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martedì 2 febbraio 2016

Very #Odissea: spagnoli che twittano come nell'antica Roma

Gli spagnoli mi capiscono, capitolo 2736355454 virgola 53 col tre periodico. Anche se non sempre, purtroppo, riesco ad essere "sul pezzo" quanto vorrei.

É passata ormai quasi una settimana da quando gli utenti iberici hanno deciso di divertirsi sul mio social preferito con l'hashtag #TuiteaComoSiEstuvierasEnLaAntiguaRoma (twitta come se fossi nell'antica Roma). Da quel momento in poi si sono susseguite serate al cinema, weekend a Venezia, quantità esagerate di pop corn e frittelle, iniziative a dir poco avventate. Eppure, il mio entusiasmo per quella trovata non si è ancora - per niente! - smorzato.

Il fatto è che gli spagnoli, twittando come se fossero nell'antica Roma, incarnavano in tutto e per tutto lo spirito che già avevo riversato nella mia #Odissea. C'era l'ironia fine a se stessa. C'era il linguaggio di una nuova era applicato a vicende più o meno universalmente note dell'antichità. E c'era - soprattutto- la satira, che dal triumvirato ai gladiatori usava quelle vicende per criticare, condannare o riflettere sui fatti d'attualità nazionale (corride, indipendenza catalana e coalizioni politiche in primis), oltre che sui comportamenti più tipici del web. Last but not least, converrete che l'unione di lingua ed argomento dia vita a un contenuto alquanto italo-spagnolo.

Quindi sì, sarebbe stato decisamente meglio scriverlo il giorno dopo. Ma il passaggio del tempo non mi è sembrato in ogni caso una ragione sufficiente a rinunciare al post. Un post che vuole celebrare la creatività di quell'hashtag riportando, in originale e traduzione italiana, la selezione dei tweet secondo me più significativi. Quelli più sagaci. Più originali. Più divertenti. Insomma, quelli che più mi hanno fatto venir voglia di scrivere qualcos'altro simile ad #Odissea.

Buona lettura (e buone risate) a tutti!



"Ah, certo, ora che è morto Cesare viene fuori che piaceva a tutti, no?"

"I cristiani sono come gli Hipster. Solo un'altra moda passeggera".

"Il gladiatore non soffre, è arte".

"Quelli a cui non piace vedere leoni che divorano cristiani che non vadano all'anfiteatro e punto".

"Lo sacrificheranno domani. Cerca casa urgentemente".

"Questo con Marco Aurelio non succedeva".

"Gli schiavi che ho ordinato su Amazon non sono ancora arrivati."

"Libertà per la provincia di Cartagine! Vogliamo la nostra lingua e la nostra cultura! La PUNICA!"

"Dai, scolpiscine un'altra che sono venuto mosso".

"Non ho le forze per scalpellare 140 caratteri sulla pietra".


"Oggi è venuta a divertirsi al Colosseo:


Cleopatra"


"...E la vincitrice della I Edizione di Operación Triunfo in Hispania é... Rosa, Rosae Lopez!

"Madre, ha capito ora come funziona lo scalpello?

Sta scalpellando...
Sta scalpellando...
Sta scalpellando...

Ni. "



"Schiavi, coprite le statue degli dei, che potrebbero offendere l'ambasciatore persiano".

"Guarda, son tre giorni che la gente é accampata davanti alla porta del teatro per non perdersi la Medea"

"Forza, chi liberiamo?"

"Io conoscevo i gracchi prima che fossero di moda"

"Un triumvirato? Cosa state dicendo? Basta con le coalizioni...!"


"Cameriere, cinque birre!"

giovedì 8 gennaio 2015

Je suis Charlie.

Ti frega sempre, la vicinanza emotiva. Subdola, priva di contorno, tendenzialmente di un egoismo raro. Sarò a Parigi tra poco più di una settimana. É anche per questo che la strage di Charlie Hebdo mi ha colpita nel profondo. Più del solito. Più di quanto avrebbe comunque fatto con una persona che ha studiato giornalismo; una che nella risposta “che vuoi fare da grande?” difendeva già a undici anni la libertà d'espressione. Una che ha iniziato a fare satira prima ancora di capire che la stava facendo. Ed ha scoperto, poi, che le piaceva. La divertiva. Che, tutto sommato, non le riusciva neanche così male. La chiamava “delirio”, a dire il vero. Perchè quella parola, “satira”, le è sempre sembrata troppo seria ed importante per meritarne l'applicazione su di un libro o su di un post non pretenzioso. Perchè in fondo sì, giornalismo va bene, ma lei aveva sempre immaginato di occuparsi solamente di musica e cultura. Eppure... che succederebbe se i sostenitori di Mariano Rajoy mi incarcerassero per averne preso in giro la pronuncia? Se i Sovrani spagnoli, leggendo un mio post, decidessero di uccidermi? Assurdo, vero? Fa quasi ridere, da tanto è surreale.



Ma è proprio così che dovrebbe essere: surreale. Inconcepibile. Ridicolo. Perchè il solo fatto di ritenerlo tale dimostra di per sé la nostra libertà. Morire per aver cercato di far sorridere, semplicemente, non ha senso. Non lo ha se parli di politici, se alludi ad una società intera, e neanche se l'oggetto è religioso. Poi puoi condividerne o meno i contenuti, considerarli persino esagerati o irrispettosi, ma a me fa schifo l'idea di vivere in un mondo in cui devi aver paura di quello che scrivi, disegni o dici. In cui l'ideologia di altri può mettere fine ad una vita – una vita, cavolo! - mentre cammini per strada, prendi un aereo o vai a lavoro. Che poi è retorico, lo so. Probabilmente banale. Ma a me, in questi due giorni, accendere il computer o la tv ha davvero messo il magone.




“Tra poco più di una settimana vado a Parigi. Oddioooo, a Parigi!”. Mi sono accorta che, tra tutte le sensazioni del mondo, dentro di me c'era anche il panico. Non è giusto. Perchè se provi panico hanno vinto loro. Mi fa arrabbiare, come mi fa arrabbiare l'idea che qualcuno possa preoccuparsi perchè la mia prossima destinazione è una civilizzata capitale europea, a un solo confine di distanza da qui. E allora festeggerò il mio compleanno in ritardo, con un viaggio, come previsto e come doveva essere. Mi godrò della buona musica dal vivo. Farò turismo. Berrò del vino. E mi divertirò. Perchè non è mancanza di rispetto, ma il solo modo che mi viene in mente per onorare le vittime di quella assurda strage.  

domenica 22 giugno 2014

Viva el Rey!

Gli eventi di portata storica, lo capirete, non possono mica essere taciuti. A maggior ragione se regalano momenti emozionanti. Tipo l'infanta Elena che si commuove con un espressione alla “m'hanno spremuto un limone negli occhi” per la standing ovation rivolta a mamma Sofia; 



il look stile Ottocento di Mariano Rajoy, completo di una shorta di shmoking shvolazzante da fare invidia al migliore dei Dandy. 



O ancora la conferma – se mai ce ne fosse stato bisogno – che Felipe stava meglio con la barba. Ma meglio un bel po', eh. Barbetta per tutti come decreto legge internazionale.

Della sua incoronazione, a dire il vero, a me hanno colpito anche altre cose. Per esempio, il drappo rossogiallo affisso alla parete del palazzo del Congresso. Beeeelllo. Solenne. Coreografico. Talmente d'impatto da decidere di valutarlo come possibile decorazione per la mia famosa festa dei trent'anni che (tra parentesi) dovrei anche decidermi a iniziare a organizzare. Perchè io non sono megalomane per niente, è chiaro. 



Degna di nota anche l'espressione di felicità di Juan Carlos sul balcone del Palacio Reale. Al diavolo la perdita di immunità e tutto il resto! Glielo si leggeva negli occhi, il sollievo di chi pensa “oh, finalmente posso andare a vedere anch'io i lavori edili con le mani conserte dietro la schiena”. Son soddisfazioni mica da ridere, che credete. E poi le mini- infantas. Bionde, boccolose, catatoniche. Così tenere nei loro vestitini eleganti da farmi venire subito in mente scene da film del terrore.

Difatti.

La reazione del web iberico non si è fatta attendere. É bastata una loro inquadratura in mondovisione a scatenare la perfidia dei social network. L'ammasso di collage intervenuto a paragonarle alle gemelle di Shining m'ha restituito di colpo la fede nell'umanitá e l'amore incondizionato per il mio secondo Paese. Ho addirittura provato un po' di dispiacere a posteriori per l'eliminazione della Roja ai mondiali. Davvero.



A compensare il senso d'inquietudine, c'è stato per fortuna il bacio appassionato dei nuovi Reali dal balcone di cui sopra: All rights reserved to Disney, vietata la riproduzione. C'è una carrozza di cristallo da spostare in seconda fila. Ah no, è una zucca. Ah no.



Un'altra cosa che m'è rimasta impressa della cerimonia reale è stata la pronuncia del titolo completo del nuovo monarca. Voglio dire: “Felipe VI” è una cosa. “Felipe VI de Borbón”, un'altra. Ma “Felipe VI de Borbón Y Grecia” un po' di smarrimento te lo crea. Per un attimo ho pensato che anche i Greci avessero addobbato tutt'Atene con i drappi rossogialli di cui sopra. Mi sono aspettata il collegamento via satellite di un popolo in sbornia d'ouzo. Mi sono chiesta perché allora le due nazionali non unissero le forze ai Mondiali. Poi mi sono ricordata di non essere piú in epoca coloniale.

Ad ogni modo: io potrei continuare finché volete a fare della satira di dubbio gusto sull'Evento Spagnolo dell'anno, ma non farei altro che sprecare energie. Sí, insomma, c'é giá chi l'ha fatta molto meglio di me. Parlo di Wyoming e Dani Mateo, che hanno sopperito alle ferie inopportune di Buenafuente (certo che, anche lui: non poteva aspettare una settimana in piú? Gli aumentavano i prezzi dei voli Ryan Air? Eccheccacchio) con una visione altrettanto sarcastica dell'intera vicenda.



Piú che altro, diciamo che i due si sono concentrati su particolari entusiasmanti che, nell'euforia generale, erano magari sfuggiti alla vista e riflessione dei piú.

Uno su tutti, il tizio in uniforme militare la cui ingrata mansione consisteva nell'accompagnare uno ad uno i numerosi invitati alla firma del passaggio di consegne tra Juan Carlos e il figlio. Firma che avveniva in un salone raggiungibile esclusivamente dopo aver percorso a piedi la bellezza di 149 gradini. Ché qualcuno c'ha provato, poverino, a chiedere di usare l'ascensore. Ma niente. Quello, in teoria, era riservato alle “Dame”. L'hanno concesso, in via straordinaria, giusto giusto a un tizio sopra gli ottant'anni, probabilmente per scongiurare l'evenienza che gli collassasse a metá strada rovinando l'atmosfera. Gli altri, per le scale. E rigorosamente camminando sul tappeto, non sia mai che a qualcuno venisse in mente di alleggerire lo sforzo appoggiandosi a un muro o una ringhiera. Ti piace vincere facile? Potsipotsipopopo. 

Morale della favola: 'sto tizio in uniforme, poverino, s'é fatto 149 scalini in salita e 149 scalini in discesa per un numero imprecisato di volte nell'arco della giornata, sognando con tutta prevedibilitá un futuro impiego come cassiere al Mc Donald's. Quando é arrivato il momento di accompagnare Zapatero (tra parentesi: che gli é successo? Siamo sicuri che stia bene? Cioé, non vi sembra un po' pallidino?) il poverino era cosí fradicio di sudore che manco Cremonini a metá di un concerto (o dopo i primi 5 minuti, se é per quello). Immaginate che simpatico olezzo, oltretutto. Anche se Wyoming e Mateo, questo, non l'hanno voluto sottolineare.



Invece l'hanno fatto con un'altra, di mansione ingrata. Un po' meno faticosa, certo, ma altrettanto ingrata. Altrimenti come la chiamereste, l'attivitá esclusiva di dare e togliere il bastone da passeggio a Juan Carlos per tutta la durata dell'atto ufficiale? Juan Carlos si siede: prendi il bastone. Juan Carlos si alza: dagli il bastone. Juan Carlos si risiede. Togli il bastone. E via cosí. La sera stessa la moglie gli avrá chiesto: “com'é andata oggi, a lavoro?”. E lui: “Bene. Ho preso il bastone tre volte, gliel'ho ridato quattro volte, gliel'ho ripreso altre tre”. Emozionante. Quanta azione. Quanta avventura. Tra l'altro, con 'sti Re e con 'sti bastoni facesse Briscola, almeno.

Poi ci sono i politici, che hanno documentato l'intera vicenda dell'incoronazione postando selfie a manetta su twitter. Robe che neanche il peggiore dei bimbiminkia a un concerto di Justin Bieber. E i tizi a cavallo, durante la parata sulla Gran Via, con l'inevitabile quesito suscitato nei comici spagnoli: “dove si impara a suonare il tamburo a cavallo con un mocio in testa?”. Ma soprattutto: “cosa stavano suonando? La Marcia Reale o Pittbull?”. Quesiti che non troveranno mai una risposta, come i cerchi nel grano, le origini dell'universo, o diavolo come facciano gli americani a bere frullati al cioccolato mentre mangiano un hamburger.

Ma c'é soprattutto una cosa, che mi ha fatto notare la visione satirica di Wyoming e Dani Mateo. Ovvero: 'sti poveri Cristi di Felipe e Letizia (bel vestito, by the way), al termine della cerimonia e tutto il resto, hanno dovuto stringere la mano a – occhio al numero!- DUEMILA invitati. Duemila, capite? Cioé, se stringi la mano a duemila persone poi come minimo dovresti pretendere che nessuno ti tocchi per tre giorni. É disumano. Gli saranno venuti i calli? Avranno usato della crema nivea per ammorbidire la pelle? Avranno avuto la mano sudaticcia alla fine? Ma soprattutto: saranno riusciti a mangiarsi almeno una tartina, poi?




Comunque sia, una cosa é certa: puoi essere monarchico o repubblicano; puoi amarli, odiarli o guardarli con indifferenza, ma i Reali spagnoli – vecchi o nuovi – rispecchiano sempre il modo d'essere del loro popolo. Voglio dire, prendi gli inglesi. Sono rigidi, formali, impongono rispetto e solennitá. Davanti alla regina Elisabetta ti viene naturale assumere un certo comportamento, inchinarti, mantenere le distanze seguendo l'etichetta. Davanti a Felipe e Letizia, come giá davanti a Juan Carlos e Sofia, no. Per niente. I reali di Spagna sembrano sempre gente comune; persone alla mano, a cui dare del tu. Persone che puoi anche permetterti di prendere bonariamente in giro, come fossero amici di vecchia data. Dai, a Felipe ti verrebbe da dargli una pacca sulla spalla e dirgli “andiamo a farci 'na birretta, quando finisci qui?”. E a me – saró anche strana- questa cosa piace un bel po'. Viva el Rey!

domenica 5 gennaio 2014

Dell'indipendenza catalana (e dei piatti rotti)

Prima o poi se ne doveva parlare. Della Catalunya, dico. Ma, soprattutto, delle mie bizzarre associazioni mentali. Perchè io, quella comunità, me la visualizzo come un'adolescente ribelle. Femmina, ma tosta un casino. Una che ascolta Punk d'annata e si fa i piercing da sola. Una, per capirci, che beve vodka liscia alle feste del Liceo.  “Me ne vado di casa”, dice alla fine. Non chiede “Per favore”, l'ha deciso e basta. Segue litigio in cui volano piatti. Crack. Mamma Rajoy, porella, ormai c'ha i capelli bianchi per lo shtressh.



Per spiegarvi il paragone, tuttavia, dovrei probabilmente ricapitolare i fatti. E allora eccolo, il mio riassunto pseudo-satirico, pseudo-istruttivo e (molto) pseudo-delirante delle pulsioni indipendentiste catalane. Fatti e vicende sono liberamente tratti da una – recente- storia vera.


1. L'adolesc...cioè, la Catalunya vuole fare un referendum per decidere del proprio futuro. Ha già fissato una data: Nove Novembre (allitterazione!) 2014. Probabilmente, come me, pensa che abbia un bel suono.  Per deciderlo deve aver visto un documentario sulla Scozia, la cui tensione all'indipendenza all'interno del quadro della UE diventa il suo personale modello d'ispirazione. 

La consultazione prevederà due domande tra loro collegate, un po' come quei test di personalità in cui devi seguire un percorso corredato di frecce prima di conoscere il ritratto della tua più intima psicologia. Domanda A): Vuoi che la Catalunya sia uno Stato? Sì – No. Se rispondi No, vieni re-indirizzato al profilo “SPAGNOLO”, la cui descrizione corrisponde essenzialmente a “vattene a Madrid, Stronzo!”. Se rispondi , passi alla domanda B): “Vuoi che la Catalunya sia uno Stato INDIPENDENTE?” (Rullo di tamburi, sguardi carichi di aspettativa). La risposta “No” rimanda al profilo “IDEE CONFUSE”, in cui si legge: “ma allora che cacchio vuoi che diventiamo uno Stato a fare?” Il Sì, invece, comprende un “BRAVO, tu si che ne capisci”.





In realtà, con le “idee confuse” (che poi confuse non lo sono poi tanto) c'è parecchia gente, in Catalunya. Le recenti proiezioni dimostrano come una buona fetta di popolazione vorrebbe sì le responsabilità, le autonomie e (soprattutto!) il controllo economico di un Paese a sé, ma non necessariamente l'indipendenza. La cosa fa incazzare parecchio Arthur Mas, presidente della Generalitat che però si sforza di far finta di niente. Tra parentesi, vorrei far presente che questo tizio si chiama “più”. Non che io sia la persona più adatta a far dell'ironia sui cognomi di tre lettere, però 'sta cosa mi destabilizza. Voglio dire,  la prima volta che l'ho sentito nominare, ad un qualche Tg di TVE, era nell'ambito di una frase tipo: “no pueden contar con más”, traducibile in “Non possono contare su altri”. Era seguita, poco dopo, da un “Tizio, Caio, Sempronio y más” (e altri). Ci ho messo circa due giorni a cercare di capire il senso del discorso. Da allora mi fa sempre ridere. 

Comunque. Il Signor Piú, dopo innumerevoli sforzi, é riuscito ad ottenere l'appoggio dei partiti di Sinistra, che gli hanno garantito i numeri necessari a convocare il referendum di cui sopra. La cosa, capirete, l'ha alquanto ringalluzzito. Sono abbastanza sicura che giri giá per casa in Kilt. 

2. A Rajoy è partito l'embolo. Voglio dire: giá c'é la crisi economica. Manca solo che se ne vada una delle regioni che più soldi portano nelle casse dello stato! Ché poi magari i baschi prendono ispirazione e quelli, si sa, non è che vadano tanto per le leggere. No, no. Questo divorzio non s'ha da fare. Punto. Irremovibile, il Governo fa sapere che un referendum indipendentista sarebbe incostituzionale;  E già che c'è ricorda- ma giusto così, en passant – che ha il potere di togliere provvisoriamente l'autonomia alla Catalogna nel caso in cui insista a farlo incazzare.

3. Le minacce, come quasi sempre accade, arcuiscono lo spirito di ribellione. Così, mentre Mas (a suon di cornamuse) fa presente che c'è più di un anno di tempo per trovare una soluzione legale, la popolazione catalana inizia a fare catene umane. Non è che gliene freghi tanto dell'indipendenza in sé, ma l'idea di non poter esprimere il proprio parere proprio non gli va giù. Senza contare che l'Università ha nel frattempo reso pubblico il dato scottante per cui, su ogni 100 euro di tasse pagate in Catalogna, solo 45 restano effettivamente all'interno della comunità. Capirete che un po' fa incazzare.

Foto: Rtve.es


4. Rajoy, sempre più preoccupato, inizia intanto a spiattellare il tutto alla Comunità Europea. “Questi se ne vogliono andare, i Catalani sono brutti e cattivi, signora Maestra hanno copiato il compito”. Qualcuno risponde “sono fatti vostri” ma, per lo più, la UE ci tiene prontamente a specificare che se la Catalunya diventasse indipendente resterebbe esclusa da tutti i trattati dell'Unione e della Nato. In seguito a tale dichiarazione, il Governo di Madrid si cimenta in un gesto dell'ombrello che genera spostamenti d'aria erroneamente scambiati per cicloni dai meteorologi. 

5. Il Signor Più, nel frattempo, studia piani alternativi. Ne avrebbe già in mente uno, in realtà. Del tipo che, se la Spagna non gli concedesse il referendum legale, potrebbe sciogliere il Parliament e convocare elezioni anticipate. Se ottenesse, così, il 75% della Camera Catalana avrebbe i numeri per passare direttamente alla Secessione, senza espedienti e menate. Però ci sono troppi SE. Senza contare che a lui, 'sta cosa che non lo vogliano in Europa, non é che vada tanto a genio. 

6. Arriva Natale. E, mentre i bimbi scrivono le letterine a Santa Claus (o ai Re Magi, a seconda della tradizione), Mas ne scrive una alla Merkel. E a Hollande. E a tutti gli altri. Siccome vuol fare le cose per bene, la traduce in una varietà incredibile di lingue (si spera non con Google Translate). Secondo me le circonda anche di cornicette, fiorellini e cuoricini. Tutto, pur di apparire simpatico. A quelli della UE (e anche a un po' di stati extra-comunitari, tanto per) fa sapere che la Catalunya in realtà vuole un sacco di bene alla Spagna. Si sentono ogni giorno al telefono, si mandano i messaggini di auguri su whatsapp, robe così. Insomma, non dovete preoccuparvi, davvero. L'unica cosa è che vorrebbero un po' più di spazio, capite? E poi non è che possono escluderli dall'Europa: hanno 7,5 milioni di cittadini, Gaudì e la crema catalana. In virtù di tutto ciò, chiedono l'appoggio internazionale al referendum del 2014. 

7. Manco a dirlo, al povero Mas non risponde nessuno. Interrogato in tal senso dalla Tv di Stato iberico, lui si affretta a dichiarare, tutto serio, “che tanto non si aspettava nessuna risposta; la lettera era giusto così, per informare”. Un po' come quando ti piace qualcuno e gli mandi un messaggio con un pretesto qualunque. Non comprende una domanda, per cui oggettivamente non richiede alcun feedback. Eppure, dal momento in cui l'invii, inizi a fantasticare di risposte fantascientifiche del tipo “grazie per avermi scritto, è sempre bello sentirti, quel che dici è divertentissimo, interessantissimo, mi trovo al cento per cento d'accordo e, a proposito, voglio passare il resto della mia vita con te”. Poi non ti arriva neanche un ok striminzito e tu, ovvio, ci rimani male. Però non è che lo puoi dire, perchè dovresti confidare le tue aspettative e rischiare di conseguenza l'internato immediato in strutture per pazienti psichiatrici. Quindi ti limiti ad alzare le spalle: “no, ma non mi aspettavo una risposta, ma figurati!”. E a tal proposito approfitto del Signor Più per lanciare una petizione all'intera popolazione maschile: RISPONDETECI. Piuttosto mandateci a cagare, se non vi interessiamo, ma RISPONDETECI. E' la nostra sanità mentale a scongiurarvi. 



In tutto questo quadretto, mentre mi chiedo come andrà a finire, la vera domanda rimane comunque una sola: se la Catalunya diventasse indipendente, avrebbe una sua squadra a parte ai Mondiali? Ma soprattutto: potrebbe Freddie Mercury essere scelto come interprete dell'inno Nazionale? Ai posteri l'ardua sententia. E, intanto, un po' di Pa amb tomaquet a me. 

giovedì 26 settembre 2013

I Tweet Awards di #Odissea

Si è da poco conclusa, in quel di Rimini, l'edizione 2013 dei Tweet Awards. Ora: magari voi non lo sapete, ma il motto di quest'anno era “Fatti non foste a twittar come bruti”. Se ne evince che, in versione omerica o dantesca, non sono l'unica a pensare che Ulisse se la caverebbe alla grande con i cinguettii. 
Ci stavo riflettendo questa notte, in preda ad un fastidiosissimo attacco di insonnia creativa. Così, invece di mettermi a contare le pecore come farebbe una persona normale, ho finito col chiedermi cosa sarebbe successo se la manifestazione fosse stata organizzata con i personaggi di #Odissea



Il risultato è che mi sono ritrovata a sghignazzare da sola nell'oscurità della mia stanza, per poi sognare tutta la notte di scrivere. Che poi: sarà possibile sognarsi di scrivere? Il mio subconscio mi lascia sempre senza parole [ah-ah!].

Comunque. In esclusiva per i lettori del mio primo libro, ecco i premiati ai Tweet Awards - #Odissea edition. Con una succinta ma efficace cronaca dell'accaduto a cura dei reporter di @greek_news. Siete d'accordo con i verdetti? Voi chi avreste votato?




Twittero dell’anno : nAuSiKaA (@nauxx) 

La ragazzina, che non ha potuto presenziare alla manifestazione per motivi personali (o, come dice lei: “xkè i miei nn hanno voluto portarmi, sn disxata, li odio! :'''''''''( “) ci ha ritenuto a ringraziare per il riconoscimento con un tweet. Queste le sue commosse dichiarazioni: 

“No, beh, ma siete stramegafantastici! Vi lovvo 1 Casino! *__*”

Miglior Uomo su Twitter: Telemaco (@telemaco)

In abiti formali e particolarmente apprezzato dalle giovani presenti, il figlio del celebre Odisseo ha ritirato il premio dedicando poche ma sentite parole all'"importanza avuta da Twitter nel dare eco alla spedizione da lui organizzata per rintracciare il padre". Tra applausi scroscianti (e qualche insulto dai Proci - strategicamente stipati vicino al buffet) ha dedicato il trofeo alla famiglia e agli amici “che mi sono sempre stati vicino”. 

Miglior Donna su Twitter: Penelope (@penelope_)
Elegantissima in un abito della sua nuova collezione moda, Penelope si è lasciata sfuggire qualche lacrima di commozione. Mentre si sottoponeva ai flash (per lo più di @Novella1200Ac) qualcuno, dalla zona buffet, ha urlato “A'BBOONA!”. Ne è seguita una rissa immediatamente dispersa dalla Polizia. Antinoo Re dei Proci (@antinoo_proci), portato via di peso, ha brontolato chiedendo se non si potesse almeno aspettare che stappassero il vino.
Twittero Rivelazione: Elena (@elena_official)

Il nome della vincitrice – assente per evitare la pubblica gogna - ha provocato un coro di stupore.    L'organizzazione ha provato a motivare la scelta con “la capacità di usare il mezzo per mostrare il proprio volto umano, e riscattarsi così dagli insulti ricevuti al momento dell'iscrizione”. Ma poi, fuori microfono, ha aggiunto che, in realtà, “non se lo spiega mica”. A dirla tutta, neanche noi.
Twittero più simpatico: Lotofagi (@Lotofagi)
Un boato si è alzato dalla sala quando questa banda di bizzarri figuri ha ritirato il premio al grido di “Peace&Love fratelli! … Però togliete quelle polpette dal buffet, dai”. Uno di loro, intento a fissare il vuoto, si è poi avvicinato al presentatore chiedendo se sapesse, per caso, che giorno era. Poi ha fatto Ciao-Ciao con la manina a quello che secondo lui era un unicorno rosa. Mah.
Miglior Azienda su Twitter: Epeo (@Epeo_costruzioni)
Il riconoscimento, sottratto per pochissimi voti alla favorita Trinachia Turismo (@trinachia_turismo), ha premiato le grandi capacità imprenditoriali di Epeo. L'artigiano ha, infatti, sfruttato nel migliore dei modi le circostanze d'attualità per promuovere al meglio le sue creazioni. In segno di gratitudine, Epeo ha regalato un modellino in scala del cavallo di Troia a tutti i presenti. Molto gentile da parte sua, non c'è che dire.
Miglior Fake/Parodia: Nessuno (@nessuno)

L'annuncio del vincitore ha creato scompiglio. 
“Ma come è possibile che non abbia vinto nessuno?”, ha chiesto qualche disinformato che sembrava non vederci granchè bene. 
“No, Nessuno: Nessuno ritira il premio!”, ha provato a spiegare l'organizzazione. 
In effetti, nessuno è salito sul palco. 
Ma non è che questo abbia migliorato le cose. 

Miglior Celebrità su Twitter: Odisseo (@Ulisse)
Il verdetto era tra i più attesi. La Twitstar più famosa del globo, non potendo essere presente, ha voluto ringraziare con un video. Realizzazione spettacolare, va detto. 
Proviamo a descrivervelo: l'inquadratura si apre su di un posto decisamente molto caldo. Luci rossastre. Poi, si vede del fuoco. Con un effettone speciale della Madonna, la voce di Ulisse sembra uscire proprio da una fiamma. Incredibile, sul serio. Mentre le immagini scorrono, ci sembra di scorgere tra il pubblico un noto autore di Best Seller americano che prende appunti in modo compulsivo. 
Sullo schermo, intanto,  la lingua di fuoco si lancia dimenandosi in un discorso impeccabile in cui trovano spazio anche questioni di attualità stringente come – par di capire – il conflitto di Gibilterra. Un posto alquanto sfigato, quello lì, intuiamo. Sfigato e ventoso. 
Poi, il filmato si conclude con una scritta in sovraimpressione. E' il motto della manifestazione: “fatti non foste a twittare come bruti”, ma il sempre geniale Ulisse lo conclude con un'altra frase ad effetto: “...ma per seguir virtute e canoscenza”.

E' il tripudio. In sala prende il via una standing ovation. Applausi. Urla. Ragazzine che svengono. Poi qualcuno, poco impressionabile, esclama: “oh, guardate che c'è un refuso, "conoscenza" va con la O!”. 

Per tutta risposta, un tizio col naso molto pronunciato si alza stizzito. 
 “Non hapite un hazzo non hapite, maremma 'mpestata”, esclama. Quindi abbandona il luogo.  








PS: Dante, Scusa.


 
Anche a nome di Dan Brown.

venerdì 9 agosto 2013

La Questione Gibilterra spiegata alle scimmiette.

Che inglesi e spagnoli non siano fatti per andare d'accordo, lo si capisce subito. Questo dicono gli stereotipi, almeno. Perchè basta guardarli, dai. Gli uni biondicci, la carnagione lattea biologicamente progettata per l'ustione. Gli altri per la maggior parte mori, melanina compiacente, abbronzatura bronzea da spot della Bilboa. Gli inglesi sono organizzati. Abitudinari. Puntuali. Gli spagnoli incasinati. Imprevedibili. L'impianto linguistico che prevede già da sé il ritardo cronico. Altrimenti non direbbero “nos vemos al medio día” (letteralmente: mezzogiorno) per intendere le cinque del pomeriggio, né userebbero cosí spesso la flessibilitá di quel “dentro de un rato”. Gli spagnoli alzano le spalle. Gesticolano. Ti abbracciano e ti baciano a mó di presentazione. Gli inglesi, tutt'al piú, ti porgono la mano. Gli uni cenano alle sei. Gli altri alle undici, se basta. I primi, alle cinque, bevono il tea. I secondi programmano un giro di tapas tra un po'. Gli spagnoli sono quelli del “no pasa nada, hija”, quelli che l'usted (il lei) l'usano poco o mai. Gli inglesi, al contrario, esigono eccessi di “excuse me” e di “sorry”, perché é importantissimo essere polite

Sono lo ying e lo yang fatti nazione. Gli opposti che si attraggono in destini di vacanza. Due popoli che amo. Due Paesi in cui ho studiato e vissuto. Due mondi che, a dispetto di tutti, ho sempre ritenuto piú simili di quanto si creda. Per la loro gentilezza congenita, ad esempio. Ché, in effetti, si distingue soltanto per grado d'introversione. 



Hanno due lingue musicali, diffuse internazionalmente tra Oceani e canzoni. Hanno identica passione per il calcio. Per le feste notturne. Persino le cifre (tristi) di consumo alcolico riescono ad avvicinare la loro popolazione piú giovane. Se ne fregano, inglesi e spagnoli, dell'opinione altrui sulle apparenze. Se hanno caldo si mettono la canottiera. Se hanno freddo, il cappotto. E cosa importa che stagione è, che taglia portano, o cos'ha indossato il loro vicino oggi. Se devono portare fuori l'immondizia, lo fanno pure in pigiama. Tanto, per due metri, che sará mai! E noi italiani ci scandalizziamo, critichiamo, parlottiamo, senza renderci conto che é cosí che riescono – e quante volte l'ho detto! - a vivere almeno centomila volte piú sereni. 

E poi piace fare la fila, a entrambi. Magari per occasioni diverse, certo. Gli inglesi per il bus o per il taxi, gli spagnoli per un concerto pop o per il biglietto della lotteria. Peró la fanno. La rispettano. Ci si organizzano. Alla faccia delle disordinatissime mandrie italiche. 

Comunque sia, il fatto é che a me, Gibilterra, sarebbe piaciuto vederla. Non foss'altro che per affiggere una bandierina in piú sulla mappa dei posti visitati. Che ne so, magari per godermi il contrasto delle cabine telefoniche rosse con la vegetazione tipicamente Andalusa. Per scattare una foto al cartello con scritto “Spain”. Per ridere del bipolarismo assurdo della gente che guida a destra. Poi, per sei virgola otto kilometri netti, a sinistra. Poi, di nuovo a destra. E usa le sterline per comprare sangría. 

Mi sarebbe piaciuto visitare quel posto perché é curioso, insomma. Perchè secondo gli antichi era la fine del mondo, ma letteralmente. Tutto qui. Anche perché, a conti fatti, non é che ci sia molto altro, se si esclude la tecnologia a prezzi da duty free e  uno stuolo di scimmiette rompiballe che ti apre lo zaino appena ti distrai. 



Ad ogni modo, non lo faró. Capito, ragazzi? Scherzavo! Che, da quando ho espresso ad alta voce questi pensieri, attorno a quello scoglio s'é creato un casino. Ma robe che tra un po' lo ying e lo yang si dichiarano guerra. Il che non é bellissimo, in vista della mia imminente partenza per la Costa del Sol. 

In sintesi, per chi si fosse perso le ultime puntate: 

- Gli inglesi, preoccupati per le incursioni dei pescatori spagnoli nelle loro acque, hanno innalzato delle sottospecie di blocchi di cemento nel mediterraneo. Che giá, dico io, come cacchio ti viene in mente? Non é antiestetico un casino? Gli ambientalisti non dicono nulla? Boh. 

- Gli spagnoli s'incazzano. Dicono una roba tipo: “oh, guiris de mis cojones, togliete di mezzo 'sto obrobrio che state rompendo le palle ai nostri pescatori”. 

- Gli inglesi, al solito molto educati, si lanciano in discorsi forbitissimi pieni di scusate, davvero, siete molto carini e vi vogliamo bene, peró l'obrobrio lo lasciamo lí. 

- Gli spagnoli, probabilmente fomentati dai turisti in astinenza da pescaíto frito, passano al contrattacco. Impediscono agli aerei che decollano da Gibilterra (sí, perché quello sputo di posto lí c'ha pure un aeroporto: a tipo due metri da quello di Cadiz; ma vabbé) di transitare sullo spazio aereo spagnolo. Il che significa, lo capirete anche voi, che gli aerei non si posson proprio muovere. Perché dov'é che vanno? Stanno fermi a girare su se stessi per spaventare le scimmiette? Non si puó. Come se non bastasse, parlano di far pagare un pedaggio di 50 euro alla gente che volesse varcare il confine, inasprendo i controlli alla dogana con la scusa che “non sono mica shengen, 'sti qui”. 



- Al che, anche agli inglesi iniziano a girare un po' the balls. Continuano coi Keep Calm, manteniamo la diplomazia, siamo tutti friends. Cameron e Rajoy chiacchierano al telefono in continuazione, come due fidanzatini adolescenti. “Dai, riattacca tu”, “No, dai, prima tu”. I media la definiscono “Hotline Londra-Madrid”, difatti.Ma intanto, infidi, i britannici mandano le navi militari a presidiare il fortino (e le scimmiette, é chiaro).

-  Il sindaco della vicina Algeciras (il posto piú caotico che io abbia visto in tutta l'Andalusia, giuro), che fino a quel momento se n'era stato zitto e buono, inizia a sproloquiare in diretta tv. “'Sti qui parlano bene e razzolano male, é una vita che sopportiamo angherie e soprusi da parte loro”. Dopo di che, inizia a chiacchierare a ruota libera di faccende di contrabbando e fallimento di esercizi locali di cui – sono sincera – non ho capito proprio granché. Intanto, su twitter, si inizia a parlare di “politica neocoloniale”, “conflitto imminente” e “levate 'sta cacchio di royal navy dal porto che la gente c'ha un filino di caga”. 

- Da Downing Street impeccabili funzionari in doppio petto insistono a dire che la faccenda é stata fraintesa: le navi militari sono lí per far degli esercizi di manovra (in pieno Agosto? Proprio lí? Cos'é, in Gran Bretagna non avevano spazio?) e la loro presenza era prevista da almeno un anno. E, comunque, mica hanno intenzione di toglierle. Very Sorry. Faccio anche presente che l'obrobrio cementifico stile Berlino Est/Ovest della pesca pare sia ancora lí. 

Insomma, io non lo so com'é che andrá a finire 'sta faccenda. Ma, in tutto questo, c'é una cosa a cui non smetto di pensare: voi ve li immaginate, Rajoy e Cameron che discutono della faccenda? In INGLESE? Con la caratteristica SH di Rajoy ad aggravarne l'accento? Cioé, secondo me questi qui si fanno la guerra davvero, prima o poi. Ma non perché siano lo Ying e lo Yang, né perché delle scimmiette gliene importi tutto 'sto granché. Naaa. Questi qui inizieranno a spararsi cannonate addosso perché non si capiscono, credete a me. Son brutte cose.

(NB: questo non é un articolo di cronaca, evidentemente. Ergo, se ci sono inesattezze, non prendetevela con me. Tanto non é che le scimmiette si formalizzano, voglio dire).