lunedì 28 luglio 2014

"Se camminiamo tanto, dove andremo a finire?"

Strano, non avere una data da aggiungere al “ci vediamo”. Non sa di apocalittico. Di sconcertante. Non ha per niente l'aria del cambiamento epocale. Strano, solo questo. Ché in fondo é da un po', ormai, che avverto la necessità di smettere. Vado ad ogni concerto di Dani Martín con la precisa sensazione che potrebbe essere l'ultimo. Invece poi m'esalto, ritrovo il mio posto nel mondo, e non lo é mai. Non lo sará neanche stavolta, lo so bene. Avró sempre un posto nuovo da scoprire, un'amica da incontrare, un concorso a cui partecipare. Mi lasceró convincere, di nuovo e poi ancora. E mi ritroveró, per l'ennesima volta, seduta sull'asfalto ad ore comunque inumane. Lotteró contro il sole di una localitá della Costa Blanca, o magari contro il freddo fuori stagione di una qualche metropoli continentale. Avró impermeabili a proteggermi dalla pioggia, creme solari con fattore +50 da chiedere in prestito a qualcuno. In qualche remoto angolo del mio subconscio giustificheró questa follia col desiderio di difendere qualcosa. Tempo, suppongo. Energie. Un progetto che io stessa – senza che me ne venga niente – ho costruito. Poi correró. Oh, eccome.



Raggiungeró la transenna prima degli altri (chiamatemi Forrest Gump!) guadagnandomi onori da Salvatrice della Patria. Appenderó la mia bandiera come un segnaposto. Scatteró una foto, sempre uguale. E, chissá Dio perché, mi sentiró orgogliosa.



É successo, anche a Gandía; Col mare che si eclissa dentro ad un abisso nero. Lui tiene il palco come pochi sanno. Appende ottomila persone ad un silenzio. Col fiato sospeso, in una frase interrotta. Come se dal prosequio dipendesse la vita. Bravo. Eccome se lo é. Circondato da musicisti di esperienza, di quelli che non sbagliano un accordo. Li guardo scambiarsi gli sguardi divertiti di chi é rimasto unito dalla strada e dagli hotel. L'allegria di Iñaki dietro a un piano. I sorrisi di Cris. La concentrazione di Carlos dietro alla batteria.

In fondo, io, gli voglio bene. Davvero. A tutti loro. Hanno volti troppo famigliari per negarlo. Ci sono troppi ricordi, troppe note, per impedire che accada. Cosí si riavvicina, lui. Il suo sguardo di sorpresa – ché evidentemente non mi ha letta – i mille inchini e i mille gesti a cui riconosco con pena di essermi abituata. Gracias, cosí dice il labiale. Ed io sorrido, come sempre. Solo con un po' meno convinzione.






Sulla carta sarebbe tutto perfetto. Di nuovo, come o meglio di ció che aspettavo. Eppure questa volta si spengono i riflettori. Il pubblico inizia a sfollare in direzione dell'uscita. Ed io, incastrata tra commenti entusiastici, non sento quella voglia di riviverlo di nuovo. Forse sono solo stanca. E' stata una giornata intensa. Sí, dev'essere per questo. Ma é una sensazione amara in bocca. Come un campanello d'allarme dentro al cuore. E al risveglio, in una stanza di albergo in centro, scopro con orrore che non se n'é andata via.

Per qualche motivo, non riesco a togliermi dalla testa l'immagine di Elena che si accascia tra le transenne. Lacrime copiose le solcavano il volto. Succedeva a Zaragoza, se non faccio confusione. Non ricordo cosa fosse successo. So solo che diceva: “per me, finisce qui”. Coerente. Non l'ho piú vista, da allora, a nessunissimo concerto. E come lei non ho piú visto Clau. Né Nes, che un giorno scriveva su Twitter “questo non é il Dani che conosco”. Non ho piú visto Cris, scatenata nei messaggi quanto nelle attese all'uscita. Aloma, che tutt'al piú ora si rifugia in fondo a qualche live vicino a casa sua. E ancora Andrea. Sonya. Anto. Quel gruppo dal nome impronunciabile che s'era dato un logo all'uscita di Pequeño. Dio, in quanti se ne sono andati...!





Di colpo, mi sento piú vicina a loro che agli sguardi luccicanti di chi giá progetta la prossima trasferta. E non é per le tante promesse non mantenute. Per le speranze diventate delusioni. Non é per i messaggi cancellati o non risposti. Non é perché la scaletta é sempre la stessa – ed ero abituata troppo bene! - né per gli eccessi di bimbeminkia urlanti. Non per le canzoni che vorrei sentire. Non c'entra neanche questo clima orribile, intessuto di odi e di invidie fino all'ultimo centimetro di quella che dovrebbe essere passione. Niente di tutto questo, o forse proprio tutto questo assieme.

Resta il fatto che mi ostino a sperare in un miracolo. In qualcosa...chessó, un gesto, una notizia o una canzone, che possa farmi rivivere l'esperienza di saltellare emozionata per casa. Resta il fatto che difendo, con le unghie e con i denti, gli anni investiti attorno a quello che in qualche modo mi smuoveva dentro qualcosa. Lotto per l'obiettivo di arrivare ai 10 anni del fanclub (ne mancano solo due, dannazione!) e festeggiarli con una grande festa. Lotto perché sarebbe bello sentire un giorno Dani Martín nelle radio italiane e dire “caspita, forse é un po' anche merito mio”. Perché se lasciassi ora cosa mi resterebbe, se non l'ennesimo progetto abbandonato a metá?

Non sará l'ultimo concerto, Gandía. Sicuramente no.

Eppure lui si avvicina, su quel palco. Come sempre dice “Gracias”, portandosi una mano al cuore. Io sorrido, giá. Ma tutto quel che vorrei dirgli é "Grazie a te". Grazie per Ekix a luci abbassate. Per i baci a schiocco sulla guancia a Zaragoza. Per il modo in cui mi hai abbracciata a Barcellona. Grazie per l'elogio pubblico a Mallorca. Per quella volta – l'unica – che mi hai chiamata amica, anche fors'anche solo perché ti avevo fornito un'informazione. Grazie per le dediche. Per i tweet pieni di dolcezza e gratitudine. Per le interviste in cui hai parlato di me. Grazie, soprattutto, per tutte queste canzoni. Ché ognuna é un ricordo. Ché ognuna é un micro-film. E a volte, sull'ipod, lo mando avanti, perché non sempre hai voglia di guardarlo, un micro-film. Non mi piace quasi mai, confrontarmi con quella che ero: ho sempre la netta sensazione che la me di adesso perda su tutta la linea.

“Non smettete mai di camminare!”
“Se camminiamo tanto, dove andremo a finire?”
“Mah. Io forse prenderó un'altra strada”.

Ho risposto “Che stai dicendo?”.
Ho pensato che, malgrado tutto, presto potrebbe essere lo stesso per me.

Eppure é stato un gran concerto - davvero un gran concerto, Gandía.  


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