domenica 24 novembre 2013

Ci volevano i Paesi Baschi! [Parte II]

[Continua da qui]

La pioggia cade senza sosta, fuori dal Bilbao Arena. Mi sto destreggiando (male!) tra le public relation del post-concerto quando il furgoncino grigio metallizzato fa la sua comparsa oltre la sbarra del parking. 

Mi sarei aspettata qualcosa di veloce. Un finestrino abbassato. Un “Hola Chicos”. Niente più. Invece, Dani scende dai sedili posteriori. Non ha l'ombrello. C'è solo una camicia leggera a separarlo dal gelo della notte. Dalle ossa che si impregnano, come le mie, di un'umidità pressapoco assassina. Mi guardo attorno: Céline, Blanca, Carmen... le mie compagne di avventura, adesso, sembrano in tutto e per tutto reduci da uno sbarco clandestino. I capelli fradici incollati alla faccia, le chiazze di bagnato sulle giacche, un tremore incontrollato a scuoterle da testa a piedi. Il lato peggiore dell'immagine è che so perfettamente di essere molto, molto peggio di loro. Me ne preoccupo, in un istante passeggero di inutile vanità. Poi, peró, lui mi sorride. 
“Come stai, Ilaria?!”. Ricambio il suo abbraccio con la foga dei momenti importanti. “Cuánto tiempo!”, mi sfugge con forse troppo trasporto.  E “Grazie di essere venuta”. La danza delle foto prende il via subito dopo, ché l'urgenza di documentazione, si sa, e piú forte anche delle intemperie. 

Vi assisto in disparte, imbarazzata come al solito dal rituale angosciante delle piccole folle. Come colonna sonora, la voce di Blanca. “Chiudi l'ombrello”, mi ripete come un mantra. “Chiudi l'ombrello”. Io sono troppo stordita per darle ascolto, o almeno capire il perché. 

“Altrimenti perdi l'occasione”
Quando mi rendo conto che sta parlando di un altro scatto vorrei dirle che non mi interessa. Che ci sono momenti e momenti. Vorrei raccontarle,  solidale alla sua gravidanza, di questo assurdo istinto pseudo-materno che ora mi divora dentro. Dani, entra in macchina. Copriti. Prenditi una sciarpa. Dai che domani hai un concerto, sú. Ecco, questo vorrei dire. 

Ma ormai è troppo tardi. Vedo Céline mettere una Reflex in mano al Road Manager. Blatera qualcosa, poi gesticola in direzione del cantante. Lui sta ormai rientrando in auto, il saluto da Papa ed il ringraziamento collettivo che mi aspettavo dall'inizio. 

"Scusa, Dani, possiamo chiederti una foto?"
"L'ultimissima, davvero!!", aggiungo. 

Ed è allora che, con mia incredibile sorpresa, lui si scusa. Si scusa, capite? Per essersi dimenticato di farla prima, per averci lasciate per ultime, perchè se ne stava per andare. Forse anche un po' per il diluvio e la fame nel mondo, chissà. Qualunque sia la ragione, mi sembra tutto talmente paradossale che non farò che ripetere 'sta storia per il resto della nottata. "No, scusa tu". "Chiudi l'ombrello". Poi, il flash. 

Nella concitazione generale, l'immagine che immortala il momento ritrae: il mento di Dani Martin (si riconosce dalla barba), un braccio di Céline, e una ciocca dei miei capelli. Il tutto, su di uno sfondo di pozzanghere grigie. 

Aspettiamo il taxi assieme ad una folla sempre meno numerosa, che dopo circa sei vetture luci-verdi munite si riduce a noi e ai coniugi Martin. Suo padre, efficientissimo, gestisce i lavori di smistamento a seconda delle reciproche destinazioni. Sua madre, più defilata, fuma una sigaretta sotto alla tettoia. Quanto a noi, ci apprestiamo nei programmi a rendere fisica una barzelletta. 
"Ci sono un'italiana, una francese e una spagnola che vogliono cenare all'una e mezza di notte..."
Risate. Compassione. Espressione perplessa del taxista. 
Al grido di "scusate, siamo chiusi" veniamo cacciate in quest'ordine da: Burger King, Mc Donal'ds, TelePizza, ristorante, ristorante, caffetteria, baretto.. Alla fine riusciamo ad accaparrarci un paio di triangoli di toast ripieni di  uova fritte, salsine e bacon al bancone di un locale del centro. Sarà per l'ora tarda, la stanchezza, e l'indicibile gratitudine all'inventore del riscaldamento, ma mi sembra di non aver mai mangiato niente di più buono in vita mia. Ed evidentemente Carmen deve condividere la mia sensazione di euforia, visto che la sento profondersi in avance scherzose nei confronti del proprietario.

"Scusa se ti chiedevo di chiudere l'ombrello", mi riecheggia in testa una voce. 

Un paio d'ore e un sonno senza sogni dopo, stiamo socializzando con la donna delle pulizie, più semi-svenute che sedute sul divano di un hotel a quattro stelle. Strani scherzi del destino, è solo a pochi passi da quello in cui alloggiamo noi. 

"State aspettando...?", ci chiede la ragazza mentre passa il Mocio sui pavimenti già immacolati.
"Sì!"
"Chi?!", e ha già un'aria complice. 
"I cantanti!", dice Blanca. E il suo plurale mi dipinge nella testa un'immagine buffissima, in cui l'intero jet set della musica pop mondiale si raduna in questi pochi metri di atrio. Compresa Lady Gaga con lo stranissimo cappello stile anello di Saturno di quel video. Infatti scoppio a ridere, capirete. E tutt'intorno mi guardano male. 
"Aaaaaah!", esclama la donna delle pulizie, a sua volta piuttosto divertita (avrà immaginato Lady Gaga pure lei? ), "Stanno facendo colazione". 



Nel frattempo, è passata dai pavimenti al lustraggio del tavolino che abbiamo davanti. La specie di Vetril che utilizza ha un vago odore di bosco, e all'esserino di tre mesi che Blanca porta in pancia sembra piacere veramente un sacco. "Oddio, che buon profumo! Posso vedere che prodotto è? Lo devo comprare ASSOLUTAMENTE!". Sembra invasata. La tipa, dal canto suo, inizia a palesare un certo grado di terrore. 
"Ehm...vabbè, io vado...ciao ragazze, buona fortuna!"

L'ascensore si apre una mezz'oretta dopo. Tempo necessario perchè Stivi e Maitane si aggiungano alla comitiva, io metta in piedi storie complicatissime sulle basi dei numeri dei piani, e tutte assieme rivanghiamo il mio primo incontro in hotel con la persona che sta per raggiungerci. Ero più rincoglionita di adesso, ma decisamente anche molto più nervosa. Chissà perchè, di quel giorno è rimasta in mente a tutte la storia della banana. 
"Quando l'ho visto stava mangiando una banana"
"Quando l'ho visto stava gettando la buccia della banana"
"Quando l'ho visto ho pensato: ma chi cacchio è che ha lasciato lì la buccia di una banana?". 

Son bei momenti, non c'è che dire. 

Ma dicevo dell'ascensore. Cioè, di Dani. Abbandona la valigia in un angolo e si avvicina a noi. 
"Mi dovete scusare ma non posso parlare molto, oggi, ok?"
Dopo la perplessità causata dall'esordio imprevisto, scopriamo che si è svegliato con un mal di gola che lo preoccupa alquanto, visto che la sera stessa deve cantare a Salamanca. 
"E' che ieri, all'uscita del concerto, c'era un freddo terribile, e salutare la gente sotto tutta quella pioggia..."
Ok. Se già ho il senso di colpa facile, ora mi sento ufficialmente malissimo. 



"Dani, scusa se ti abbiamo 'assalito' ieri, con quel tempo...scusa davvero!"
"No, ma figurati! Non mi avete assalito per niente!"
"E' che io mi son sentita da schifo!"
"Non ti preoccupare, sul serio. E' stato più che altro lo sbalzo di temperatura, dal caldo del camerino al gelo..."
Quello e il fatto che sei uscito in camicia, vorrei aggiungere. Ma grazie a Dio mi mordo la lingua. 
Anche perchè, di fronte al mio centomillesimo "mi dispiace", lui mi abbraccia. Ma non è un abbraccio qualunque, questa volta. E' un abbraccio forte. Lungo. Un abbraccio di quelli in cui ti stringe gradatamente sempre un po' di più e a te viene un po' il dubbio che sia un gesto di affetto sincero o un modo come un altro per cercare di strozzarti. Comunque, un bel modo per morire. 
Nella tranquillità piena dei minuti a seguire parliamo di Giastin Biber (che scrivo cosi per evitare incursioni indesiderate sul blog), della - forse sfortunata, ma da noi condivisa - pubblica critica che gli ha mosso sul palco, di aneddoti dalla promozione americana. Poi, siccome sono un po' Babba Natale, estraggo dalla borsa l'ennesimo regalo che ho portato per lui. 

Non era previsto, questa volta, in realtà. Solo che alla Fnac c'era una guida dell'Italia in offerta. L'ho vista il giorno prima del concerto. Insomma, potevo forse lasciargliela lì? Certo, c'è da dire che avrebbero potuto farmi un pacchetto regalo un po' meno squallido. "Vuoi che ti metta l'adesivo con su scritto Zorionak?" - chiedeva il tipo alla cassa - "Vuol dire 'Tanti Auguri'". "No, guarda, lascia stare". 

Comunque. Lui, adesso, quel pacchetto squallido lo sta scartando. E mi guarda dritta negli occhi mentre io gli spiego, casomai non si capisse, che è un regalo ironico. Una cosa che DOVEVO comprargli. Un... - ecco, l'ha aperto - "Messaggio Subliminare!", diciamo in coro. E scoppiamo a ridere. Dani legge la dedica all'interno, una cosa raffazzonata in due minuti in cui gli dico che il "corto viaggio" di cui parla il titolo della guida io spero, in realtà, sia lungo; ma che da qualche parte si doveva pure cominciare. 

"Mil gracias, Ila", dice poi, serio. E' la prima volta che lo sento pronunciare il mio diminutivo. Lo scrive spesso, questo sì. Ma di persona m'ha sempre chiamata Ilaria. Insomma, lo so che è stupido, ma è quasi come un avvicinamento ulteriore. 

Col pretesto del libretto, mentre biascico un "de nada", Stivi mi anticipa chiedendo se, allora verrà in Italia. Lui risponde "Me encantaria", e l'assenza di certezze, col condizionale incluso, non mi piace per niente. M'inalbero. "No, no, no. Adesso DEVI venire! Che cavolo! C'hai pure la guida!"

Lui ride, poi mi racconta che è ormai tantissimi anni fa è stato a Roma. E' l'unica città del nostro Paese che ha visto, a quanto pare, ed è buffo che sia una di quelle in cui io non sia mai stata. Comunque: Blanca s'improvvisa agenzia turistica, e gli raccomanda caldamente le bellezze di Venezia. Io, intanto, cerco di spiegargli dov'è che vivo esattamente, visto che sarà la quattromillesima volta che me lo chiede. Dalla sua espressione vuota tra il "150 km da venezia" e il "confine con la Slovenia" capisco che me lo richiederà. Vabbé. 



A lui, ora, perdono tutto. Potrebbe anche chiedermi come mi chiamo mentre mi dedica il disco, e vi assicuro che m'importerebbe poco. Voglio dire: mentre gli parlo, d'improvviso, mi accarezza il volto. Io mi blocco a metà della frase, pausa lunga accompagnata dal mio miglior sguardo di "smettila subito o mi squaglio". Eppure lui non coglie, e lo rifà. Un'altra volta, e un'altra ancora. La conseguenza è che tra migliaia di chiacchiere inutili dimentico di chiedergli una delle pochissime cose che davvero volevo sapere: com'era andata a finire con Cremonini a Jerez
Avrò modo di pensarci solo svariate ore dopo, ripalleggiando in un bilancio mentale tutti i ricordi di queste giornate. Nel frattempo, la hall si è riempita anche degli altri musicisti della band. Inaki, soprattutto, si preoccupa delle mie opinioni sul concerto. 
"Era il primo di questo tour che vedevi, vero?"
Gli dico di quanto mi sia piaciuto, di quanto mi manchino Gretel ed El Puntito, di quanto mi sia stato impossibile organizzarmi anche per Salamanca. In realtà, 'sta cosa di Salamanca la devo aggiungere a causa della sua incredulità. Evidentemente sembra assurdo, visto da fuori, che io venga dall'Italia per un concerto e già che ci sono, non me ne faccia due. 

"E' che la data è uscita quando ormai avevo già prenotato i voli, e per cambiarli avrei dovuto spendere un sacco...", inizio a giustificarmi. Glisso mirabilmente sull'assenza di motivazione che m'aveva presa all'annuncio del tour, e ometto del tutto il pentimento che m'ha presa ora. In ogni caso, una cosa è certa: io, questi qui, li ho proprio abituati male. 

"Ciao Ilaria, fai buon viaggio!", mi distrae un ragazzo dagli occhi azzurri afferrandomi il braccio. 
"Anche tu, in bocca al lupo per stasera!"

O forse, con la loro estrema gentilezza, mi hanno - soprattutto- abituata male loro. 

2 commenti:

  1. ...e chiudi quell'ombrello!!!!:-)))
    sei fenomenale!!!!
    e decisamente ti sei riconciliata con la tua presunta mancanza di passione.....:-)
    besitos
    kit

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