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domenica 22 giugno 2014

Viva el Rey!

Gli eventi di portata storica, lo capirete, non possono mica essere taciuti. A maggior ragione se regalano momenti emozionanti. Tipo l'infanta Elena che si commuove con un espressione alla “m'hanno spremuto un limone negli occhi” per la standing ovation rivolta a mamma Sofia; 



il look stile Ottocento di Mariano Rajoy, completo di una shorta di shmoking shvolazzante da fare invidia al migliore dei Dandy. 



O ancora la conferma – se mai ce ne fosse stato bisogno – che Felipe stava meglio con la barba. Ma meglio un bel po', eh. Barbetta per tutti come decreto legge internazionale.

Della sua incoronazione, a dire il vero, a me hanno colpito anche altre cose. Per esempio, il drappo rossogiallo affisso alla parete del palazzo del Congresso. Beeeelllo. Solenne. Coreografico. Talmente d'impatto da decidere di valutarlo come possibile decorazione per la mia famosa festa dei trent'anni che (tra parentesi) dovrei anche decidermi a iniziare a organizzare. Perchè io non sono megalomane per niente, è chiaro. 



Degna di nota anche l'espressione di felicità di Juan Carlos sul balcone del Palacio Reale. Al diavolo la perdita di immunità e tutto il resto! Glielo si leggeva negli occhi, il sollievo di chi pensa “oh, finalmente posso andare a vedere anch'io i lavori edili con le mani conserte dietro la schiena”. Son soddisfazioni mica da ridere, che credete. E poi le mini- infantas. Bionde, boccolose, catatoniche. Così tenere nei loro vestitini eleganti da farmi venire subito in mente scene da film del terrore.

Difatti.

La reazione del web iberico non si è fatta attendere. É bastata una loro inquadratura in mondovisione a scatenare la perfidia dei social network. L'ammasso di collage intervenuto a paragonarle alle gemelle di Shining m'ha restituito di colpo la fede nell'umanitá e l'amore incondizionato per il mio secondo Paese. Ho addirittura provato un po' di dispiacere a posteriori per l'eliminazione della Roja ai mondiali. Davvero.



A compensare il senso d'inquietudine, c'è stato per fortuna il bacio appassionato dei nuovi Reali dal balcone di cui sopra: All rights reserved to Disney, vietata la riproduzione. C'è una carrozza di cristallo da spostare in seconda fila. Ah no, è una zucca. Ah no.



Un'altra cosa che m'è rimasta impressa della cerimonia reale è stata la pronuncia del titolo completo del nuovo monarca. Voglio dire: “Felipe VI” è una cosa. “Felipe VI de Borbón”, un'altra. Ma “Felipe VI de Borbón Y Grecia” un po' di smarrimento te lo crea. Per un attimo ho pensato che anche i Greci avessero addobbato tutt'Atene con i drappi rossogialli di cui sopra. Mi sono aspettata il collegamento via satellite di un popolo in sbornia d'ouzo. Mi sono chiesta perché allora le due nazionali non unissero le forze ai Mondiali. Poi mi sono ricordata di non essere piú in epoca coloniale.

Ad ogni modo: io potrei continuare finché volete a fare della satira di dubbio gusto sull'Evento Spagnolo dell'anno, ma non farei altro che sprecare energie. Sí, insomma, c'é giá chi l'ha fatta molto meglio di me. Parlo di Wyoming e Dani Mateo, che hanno sopperito alle ferie inopportune di Buenafuente (certo che, anche lui: non poteva aspettare una settimana in piú? Gli aumentavano i prezzi dei voli Ryan Air? Eccheccacchio) con una visione altrettanto sarcastica dell'intera vicenda.



Piú che altro, diciamo che i due si sono concentrati su particolari entusiasmanti che, nell'euforia generale, erano magari sfuggiti alla vista e riflessione dei piú.

Uno su tutti, il tizio in uniforme militare la cui ingrata mansione consisteva nell'accompagnare uno ad uno i numerosi invitati alla firma del passaggio di consegne tra Juan Carlos e il figlio. Firma che avveniva in un salone raggiungibile esclusivamente dopo aver percorso a piedi la bellezza di 149 gradini. Ché qualcuno c'ha provato, poverino, a chiedere di usare l'ascensore. Ma niente. Quello, in teoria, era riservato alle “Dame”. L'hanno concesso, in via straordinaria, giusto giusto a un tizio sopra gli ottant'anni, probabilmente per scongiurare l'evenienza che gli collassasse a metá strada rovinando l'atmosfera. Gli altri, per le scale. E rigorosamente camminando sul tappeto, non sia mai che a qualcuno venisse in mente di alleggerire lo sforzo appoggiandosi a un muro o una ringhiera. Ti piace vincere facile? Potsipotsipopopo. 

Morale della favola: 'sto tizio in uniforme, poverino, s'é fatto 149 scalini in salita e 149 scalini in discesa per un numero imprecisato di volte nell'arco della giornata, sognando con tutta prevedibilitá un futuro impiego come cassiere al Mc Donald's. Quando é arrivato il momento di accompagnare Zapatero (tra parentesi: che gli é successo? Siamo sicuri che stia bene? Cioé, non vi sembra un po' pallidino?) il poverino era cosí fradicio di sudore che manco Cremonini a metá di un concerto (o dopo i primi 5 minuti, se é per quello). Immaginate che simpatico olezzo, oltretutto. Anche se Wyoming e Mateo, questo, non l'hanno voluto sottolineare.



Invece l'hanno fatto con un'altra, di mansione ingrata. Un po' meno faticosa, certo, ma altrettanto ingrata. Altrimenti come la chiamereste, l'attivitá esclusiva di dare e togliere il bastone da passeggio a Juan Carlos per tutta la durata dell'atto ufficiale? Juan Carlos si siede: prendi il bastone. Juan Carlos si alza: dagli il bastone. Juan Carlos si risiede. Togli il bastone. E via cosí. La sera stessa la moglie gli avrá chiesto: “com'é andata oggi, a lavoro?”. E lui: “Bene. Ho preso il bastone tre volte, gliel'ho ridato quattro volte, gliel'ho ripreso altre tre”. Emozionante. Quanta azione. Quanta avventura. Tra l'altro, con 'sti Re e con 'sti bastoni facesse Briscola, almeno.

Poi ci sono i politici, che hanno documentato l'intera vicenda dell'incoronazione postando selfie a manetta su twitter. Robe che neanche il peggiore dei bimbiminkia a un concerto di Justin Bieber. E i tizi a cavallo, durante la parata sulla Gran Via, con l'inevitabile quesito suscitato nei comici spagnoli: “dove si impara a suonare il tamburo a cavallo con un mocio in testa?”. Ma soprattutto: “cosa stavano suonando? La Marcia Reale o Pittbull?”. Quesiti che non troveranno mai una risposta, come i cerchi nel grano, le origini dell'universo, o diavolo come facciano gli americani a bere frullati al cioccolato mentre mangiano un hamburger.

Ma c'é soprattutto una cosa, che mi ha fatto notare la visione satirica di Wyoming e Dani Mateo. Ovvero: 'sti poveri Cristi di Felipe e Letizia (bel vestito, by the way), al termine della cerimonia e tutto il resto, hanno dovuto stringere la mano a – occhio al numero!- DUEMILA invitati. Duemila, capite? Cioé, se stringi la mano a duemila persone poi come minimo dovresti pretendere che nessuno ti tocchi per tre giorni. É disumano. Gli saranno venuti i calli? Avranno usato della crema nivea per ammorbidire la pelle? Avranno avuto la mano sudaticcia alla fine? Ma soprattutto: saranno riusciti a mangiarsi almeno una tartina, poi?




Comunque sia, una cosa é certa: puoi essere monarchico o repubblicano; puoi amarli, odiarli o guardarli con indifferenza, ma i Reali spagnoli – vecchi o nuovi – rispecchiano sempre il modo d'essere del loro popolo. Voglio dire, prendi gli inglesi. Sono rigidi, formali, impongono rispetto e solennitá. Davanti alla regina Elisabetta ti viene naturale assumere un certo comportamento, inchinarti, mantenere le distanze seguendo l'etichetta. Davanti a Felipe e Letizia, come giá davanti a Juan Carlos e Sofia, no. Per niente. I reali di Spagna sembrano sempre gente comune; persone alla mano, a cui dare del tu. Persone che puoi anche permetterti di prendere bonariamente in giro, come fossero amici di vecchia data. Dai, a Felipe ti verrebbe da dargli una pacca sulla spalla e dirgli “andiamo a farci 'na birretta, quando finisci qui?”. E a me – saró anche strana- questa cosa piace un bel po'. Viva el Rey!

sabato 28 luglio 2012

Go Olympics!


Ieri, come ogni quattro anni, il mondo si é sintonizzato su una trasmissione sola. E' un'immagine che mi affascina. Sa di abbraccio. Di distanze abbattute. Di come un legame eterno possa in qualche modo ancora renderci migliori. Per questo, perchè sono impregnate di speranza, amo le Olimpiadi dacché ho uso di ragione.

Dentro a quello schermo,ieri, toccava all'Inghilterra celebrare la sua storia. Messinscena filmica (e inizialmente noiosa, ammettiamolo) di un Paese per cui provare antipatia è impossibile. E forse c'entrano anche un po' quelle vedute aeree. Cartoline di una Londra dai ricordi, ed improvvisa voglia di tornare. Ma il punto é che in fin dei conti Shakespeare, Peter Pan e la Musica riempiono già piuttosto bene il mio elenco di ragioni. Sì:“Amiamo l'Inghilterra”, come dice una canzone. E quando un ideale viaggio nei decenni riporta a galla melodie e correnti, la mia pelle d'oca ne ricorda il perchè. Note. Note. Note. Accordi di un pianoforte. Strimpellio di una chitarra. Bastava solo questo. La cerimonia d'apertura, sarebbe stata perfetta già così.




Ma poi gli inglesi, mai contenti, hanno voluto aggiungere l'impatto coreografico di un nero peloso. Rappresentava le paure dei bambini, prima che tante Mary Poppins aprissero gli ombrelli di una rinnovata allegria. Ci hanno tenuto, ad incantarci con quegli uomini volanti. Strisciavano come insolite, luminose, farfalle sotto al protagonismo degli Artic Monkeys, prima che uno di loro portasse la sua bici a conquistare il cielo. Sono stati i momenti più belli della serata. Emotivi, come il braciere che si compone di tante fiammelle, ciascuna portata da un diverso Paese. Simbolici, come la torcia che, dalle mani di Beckham, passa alle sette giovani promesse che garantiscono un futuro allo sport. La fiamma Olimpica. Il fuoco che, da Olimpia, passando di mano in mano, arriva a illuminare uno stadio del Nord. Ed è l'emblema di un traguardo raggiunto dopo molte fatiche. Qualcosa di insondabile che mi riesce ancora ad incantare. Paul McCartney canta Hey, Jude. E, nonostante il sonno mi socchiuda gli occhi; nonostante abbia trovato l'inizio privo di ritmo e la cerimonia in vari punti scordinata...beh, nonostante tutto il mio giudizio è positivo. Eccome.






Chè poi c'è stata la sfilata. Il modo migliore per scoprire l'esistenza di Paesi mai sentiti nominare prima. Accorgerti di quanto sei ignorante, e di quanto poco la tua striscia di terra può arrivare a contare. La sfilata, già. Un rincorrersi di volti felici. Ingenuamente felici. Rotondamente felici. Volti che trasudano emozione e lacrime, per arrivare a trasmettere quell'entusiasmo anche a te.

Ma sono stata fin troppo poetica, scusate. Ora, leggendo questo post, può darsi che non mi riconosciate più. Per rassicurarvi,chiudo allora con le mie conclusioni sul piano strettamente estetico. Così, giusto a testimonianza del mio intatto sconquasso mentale.

Quindi: il premio ai peggio vestiti se lo contendono in molti. Insomma, dai: tra i trombini fluo della Repubblica Ceca, l'improponibile overdose di rosa e azzurro dei tedeschi e il quadrettato-rigato anti telecamere dei... dei...boh, non ricordo che Nazione fosse, é una lotta dura. Il che consolerà senz'altro gli spagnoli, che della bruttezza delle loro uniforme hanno fatto una vera e propria questione nazionale.





Al contrario, sul premio eleganza ho pochi dubbi. In fondo si sapeva, Armani non delude. Il primo posto va a noi, senza battere ciglio. Subito dopo, colloco il bianco e beige dei Colombiani.






Mister Olimpiade, almeno per il momento, é il portabandiera dell'Afganistan. Sì, sì, non dite niente: è stata una sorpresa anche per me. Certo, non che sia un posticino tranquillo in cui andarsi a cercar l'anima gemella, una vita tranquilla e le minigonne inguinali. Ma, insomma, carino è carino. Lo dovevo pur dire. Tra l'altro vorrei far presente che trovare una sua foto su internet é stata un'impresa titanica. E non si vede neanche bene. Vabbé.




Ah. Comunque, per un interessante (e, a tratti, piacevolmente ironico) commento della cerimonia minuto per minuto, consiglio quest'articolo de La Gazzetta.