giovedì 17 dicembre 2015

Bentrovata, Capital.

Metro Atocha. Senso di deja vù. Nell'aria, odore di castagne e mandorle tostate. Trascino il trolley sulle scale in salita, la schiena ancora zuppa di sudore. Sarà sempre troppo tardi quando i mezzi di trasporto ci grazieranno di temperature umane. Mi fermo. Un attimo soltanto, giusto per spostarmi la frangetta dalla fronte. All'altro lato della strada, gli alberi decorati del Paseo del Prado fanno da orizzonte ad un orientamento cieco. Mi ci dirigo senza esitazioni, col passo sicuro e il pensiero distratto che riservi solo ai posti che puoi chiamare casa. 

Fuori da quella stazione, Madrid mi ha colpita in piena faccia con un pugno di pura euforia. Lei, con la sua vita che scorre senza sosta. Veloce come le Metropoli. Umana come un paesino di poche anime appena. É quasi un privilegio, ricongiungermici da sola. Passeggiare in silenzio per le sue strade dritte mentre mi restituisce ad uno ad uno tutti i ricordi che le avevo affidato. Tra il Reina Sofia e la Fuente del Neptuno percepisco il mio pensiero  - prima ancora del suono della voce - riadattarsi senza sforzo alla musicalità dello spagnolo. Metamorfosi kafkiane, ma all'inverso. Nel sorriso che si apre, eccola!, è la trasformazione quasi fisica nella versione di me che amo di più. 

Bentrovata, sembra dirmi. Bentrovata anche a te. Questa città, ne sono certa, mi conosce anche meglio di quanto io conosca lei. 

Arriveranno dopo, le mie amiche, in rincorsa ai messaggi su Whatsapp. A quel punto un'allegra comitiva di cinquantenni brille avrà già allietato e rovinato al contempo la mia cena solitaria al Museo del Jamón. Avrò scambiato battute con i camerieri. Avrò passeggiato senza meta per i vicoli con l'intento di perdermi senza riuscirci in nessun caso. E sarò collassata, alla fine. Tronfia di un appagamento stanco, gonfia di emozioni. Inghiottita letteralmente dal letto comodo di un hotel con le pareti un po' troppo sottili. E coppiette che amoreggiano. E tizi che russano. E il mondo, tutto il mondo, fuori. 

Con Céline e con Michela, qualche ora più tardi, farò le scoperte migliori del viaggio. Tipo il Vertical Café, a due passi dal Caixa Forum: una versione più intima e sorridente di Starbucks, dove il caffè si sposa allo zenzero e alla cannella in alti bicchieri di vetro. 




Lo abbino ad una fetta di torta al cocco e cioccolato fatta in casa, in una delle descrizioni più efficaci del concetto di "colazione perfetta". Oppure l'Ale-Hop, catena tutta ispanica di negozi in cui il mix di oggettistica insolita, design accattivante, e canzoni natalizie sparate a palla dallo stereo rende matematicamente impossibile tenere il portafoglio chiuso in borsa.




Un po' come al Mercadillo del Gato, esattamente di fronte. Due piani di palazzo storico che riescono a stordirmi di meraviglia. E dico in modo letterale. Tipo che gli occhi mi si stancano a forza di spalancarsi in wow. Ci sono abiti ed accessori vintage, là dentro. Oggetti di artigianato. Bigiotteria. Ci sono cappelli, cinture e bracciali di estetica bohemian. Ma anche tea. Marmellate di birra e di vino. Sculture di arte contemporanea, illuminate di colori accesi a beneficio dei corti circuiti sensoriali. 


Una foto pubblicata da Ilaria (@ilaria_luna84) in data:



Troppa bellezza per portarne via un solo esemplare. E sarà proprio questo a salvare, in effetti, la mia economia. A Madrid ho anche imparato che 'sta cosa degli abbracci gratis non è poi proprio del tutto una stronzata. Mi sono lasciata convincere da un tizio con gli occhiali che un po' somigliava a Leiner della precedente edizione di X-Factor. Non ci credevo. E invece è assurdo come una stretta di soli tre secondi, seppure ad opera di un perfetto sconosciuto, riesca a farci stare meglio davvero.

Perché siamo strani, noi esseri umani: ci isoliamo. Litighiamo. Ci rintaniamo a meditare in luoghi sperduti sproloquiando sul fatto di dover ritrovare noi stessi. Ma poi è solo col contatto che funzioniamo davvero. 

E contatto può essere anche semplicemente una lunga chiacchierata davanti a un'albero di Natale da Starbucks (quello vero), o magari un sorriso di gruppo a favore di obiettivo con lo sfondo del solito orso alla Puerta del Sol. Io mi ricordo di te all'imbocco dell'altra strada, mi verrebbe da dirgli ogni volta. Mi ricordo dell'insegna del Tio Pepe nel periodo in cui non c'era più.

É stato un giorno e mezzo. Una concatenazione di abbiocchi sugli aerei. Una boccata d'aria, nient'altro. Eppure è sempre bello; sempre rassicurante, soprattutto, ritrovare Madrid. 


Nessun commento:

Posta un commento