venerdì 22 marzo 2013

LOL.

Appurato che “I Negrita rotolano un sacco” (poi un giorno ve la spiego) e lungamente interrogatami sull'origine etimologica dell'espressione “zitto e mosca”, esco quasi illesa da due giorni di febbre. Alta, la febbre, come avrete dedotto. Adesso, però, vengo a parlarvi d'altro. 

Dei gusti di nicchia, per la precisione. Quelli di un'italiana che ascolta musica spagnola, in effetti, lo sono di per sé. Figuriamoci poi se la musica in questione è pure indie. Sì, beh... così la definiscono, almeno. Perchè, per quanto mi riguarda, fatico ancora a capire come si possa giudicare tale un lavoro alle cui spalle c'é comunque la distribuzione di una major. Ma forse sono puntigliosa io.

Il punto è che i Love of Lesbian li definiscono Indie. E a me, i Love of Lesbian, piacciono mica poco. Anche se tendo a dimenticare che li abbreviano in LOL, scambiarli con l'acronimo anglofono di una risata, e travisare tutti – proprio tutti -  i messaggi che li riguardano. No, sul serio. Immaginate di leggere una cosa tipo: “domani intervistiamo LOL”. Oppure, chessò:  “LOL dal vivo a Salamanca”. Io ci metto sempre un po' a capire. Anzi, in genere l'illuminazione arriva dopo uno specifico decorso rituale in quattro fasi. Si passa per:

- 1. DUBBIO (I.e: “che diavolo c'hanno da ridere, questi?”)
- 2. ANALISI (logica e grammaticale, in genere). 
- 3. RICERCA (di messaggi subliminari, contesti socioculturali altri, ulteriori segnali di abuso di droga)
- 4. DEPRESSIONE (I.e: “ecco, ho dimenticato il castigliano, la mia vita non ha più senso, chisonodadovevengoperchèproprioame”)

Poi, finalmente, ci arrivo. “Ah, già, L.O.L!”. A mia discolpa: potrebbero anche usarli, i puntini!

Comunque. La band catalana mi aveva già entusiasmata a suo tempo con quel “Club de Fans de John Boy” che così bene sembrava ritrarre uno spaccato della mia realtà. Ma l'ultimo -doppio-  lavoro discografico (ancora grazie, Spotify), oltre che una conferma, è ultimamente diventato parte integrante della mia personale colonna sonora. Sarà che il punto di forza sono i testi, e io ho più che mai bisogno di parole al posto giusto. 

Ve ne lascio un piccolo assaggio. Giudicate voi.



"En Londres, Buenos Aires, México,
cada pena y aflicción pueden curarse bailando.

Tango, una ranchera o un charlestón, todo se olvida bailando.

Es como volver a nacer"




Un día me iré, me iré de verdad.
No sé si me ves, del todo capaz.
De cambiar nombre y edad, y si me encuentras decirte:
"¿De quién me estás hablando?"

PS: In tutto ciò, cercando “#Odissea” in giro per il web, mi sono imbattuta nel tweet di una ragazzina. Nano Frangiuto come avatar, lessico rubato alla mia personale versione di NausiKaa. Scriveva: “ Sto shippando, Odisseonelope! OMG!” . Ora, al di là del fatto che non ho la più pallida idea di cosa possa significare il verbo “shippare”, sono piuttosto incazzata. Sì, insomma, com'è possibile che  “Odisseonelope” non sia venuto in mente prima a me? Mannaggia. Ci sarebbe stato da Dio. 

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