dalle botte e dalle invidie nelle file eterne sedute sui marciapiedi. E' una folla bella, colorata, che mi rispecchia e rappresento nel sentirmi a mio agio. Una folla che, con El Canto del Loco, non pare avere più nulla a che vedere.



Ed è sua. Completamente sua. Di quel ragazzo con la chitarra colorata che ha saputo conquistarla sin dal primo accordo di Delay. E adesso salta da un angolo all'altro dal palco, ci interagisce, spazia senza paura da un genere musicale all'altro. Lui che fa gli onori di casa con gli ospiti e riesce a ballare senza portarsi addosso alcuna traccia di ridicolo, deciso e sicuro di sè come il più navigato dei frontman.



Mi rende orgogliosa, constatarlo. Io che ho sempre creduto nell'evoluzione costante come unica possibilità per un futuro vero e duraturo nelle professioni creative. David Otero, El Pescao, ha lottato, migliorato e scommesso giorno dopo giorno. Ha lasciato una casa discografica importante e tutte le certezze che ne derivavano. Ha preso lezioni di canto. Ha viaggiato. Si è confrontato con nuove realtà osando idee sempre nuove. E, poco a poco, è passato dalle poche anime dei paesini sperduti di provincia ai sold out della Joy e del Messico, per arrivare oggi in una delle sale più emblematiche della capitale spagnola, in una profusione di energia lunga due ore. Così tanta da farmi implorare una pausa. Da credere che forse non ce la posso fare. E invece sì. Certo che sì. Se ti diverti ce la puoi sempre fare.





Qui, alla Sala Riviera, David Otero aveva pianto sul palco in occasione di uno dei primi concerti veramente importanti del Canto del Loco. Ora ci torna da solista, dopo quella che a occhio e croce ipotizzo essere più di una decina di anni. E io lo vedo, dalla prima fila, lo vedo distintamente che succede di nuovo. Almeno due volte. Nei ringraziamenti. Nei ricordi. Nelle parti più emotive. 

In tanti gli hanno chiesto, sui social network, perchè dicesse che considera questo "il concerto più importante della sua vita". Lui che ha suonato davanti a un Calderón Sold Out, che ha fatto la storia riempiendo Las Ventas per tre giorni di fila. La veritá é che a me non sembra tanto difficile da capire. É un ritorno, epocale come tutti i ritorni sanno essere. Un ritorno da vincitore, oltretutto. La dimostrazione che ce la fa, e ce la fa eccome, anche senza il supporto di una band da classifica.


Per questo sono fiera di essere stata alla Riviera. Ed é questo che, soprattutto, ricorderó. Piú ancora dell'umiltà di un ragazzo con la chitarra che, appena sceso dal palco, è rimasto lo stesso di tanti anni fa. E si ferma a chiacchierare con tutti, fino che l'ultima persona non se n'è andata. Anche se gli amici lo aspettano altrove. Anche se l'una di notte è passata da un po'. E a Madrid fa freddo, tanto freddo, nelle sere ventose di maggio sulla riva di un fiume. 

David è la persona comune con cui, per qualche bizzarro motivo, non riesci a sentirti in imbarazzo neanche se lo vuoi. E ti chiede consigli sulla musica da ascoltare. Opinioni sul concerto. Parla di figli, di musica, di aneddoti di vita professionale e quotidiana in conversazioni che scorrono lisce come quelle con i conoscenti di una vita. Con la differenza che poi sale sul palco, e quando se ne va hai messo sù il più radioso dei sorrisi. 


Sono ancora più fan de El Pescao, al ritorno da una Madrid che dopo un anno mi ha ri-accolta come se non l'avessi mai lasciata. E quasi piangevo, quando la sua luce peculiare e indescrivibile mi ha avvolta oltre i finestrini dell'aereo. Possibile che l'avessi dimenticata? Possibile che fossi riuscita a vivere senza di lei?

Ché Madrid è una di quelle città in cui riesci a muoverti anche senza cartina, spinta soltanto dai ricordi e dall'amore. Una di quelle a cui hai legato così tanti ricordi che ti sembra che ogni strada racconti una storia. Una di quelle che - come ogni relazione seria - vorresti presentare ai tuoi. E quando te ne vai hai sempre qualcosa che non sei riuscito a fare. Un motivo per tornare. Un viaggio nuovo da pianificare al più presto. 

Ecco. Oggi in quella città c'è un capitolo in più. Uno in cui David Otero mi insegna che la depressione post concerto può curarsi solo con un altro concerto. Soprattutto se attorno ad esso ci muovi incontri e persone. Volti visti in foto che diventano 3D. Facce cambiate dal tempo trascorso dall'ultimo "ciao". E assieme ad essi una marea di progetti e di canzoni nuove.


Stravolta dai ricordi e dal troppo sonno arretrato, anche per questo sono grata alla Spagna che più amo. 



mercoledì 8 aprile 2015

“Vestitini” Reloaded: a volte ritornano.

Passare la Pasquetta in un centro commerciale é considerato da molti un peccato mortale. Probabilmente hanno ragione. Anzi, mi prodigo in mea culpa. Se volete, valuto anche l'ipotesi della flagellazione. Però faceva freddo, accidenti. E sono sempre stata contraria all'ibernazione come forma di tortura. Per quale motivo, poi? Raggiungere il coma etilico fingendo sia una gran figata? Inzaccherarsi i jeans sulla riva dell'Isonzo per mostrare a tutti la tua completa inettitudine nelle discipline sportive? Naaa. Meglio, molto meglio, maledire H&M per le gravi minacce apportate ai tuoi risparmi dal lancio della linea Coachella (leggi OH MIO DIO. Leggi VOGLIO. Leggi AAAAAAAAAAAAAHHHHH!) . Provarsi tutte - e dico tutte!- le corone di fiori. Dedicare occhi a cuore alla bandiera spagnola affissa fuori dal negozio Desigual. Magari innamorarsi non corrisposta di un abito che costa quanto un biglietto aereo andata e ritorno per Madrid;  Chessò, completare l'outfit per uno dei prossimi concerti con l'acquisto di una canotta a righe che “fa taaaanto Pescao”. Morale: il delirio consumistico mi ha fatto tornare in mente la vecchia abitudine di creare outfit ispirati alle copertine dei dischi spagnoli e italiani. Così, giusto per restare in tema di rubriche poco apprezzate. Ecco. Io, in realtà, quegli outfit ho continuato a crearli. Certo, li ho condivisi su Pinterest e Polyvore, anziché qui. Ma, a perdite di tempo di tale livello, capirete che non potevo rinunciare. Per questo, con l'approssimarsi della bella stagione, mi è sembrato giunto il momento di ripescarne un paio. Chissà che non troviate anche voi l'ispirazione per rinnovare l'armadio. O, quantomeno, per rimpolpare le vostre playlist.

Ah: il titolo si deve ad un commento che mi era stato fatto all'epoca dinnanzi al mio entusiasmo per questa rubrica molto fescion. Del tipo: “nooo, ancora 'sti post coi vestitini!”. Quindi capirò se mi vorrete picchiare.


L'ho nominato. Potevo non cominciare dal look ispirato alla copertina del suo ultimo album solista? Direi di no. Arancione sgargiante, cuori, colori e il tocco in più: la borsa con il collage di foto, proprio come nell'artwork di Ultramar.



Music Inspired!







Cremonini, lo sapete, è una delle mie poche certezze. In attesa del nuovo, inaspettato, album in uscita a Maggio, vi ripropongo la trasposizione in indumenti del suo Logico: binomio azzurro/rosso, dettagli viola e decori rigorosamente geometrici. Da accompagnare a un bicchierino di Greygoose.






Vi sconsiglio vivamente di andare in giro con le ali. Il resto dell'outfit sulla copertina dell'ultimo ed omonimo cd di Rosario, però, può essere una proposta da non sottovalutare per l'estate. Imprescindibili stivaloni da cowboy, shorts, cintura e bracciali etnici. Quanto al dettaglio angelico, potete sempre trasferirlo sugli orecchini. O sostituirlo – se ne avete il coraggio – con questa specie di (boh?) coprispalle piumato.



Music Inspired - Rosario






Questo è l'anno della Martínez. O, almeno, lo é per me. Alcune tra le sue hit accompagnano i miei esercizi di riscaldamento alle lezioni di flamenco, guadagnandosi un posto di rilievo anche tra le mie playlist. Adiós a España, per esempio, ha il potere di inondarmi gli occhi di lacrime. L'outfit ispirato al suo ultimo lavoro conserva l'essenza flamenca nella gonna lunga, ricreando i fiori e i colori della copertina. Chi mi conosce non avrà neanche bisogno di leggerlo: è, tra tutti, il mio preferito.

Music Inspired! - India Martinez, Dual [Spain]








A voi, invece, quale piace di più?