mercoledì 20 giugno 2012

"Matura" da tanto. Marcia, spero mai.


E' da stamattina che ho in mente di scrivere un post sulla Maturità. Ci stavo giusto pensando, quando l'angolo di una finestra spalancata ha deciso di incontrare la mia tempia. Il che, già di per sé, avrebbe dovuto farmi desistere. Ma io, si sa, sono cocciuta.

Tra parentesi, vorrei anche far presente che staccare i cubetti di ghiaccio dall'apposito contenitore si è rivelata un'impresa più ardua del previsto. Così alla fine mi sono arresa, e ho passato circa mezza giornata con un rettangolo fucsia appoggiato sul bernoccolo incipiente. In pratica, l'immagine di una donna glamour.

Comunque: dicevo, la Maturità. Impossibile non pensarci, mentre migliaia di studenti trascinano in giro vocabolari pesantissimi e un agglomerato di paturnie. Impossibile, più che altro, non ricordarsi di quando ero una di loro. Succedeva nel 2003. Finiva il 3 Luglio con un senso di improvvisa leggerezza nell'”arrivederci” con cui mettevo un punto conclusivo agli orali. 3 Luglio: curiosamente, la stessa data in cui, qualche anno dopo, ho discusso la tesi di laurea triennale. La specialistica m'ha un po' sballato la cabala, a dire il vero. A meno che non si consideri che 3+7+2+3 fa 15, che è il giorno di settembre in cui sono (inutilmente) diventata “dottoressa magistrale”. Però, insomma, chi se ne frega. Il punto è che, secondo le burocrazie statali, sono matura da ormai così tanto tempo che a quest'ora dovrei già essere caduta dall'albero, probabilmente spiaccicandomi con ghigno sadico su di un'auto appena lavata. E forse, in effetti, si spiega pure la finestra sulla tempia. Che, detto così, sembra un remake di Hichcock. Dopo “La Finestra sul Cortile” arriva “La Finestra sulla tempia”. Colonna sonora dei Negramaro. “E non mi reeeeeeeestaaaaaaa...”.



Sì, sì, vabbè, la smetto.

In realtà, se penso ai miei Esami di Stato, la prima cosa che mi viene in mente è un caldo infernale. La seconda, una vecchia signora pazza che non la smetteva di urlare “ohmariamariamariamaria” “aaaaaaah” “ohmariamariamaria” mentre cercavo di studiare in giardino. Il che mi porterebbe in immediato a dire ai giovani d'oggi che hanno un bel po' di fortuna. Forse non tanto per via della vecchia ( magari qualcuno di loro ha a sua volta una vicina così), ma di sicuro per  le temperature. Cioé, non che ora non faccia caldo, ma mentre teoricamente si stavano preparando il clima era decisamente più fresco e piovoso. Dall'altra parte, però, hanno anche l'immensa sfiga per cui, nel frattempo, sono stati inventati twitter e facebook. Parliamoci chiaro: fossero esistiti quand'ero maturanda io, non so mica se sarei stata così secchiona. Vabbé. 

Altri ricordi random che mi assalgono riguardano la versione di latino (o era greco? Boh) che avevo passato a più di metà classe. Si sa: in certe occasioni passare una versione ben fatta ti rende l'eroina del momento, dotandoti di un potere che manco te l'immagini. Tutti volevano ricambiare, tutti mi idolatravano... é stato un momento particolarmente gradevole, per la mia autostima. In effetti, anni dopo, mi vien da dire che forse non l'avevo fatto per pura e semplice generosità.

E poi la mia fantastica tesina su Baudelaire. Mi ero preparata tutti i collegamenti possibili e immaginabili, per poi trovarmi a dover rispondere a tutt'altri quesiti all'orale. Non ve la so neanche spiegare, la ventata d'odio che provai nei confronti di quella di Storia . Insomma, avevo riciclato il programma dell'anno prima pur di essere preparata ad ogni evenienza. Ma mentre io ripetevo “Moti parigini del 1948” “seconda repubblica” “Napoleone III” con una frequenza che avrebbe dovuto insospettirla, lei sbadigliava leggendo il giornale. Il giornale, capite? Non mi ascoltava neanche! Che poi, in realtà, l'unica che in quell'occasione mi aveva chiesto esattamente ciò che mi aspettavo, è stata quella di Arte. Anzi, no: forse anche quella di Inglese mi aveva chiesto di Poe. Comunque, l'importante è che sia andata bene.




Bene in tutti i sensi, tra l'altro. E non parlo più solo di voti.
Il fatto è che quella dannata tesina aveva rischiato seriamente d'incasinarmi il futuro. Cioé, non proprio la tesina: più che altro, Baudelaire. Ero talmente fissata con lui e la sua poesia da essere stata sul punto di scegliere Francese, anziché Spagnolo, all'Università. Per fortuna mi sono ripresa in fretta, sulla base del corso preparatorio di castigliano su cui avevo già investito del tempo in quarta superiore, dei ricordi di vacanze in Famiglia, e di tutt'una serie di buoni consigli da chi, attorno a me, credeva fossi impazzita.

Quella scelta, col senno di poi, m'ha resa ciò che adesso sono. Non che questo sia necessariamente un bene, per carità, ma insomma...senz'altro m'ha evitato una prof cattivissima a detta di chiunque. E poi m'ha portata al corso nel quale ho conosciuto la persona che mi ha musicalmente presentato El Canto del Loco. Che, visto quello che grazie a loro ho vissuto negli ultimi sette anni, direi che non è affatto poco. Oddio, in realtà credo che, in qualche modo, li avrei conosciuti comunque. Intendiamoci: non è che io voglia passare per forza per il bimbo autistico di Touch, ma sotto certi aspetti sono davvero convinta che il Destino sia segnato. Del tipo: lo sapete quante volte ho incrociato quella band, prima di concederle di entrarmi nella vita? Almeno tre. E ovviamente anche questo l'ho scoperto di recente.

La prima volta, a quanto pare, è successo nel 2001. Iniziavo a usare internet, principalmente perché seguivo i LunaPop. Ricordo perfettamente di essere entrata piú di una volta sul sito del loro fanclub spagnolo, quando la Vespa Especial li aveva fatti sbarcare dall'altro lato dei Pirenei. Beh, l'ho ritrovato da poco, quel sito. Google + Noia, accoppiata vincente. E, indovinate ? Tra i messaggi di quell'epoca ce n'erano almeno un paio che invitavano ad ascoltare una certa band di Madrid. Probabilmente li avevo saltati a pié pari tacciandoli di spam. O magari perché non capivo ancora bene lo spagnolo. Ma adesso, leggere quel post, fa un po' paura. “Se vi piacciono i LunaPop”, c'era scritto, “Vi piaceranno senz'altro El Canto del Loco. Qui potete ascoltare qualche loro brano!”. Certo, non si puó dire che non avessero avuto
 ragione.



La seconda volta é stata alle Canarie, quando cercavo un disco spagnolo da portarmi a casa come souvenir. Per qualche strana ragione ero stata attratta da un cd con la copertina azzurra e cinque ragazzi accuffati sopra. L'avevo preso in mano. Ne avevo letto la tracklist. Ma, non sapendo assolutamente che genere facessero, alla fine avevo scelto di andare sul sicuro. E avevo (sigh!) comprato Enrique Iglesias. Quell'album con la copertina azzurra era “A Contracorriente”, de El canto del Loco.

E poi, tornando indietro, leggevo una rivista sull'aereo. La conservo ancora, tra le mie duecento scartoffie. Un trafiletto parlava della fine del tour di una band di Madrid. Loro erano lí, tutti e cinque, con in mezzo Amaia Montero. “El Canto del Loco” si leggeva in grande. “Che razza di nome”, avevo pensato. Ricordo che mia madre - e questo ve l'avevo anche giá raccontato -  fu attratta da quell'immagine. Mi disse “e questi chi sono? Fossi in te proverei a scaricarmi qualche loro canzone, magari son bravi”. Ma io avevo giá una lista di 10 brani pronti a diventare compilation. Li avevo trascritti dalle classifiche di vendita lette chissá dove. Non avevo voglia di cercare oltre. Cosí alzai le spalle, girai pagina, e dovetti aspettare fino al duemilasei.

Quindi, boh. Magari se avessi scelto di studiare francese avrei, tipo, conosciuto Celine su Internet, per fare un po' di pratica. E lei mi avrebbe consigliato di ascoltare un certo Dani Martín, che prima era ne El Canto del Loco, che ne so. O magari mi sarei imbattuta nella versione doppiata in francese di Cuenta Atrás cercando qualcosa da guardare per allenare l'orecchio alla pronuncia. Mi sarebbe piaciuto l'attore protagonista, ne avrei cercato notizie sul web e...

Insomma, in un modo o nell'altro Dani and Co li avrei conosciuti comunque, di questo sono quasi sicura. Solo che ci avrei messo un sacco di tempo in piú. E mi sarei – di conseguenza – persa un sacco di belle emozioni. E poi ricordo che, sempre per colpa di quella tesina, pensavo che se fossi tornata a Parigi avrei voluto fare visita alla tomba di Baudelaire. Cioé, ci rendiamo conto?! La tomba. Ero praticamente la groupie di un poeta strafatto dell'ottocento, é inquietante.

Invece, una cosa che mi spiace non ricordare della mia Maturitá sono le canzoni che andavano all'epoca. Cosí ho fatto una ricerchina veloce, tanto per. E ho trovato questo sito. Da cui scopro che era proprio quella l'estate di “no es amoooor, lo que tu sienteees, se llama obsesión!”, singolo piú venduto in assoluto. Made in Aventura. Lingua (guarda tu!) spagnola. E in classifica c'era pure Objection, che é tutt'ora il brano che piú amo di Shakira. 






Poi c'erano le Vibrazioni, che debuttavano con “Dedicato a Te”, del cui videoclip avrei parlato nella tesi triennale. E i Black Eyed Peas, che si facevano conoscere chiedendosi “Where is the love?”. C'era Panjabi MC coi suoi ritmi da Bollywood che, ricordo, ballavo sempre con piacere. Gli Evanescence con Bring me to life. La mia conterranea Elisa con ben due singoli in hit parade. E, forse, pure la marmotta che confezionava la cioccolata. Ad ogni modo, una gran bella estate spensierata. Anche sotto il profilo musicale.





2 commenti:

  1. ma quanto è bellissimo e interessantissimo questo post..un po' Sliding doors....assolutamente le constatazioni sono due---a,la botta in testa fà bene...b-non sei marcia!.-))
    superbesitos kit

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  2. Non per niente Sliding doors é uno dei miei film preferiti!! :) E la botta in testa deve aver influito, in effetti... Grazie Kit!

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