giovedì 2 ottobre 2014

Gli stand spagnoli alle fiere gastronomiche.

Sono un'insopportabile integralista della precisione, lo so. Il pressapochismo da stereotipi, però, proprio non lo riesco a digerire. Insomma, fanno questa fiera fantastica, a cadenza annuale. Si chiama Gusti Di Frontiera, ed è una delle poche circostanze in cui la ridente cittadina di Gorizia riesce a guadagnare ai miei occhi una certa dose di appeal. Come avrete intuito dal nome, si tratta di un appuntamento eno-gastronomico che inonda le vie di folklore, cultura e (soprattutto) sapori provenienti da ogni angolo del globo. Bello. Curato. Affollato. Multietnico. Ad ogni edizione mi lascia addosso alto tasso glicemico e tronfio senso di entusiasmo. Se non fosse per lo stand spagnolo. 



Cioè, parliamone. Appendi in giro file di fiori rossi e gialli. Fai i menú con la paella e le patatas bravas. Servi sangría. Tappezzi il gazebo con un una sfilza di bandiere da far commuovere il più patriota tra gli iberici. Dico io: perché devi rovinare tutto? Perché?! Ché ci passo davanti, e rimbomba a manetta Lamento Boliviano dei Toke D'Keda. Lamento Boliviano, capite? BO-LI- VIA- NO. É il titolo del brano. Lo ripetono nel ritornello. Io capisco che tu non sappia il castigliano, visto che l'organizzazione del chiosco é a dichiarata cura di un'associazione locale; però - che diavolo! - un minimo di dubbio non ti viene? Che poi loro non son manco boliviani, ma é un altro discorso. E poi via, con la salsa e il merengue. A tema quanto potrebbe esserlo il sirtaki in uno stand norvegese. Sigh. 

Salsa y merengue. Scusate. 


Mi rendo conto che il vostro compito sia, principalmente, quello di riflettere l' immagine stereotipata ed approssimativa che l'italiano medio ha del Paese delle Corride. É triste eppure é, in fondo, la declinazione di una sorta di marketing. Ci sta. Ma allora mettete Bailando di Enrique Iglesias, piuttosto. Piazzate le Las ketchup. Loco Loco Loco di Miguel Angel Muñoz. Ripescate i Gipsy King, fate man bassa nel repertorio di Jarabe de Palo: robe conosciute, strasentite, in parte anche piuttosto trash, ma se non altro spagnole. Per Dio! Se vi piace la onda latina, avete sempre anche gli Efecto Pasillo o il buon vecchio Bisbal. Le opzioni ci sono, basta cercarle un attimino di più. 

Che poi ci ritorno, a quello stand, qualche ora dopo. Ai cd hanno sostituito l'intrattenimento dal vivo. Consiste in un tizio col cappellino del Tío Pepe e una chitarra, intento ad intonare brani tipo "la bamba" (salvatemi!) intervallandoli con "ole!" piazzati a caso e "sangría, paella, comunidad valenciana, toros". Detto così. Tutto di fila. Mentre due tizie con la minigonna si dimenano sul tavolo muovendo le mani in un vaghissiiiiissimo stile flamenco. E poi volete che non mi incazzi. 

Ragazzi, una volta per tutte: il flamenco NON É quello che si vede nel Ciclone di Pieraccioni, ok? Non si balla scalzi. Non si balla con le gonne corte. Non si balla sui tavoli. É UN'ALTRA ROBA. Punto. Fatevene una ragione. Anzi, sapete che c'é? Mi eleggo a paladina della giustizia filo-ispanica e realizzo un JPEG con i quattro concetti chiave che ogni italiano dovrebbe ficcarsi in testa. Ché così non si può mica. Sú. 

















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