martedì 27 dicembre 2011

Il Capodanno mi stressa!

Chiudo le ante dell'armadio dietro ad una pila di vestiti nuovi. Lo sguardo panoramico al suo variopinto disordine interno è già un tacito proposito per il 2012. Del Natale non resta molto altro, ormai. Tutt'al più un pacchetto ancora da aprire, un paio di Santa Claus di cioccolato in bella mostra sulla credenza del salotto, ed una disastrosa sconfitta a Risiko. Stavolta non è servito a niente, il lato glamour dei miei adorati carrarmatini viola. Però ho difeso la Groenlandia, sia messo agli atti. Adesso gli esquimesi sono in debito con me.




Comunque, il problema inizia ora. Ché il mio odio per il Capodanno sta aumentando in proporzione diretta con l'età. E non è propriamente perchè ci soffio candeline sopra. Oddio, magari anche sì. Una terapista direbbe probabilmente che il mio inconscio lo rifiuta perché il giorno del mio compleanno vorrei fosse speciale soltanto per me, invece che per l'umanità intera. Mi chiedo, tuttavia, come interpreterebbe lei la tigre che ho sognato stanotte. O il fatto che Morfeo mi metta continuamente di fronte a personaggi mai incontrati davvero. Per dire. Ma, al di fuori del lettino di una fantomatica psicanalisi, la mia antipatia si deve solo allo stress.

Sì, insomma: è come la Pasquetta. La società ti obbliga a cenoni e discoteche, provocando mal di testa collettivi già a partire da Ottobre. Così magari ti ritrovi, un tardo 27 di Dicembre, a soppesare opzioni contrastanti. Da una parte, l'ennesimo viaggio in treno. Ché il programma è dei migliori: piatti tipici spagnoli, spettacolo di flamenco, ottima compagnia. Uno di quelli che sembrano fatti su misura per te. Solo che, ancora una volta, per raggiungerlo devi inghiottire kilometri. E allora ti assale come un deja vù trito e ritrito l'odore vagamente acido del riscaldamento troppo alto. Il senso di sporcizia sui sedili azzurri semivuoti. Qualche ragazzo già ubriaco alle cinque del pomeriggio. L'immancabile extracomunitaria in tiro che, con un panettone in mano, pare particolarmente in vena di socializzare. Il solito drogato che, in stazione a Mestre, ti chiede in tono losco se hai qualche moneta. Accidenti: quanti anni sono, ormai, che il giorno del mio compleanno lo passo così? Una torta al volo, il vestito buono in valigia, il cellulare che si scarica mentre muoio dalla voglia di leggere gli auguri su facebook. Perchè, da quando esiste facebook, per altre vie non te li fanno più. Sentirsi assurdamente emarginati, e ancor più assurdamente scortesi, per il semplice fatto di non poterlo fare. Ma “se viaggi a capodanno, viaggi tutto l'anno”, eccolo lì, dentro alla fretta, tutta il peso popolare della consolazione.

Dall'altra parte non c'è niente, almeno per le aspettative della società. Soltanto una serata qualsiasi in compagnia della famiglia. Chiusi in casa, probabilmente in tuta, ad aprire quei Santa Claus di cioccolato mentre ci si sfida a qualche gioco da tavolo. E, con mia discreta sorpresa, mi accorgo che non mi dispiacerebbe mica. Solo che non sarei capace di affrontare i taciti giudizi, questo é. Ché il giorno 1 inizieranno a fioccare foto di serate mondane riuscite alla grande, commenti inspiegabilmente fieri su coma etilici evitati per un pelo, domande su quello che hai fatto tu. Non avere un moroso e non passare il capodanno con gli amici ti fa sentire inevitabilmente una persona sola. E non importa che poi l'abbia scelto tu, magari dando retta a quell'assurda stanchezza. Scegliendo, quel viaggio, di rimandarlo soltanto di un po'. No. Il giudizio degli altri può essere un'occhiata. Un sospiro. Può anche non essere nient'altro che un pensiero che ti sei inventata. Eppure riesce a esistere lo stesso. Riesce a condizionarti, dannazione.



Perciò alla fine non lo so, cosa farò il trentuno. Magari a Trento ci vado davvero, e di certo se lo faccio mi divertirò. O magari me ne starò a Monfalcone, chiedendo la rivincita ai miei carrarmatini viola. Comunque sia, detesto le paturnie mentali che quella data riesce sempre a crearmi. Sempre, sin da quand'ero bambina. E dire che mi piace, l'idea dell'anno che inizia. Di una lavagna vuota- un'altra – tutta da riempire. In fondo sono quella che fa le liste dei propositi e dei desideri. Quella che cerca profezie nella prima canzone ascoltata per caso. Quella che, soprattutto, distorce i ricordi nei bilanci per dare maggior rilievo a quelli positivi.

Il giorno di Capodanno, però...Dio, quello mi piace sempre meno. Oltrettutto, scrivendolo mi accorgo che mentivo: le candeline c'entrano. Sì, c'entrano eccome. Ché se scarto discoteche dai progetti; se il treno mi impigrisce; se ho bisogno di famiglia...beh, magari é per la stessa ragione per cui inizio ad adorare i concerti in teatro, coi biglietti numerati e zero file. Magari è solo questo: sto invecchiando.

Proprio oggi, mentre ci riflettevo, é uscito in anteprima un brano del primo disco solista di Leiva dopo la separazione dei Pereza. Quasi volesse ricordarmi che cambiare può anche non essere un male. E, in effetti, sapete una cosa? Quel brano m'é piaciuto da morire.  





2 commenti:

  1. olèèèèèèè!ahhh come ti capisco!ci aggiungo pure i petardi che io odio e mi fan paura(sarò forse un gatto?)....ma sai che ti dico?non stressarti...sceglierà il caso..il last minute...e non ci pensare più!e sarà bellissimo!
    besitos
    kit

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  2. In alternativa, posso sempre chiedere anche al libro delle Risposte! :D buahahahaha

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