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martedì 2 febbraio 2016

Very #Odissea: spagnoli che twittano come nell'antica Roma

Gli spagnoli mi capiscono, capitolo 2736355454 virgola 53 col tre periodico. Anche se non sempre, purtroppo, riesco ad essere "sul pezzo" quanto vorrei.

É passata ormai quasi una settimana da quando gli utenti iberici hanno deciso di divertirsi sul mio social preferito con l'hashtag #TuiteaComoSiEstuvierasEnLaAntiguaRoma (twitta come se fossi nell'antica Roma). Da quel momento in poi si sono susseguite serate al cinema, weekend a Venezia, quantità esagerate di pop corn e frittelle, iniziative a dir poco avventate. Eppure, il mio entusiasmo per quella trovata non si è ancora - per niente! - smorzato.

Il fatto è che gli spagnoli, twittando come se fossero nell'antica Roma, incarnavano in tutto e per tutto lo spirito che già avevo riversato nella mia #Odissea. C'era l'ironia fine a se stessa. C'era il linguaggio di una nuova era applicato a vicende più o meno universalmente note dell'antichità. E c'era - soprattutto- la satira, che dal triumvirato ai gladiatori usava quelle vicende per criticare, condannare o riflettere sui fatti d'attualità nazionale (corride, indipendenza catalana e coalizioni politiche in primis), oltre che sui comportamenti più tipici del web. Last but not least, converrete che l'unione di lingua ed argomento dia vita a un contenuto alquanto italo-spagnolo.

Quindi sì, sarebbe stato decisamente meglio scriverlo il giorno dopo. Ma il passaggio del tempo non mi è sembrato in ogni caso una ragione sufficiente a rinunciare al post. Un post che vuole celebrare la creatività di quell'hashtag riportando, in originale e traduzione italiana, la selezione dei tweet secondo me più significativi. Quelli più sagaci. Più originali. Più divertenti. Insomma, quelli che più mi hanno fatto venir voglia di scrivere qualcos'altro simile ad #Odissea.

Buona lettura (e buone risate) a tutti!



"Ah, certo, ora che è morto Cesare viene fuori che piaceva a tutti, no?"

"I cristiani sono come gli Hipster. Solo un'altra moda passeggera".

"Il gladiatore non soffre, è arte".

"Quelli a cui non piace vedere leoni che divorano cristiani che non vadano all'anfiteatro e punto".

"Lo sacrificheranno domani. Cerca casa urgentemente".

"Questo con Marco Aurelio non succedeva".

"Gli schiavi che ho ordinato su Amazon non sono ancora arrivati."

"Libertà per la provincia di Cartagine! Vogliamo la nostra lingua e la nostra cultura! La PUNICA!"

"Dai, scolpiscine un'altra che sono venuto mosso".

"Non ho le forze per scalpellare 140 caratteri sulla pietra".


"Oggi è venuta a divertirsi al Colosseo:


Cleopatra"


"...E la vincitrice della I Edizione di Operación Triunfo in Hispania é... Rosa, Rosae Lopez!

"Madre, ha capito ora come funziona lo scalpello?

Sta scalpellando...
Sta scalpellando...
Sta scalpellando...

Ni. "



"Schiavi, coprite le statue degli dei, che potrebbero offendere l'ambasciatore persiano".

"Guarda, son tre giorni che la gente é accampata davanti alla porta del teatro per non perdersi la Medea"

"Forza, chi liberiamo?"

"Io conoscevo i gracchi prima che fossero di moda"

"Un triumvirato? Cosa state dicendo? Basta con le coalizioni...!"


"Cameriere, cinque birre!"

giovedì 13 febbraio 2014

Marco Mengoni Goes to Spain (e tutte le postille del caso)


Marco Mengoni debutta sul mercato spagnolo. Il che, peraltro, non farà che alimentare la convinzione tutta iberica per cui la lingua italiana sia composta in gran parte da suffissi in -ni. Sono tutt'ora convinta che Nek, il nome d'arte, se lo sia scelto anche un po' per quello. 

Comunque. 

La notizia - che si merita a tutti gli effetti il titolo di "italo-spagnolismo della settimana"-  implica inevitabili postille. In primis, urge commentare l'originalità dei titolisti nostrani: gli ci sono voluti all'incirca due secondi e tre sorrisetti compiaciuti a intasare il web di "#prontoacorrere in Spagna". Geniali, davvero. Me li visualizzo che si sfregano le mani, beandosi della propria indicibile e affatto banale intuizione. 

Poi, l'elogio del Do ut Des, meglio noto come "scambio di figurine Panini". Chè, insomma, se un cantante italiano della Sony va in Spagna, giustizia vorrebbe che un cantante spagnolo della Sony venga in Italia. Giusto? É una questione di par condicio. Di flusso bidirezionale di capitali investiti. Di equilibri mondiali tra ciuffi della musica pop. Perché il cantante deve avere il ciuffo, é chiaro. Sennó che razza di scambio equo sarebbe?

(Ogni riferimento a fatti e Dan...ehm, persone é puramente casuale eccetera)





Quindi niente. Starei anche qui a raccontarvi i fatti miei, ma la stanchezza post-lavorativa e il filtro Valencia di Instagram auto-installatomisi a mezzo polvere sulle lenti degli occhiali mi impongono di essere breve. Oltrettutto, raccontandovi di me dovrei menzionare vicessitudini tragicomiche quali:

- Litigi con rappresentanti molesti di non so piú quale ditta;
- Scivolate rovinose su lastre di ghiaccio;
- Vecchiette che svengono al semaforo; 
- Giovani pulzelle assonnate che bussano per mezz'ora alla porta dell'ufficio prima di accorgersi di aver sbagliato piano. Per poi scrivere di sé in terza persona plurale.

E quindi, insomma, non é che ci farei 'sta gran figura. 

Meglio Mengoni, allora. Che c'avrá anche la desinenza in -ni, ma tutto sommato non una brutta pronuncia. La sonoritá di "Aunque el mundo cae en pedazos", poi, vale giá da sola tutta la canzone. Che volete? Resto pur sempre una filo-ispanica. Come tale, manco a dirlo, a me questo brano piace molto di piú cosí. 


domenica 5 gennaio 2014

Dell'indipendenza catalana (e dei piatti rotti)

Prima o poi se ne doveva parlare. Della Catalunya, dico. Ma, soprattutto, delle mie bizzarre associazioni mentali. Perchè io, quella comunità, me la visualizzo come un'adolescente ribelle. Femmina, ma tosta un casino. Una che ascolta Punk d'annata e si fa i piercing da sola. Una, per capirci, che beve vodka liscia alle feste del Liceo.  “Me ne vado di casa”, dice alla fine. Non chiede “Per favore”, l'ha deciso e basta. Segue litigio in cui volano piatti. Crack. Mamma Rajoy, porella, ormai c'ha i capelli bianchi per lo shtressh.



Per spiegarvi il paragone, tuttavia, dovrei probabilmente ricapitolare i fatti. E allora eccolo, il mio riassunto pseudo-satirico, pseudo-istruttivo e (molto) pseudo-delirante delle pulsioni indipendentiste catalane. Fatti e vicende sono liberamente tratti da una – recente- storia vera.


1. L'adolesc...cioè, la Catalunya vuole fare un referendum per decidere del proprio futuro. Ha già fissato una data: Nove Novembre (allitterazione!) 2014. Probabilmente, come me, pensa che abbia un bel suono.  Per deciderlo deve aver visto un documentario sulla Scozia, la cui tensione all'indipendenza all'interno del quadro della UE diventa il suo personale modello d'ispirazione. 

La consultazione prevederà due domande tra loro collegate, un po' come quei test di personalità in cui devi seguire un percorso corredato di frecce prima di conoscere il ritratto della tua più intima psicologia. Domanda A): Vuoi che la Catalunya sia uno Stato? Sì – No. Se rispondi No, vieni re-indirizzato al profilo “SPAGNOLO”, la cui descrizione corrisponde essenzialmente a “vattene a Madrid, Stronzo!”. Se rispondi , passi alla domanda B): “Vuoi che la Catalunya sia uno Stato INDIPENDENTE?” (Rullo di tamburi, sguardi carichi di aspettativa). La risposta “No” rimanda al profilo “IDEE CONFUSE”, in cui si legge: “ma allora che cacchio vuoi che diventiamo uno Stato a fare?” Il Sì, invece, comprende un “BRAVO, tu si che ne capisci”.





In realtà, con le “idee confuse” (che poi confuse non lo sono poi tanto) c'è parecchia gente, in Catalunya. Le recenti proiezioni dimostrano come una buona fetta di popolazione vorrebbe sì le responsabilità, le autonomie e (soprattutto!) il controllo economico di un Paese a sé, ma non necessariamente l'indipendenza. La cosa fa incazzare parecchio Arthur Mas, presidente della Generalitat che però si sforza di far finta di niente. Tra parentesi, vorrei far presente che questo tizio si chiama “più”. Non che io sia la persona più adatta a far dell'ironia sui cognomi di tre lettere, però 'sta cosa mi destabilizza. Voglio dire,  la prima volta che l'ho sentito nominare, ad un qualche Tg di TVE, era nell'ambito di una frase tipo: “no pueden contar con más”, traducibile in “Non possono contare su altri”. Era seguita, poco dopo, da un “Tizio, Caio, Sempronio y más” (e altri). Ci ho messo circa due giorni a cercare di capire il senso del discorso. Da allora mi fa sempre ridere. 

Comunque. Il Signor Piú, dopo innumerevoli sforzi, é riuscito ad ottenere l'appoggio dei partiti di Sinistra, che gli hanno garantito i numeri necessari a convocare il referendum di cui sopra. La cosa, capirete, l'ha alquanto ringalluzzito. Sono abbastanza sicura che giri giá per casa in Kilt. 

2. A Rajoy è partito l'embolo. Voglio dire: giá c'é la crisi economica. Manca solo che se ne vada una delle regioni che più soldi portano nelle casse dello stato! Ché poi magari i baschi prendono ispirazione e quelli, si sa, non è che vadano tanto per le leggere. No, no. Questo divorzio non s'ha da fare. Punto. Irremovibile, il Governo fa sapere che un referendum indipendentista sarebbe incostituzionale;  E già che c'è ricorda- ma giusto così, en passant – che ha il potere di togliere provvisoriamente l'autonomia alla Catalogna nel caso in cui insista a farlo incazzare.

3. Le minacce, come quasi sempre accade, arcuiscono lo spirito di ribellione. Così, mentre Mas (a suon di cornamuse) fa presente che c'è più di un anno di tempo per trovare una soluzione legale, la popolazione catalana inizia a fare catene umane. Non è che gliene freghi tanto dell'indipendenza in sé, ma l'idea di non poter esprimere il proprio parere proprio non gli va giù. Senza contare che l'Università ha nel frattempo reso pubblico il dato scottante per cui, su ogni 100 euro di tasse pagate in Catalogna, solo 45 restano effettivamente all'interno della comunità. Capirete che un po' fa incazzare.

Foto: Rtve.es


4. Rajoy, sempre più preoccupato, inizia intanto a spiattellare il tutto alla Comunità Europea. “Questi se ne vogliono andare, i Catalani sono brutti e cattivi, signora Maestra hanno copiato il compito”. Qualcuno risponde “sono fatti vostri” ma, per lo più, la UE ci tiene prontamente a specificare che se la Catalunya diventasse indipendente resterebbe esclusa da tutti i trattati dell'Unione e della Nato. In seguito a tale dichiarazione, il Governo di Madrid si cimenta in un gesto dell'ombrello che genera spostamenti d'aria erroneamente scambiati per cicloni dai meteorologi. 

5. Il Signor Più, nel frattempo, studia piani alternativi. Ne avrebbe già in mente uno, in realtà. Del tipo che, se la Spagna non gli concedesse il referendum legale, potrebbe sciogliere il Parliament e convocare elezioni anticipate. Se ottenesse, così, il 75% della Camera Catalana avrebbe i numeri per passare direttamente alla Secessione, senza espedienti e menate. Però ci sono troppi SE. Senza contare che a lui, 'sta cosa che non lo vogliano in Europa, non é che vada tanto a genio. 

6. Arriva Natale. E, mentre i bimbi scrivono le letterine a Santa Claus (o ai Re Magi, a seconda della tradizione), Mas ne scrive una alla Merkel. E a Hollande. E a tutti gli altri. Siccome vuol fare le cose per bene, la traduce in una varietà incredibile di lingue (si spera non con Google Translate). Secondo me le circonda anche di cornicette, fiorellini e cuoricini. Tutto, pur di apparire simpatico. A quelli della UE (e anche a un po' di stati extra-comunitari, tanto per) fa sapere che la Catalunya in realtà vuole un sacco di bene alla Spagna. Si sentono ogni giorno al telefono, si mandano i messaggini di auguri su whatsapp, robe così. Insomma, non dovete preoccuparvi, davvero. L'unica cosa è che vorrebbero un po' più di spazio, capite? E poi non è che possono escluderli dall'Europa: hanno 7,5 milioni di cittadini, Gaudì e la crema catalana. In virtù di tutto ciò, chiedono l'appoggio internazionale al referendum del 2014. 

7. Manco a dirlo, al povero Mas non risponde nessuno. Interrogato in tal senso dalla Tv di Stato iberico, lui si affretta a dichiarare, tutto serio, “che tanto non si aspettava nessuna risposta; la lettera era giusto così, per informare”. Un po' come quando ti piace qualcuno e gli mandi un messaggio con un pretesto qualunque. Non comprende una domanda, per cui oggettivamente non richiede alcun feedback. Eppure, dal momento in cui l'invii, inizi a fantasticare di risposte fantascientifiche del tipo “grazie per avermi scritto, è sempre bello sentirti, quel che dici è divertentissimo, interessantissimo, mi trovo al cento per cento d'accordo e, a proposito, voglio passare il resto della mia vita con te”. Poi non ti arriva neanche un ok striminzito e tu, ovvio, ci rimani male. Però non è che lo puoi dire, perchè dovresti confidare le tue aspettative e rischiare di conseguenza l'internato immediato in strutture per pazienti psichiatrici. Quindi ti limiti ad alzare le spalle: “no, ma non mi aspettavo una risposta, ma figurati!”. E a tal proposito approfitto del Signor Più per lanciare una petizione all'intera popolazione maschile: RISPONDETECI. Piuttosto mandateci a cagare, se non vi interessiamo, ma RISPONDETECI. E' la nostra sanità mentale a scongiurarvi. 



In tutto questo quadretto, mentre mi chiedo come andrà a finire, la vera domanda rimane comunque una sola: se la Catalunya diventasse indipendente, avrebbe una sua squadra a parte ai Mondiali? Ma soprattutto: potrebbe Freddie Mercury essere scelto come interprete dell'inno Nazionale? Ai posteri l'ardua sententia. E, intanto, un po' di Pa amb tomaquet a me. 

venerdì 9 agosto 2013

La Questione Gibilterra spiegata alle scimmiette.

Che inglesi e spagnoli non siano fatti per andare d'accordo, lo si capisce subito. Questo dicono gli stereotipi, almeno. Perchè basta guardarli, dai. Gli uni biondicci, la carnagione lattea biologicamente progettata per l'ustione. Gli altri per la maggior parte mori, melanina compiacente, abbronzatura bronzea da spot della Bilboa. Gli inglesi sono organizzati. Abitudinari. Puntuali. Gli spagnoli incasinati. Imprevedibili. L'impianto linguistico che prevede già da sé il ritardo cronico. Altrimenti non direbbero “nos vemos al medio día” (letteralmente: mezzogiorno) per intendere le cinque del pomeriggio, né userebbero cosí spesso la flessibilitá di quel “dentro de un rato”. Gli spagnoli alzano le spalle. Gesticolano. Ti abbracciano e ti baciano a mó di presentazione. Gli inglesi, tutt'al piú, ti porgono la mano. Gli uni cenano alle sei. Gli altri alle undici, se basta. I primi, alle cinque, bevono il tea. I secondi programmano un giro di tapas tra un po'. Gli spagnoli sono quelli del “no pasa nada, hija”, quelli che l'usted (il lei) l'usano poco o mai. Gli inglesi, al contrario, esigono eccessi di “excuse me” e di “sorry”, perché é importantissimo essere polite

Sono lo ying e lo yang fatti nazione. Gli opposti che si attraggono in destini di vacanza. Due popoli che amo. Due Paesi in cui ho studiato e vissuto. Due mondi che, a dispetto di tutti, ho sempre ritenuto piú simili di quanto si creda. Per la loro gentilezza congenita, ad esempio. Ché, in effetti, si distingue soltanto per grado d'introversione. 



Hanno due lingue musicali, diffuse internazionalmente tra Oceani e canzoni. Hanno identica passione per il calcio. Per le feste notturne. Persino le cifre (tristi) di consumo alcolico riescono ad avvicinare la loro popolazione piú giovane. Se ne fregano, inglesi e spagnoli, dell'opinione altrui sulle apparenze. Se hanno caldo si mettono la canottiera. Se hanno freddo, il cappotto. E cosa importa che stagione è, che taglia portano, o cos'ha indossato il loro vicino oggi. Se devono portare fuori l'immondizia, lo fanno pure in pigiama. Tanto, per due metri, che sará mai! E noi italiani ci scandalizziamo, critichiamo, parlottiamo, senza renderci conto che é cosí che riescono – e quante volte l'ho detto! - a vivere almeno centomila volte piú sereni. 

E poi piace fare la fila, a entrambi. Magari per occasioni diverse, certo. Gli inglesi per il bus o per il taxi, gli spagnoli per un concerto pop o per il biglietto della lotteria. Peró la fanno. La rispettano. Ci si organizzano. Alla faccia delle disordinatissime mandrie italiche. 

Comunque sia, il fatto é che a me, Gibilterra, sarebbe piaciuto vederla. Non foss'altro che per affiggere una bandierina in piú sulla mappa dei posti visitati. Che ne so, magari per godermi il contrasto delle cabine telefoniche rosse con la vegetazione tipicamente Andalusa. Per scattare una foto al cartello con scritto “Spain”. Per ridere del bipolarismo assurdo della gente che guida a destra. Poi, per sei virgola otto kilometri netti, a sinistra. Poi, di nuovo a destra. E usa le sterline per comprare sangría. 

Mi sarebbe piaciuto visitare quel posto perché é curioso, insomma. Perchè secondo gli antichi era la fine del mondo, ma letteralmente. Tutto qui. Anche perché, a conti fatti, non é che ci sia molto altro, se si esclude la tecnologia a prezzi da duty free e  uno stuolo di scimmiette rompiballe che ti apre lo zaino appena ti distrai. 



Ad ogni modo, non lo faró. Capito, ragazzi? Scherzavo! Che, da quando ho espresso ad alta voce questi pensieri, attorno a quello scoglio s'é creato un casino. Ma robe che tra un po' lo ying e lo yang si dichiarano guerra. Il che non é bellissimo, in vista della mia imminente partenza per la Costa del Sol. 

In sintesi, per chi si fosse perso le ultime puntate: 

- Gli inglesi, preoccupati per le incursioni dei pescatori spagnoli nelle loro acque, hanno innalzato delle sottospecie di blocchi di cemento nel mediterraneo. Che giá, dico io, come cacchio ti viene in mente? Non é antiestetico un casino? Gli ambientalisti non dicono nulla? Boh. 

- Gli spagnoli s'incazzano. Dicono una roba tipo: “oh, guiris de mis cojones, togliete di mezzo 'sto obrobrio che state rompendo le palle ai nostri pescatori”. 

- Gli inglesi, al solito molto educati, si lanciano in discorsi forbitissimi pieni di scusate, davvero, siete molto carini e vi vogliamo bene, peró l'obrobrio lo lasciamo lí. 

- Gli spagnoli, probabilmente fomentati dai turisti in astinenza da pescaíto frito, passano al contrattacco. Impediscono agli aerei che decollano da Gibilterra (sí, perché quello sputo di posto lí c'ha pure un aeroporto: a tipo due metri da quello di Cadiz; ma vabbé) di transitare sullo spazio aereo spagnolo. Il che significa, lo capirete anche voi, che gli aerei non si posson proprio muovere. Perché dov'é che vanno? Stanno fermi a girare su se stessi per spaventare le scimmiette? Non si puó. Come se non bastasse, parlano di far pagare un pedaggio di 50 euro alla gente che volesse varcare il confine, inasprendo i controlli alla dogana con la scusa che “non sono mica shengen, 'sti qui”. 



- Al che, anche agli inglesi iniziano a girare un po' the balls. Continuano coi Keep Calm, manteniamo la diplomazia, siamo tutti friends. Cameron e Rajoy chiacchierano al telefono in continuazione, come due fidanzatini adolescenti. “Dai, riattacca tu”, “No, dai, prima tu”. I media la definiscono “Hotline Londra-Madrid”, difatti.Ma intanto, infidi, i britannici mandano le navi militari a presidiare il fortino (e le scimmiette, é chiaro).

-  Il sindaco della vicina Algeciras (il posto piú caotico che io abbia visto in tutta l'Andalusia, giuro), che fino a quel momento se n'era stato zitto e buono, inizia a sproloquiare in diretta tv. “'Sti qui parlano bene e razzolano male, é una vita che sopportiamo angherie e soprusi da parte loro”. Dopo di che, inizia a chiacchierare a ruota libera di faccende di contrabbando e fallimento di esercizi locali di cui – sono sincera – non ho capito proprio granché. Intanto, su twitter, si inizia a parlare di “politica neocoloniale”, “conflitto imminente” e “levate 'sta cacchio di royal navy dal porto che la gente c'ha un filino di caga”. 

- Da Downing Street impeccabili funzionari in doppio petto insistono a dire che la faccenda é stata fraintesa: le navi militari sono lí per far degli esercizi di manovra (in pieno Agosto? Proprio lí? Cos'é, in Gran Bretagna non avevano spazio?) e la loro presenza era prevista da almeno un anno. E, comunque, mica hanno intenzione di toglierle. Very Sorry. Faccio anche presente che l'obrobrio cementifico stile Berlino Est/Ovest della pesca pare sia ancora lí. 

Insomma, io non lo so com'é che andrá a finire 'sta faccenda. Ma, in tutto questo, c'é una cosa a cui non smetto di pensare: voi ve li immaginate, Rajoy e Cameron che discutono della faccenda? In INGLESE? Con la caratteristica SH di Rajoy ad aggravarne l'accento? Cioé, secondo me questi qui si fanno la guerra davvero, prima o poi. Ma non perché siano lo Ying e lo Yang, né perché delle scimmiette gliene importi tutto 'sto granché. Naaa. Questi qui inizieranno a spararsi cannonate addosso perché non si capiscono, credete a me. Son brutte cose.

(NB: questo non é un articolo di cronaca, evidentemente. Ergo, se ci sono inesattezze, non prendetevela con me. Tanto non é che le scimmiette si formalizzano, voglio dire). 

lunedì 22 aprile 2013

Ecco perchè non parlo di politica.


La Spagna è al terzo posto in Europa per opportunità offerte all'imprenditoria giovanile. Nonostante la crisi. Nonostante tutto. Ormai da giorni non penso che a 'sta cosa, sentita di sfuggita al tg di TVE.
Vedete: io non ho mai parlato di politica in questa sede, e certo non intendo cominciare ora. Sono quella che insegue salatini con le erbette, pur di sfuggire ai candidati regionali. Manca un giorno al voto ed immancabilmente eccoli lì, a fare ruote da pavoni ai vernissage. “Il voto è importante”, mi han detto. Salatini. “Mi raccomando, eh?”, m'hanno strizzato l'occhio. Ancora Salatini. Perchè, dite quel che volete: sono l'unica salvezza, i salatini. L'unico pretesto non alcolico per evitare inopportuni scoppi d'ira.



E' solo che, ogni tanto, la classe dirigente rispecchia veramente ciò che siamo. E guardate lì. Guardate ai massimi vertici. Pensate ad un signore di quasi novant'anni rieletto nel momento stesso in cui un po' tutti vorremmo cambiare. Non ditemi che non ci ritrovate un Paese interno. Un paese vecchio. Stanco. Inesorabilmente stantio. Dove chi ci governa non riuscirebbe a mettersi d'accordo neppure sui gusti della pizza. E ci regala titoli ancora una volta poco lusinghieri su pressochè tutti i quotidiani stranieri.

Fa differenza, allora, dove metto la crocetta? Se associo il mio nome ad un partito o a una persona? Tanto, ad un'idea, non potrei associarlo in nessun caso. Perchè di idee, mi sembra, non c'è proprio nessuno disposto a difenderne davvero.

Io, se penso all'Italia, vedo una gigantesca palude. Nient'altro. E, invece, avrei bisogno di un futuro. Di un domani di cui ormai non resta neanche la speranza. Ma il punto è che non sono sola. Il punto è che siamo in tanti, troppi, a sentirci addosso questo schifo. Penso a come questo sentimento condiviso potrebbe svilupparsi. Penso allo sbocco naturale delle troppe ali tarpate, e...possibile che non lo vedano? Possibile che nessuno si accorga che la corda è troppo tesa? Sono lì, troppo presi a litigare per capire che, se i giovani non vedono un futuro, hanno davanti a sé due soluzioni: e, se la prima è andarsene, l'altra è molto meno pacifica. Non so a voi, ma a me entrambe fanno paura.

Allora preferisco parlar d'altro. Chessò, magari delle opere di Federica Gonnelli. Chè, oltre ad avere un bel po' di talento, almeno è una ragazza in lotta per un sogno. E l'arte, in tutte le sue forme, rimane pur sempre l'evasione migliore. O magari stilo liste di ciò che mi fa star bene. Mi ubriaco di flamenco. Mi tingo le unghie di rosso. Esco sotto la pioggia coprendomi il capo con un trench. Magari, sì, magari mi bevo anche uno spritz a stomaco vuoto, e al diavolo gli effetti. A me è di questo, che piace parlare. Dei fiori neri a pois bianchi che completano un'acconciatura. Delle canzoni sempre diverse che mi svegliano al mattino. Dei miei sbalzi d'umore e le mie idee bizzarre, per cui mi sento mille volte più pazza che geniale.



Non tratto la politica, mai. Con tutto quello che succede, più di qualcuno lo prenderà come un disinteresse. Invece lo faccio perchè, dopo quasi cinque anni, mi sto ri-adattando al mio Paese. Ascolto musica italiana. Apprezzo le varietà regionali di culture ed accenti. Ho perso quella lieve cadenza andalusa quando parlo spagnolo. E, prima che potessi accorgermene, ho riguadagnato pure la rassegnazione. Questa pigrizia che in Spagna non ho mai sentito. La poca predisposizione al coraggio e al movimento che immancabilmente, subdola, questa dannata terra ti contagia.

Poi sento questa cosa, a TVE. Questa faccenda delle opportunità all'imprenditoria giovanile. Ed è vero: la politica iberica è tutto fuorchè un esempio di decenza ed onestà. Ma, se non altro, alle idee non oppongono muraglie di burocrazia. Uno spiraglio di domani, almeno, lì lo si riesce ancora a intravvedere.

Il punto è questo: dopo quasi cinque anni, mi sento finalmente tornata. Se non parlo di politica, è solo perchè ogni volta che ci penso mi accorgo di quanto questo sia il più grande dei miei errori.  

venerdì 13 luglio 2012

Fatti Italo-Spagnoli che reclamano la mia attenzione.


Sul serio, sembra quasi che lo facciano apposta. Una dice che trascurerà un po' il blog, e in Spagna succede letteralmente un finimondo. Ché, d'accordo, San Fermín era in programma. Presumo anche che gli articoli sulle vittime da incornamento li preparino prima. Anzi, probabilmente hanno un modulo prestampato in cui inserire di volta in volta il numero dei morti e quello dei feriti. Sarebbe più comodo, almeno. Ma l'incendio che ha devastato i dintorni di Valencia; la marcia dei minatori incazzati su Madrid; gli scontri con la Polizia che non si negano mai a nessuno; i tagli di Rajoy ; la simpaticissima deputata  che, davanti alle critiche, augura ai suoi elettoriqué se jodan”...ecco, questo è avercela con me. E' reclamare la mia attenzione a suon di danni e capricci, come un bimbo iperattivo con la madre in affari. Sí, insomma, é ricordarmi, come se ce ne fosse bisogno, che magari anche da Total Free Magazine stanno aspettando un articolo mio. Leggera fitta di angoscia e di stress. Mi viene in mente una vecchia amica, ché s'é trovata a fronteggiare una vera e propria epidemia di morti ammazzati nel momento stesso in cui ha iniziato lo stage alla cronaca della Gazzetta di Parma. Son belle cose.

Comunque. Il punto é che non bastavano le prime pagine zeppe di novitá. No. Ci si é messa pure un'epidemia dilagante di italo-spagnolismi che sta letteralmente invadendo tutti i settori. Dalla musica alla politica, passando per cinema e tv. Del tipo che addirittura gli applausi del parlamento iberico di fronte all'annuncio dei suddetti tagli si sono trasformati in un punto di partenza per i paragoni. Ché gli spagnoli non si sono limitati a criticarla, quella profusione di gioia a loro danno. No. L'hanno associata alle lacrime della nostra Fornero. Lodandola. Dicendo che, di fronte a identiche misure drastiche, fa un altro effetto vedere che attuarle intristisce anche te.


Non che io sia del tutto d'accordo, peraltro. Ché il pianto, in un ministro, mi sembra un comportamento esagerato almeno quanto gli applausi. Né, tantomeno, cambia il risultato finale. Ma l'italospagnolismo é questo, a ben vedere: profusione di amore per l'altro. Scambio, confronto, abbracci solidali in situazioni estreme. E, a proposito di scambi, hanno iniziato a trasmettere El Internado su La 5. Era una serie cult, in Spagna. Di quelle che riempivano le riviste con le interviste ai protagonisti. Di quelle che ti offrivano un pretesto di conversazione quando non sapevi che dire. Perché, tanto, era difficile trovare qualcuno che non ne avesse mai vista neanche una puntata. E ora, live from my Erasmus, é in onda su un canale che ho da poco scoperto a target femminile. In versione originale doppiata, proprio come piace a me.

E poi c'é la musica. Ah, la musica. E' proprio in questo campo, a ben vedere, che gli italo-spagnolismi sono piú numerosi.

Ad esempio, c'é Jarabe de Palo. Ormai, da “il Pittbull della Penisola Iberica” sono ufficialmente passata a definirlo “Vip Itañolo dell'anno”. Un titolo di cui essere fieri, oltrettutto, dato che era tutto fuorché facile sottrarlo ai Besitos di Vanessa Incontrada. Beh, lui c'é riuscito. Con il pretesto della presentazione di “Come un Pittore” in versione bilingüe anche sul mercato castigliano, Pau ha iniziato a scrivere su twitter piú o meno come parlo io quando son molto stanca. Vale a dire, con la miscela di allegria perfetta in cui si uniscono italiano e castigliano. Una parola in una lingua, una nell'altra: un'idioma di cui mi dichiaro ogni giorno piú fan. Senza contare che é nel nostro Paese ogni due per tre, oramai. E inonda il web di scatti ed entusiasmo, esternando conseguenze di un effetto molto simile a quello che la Spagna ha su di me.


Foto scattate da Pau - Jarabe de Palo a Torino (da Twitter)


Poi c'é Sergio Dalma, che a quanto ho capito é di stanza a Milano per lavoro. Sta registrando il nuovo album, o qualcosa del genere. Resta il fatto che cena alle dieci, ma alterna le due lingue pure lui.


Foto di Sergio Dalma, "en directo desde Milán" (da Twitter) 




E i Fuel Fandango, che giusto ieri hanno portato la loro fusione di flamenco ed elettronica sul palco di Arezzo Wave. Riportandomi alla mente un vecchio prof di musicologia che, all'epoca in cui mi diede 30 e Lode, quel festival lo organizzava. Chissá se ci sará ancora lui, dietro? Avrei dovuto mantenere i contatti, dannazione. Tra l'altro, trovo la loro Talking a dir poco stupenda.



E poi Dani Martín. Il "mio" Dani Martín. Che guarda, elogiandolo, Nuovo Cinema Paradiso mentre sull'altro canale trasmettono Tre Metri Sopra il Cielo. Che dice di averlo giá visto, Tre metri sopra il cielo. Dani che retwitta strane battute sull'Impero Romano. E, proprio mentre sto pensando che lo sento piú distante, mi dice senza mezze misure che il suo prossimo disco uscirá anche in Italia. Disegnandomi un sorriso ebete che riesce a far sembrare bellissimo anche il diluvio universale che mi si abbatte addosso dal cielo di Udine.


Lo studio casalingo di Dani, dove stanno prendendo vita le canzoni che potremmo ascoltare anche in Italia (da Twitter) 


Oddio, a dirla proprio tutta, finché non vedo non credo. Che El Canto del Loco avevano addirittura una data fissata per suonare all'Hard Rock Café di Roma. Una data che i gestori del locale m'avevano comunicato al telefono, prima che tutto si annullasse per mancanza d'accordi su una macchina organizzativa che avevamo giá acceso in progetti da fans. Dani se l'é anche spesso sentite da chi gli sta accanto, per questa sua tendenza a farsi prendere dall'entusiasmo parlando prima del dovuto. Insomma, un po' come me.

Peró, c'é anche da dire che stavolta alcuni elementi mi fanno ben sperare. Ad esempio:
1. Collabora nel disco Papitwo di Miguel Bosè, che esce anche da noi il 4 Settembre.
2. Tra i due dischi che compongolo il suddetto Papitwo, il duetto con Dani é stato inserito proprio in quello che include tutti i cantanti italiani.
3. Pare abbia recentemente lavorato a Miami con un produttore e compositore di origini italiane.
4. Sony Music Colombia ha aggiunto ai preferiti il suo tweet con sú scritto “en Italia tb”.

Ok, Ok, non si capisce cosa freghi ai colombiani che il disco esca anche da noi ma...voglio dire, un Fav da un dipartimento Sony dovrá pur voler dir qualcosa, no? In realtá anche il fatto che la Sony italiana fosse inclusa nella conversazione e nessuno é intervenuto a dire “cosa diavolo ti stai inventando?” dovrebbe conferire ufficialitá al tutto, no? Staremo a vedere.

Nel frattempo, io del mio libro ho giá raggiunto la metá.



martedì 17 aprile 2012

Storie di famiglia (Reale).


[Avvertenza: il mio vuol essere un post comico senz'altre pretese. Da parte di un'innamorata della Spagna, sempre. Nel bene e nel male. In salute e in malattia. Amen. Sì, insomma: non sentitevi offesi. Ecco. ]

A me, il Re di Spagna, è sempre stato tendenzialmente simpatico. Dai, sembra un nonnetto bonaccione che ogni tanto esagera con l'alcol. Un tizio innocuo, di quelli che ai pranzi di famiglia non la smettono un secondo di raccontare barzellette (sempre le stesse, da anni) per poi riderne da soli. Quelli che, nonostante l'età, si comportano sempre come eterni ragazzini. Perché io me la vedo, la Sofia, rimproverarlo perchè si mangia una fetta di dolce in più. Che “Lo sai che c'hai il colesterolo alto! E le hai prese, oggi, le pillole?!” . E mentre lui le fa il verso guardando i nipotini di sottecchi lei si lamenta ad alta voce con la nuora . “Bisogna stargli sempre dietro, santa pazienza. Non si rende conto che ormai c'ha un'età! Santa, mi faranno. Santa! Juan Carlooos! Quante volte te l'ho detto di non esagerare col vino?!”. Sul serio, ieri ho persino visto una specie di blob sul canale internazionale di Tve. Il filmato lo ritraeva ad un incontro istituzionale formalissimo. Ad un tratto, si sente squillare un cellulare. Con la suoneria del bebé che ride, avete presente? Quella del nokia. Ecco. Lui si gira,visibilmente imbarazzato, al grido di "es que tengo un teléfono un tanto...perdón” , e lo spegne. Cioè: come si fa a non volergli bene, a un Re con la suoneria del bebé che ride sul cellulare?! [E Sofia intanto: “te l'avevo detto di spegnerlo! Ma che figure mi fai fare?!” ].




E poi, di punto in bianco, lui decide di andarsene in Botswana a cacciare Elefanti. Che, poverino, gli avranno detto che non emanava abbastanza autorità. Così si sarà messo a pensare a cosa fanno gli altri reali d'Europa. Tipo quelli inglesi, tanto precisini e tanto rispettati. Pensa che ti ripensa, bevi che ti ribevi, e gli è venuto in mente: ma certo! La caccia! Ecco cosa! Da anni e anni il sangue blu britannico è legato a battute di caccia alla volpe. Solo che lui ha voluto strafare. La volpe è così piccola, sono capaci tutti a ucciderla. Mariconadas, dev'essersi detto, io devo puntare in alto. Ed è difficile trovare un mammifero più grande di un elefante, bisogna riconoscerlo. Così ha chiamato Rajoy. Gli ha detto: “senti, a Marià, io devo partire per una gitarella, tienimi tu i cani,eh?”. L'altro non c'ha capito un tubo, ché con quella voce bassa mica è facile interpretarlo. Però è pur sempre il Re di Spagna, non gli si può certo rispondere: “eeeeeeeeeeeeh?!?”. Così gli ha sparato un “shhi , shhi”. E tutti contenti.




Il problema è che Juan Carlos, poverino, c'ha la sua età. Così è caduto, s'è mezzo distrutto un'anca, e l'han dovuto ricoverare. Il tutto, tra parentesi, mentre suo nipote tredicenne Froilán – che per il nonno deve avere una venerazione – si sparava accidentalmente a un piede  giocando ai soldatini in 3D. Cioè, dal vivo. Ché poi non c'è da stupirsi se l'Argentina abbia deciso PROPRIO ORA di espropriare il51% di YPF della Repsol, causando una crisi diplomatica non da ridere.  Leggendo i giornali, la presidentessa avrà detto: “mo' anche se questi ci dichiarassero guerra, non è che posson fare molti danni”. E giù con misure forti. Poverini, a me dispiace sul serio.

E comunque, con 'sta storia della caccia, è scoppiato un casino. Ché non si cacciano animali di specie protette. Che il Re non aveva avvisato che partiva. (E Rajoy: “aaah, ecco cosha mi diceva!” ). Che i trentaduemila euro del safari in Botswana (economico, non c'è che dire) sono in realtà soldi degli spagnoli. Che anche se non lo fossero non è conveniente sperperarli in questo modo mentre il Paese fa sforzi sovrumani per uscire dalla crisi. Che il confine tra vita pubblica e privata è labile. Che anche se è in vacanza il Re è sempre il Re. Che...

Insomma, ieri sera ai telegiornali iberici hanno inquadrato Sofia. Era andata a trovare il marito in Ospedale. Per ultima. Al ritorno da un viaggio in Grecia (in Grecia senza il consorte...chiamala scema!). I giornalisti le chiedevano delle condizioni di salute di Juan Carlos e lei, sempre gentile, ringraziava dell'interesse. Però le si leggeva in faccia, quello che pensava. Proprio si coglieva, quel barlume negli occhi. Rabbia. Odio puro. “Ma cristo Santo”- dev'essersi detta - “non lo posso lasciare solo un paio di giorni che mi lascia il Paese in disordine. Non poteva limitarsi alla casa, come tutti gli altri uomini? Santa mi faranno! Santa!




Che poi mi chiedevo: ma Rajoy glieli avrà tenuti, i cani?  

giovedì 15 marzo 2012

Giornate campali, spot polemici e matrimoni estivi.

Giornata intensa, quella di oggi. Dico sul serio, e non soltanto perchè quella che sempre più somiglia a una campagna elettorale é finalmente arrivata alle battute finali. Davvero, mi sento Obama. Yes We Can. Sto addirittura pensando di noleggiare un furgoncino e girare per il quartiere urlando “VOTA ILARIA” in un megafono. Son messa cosí. Ché, capirete: se fossi ultima avrei già lasciato perdere. Invece gli exit poll mi danno al secondo posto, con un punteggio di 120 voti contro i 175 della prima. Divario in diminuzione. E ora capisco perché dicono tutti che quelli del capricorno son competitivi. Modalitá: Monica di Friends. Cioé, non posso mollare. Non adesso. Oltretutto, dai, un concorso di Málaga mica lo puó vincere una di Siviglia! Sarebbe come dire che un concorso di Trieste lo vince uno di Udine. Che uno di Parma lo vince uno di Reggio Emilia. Che... Insomma, é la cittá che me lo chiede. Io lo faccio per lei, mica altro. Mi sto sacrificando, capite? E, nel frattempo, tra Retweets e post in bacheca, ho anche trovato il tempo di farmi la locandina. Eccola, in anteprima per voi. E tu, che stai leggendo allibito chiedendoti quanto la mia pazzia possa essere pericolosa; tu, sí, tu...se non hai ancora contribuito, vedi di darti una mossa, che ho bisogno anche di te! Grazie.

                           https://www.facebook.com/Licor43oficial?sk=app_339578196080591 



Poi lo so, sí lo so, che cosa state pensando: che tanto Dani lo vedró comunque, che mica serve fare tante storie. Che tutto sommato – come continuano a ripetermi un po' tutti – mi basterebbe scrivergli in privato e provare a chiedergli di farmi passare un minuto in camerino. Beh, ribadisco in tre fasi:

  1. Non é per niente detto, come non é detto che mi direbbe di sí.
  2. E' diventata una questione di principio. In fondo anche la prima classificata lo conosce di persona , quindi é una battaglia ad armi pari. Solo che io non ho mai vinto niente e i kilometri , é indubbio, tifano per me.
  3. Io non chiederei mai una cosa del genere a Dani. M A I. Never. Nunca. Neanche sotto tortura o effetto di pesanti droghe. Mettetevela via. A costo di esser presa per la scema del gruppo e passare giorni interi a cercare l'hotel. E' un atto troppo vicino all'abuso. Lui é un musicista: ergo, il suo lavoro é suonare, certo non dar retta a me.

Quindi votatemi, ché non mi resta altro. Ma non é solo per questo – lo dicevo – che oggi é una giornata campale. No. Il fatto é che un ente spagnolo che organizza tour nelle sale di Italia e Francia ha contattato David Otero [el Pescao] su Facebook. Il fatto é che lui ha risposto entusiasta che suonare da noi gli piacerebbe un casino. Il fatto é che...ecco, ora come faccio a concentrarmi, dite un po'? Tutto ció non é un bene per la mia tendenza genetica alla tachicardia. Per niente.

Per provare a calmarmi, ho cercato di approfondire le due notizie di cui piú s'é parlato nella calda Spagna (a proposito, cosa metto in valigia? ) di questi ultimi giorni. Cominciando dal nuovo Spot Loewe. Cioé, é da due piú di 48 ore che non si schioda dai trending topic su twitter, dalla copertina delle riviste e dal soggetto delle voci polemiche. Solo che io l'ho guardato, e giuro che non capisco perché. Insomma, a me sembra una pubblicitá come tante. Né eccessivamente bella né troppo brutta. Nella media, diciamo. Per farla hanno usato attori e artisti giovani piú o meno conosciuti ai piú. I loro tratti somatici possono essere peculiari. Ogni tanto si baciano, ok. Ma...dov'é lo scandalo? Continuo a leggere tutto quel che é stato scritto a riguardo , poi premo play, e mi viene il dubbio che magari ho dimenticato lo spagnolo. Mi sento anche stupida, ve lo confesso (sará per la faccenda dei voti?), peró non ci arrivo. Boh.





In realtá neanche l'altra notizia la capisco poi molto. Cioé, sí, vabbé: Iker Casillas e Sara Carbonara - dico, Carbonero- pare si sposino a breve. E allora tutti lí, a ipotizzare scenari e vestiti. Invece io mi chiedo: che caspita succede ai vips iberici? Davvero, com'é che hanno deciso tutti di contrarre matrimonio quest'anno?! Tutti nello stesso periodo, poi. A Luglio. Col caldo che fa. Mah. Io ve lo dico, secondo me si sono fatti spaventare dalla faccenda dei Maya. Sicuro.



Comunque, niente: non ci riesco, a concentrarmi. Vado a racimolare altri voti, é meglio, che la sivigliana ha giá aumentato il distacco. Vota Ilaria Presidente, meno tasse e piú concerti per tutti! E per rispondere alla domanda di prima, o mio allibito lettore, no: giuro che non sono pericolosa.



giovedì 23 febbraio 2012

Nemici, everywhere. Riflessioni sparse sulla Primavera Valenciana.

Non so se abbiate letto il mio pezzo sui fatti di Valencia. Quello su Total Free Magazine, intendo. Anzi, per dirla tutta non so nemmeno se sappiate cosa sta succedendo, a Valencia. I media italiani continuano ad ostentare in merito una silenziosa indifferenza che mi fa veramente incazzare. Ma, chissà, forse la rete tornerà di nuovo a indirizzare il flusso di notizie verso le piattaforme cosiddette più autorevoli. Forse quegli scontri, prima o poi, finiranno tra i titoli del Tg1 come fossero una novità. In ritardo, come la Spanish Revolution, ma almeno ci saranno. Almeno mi toglieranno di dosso questa fastidiosa sensazione di premeditato. Di temuta emulazione, nostrana ed europea. Come in quel mese di Maggio, per l’appunto. Almeno mi rassicureranno sull’unica altra possibile- e altrettanto preoccupante- ragione del silenzio, dicendomi che no, che non si sta sottovalutando un bel niente. 



I giovani spagnoli, da un po’ in qua, sono agguerriti. Combattivi. Più che mai risoluti a fare dei loro diritti una missione. Ne paragonano le battaglie a quelle di Atene. Le rivendicazioni al sessantotto, addirittura. Sì. Perché sui fatti di Valencia, ognuno ci tiene a dire la sua. 

E per lo più sono frasi di circostanza, quelle che i vip (Dio, quanto odio questo termine!) iberici affidano ai Social Networks. A volte esageratamente retoriche, a volte scontate, a volte, semplicemente, espressione colloquiale del comune sentire. Il testo di David Otero, però…quello sì, che mi ha veramente colpita. 

L’ha pubblicato sulla sua pagina di facebook: sfogo notturno condito dalle preoccupazioni di un padre. Mi ha emozionata, questo è. Mi ha stranita. Altrettanto di sicuro, mi ha fatta pensare. Perciò non scriverò dei fatti di Valencia. In fondo, l’ho già fatto per Total Free Magazine. No. Io qui mi limito a tradurvi quel testo, senza altre parole, né giudizi, né opinioni. Solo le frasi di quel compositore, in versione integrale, ansiosa di sapere quale effetto producano in voi. 



"Fino a oggi mi sono mantenuto in silenzio, come nell’ombra. Non ho mai dato la mia opinione politica né religiosa in pasto ai social networks, le ho affidate impermeabili ai miei pensieri, non mi sembrava bello utilizzarle per non collocarmi al fianco di nessuno, di nessun movimento né politico né sociale, perché non credo in nessuno di essi, e non mi sento identificato in niente e in nessuno. Mi piace avere la mia personale opinione sul mondo in cui vivo senza influenze, senza squilibri. Ma c’è una cosa che voglio sia chiara, ed è il mio rifiuto totale della violenza, sia fisica che verbale. Sia degli uni che degli altri, è questo il principale motivo per cui scrivo questo testo. Ogni tanto guardo i notiziari, un paio di volte alla settimana, e con la stessa frequenza leggo i titoli dei giornali, ho un’opinione superficiale dell’attualitá e non leggo mai gli articoli interi. Quindi le mie opinioni si basano su ció che vedo per strada, ai concerti, quando vado a bermi qualcosa fuori, o a fare la spesa, o mentre sono imbottigliato nel traffico o faccio una passeggiata. Tante volte mi viene voglia di criticare tante cose, ma credo che anch’io commetto molti errori e preferisco lavorare su di me che cercare di cambiare il mondo che c’è fuori. Ma oggi sono rimasto sconvolto vedendo ció che è successo a Valencia. Mi sembra che quando ci sono proteste e scontri per motivi politici e ci si confronta tra adulti , ognuno sa quello che fa, ma oggi c’erano tanti ragazzini…mi sembrano altrettanto orribili quelli che lanciano sassi e bruciano cassonetti e quelli che danno manganellate e calci a chi si trovasse a incrociarsi con loro. Davvero mi spaventa tutto questo, perché qui è dove crescerà mia figlia. Voglio che lei lotti per i suoi diritti, che senta di poter dire la sua su quel che succede, senza dover aver paura, e che possa farlo in modo pacifico. Non capisco che bisogno abbiamo di scontrarci, né i poliziotti sono nostri nemici, né noi siamo i loro. Bisogna potersi esprimere senza essere aggrediti, e si deve esprimere la propria opinione senza aggredire chi ci sta davanti, se no smette di essere opinione e si trasforma in imposizione, proprio come quelle contro cui protesti.
C’è sempre qualche amico che ha un papá poliziotto cattivissimo, e poliziotti di Valencia che hanno figli senza il riscaldamento a scuola. Non siamo nemici, siamo compagni in questa società. Ma allora? Cosa c’é dietro? C’é un interesse che fa sí che esistano questi tipi di protesta? Vogliono che ci mettiamo gli uni contro gli altri?...Io credo che la chiave stia lí, e per questo motivo lo scrivo. Per poter esprimermi del tutto e perché lo legga chiunque sia interessato alla mia opinione. In 140 caratteri è molto difficile esprimere quello che uno sente e mi sembra piú logico dedicare il tempo che ci vuole a dire la mia. Continuo…

Sí! Credo che quello che interessa è che ci sentiamo divisi e spaventati, che sentiamo che quelli del PP e quelli del PSOE sono nemici, che sentiamo che quelli del Real Madrid e quelli del Barcellona si odiano, che sentiamo che ogni giorno ci sono sempre piú differenze tra i ricchi e i poveri, tra gli stranieri e gli spagnoli, tra i giovani e gli adulti, tra i baschi e i cantabri, tra gli andalusi e i galleghi. Credo che stia crescendo un clima di estremi che non mi piace per niente, e credo che non stia succedendo senza volere. Ma, chi puó volere una cosa del genere?! Lí sta la cosa divertente di tutto ció. Non ne ho idea, ma lo percepisco. Non penso che siano i politici, e non li vedo come dei nemici, né mi considero anti-sistema, perché credo che il sistema lo dobbiamo utilizzare per il bene sociale, non per tirargli sassi. Ma in qualche modo neanche la classe politica puó fare qualcosa, solo assumere misure disperate in situazioni disperate, e questo provoca altri estremi, altri scontri, altra violenza verbale e fisica, sia da casa guardando la tv, dalla manifestazione quando chiamiamo “figlio di…” quello che abbiamo di fronte, o sia dando manganellate indiscriminatamente. 



E’ un circolo vizioso da cui non si puó uscire senza lavorarci duramente. Ma credo che se siamo piú intelligenti di quelli che provocano lo scontro, ci sia un piccolo raggio di sole a darmi un minimo di speranza. Non sappiamo contro chi ci scontriamo ma sappiamo che quanto piú ci opponiamo gli uni agli altri, piú vincono questi “loro”, li chiamerò cosí a partire da ora, “loro”. Siria, Messico, Africa, da lí traggono “loro” il beneficio, dalle armi, dalla violenza, dagli scontri. Continuiamo ad approfondire…petrolio? Droghe? Armi? Denaro? Alcol? Tabacco? Non so perché , ma tutto mi puzza della stessa cosa, di “loro”. Ho la sensazione che tutta ‘sta cosa della crisi sia una formula molto ben studiata perché succeda quel che sta succedendo , e se c’è qualcuno che è capace di fare una cosa del genere, devono essere “loro”. Crediamo di essere piú forti che mai perché abbiamo una democrazia e una costituzione e peró, all’improvviso, non siamo capaci di cambiare niente, forse lo vogliamo? O vogliamo solo continuare con l’idea che avevamo fino a qualche anno fa di avere sempre di piú, e di piú, e di piú…Io credo che neanche questo sia evolversi, questo è solo l’inganno che ci hanno messo “loro” perché crediamo di essere sempre piú felici, e in fondo è tutto un miraggio, “non è felice chi piú ha, ma chi di meno ha bisogno”, ma “loro” vogliono che sentiamo che la felicità arriva solo a mezzo del possedere cose. Prima di concludere, voglio dire che abbiamo un’arma che tutti sappiamo utilizzare…l’AMORE…cosa sarebbe successo se, a Valencia, una di quelle ragazze che lottavano per i loro diritti si fosse avvicinata a uno degli antisommossa e l’avesse abbracciato, gli avesse raccontato della sua preoccupazione e gli avesse dato la mano, tirato via il guanto e lanciato il manganello per terra? Suona impossibile, ma qualcuno ci ha provato? Magari cosí fosse…mi piacerebbe vederlo in tv, penso che piangerei di emozione e inizierei a pensare che stiamo iniziando ad avere la meglio su di “loro”…e continuo a pensare..Chi saranno, “loro”? Dove vivranno, cosa penseranno, come saranno…? Magari non sono tanto diversi da noi, magari sono molto piú vicini di quel che pensiamo , magari condividono la vita con noi, al nostro fianco, e non ce ne accorgiamo, magari…cazzo, magari “loro” siamo “noi”! E non siamo capaci di vedere che siamo il nostro peggior nemico, e la fonte di cosí tanta follia, e al contempo di cosí tante cose belle…non odiamoci piú, per favore, perché quando odiamo qualcosa fuori di noi, odiamo anche qualcosa dentro di noi, non continuiamo ad odiarci, cosí non dovró piú scrivere papiri come questo per esprimere la mia opinione. Buona notte…"
David Otero, “El Pescao”.