domenica 25 maggio 2014

Anteprima tra Sabina e Serrat

Vedere una persona che segui da anni seduta tra Sabina e Serrat. Pensare a quello che quei due significano per la musica spagnola. Per i suoi genitori. Per lui. Per te. Inevitabile: passi i dieci minuti successivi a scuotere il capo, in un misto di incredulità e meraviglia. Ti ripeti: "che grande, che grande!", come se qualcuno ti potesse sentire. E allora ti prende un'empatia sconvolgente, di quelle in grado di inumidirti gli occhi. Attorno a te, quattordicimila persone la cantano in coro. Nessun dvd, nessun video di youtube potrà mai rendere giustizia a quel tipo di emozione. 


E dire che te l'aspettavi anche. Hai visto delle foto, ascoltato dei commenti. Hai osservato il sottopalco affollarsi alla tua sinistra con la foga riservata alle grandi occasioni. I discografici della sony che si allineano in massa prima del bis. David Summers che inforca gli occhiali. La regia che accelera i movimenti con i volti pieni di tensione. Te n'eri accorta - sì, persino questo - che accanto al solito tavolino c'erano due sgabelli in più. Tre calici di Champagne. Qualche bisbiglio, il fiato trattenuto. Lo sapevi, in fondo. Eppure c'è questa cosa, prima dei momenti belli: quest'ultimo anticorpo contro le delusioni. Se mi sbagliassi?, sembra chiedersi il cervello. Se non fosse…?

Invece è. Ed è quell'istante, tra tantissimi, che oggi mi torna in mente. Lo estrapolo da una mandria di ricordi ancora sconnessi. Immagini che faticano a non sembrarmi oniriche, incastrate come sono tra le notti insonni e i cambi di temperatura. La scontorno, quella collaborazione, dallo sfondo di due concerti epici, della durata di tre ore ciascuno. E come o più di sempre, uscita dal Palacio de Los Deportes di Madrid, mi riscopro innamorata di Dani Martín. Innamorata, sí. Ma non di quell'amore platonico, da bimbeminkia (niñasminkia, in spagnolo); di quelli che ti scrivi il suo nome sulla fronte e tappezzi con le sue foto le pareti di camera tua. Non di una passione da cinquantenni combattive, nemmeno. Di quelle imbarazzanti, per cui passi ore a raccontare alle coetanee ogni minimo dettaglio di ciò che gli faresti in una stanza d'albergo. No, il mio é un amore diverso. Grato. Orgoglioso. L'amore per la sua musica, per quello che mi fa vivere, compreso avere a pochi metri di distanza la voce che l'anno scorso accompagnava il mio inchino sul finire di uno spettacolo di flamenco. Amore per quello che quelle note significano, hanno significato e probabilmente significheranno domani. Amore perché quel sorriso emozionato, dopo tutti questi anni, é - per quella strana empatia- anche mio. 

In attesa di resoconti (e video) più completi, oggi é questa la mia anteprima. 



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