domenica 26 novembre 2017

Indie ma non troppo

Questo post avrebbe potuto intitolarsi anche "consigli per gli acquisti", "Cose che ho intenzione di ascoltare in loop finchè non mi esploderà il cervello". Oppure, meglio ancora, "viva la monotonia". Perchè davvero, ragazzi, io vi chiedo scusa; Solo che è di nuovo uno di quei periodi in cui la musica, nella mia vita, si fa quasi più importante dell'aria che respiro. 

Forse dipende dal fatto che sto bene. Sì, insomma, eccezion fatta per le due linee di febbre che ho deciso di ignorare pur di andare a vedere Sara Baras (Spoiler: ne valeva la pena). Bene del tipo che ieri sono riuscita ad isolare un istante di felicità purissima. Ho pensato "Dio, fa che questo momento duri per sempre", e non mi sono neanche accorta che stavo fissando un bidone della spazzatura. 


Sara Baras, Sombras. Foto: Daniel Perez (Teatro Cervantes Málaga) 


É in momenti così che sono più incline a premere il play. O magari è solo che quando la vita scorre a velocità doppia hai bisogno di qualcuno che acciuffi le sensazioni per te. Me li immagino così, i compositori: che saltano in alto con una retina in mano. Un mix tra Heidi e Super Mario Bros. Grazie a loro, eroi moderni a servizio di chi ha scelto di arieggiare il cuore, le melodie diventano una coperta calda e confortante sull'anima. Nelle voci che ci soffiano nelle orecchie si materializzano la pelle, il sudore e il battito cardiaco che noi ancora non siamo riusciti ad ascoltare. 

[Hashtag Mamma Mia Come Sono Profonda]

Per fortuna sono state tante, di recente, le novità discografiche degne di nota. Due, però, sono oggi tra tutte la mia personalissima ossessione. Vetusta Morla e Cesare Cremonini: due album che più che consigliarvi, se potessi, quasi vi IMPORREI di ascoltare. Opposti. Diversissimi, eppure al contempo assurdamente simili. Lo Yin e lo Yang che vanno a comporre la mia essenza duale. 

C'è, in essi, l'italiana e la spagnola. Il mio passato ed il mio adesso. Il pop con cui sono cresciuta e il fervore incredibilmente vario della scena indie iberica che come un vortice mi ha ormai del tutto trascinata via con sé. 

Uno più uno uguale io. Vino rosso, birra, e le playlist più schizofreniche che si ricordino a memoria d'uomo ("Ma davvero Alborán? Ma non era iniziata con i REM?" "Eh".). La bimba che alza gli occhi incantata sotto l'eccesso di luci in calle Larios, e la trentenne allo sbando che passa i fine settimana tra i concerti nelle sale del centro. 



Io, che maledico il piacere che provo nel dormire fino a tardi solo perchè ventiquattr'ore sono poche per le meraviglie di questa città. Io che però a volte mi chiudo nel mio guscio, bramando una serata in pigiama a suon di libri e serie tv. E penso che tre settimane lontane da Málaga saranno troppe da sopportare, giusto un minuto prima che la nostalgia del Natale in famiglia (e del gatto, e della mozzarella) mi spinga a desiderare che il mio volo decolli domani. 

Una contraddizione, questo sono. Come amare alla follia i Vetusta Morla e, insieme, Cremonini. Che, al di là delle etichette imposte, hanno però in comune la cura con cui infilano le parole nei versi, creando Micromondi-Specchio in cui ritrovi sia te stessa che la società. 

Se volete farmi felice e darvi l'opportunità di arricchire le vostre colonne sonore, qui sotto trovate i link di Spotify e- forse - un altro po' di ispirazione. 


Il commento: Dove diavolo eravate? Perchè ci avete messo così tanto a entrare di prepotenza nella mia vita? Questo disco è un capolavoro dalla prima all'ultima traccia, e abbatterà una volta per tutte i vostri preconcetti sulla musica spagnola. 

Tre canzoni da ascoltare:
1) Consejo de Sabios, la chicca assoluta, già diventata un vero e proprio inno per i fan della band.
2) Deséame Suerte, il secondo singolo estratto. Molto più rappresentativo, secondo me, del precedente "Te lo digo a ti".
3) El Discurso del Rey, perchè è perfetta per questo periodo dell'anno. 

La frase: "Pon el verano en un mostrador" (23 de Junio


Il commento: Sono diciotto anni (DI CIO TTO!!!) che ascolto Cremonini e, dopo questo disco, credo che ne aggiungerò almeno altri trenta. Cesare ha sperimentato con sonorità diverse da quelle abituali, guadagnandosi l'elogio unanime della critica e lo sconcerto - quando non l'aperto dissenso - da parte dei fan di vecchia data. Era proprio questo, inizialmente, a spaventarmi. Ma gli arrangiamenti impeccabili, uniti a quelli che secondo me sono i testi più belli e maturi che abbia mai scritto, mi portano per una volta a schierarmi dalla parte dei sapientoni con gli occhiali. Non fatevi sviare da Poetica: i brani dal ritmo sostenuto sono in netta maggioranza nella tracklist. 

Tre canzoni da ascoltare: 
1) La Isla, che ho adottato come "mia" sin dal primissimo ascolto, auto-condannandomi a canticchiarmela in testa ogni volta che passerò la fermata omonima con il bus numero 1. 
2) Nessuno vuole essere Robin: forse il brano più "cremoniniano" del disco, vi farà venire i brividi racchiudendo una società all'interno di una storia personale. 
3) Il Cielo era Sereno, un'ode nostalgica alla felicità semplice di quando eravamo bambini. 

La frase: "Non si tratta di dividere un atomo, è più facile la felicità" (Il Cielo Era Sereno






















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