lunedì 6 novembre 2017

Postcard from Tarifa


I posti più belli sono quelli in cui ci si spettina. 
Non sarà un concetto nuovo, ma basta un viaggio un bus per ricordarsi quant'è vero. 




Non tornavo a Tarifa dal 2009, eppure quasi niente mi sembra cambiato.
Le raffiche d'Africa. Il fischio gelato e costante che mi ricorda i pomeriggi grigi del Nord-Est. La fatica a camminare sul lembo sottile di terra che separa il Mediterraneo dall'Atlantico. Lì, nel punto più a Sud d'Europa, mentre la sabbia sottilissima ti si accanisce addosso come un ammasso di piccoli aghi. E nelle orecchie ti risuonano i Negrita, appropriati come sempre mentre deliri di una sbornia fatta solo di natura. 

Con il culo in Europa e il cuore ... là, dove arrivano i traghetti. Dove i rilievi di un altro continente sottolineano quanto siamo tutti vicini.

C'è un matrimonio, pacchiano e patinato come lo sono tutti qui in Andalusia. 
"Che bell'idea, ora le copio la foto!". 
E le case ammassate del centro mi parlano di un Paese che rimane fermo ai confini del tempo. Bianco, come la gomma che cancella in un sol colpo passato e futuro.







No. Non si è ridotta, la bellezza di Tarifa. 

Forse si è aggravata soltanto di una vena patinata in più. Quella dei negozi troppo cari, arredati con cura in nome degli stereotipi di California. Quella dell'atmosfera hippie come se l'immaginerebbe chi è cresciuto nella Milano bene, pavoneggiandosi di scelte bio e vegan solo perchè fa figo. Uno di quegli italiani con le pashmine griffate e gli sguardi di sufficienza che si alternano ai surfisti che lo sono forse solo nei cartelli con cui lo dichiarano all'ingresso delle case.

Quelli veri, invece, stanno sulla spiaggia, incrostati di sale e di acqua, senza le pretese colorate dell'apparenza mentre sfidano onde più grandi di loro. O magari nei camper ai bordi delle strade, che intravedi disordinatissimi dalle porte aperte del relax pomeridiano. 

Sono uno degli aspetti più autentici che ancora questo posto conserva, assieme a certi vicoli pieni d'incanto dove i panni sono stesi ad asciugare nel patio. Un posto in cui probabilmente non vivrei, preferendogli piuttosto la tranquillità di bianco e pietre di cui è fatto il centro storico di Cádiz. Con i bottini dalle facce tristi, gli ultramarinos di qualità, il tonno freschissimo fuori dal mercato. Cádiz, la bella Cádiz, con le sue cupole maestose e le letras flamenche che mi smuovono le idee. 

A Tarifa, però, è quasi obbligatorio rimettere piede ad intervalli alterni. Perchè nelle sue spiagge da Tropici, kilometriche e deserte, ti scompigli la vita per riemergerne nuova. 

Perchè quelle spiagge, belle da far venire i brividi, ti parlano da sole di assoluta libertà. 
































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