martedì 19 marzo 2013

Crescere sí, ma con un velo fucsia.


Abbiamo fatto un patto, noi amiche della sposa. “What happens in Addio al Nubilato stays in Addio al Nubilato”: una roba così. E mi sembra quasi di vederlo, il vostro sguardo malizioso. Immaginerete scenari in realtà mai accaduti. Rielaborerete senza accorgervene cliché da film americano, come al vostro posto avrei fatto anch'io. Il motivo per cui non vi racconterò di Sabato, invece, è ben diverso. Più banale, forse. Ma, proprio per ciò, mille volte più vero. Il fatto è che un segreto unisce. Sì, è solo questo. E' tutto qui. E' solo che gli eventi epocali lo sono un po' di più, se restano ristretti ad una cerchia selettiva.

E allora guardo il velo color fucsia appeso in bella mostra sul pannello di sughero. L'abbiamo preso dai cinesi, in clamoroso ritardo sulla tabella di marcia. Colpa di Trenitalia, manco a dirlo. Colpa dell'ennesimo tizio che pensa bene di suicidarsi nel peggiore dei modi. Perchè, dico io, come si fa a buttarsi sotto un regionale? A scegliere di finire i propri giorni facendosi odiare da centinaia di sconosciuti? Una decisione simile esige essere stronzi, più che disperati. Masochisti, più che bisognosi d'attenzione.

Però il velo sta lì, con tutte le sue belle margherite in rilievo. E' il gadget che ci siamo scelte, l'emblema stesso del concetto di Kitsch. E se lo guardo, ora, lui non mi ricorda un altro viaggio disastrato. Al contrario, rievoca risate. Di quelle che ti viene il mal di pancia, tanto sono intense. Perché non riesci a smettere, e tantomeno a controllarti. Non c'entra neanche l'alcol, é solo che sono sincere. Traspare anche dalle foto, in fondo. Ce le siamo scambiate in gran segreto, fedeli al motto inedito del nostro personale “Fight Club”. Il flash ha catturato nei sorrisi la sensazione di divertimento spensierato che da troppo sentivo l'esigenza di rivivere. E, Dio, quanto mi ha fatto bene!

Una delle mie piú care amiche si sposa,gente. La foto di noi due in tutú, sul palco del teatro comunale, ha spinto entrambe, per un attimo, a sbattere le ciglia un po' piú forte del normale. Strano, oltrettutto, come un gesto definito seduttivo sia anche il piú efficace per mandare via le lacrime. Due bimbe in uno scatto datato anni novanta. Sguardi puntati verso un pubblico che, parzialmente, ci avrebbe poi viste crescere. Diventare ragazze. Condividere un diario rosso con la Luna in copertina che conservavamo a fasi alterne, scherzando sul fatto che l'avremmo un giorno passato ai nostri figli. Scrivevo di voler vivere a Bologna, perché ho sempre avuto quest'urgenza di scappare. La cittá del mio idolo musicale di allora sembrava sul serio la migliore delle opzioni. Ed é strano, stranamente inquietante, che su Rai Due abbiano deciso di dedicare una monografia a Cremonini proprio ieri. Con l'inizio di "qualcosa di Grande" che rimane per me una stilettata al cuore. Scrivevo anche di sognare incontri romantici su di una spiaggia al tramonto, con l'Amore della Vita che tanto disperatamente desideravo incontrare. E poi ci scambiavamo lettere. Lettere lunghe, inchiostro su carte colorate, su cui vomitavamo litigi, paranoie e cotte passeggere. Lei, scherzando, diceva che le avrebbe pubblicate per guadagnarci qualche lira quando fossi diventata una scrittrice famosa. Perché l'ho sempre avuta, quell'ambizione lí.

E adesso lei si sposa. Io non vivo a Bologna, peró ho scritto un libro. E l'Amore della Vita, anche se fingo che non mi importi, forse lo sto aspettando ancora. Ché certi eventi, si sa, ti tirano fuori la vena romantica. E tra le foto del vestito, il dress code, e i discorsi sull'acconciatura io mi sono sorpresa a progettare le mie nozze. Tutte le invitate avranno dei fiori in testa. Balleremo sevillanas. E un complesso pop-rock metterá in scena tutti i brani che mi hanno in qualche modo cambiato la vita.

Peró adesso basta: ché divento melensa, e poi piango da sola a rileggermi il post.

Il punto é che l'Addio al Nubilato – si condivida o meno - io l'ho percepito davvero come una svolta epocale. L'ho visualizzato chiaramente, sulla pista di una qualche discoteca, laddove i brani nuovi comportano coreografie pre-determinate. Li conoscono un po' tutti, a quanto pare, i passi di danza che a me risultano nuovi. E gangnam style. E danza Kuduru. E be re be re be re ba ra ba ra ba ra. In un motto di pseudo-tristezza, ripenso ad una frase di mio padre. A tutti i blog inglesi con la lista numerata delle cose da fare per essere felici. Scrivere un post di successo. Indossare un paio di jeans. Vivere. Perché in fondo é vero: ormai sembra che non riusciamo a fare niente, se non ci danno precise istruzioni. Abbiamo bisogno che ci spieghino tutto. Anche come ballare, Santoddio! E io non lo so mica, se ci sto.

L'ho capito lí, che non frequento le discoteche da troppo. Che ho cambiato interessi. Aspirazioni. Stile. L'ho capito lí, quando ho iniziato a pensare con la logica dell'”ai miei tempi”, quanto veramente siamo ormai cresciute.

E tuttavia, ogni tanto, mi piace ancora fingere di essere quella bimba col tutú. Quella bimba a cui - che strano! - adesso un velo color fucsia mi fa pensare.

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