Non era in programma, ritornare. Dico davvero. In fondo, in bilico su questa nube, ho giá visto i miei sogni farsi tutti realtá. E poi ho dormito poco, ieri notte. I dannati capelli restii ad asciugatura, appiccicati al calorifero nell'assenza di un phon. A quanto pare, ad ogni viaggio in Spagna, il tacito divieto al sonno vige ancora. Non era in programma, ad ogni modo. Proprio no.
E' solo che, vedete... non c'é spazio, tra la prima fila e il palco del Palau. Avevo i gomiti poggiati sullo stesso legno su cui Dani camminava. L'osservavo seguire le mie labbra mentre interpretava il testo di una sua canzone. E poi mi sorrideva. Poi sgranava gli occhi, divertito, in quel “cada día más flacos” che, seppur senza volerlo, sembrava consolare messaggi sui kili in piú. E' solo che, ecco: lui cantava, chinandosi su di me, quei 16 añitos che – in quanto ultimi – odio. Se avessi solo allungato una mano avrei potuto sfiorare le corde della chitarra che aveva imbracciato. E allora, dite, come faccio a lasciare che finisca tutto cosí? Sento l'adrenalina crollarmi in fondo all'anima, iniziando ad aprire il varco di una profonda malinconia. Per cui, no. Non posso permettere che il senso d'incompiuto vinca sulla mia sincera gioia. No, non esiste proprio. Io devo salutarlo, almeno.
Cosí, eccomi di nuovo su quello stesso divano. In quella stessa torre in vetro. Mentre, all'improvviso, mi viene in mente che non sia una buona idea. Questa volta, accanto a me e Celine, c'é solo Maricarmen. Provo ad autoconvincermi che lo faccio per lei. Lei che non c'era, ieri. E si risparmia l'obbligo di ordinare qualcosa grazie al via vai dell'ora di colazione. Attorno, anche oggi, nessun altro a parte noi. Soltanto un tizio in cui, nel mio delirio, scorgo una lieve somiglianza con Tony Aguilar. Tiene in braccio una bambina dolcissima, codini di capelli scuri e sguardo timido. Se ne stava lí, all'esterno, in attesa paziente. Almeno fino a quando non ha visto entrare noi.
Maria - l'assistente di Dani- mi rivolge inaspettato un saluto radioso, mentre si dirige alla caffetteria. Carlos fará lo stesso poco dopo.
E intanto quel tizio se ne sta seduto sul divano accanto al nostro, a chiacchierare con la bimba a bassa voce. C'é talmente tanto amore, nei suoi occhi, che per un attimo mi commuovo anch'io.
“C'é Dani”, frase bisbigliata ad immediato seguito del “Ping” dell'ascensore. Si avvicina trascinando un trolley nero. Sopra ad esso, la custodia del portatile e un sacchetto in nylon tono su tono.
“Buenos días”, ci dice tranquillo mentre appoggia il tutto contro alla parete. L'espressione di chi ha dormito poco, ce l'ha forse ancora piú di me. Si avvicina. Due bacini a testa. Poi, voltandosi, gli scappa un sorpreso “Ostras!” in direzione di quasi-Aguilar.
“Scusatemi un attimo: vado a salutare mio cugino e torno da voi tra un momento”.
Mentre rispondo “fai pure” i miei sensi di colpa aumentano in modo esponenziale.
Con la coda dell'occhio lo vediamo sedersi accanto alla bimba. Prenderla in braccio, scherzare con lei. E manco a dirlo, io mi intenerisco ancor di piú. Mamma mia. Dovró assolutamente fare qualcosa, per quest'improvviso istinto materno. Che cavolo, sono riuscita a commuovermi persino perché negli aerei, al momento di presentare le misure di sicurezza, dicono “mettete la maschera prima a voi e poi ai vostri figli” come se fosse un gesto contro natura! Cioé, mi é venuto proprio da piangere, capite? Non é normale.
Comunque. Dieci minuti dopo, mentre la bimba torna a rifugiarsi tra le braccia del papá, Dani mantiene la promessa, tornando da noi.
“Como estáis, chicas?”
E, mentre firma il libro a Maricarmen, io non riesco a trattenermi piú.
“Dani, mi spiace se sono tornata qui in hotel anche oggi, io non...”
“Nooo, y por qué? Tú tranquila!”, mi dice con tono sinceramente confortante.
“E' che volevo salutarti prima di partire.”
“Claro, hai fatto bene.”
“Sí , peró non vorrei distrurbarti. Io non voglio essere...”
La frase sarebbe dovuta continuare, nelle mie intenzioni, con l'aggettivo “assillante”. Solo che lui non me la lascia finire. D'impulso, senza dire niente, mi stringe forte a sé. Rimango talmente interdetta da impiegarci un po' , a ricambiare l'abbraccio. E poi non ho bisogno di altre parole.
Cambio argomento con un tono piú frizzante, informandolo che scriveró “la crónica” dei suoi concerti per un sito web italiano.
“Las crónicas de Narnia”, scherza lui. E - per quanto un po' nonsense- tutte quante, alla fine, ridiamo.
Una battuta a Celine sul fatto che ieri sera c'erano altri ragazzi di Parigi. Una macchina fotografica che cade. Poi, lo lasciamo andare a fare colazione.
Non ci mette molto, in realtá. Quando torna, Maricarmen lo chiama per la foto di rito. Scegliamo di farne una sola, tutte assieme, per non fargli perdere tempo. Mi cinge le spalle a favore del flash, e poi, dopo di esso, mi abbraccia di nuovo.
“Gracias por venir”
“Buon viaggio, Dani.”
“Buon viaggio a te”.
Sta giá uscendo, quando gli urlo dietro “ci vediamo a Málaga”. Allora si gira. “Venite anche lí?”.
“Certo!”
Guarda Celine e me, vagamente sconvolto.
Due ragazze che, in quanto a episodio, potrebbero essere me, entrano in quel momento dalla porta laterale. “Scusate”- ci dicono - “é giá andato via Dani Martín?”.
“E' questo qui col cappuccio”, dice Maricarmen indicandolo. E' ad appena due centimetri da loro, e a me viene da ridere un po'.
Un altro viaggio da sogno finisce cosí. Sperando che il prossimo sia ancora migliore. Ché ormai, all'impossibile, non ci credo piú.
che teneraaaa!:-)
RispondiEliminakisskit
Non per niente una certa (desaparecida?) Cinzia mi chiamava "peluche"...:D buahahahah!
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