venerdì 11 settembre 2015

El Pescao sul tetto che scotta (Live The Roof, Barcelona)

Mi è francamente difficile immaginare qualcosa di meglio di un concerto intimo al tramonto. Su di una terrazza panoramica. Al sesto piano di un hotel con vista su di una città spagnola. Figuriamoci se, poi, quella città si apre sul mare. Figuriamoci se a cantare è un artista che segui da ormai più di dieci anni. Uno con i piedi per terra, che ti abbraccia quando ti rivede.






Non c'é da stupirsi che io mi sia emozionata, ai primi accordi di "Una Foto En Blanco Y Negro". Non l'avevo mai sentita, cantata da El Pescao. Non dal vivo. Quella canzone - e chi mi conosce lo sa bene - ormai per me trascende il mero concetto estetico. Non posso più essere sicura che mi piaccia in quanto tale, perchè ha smesso di essere combinazione di testo e musica dal momento in cui ha iniziato a proiettarmi in testa il film di tutta una vita. 

Una foto en blanco y negro sono io su un treno diretto a Trieste. Io aggrappata alle transenne in qualche posto della Spagna. Io che cammino da sola per le strade di Parma, felice, in un giorno di sole. Mi sembra quasi un essere vivo, ora che si è spogliata da ogni fronzolo elettronico. E, vestita com'è soltanto degli accordi di una chitarra spagnola, mi riassume in tre minuti il motivo per cui sono qui. 

Quando ho comprato il biglietto per assistere al live di David Otero per Live The Roof, non sapevo ancora se sarei potuta andare a Barcellona. Era il penultimo. "Al massimo lo rivendo", dicevo. Ma una parte di me ha sempre saputo che avrei fatto di tutto per non perdermelo.

Perchè, se scegli di andare all'estero per un concerto, dovresti far sì che almeno sia particolare. Diverso dagli altri. Degno, in sostanza, di un ricordo indelebile.

Questo lo è stato. E per quanto abbia dato sfogo al mio insito romanticismo, si è rivelato anche divertente come pochi. Sì. Perchè El Pescao - ho già avuto modo di dirlo - è diventato uno showman di quelli navigati. Uno che, a quelle cento persone su un tetto catalano, racconta aneddoti. Uno che ci chiacchiera e ci interagisce a suon di gag improvvisate con la suoneria di un cellulare, dediche a bimbi e bimbe che gli ricordano i suoi figli, cambi di look "in stile madonna" ed esilaranti siparietti che lo vedono interpretare (con voce in falsetto e doverosa imitazione dell'accento) una ragazza argentina. 





Di David Otero mi piace il fatto che trasmette allegria dentro e fuori dal palco. E' disposto a scherzare sui problemi tecnici, a condividerli col pubblico per non farne mistero. E poi sorride. Sorride sempre. Anche se dopo cento firme e cento foto verrebbe naturale immaginare la stanchezza. La voglia di andarsene. Di stare, semplicemente, un po' da solo. Invece lui ha una parola per tutti, una risata da dipingere su ogni singolo volto, anche su quelli che si sono attardati per guardare le luci della Barceloneta. Un'impressione positiva impossibile da non dare. 

Al concerto di Live The Roof ha offerto un campionario dei suoi successi rivisitati in chiave acustica. Un viaggio musicale che ha dato spazio alle hit piú conosciute della sua carriera solista (Castillo de Arena, Azul Y Blanco, Buscando el sol), alternando brani intimisti (La Luz Oscura del Mar, Cada Día, Me Da Lo Mismo, Cuando llegas tú) con le atmosfere più ritmate e scanzonate di pezzi come Pachanga o Peces Voladores, senza rinunciare a qualche salto nel passato con El Canto del Loco (El Pescao, Tal Como Eres, Volverá, Una Foto en Blanco Y Negro).

Senza altre parole, vi lascio qualche video.
Perché il bello dei concerti intimi al tramonto, lasciatemelo dire, é anche che le riprese riescono piuttosto bene. 










2 commenti:

  1. Meraviglioso articolo! Grazie Ilaria per avermi permesso di vivere quest'esperienza quasi in prima persona, seguo da un po' il tuo blog perché come te sono "una che ha sbagliato Nazione"

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    1. Ma grazie a te: per me quello di riuscire a far vivere un'esperienza a qualcun altro tramite le parole è sempre il miglior complimento! :)

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