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venerdì 10 gennaio 2014

Quello che twittavo nel giorno più felice


Uno studio ha recentemente dimostrato che il giorno più felice del 2013 è stato il 12 Luglio. Almeno per gli italiani. Almeno, stando all'analisi dei loro cinguettii. Ora: siccome sono patologicamente curiosa (e anche un po' San Tommaso) m'è venuta voglia di andare a rileggere cosa scrivevo io in quella data. L'impresa - va detto- si è rivelata tutto sommato semplice, visto che ho da poco scaricato l'archivio completo dei miei tweet. Lettura inaspettatamente interessante, tra l'altro, che mi ha portata nell'ordine a scoprire che: 

A) Nel 2008 avevo tutti i sintomi della bimbominkiaggine.
B) Durante il mio Erasmus avevo costantemente fame.
C) Picchi insostenibili di delirio si registravano dopo ogni mia lezione di flamenco a Parma.
D) Nel 2012 twittavo come se non ci fosse un domani (d'altronde stavo scrivendo un libro su Twitter, sono giustificata)
E) Ogni tanto mi sto anche simpatica. Ma proprio ogni tanto, eh? Giusto quando gli astri si allineano nella giusta traiettoria.




Comunque. Dopo aver ripescato le mie memorie dell'Happy Day (cantate in coro!) per eccellenza , posso dirvi che il 12 Luglio si incastrava tra il mio primo re-incontro (seppur tramite webcam) con Dani Martín dopo una pausa che credevo insormontabile e l'inaugurazione di una delle mostre che piú mi sono piaciute dell'anno artistico alla Galleria La Fortezza. Inaugurazione che prevedeva sangria fatta in casa nel buffet, il che probabilmente incide su cotanto entusiasmo. Nel frattempo, ero impegnata nella preparazione di tre concerti, prendevo il sole e non facevo che dire quanto amassi la mia vita. Quindi, a ragion veduta, forse quello studio lí tutti i torti non li aveva.

Tra l'emozione per il famoso hangout e la voglia di scrivere, ecco i tweet piú rappresentativi del mio 12 Luglio. Il retweet del giorno, invece, è a cura di Iñaki García. 








Voi cosa avete twittato nel giorno piú felice dell'anno trascorso? Per scoprirlo e scaricare l'archivio dei vostri tweet non dovete fare altro che loggarvi su Twitter, cliccare su "Impostazioni" (in alto a destra) e quindi su "Richiedi Archivio". Vi verrá recapitato, zippato, direttamente nella vostra casella e-mail. Sono piuttosto certa che vi ci divertirete almeno quanto me. 

venerdì 3 gennaio 2014

I Look Ispirati ai Dischi: New Year's Eve Special Edition


Mi sarebbe un po' spiaciuto, cominciare l'anno all'insegna della moda. A conti fatti, lo scarso tempismo di questo post potrei giustificarlo anche cosí. La verità è che non sono riuscita ad ultimarlo in tempo. Avrei voluto pubblicarlo nel pomeriggio del 31 Dicembre. Stupirvi tutti con effetti speciali. Chessò, magari persino regalare ispirazione a qualche ritardataria in cerca di look per il veglione.

Invece.

Certo, a questo punto avrei anche potuto lasciar perdere. Capodanno è passato. Forse è anche sbagliato insistere su un tema. Ma il fatto è che le cose, a me, non piace lasciarle incompiute. E poi che fai, sprechi ore di lavoro certosino su Polyvore? Manciate di minuti di somma creatività (?) con la colonna sonora di Nashville sparata nelle orecchie a volumi improponibili? Tra l'altro c'ho un problema con Nashville. Dico sul serio. Insomma, sto riscontrando inquietanti paralleli tra la mia dipendenza da quella serie tv e quella che nutrivo da bambina nei confronti delle VHS di Jem. Probabile che io stia regredendo. Ma questo è un altro discorso. 

Il punto è che la risposta è no. Piuttosto, anzichè suggerirvi idee per i vostri outfit di fine anno, vi inviterò a ritrovare tra le mie proposte il più simile a quello che avete indossato. O forse, invece, sarà solo un aneddoto. Una mera elencazione tematica basata sui trend della stagione. 

Perchè è stato quello, il mio punto di partenza: la lettura di un articolo qualunque, postato su un webmagazine qualunque. Diceva che i colori di tendenza, per la notte di San Silvestro 2013, erano il silver, il rosso, il bianco e - come no!- l'intramontabile nero. Consigliavano peraltro di puntare sul total look.

Da lì, la "puntata speciale" della mia rubrichetta fashion, che peraltro noto con sommo dispiacere non caghiate granchè (si soffia il naso rumorosamente dopo profusione di singhiozzi). Pazienza (alzata di spalle). Però vi avverto che a me piace, quindi di tanto in tanto la dovrete sopportare.

Dicevo: sulle basi delle tendenze lette, il post musical-fashion di oggi è dedicato alle copertine dei dischi che meglio si addicono ad un outfit per capodanno. Le restrizioni indotte dalla tematica hanno fatto sì che, questa volta, non si tratti esclusivamente di album che sono solita ascoltare. Anzi, almeno due di essi - non specificherò quali per cortesia e/o amore della suspance - mi risultano abbastanza insopportabili. Tuttavia, i look sulla copertina sono glamour un bel po'.

Sul tema Silver c'è La Oreja de Van Gogh, con il greatest hits live "Primera Fila". Sul tema Rosso, la duplice variante della malagueña Diana Navarro sulla cover di - ironia!- "Camino verde" e dell'italiana Alessandra Amoroso col bellissimo abito che indossa in "Amore Puro". Per il bianco ho optato per la mise un po' mascolina ma comunque elegante di Laura Pausini nel recente Greatest Hits. Per rappresentare la tendenza black, invece, chi meglio di Malú, che in "Gracias" c'ha sú un vestito che comprerei parecchio volentieri anch'io. A tal proposito: manicotti, catene dorate e borchie sono presi dal retrocopertina, come del resto la scollatura sulla schiena della Amoroso. 

Allora? Poi me lo dite, a quale di questi outfit si avvicinava di piú il vostro?


Music Inspired! - La oreja de Van Gogh, Primera Fila



mercoledì 1 gennaio 2014

Capodanni e Grappini

Cercare una risposta low cost alla domanda “Cosa fai a Capodanno?” è probabilmente una delle imprese più ardue al mondo. Costituisce eccezione: vivere in una grande città, vivere all'estero, aver prenotato un viaggio, organizzare una festa privata (aridaje!) e partorire. Quest'ultima opzione, dopo ventinove anni, tenderà peraltro a complicare ulteriormente la faccenda alla partorita, a cui piogge di auguri e vinelli sottrarranno tempo e – soprattutto - lucidità mentale.

Visto che lo sapevo, ho iniziato a muovermi per tempo. Ovvero, la bellezza di tre giorni prima. Non che, del resto, m'importasse molto festeggiare. Più che altro, c'avevo da indossare una perfetta mise figa rochenrolle. E, come dice un'amica:


Quindi, scartata con certo disprezzo l'eventualità di sborsare un centone per ascoltare Fiordaliso al Casinò e/o sbafarmi un polletto piccante alla griglia; ignorata altresì l'opzione “congelamento in piazza” (notoriamente poco adatta alle mise figa rochenrolle), credevo di aver trovato valida alternativa in un locale di recente apertura. Proponevano buffet con cotechino e lenticchie, spettacoli con mangiafuoco, musica di tutti i generi, effetti speciali, ricchi premi e cotillons.

L' insegna arcobaleno, in effetti, avrebbe un po' dovuto insospettirmi. Specie se abbinata a tutte quelle locandine di spettacoli di Drag Queen. E invece ci sono rimasta male lo stesso, quando, il pomeriggio del 30 Dicembre, ho scoperto si trattasse di un locale gay. Per un attimo ho pensato di andarci comunque: se non altro, ai locali gay, tendono a mettere musica ballabile. Poi, però, ho trovato la pubblicità di un bar del centro. Uno carino, tra i pochi del mio paesello che ogni tanto mi degno di frequentare. Annunciavano “buffet ricchissimo”, Dj Set e molto alcol. Peccato che, al momento di prenotare (il pomeriggio del 31 Dicembre) mi abbiano avvisata che “ci dispiace, alla fine chiudiamo alle otto”. Non hanno raggiunto il numero minimo di adesioni, specificano. E a me verrebbe da dirgli che, forse forse, l'obbligatorietà della suddetta adesione sarebbe stata un attimo da specificare. Soprattutto se la tua clientela è solita raggiungerti nei pre e nei dopo cena. Comunque.

C'è da dire che l'appurata necessità generale di investire in comunicazione gioca a favore dei miei biglietti da visita. E, alla fin fine, a me e alla mia mise figa rochenrolle non è neanche andata così male. Anzi. Quantomeno ho sfruttato alla grande la mia nuova Nikon compatta. Ho fotografato cibi usando la modalità alimenti; persone usando la modalità ritratti; ambienti chiusi usando la modalità interni/feste; fuochi artificiali usando la modalità fuochi artificiali. Il problema è che la modalità bimbaminkia non l'hanno inventata, ragion per cui le “selfies” non mi riescono altrettanto bene. Peccato.
Foto scattata con la modalitá "fuochi artificiali"

Quanto al resto, gli highlights del Capodanno includono senz'altro gli scampi di dimensioni transgeniche di un cenone a base di pesce in terre slovene. Chè chi passa all'estero il primo dell'anno...


Foto scattata con la modalitá "alimenti"

Nelle circostanze di tale cenone ho anche assistito al degrado umano, fisico e morale di una comitiva di veneziani incravattati che sono passati dalle barzellette volgari in dialetto all'elencazione delle malattie gravissime dei loro conoscenti in un continuo crescendo di decibel e di arrossamento dell'incarnato. Ho parimenti fatto fuori un' (ulteriore) catasta di bicchieri di vinello , ammirato un alberello decorativo, e fatto l'epica conoscenza di quello che pare essere un'arcinoto grappino bosniaco.

“Per la signorina io consiglierei qualcosa di più dolce...”, aveva provato a mettermi in guardia il cameriere. Ma, al solito, ho voluto fare di testa mia.

Il tracannamento di 'sta cosa (che sono tutt'ora convinta fosse in realtà disinfettante) ha segnato un “prima” e un “dopo” nella serata di addio al duemilatredici, iniziata al tavolo diciassette al di là di ogni superstizione.

Fuoco. Io vi giuro che ho sentito il fuoco. Dentro. Fuori. Nella testa. Nei polmoni. Nel cuore.
Fuoco, e basta.
Ma al secondo sorso era un po' meglio.

E, dopo un attimo di afonia, ho iniziato a trovare particolarmente divertente l'etichetta con le indicazioni in spagnolo su come bagnare la pianta/separè al mio fanco. Cioè, se è per quello avevo anche elencato due o tre frasi che – al momento – mi sembravano abbastanza solenni da racchiudere l'intera serata, nonché da imprimersi nella mia memoria per sempre.

Manco a dirlo, oggi non ne ricordo manco una. A parte, forse, un dialogo dell'assurdo che credo, tuttavia, si collocasse ancora nel pre-grappino.

“Certo che se siamo contro le pellicce non dovremmo neanche mangiare il pesce”.
“Perchè?”
“Anche il pesce è un animale!”
“Sì, ma non c'ha mica il pelo!”

A mezzanotte, ancora un po'intontita (nonostante l'opera d'arte della scritta 2014 realizzata tono su tono sullo zucchero a velo dello strudel di mele) una tipa mi ha urlato “BUONCOMPLEANNOOO” all'orecchio. Stava prendendo nota dei miei dati per garantirmi l'accesso al Casinò. Siccome avevo pronunciato ormai svariati “Buon Anno” , per me il 31 Dicembre era archiviato come giornata passata. Ergo, l'esternazione di allegria della sconosciuta mi è sembrata fuori luogo, insensata e tardiva. Oltre a regalarmi un deja vù di inaspettata violenza del mio diciottesimo compleanno alle Isole Canarie, con conseguente retrogusto di lustrini. 'Somma, reagisco con un “EEEH?!” che mi regala,in cambio, occhiate perplesse.

Foto scattata con la modalitá "disegni su zucchero a velo post grappino"


Dopodichè, mi offrono un altro flute di champagne. Per accompagnarlo, mi aggiudico una fetta di torta aggratis dopo essere sfuggita per miracolo alle gomitate di attempate signore che, a giudicare dalla foga (e non certo dalla stazza), non mangiano da almeno quarant'anni. Per miracolo sfuggo anche al coma glicemico: impresa non facile, giunta al quarto dolce della serata. Mentre guardo i fuochi d'artificio, non posso non pensare a quanto sia fortunata.

Tra gli altri highlights della serata, l'atmosfera di festa in fase di conclusione di una trattoria convertita in discoteca, dove una comitiva con fare un po' losco mi nomina sua fotografa ufficiale. La loro fotocamera, però, non è dotata di “modalità foto di gruppo” quindi non è che possano pretendere 'sto granchè. Che diamine.

Fuggiamo da lì quando le poche coppie di ultra-cinquantenni ancora in pista iniziano a darsi al palpaggio sfrenato, le donne a barcollare pericolosamente sui tacchi a spillo e gli uomini a legarsi oggetti attorno alla fronte.

La serata si conclude nella constatazione di quanto possa essere triste il deserto cittadino se sono le tre del mattino ed è l'uno gennaio. Quindici euro per entrare nell'unica discoteca aperta, però, non ho intenzione di spenderli. Soprattutto alla mia età. Soprattutto dopo quel grappino.

E allora tanti auguri.

Nota bene: Come ormai saprete, ho quest'usanza di cercare premonizioni e segnali nella prima canzone ascoltata per caso nel nuovo anno. Ecco, quella del 2014 è stata “com'è bello far l'amore da Trieste in giù”. Mi sa che è meglio non commentare.

lunedì 30 dicembre 2013

Il solito post con i propositi.

Devo averlo letto da qualche parte. O magari, invece, l'ho solo sentito pronunciare. Il punto è che c'è questo concetto, a girarmi nella testa da un po' in qua: dice che un anno può considerarsi vissuto se ti ha portato a conoscere almeno un posto e una persona nuova. Metrica ragionevole, al momento dei bilanci. Perchè se l'utilizzo (di più: se mi ci baso) non posso non pensare a Bilbao. Ad Arezzo. All'Albufera, persino a qualche scorcio di Parigi. Alle nuove amicizie che si sono intrufolate a riempirmi di più la vita. Non contenta, ci aggiungo i re-incontri. Le Grandi Svolte di cui sono stata alternativamente spettatrice o partecipe. I concerti, ancora: mai così tanti, mai così vari. E scopro che il 2013, malgrado le scarse aspettative del suo esordio, alla fine é davvero valso la pena.


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I nuovi luoghi del mio 2013

Me lo ricordano i soliti riepiloghi: piattaforme social, apposite app, video riassuntivi che faccio ma non condivido solamente per differenziarmi un po'. Hanno ragione, nel loro mero assemblaggio di statistiche. Chè questo è stato l'anno dei cupcake. Della promozione di #Odissea. Del lavoro. Ma anche l'anno dei live. Delle passioni musicali nuove e ritrovate. Dei viaggi. Dei matrimoni. Della sensazione, al contempo spaventosa e elettrizzante, che sia giunto il momento di crescere davvero.


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I concerti del mio 2013

Ancora una volta, come é ormai tradizione, sono andata a ripescarmi i propositi di cui andavo cianciando lo scorso Gennaio. Ne ho rispettati due su sei. Non grandi cose, visto che due dei quattro rimanenti me li trascino dietro come una zavorra da tempi ormai immemori. Eppure, se penso a quel che é stato, sono soddisfatta lo stesso. E, giusto perchè va fatto, propongo con gli auguri le mie ambizioni per il 2014: anno già troppo gonfio di aspettative in virtù dei miei trent'anni, dei dischi in uscita e- soprattutto-  del suo essere pari.  

PROPOSITI PER IL 2014

1. Scrivere un nuovo libro. 
L'idea c'è, la voglia pure. Non resta che rimboccarsi le maniche. 

2. Organizzare la famosa Bella Festa per Capodanno. 
Lo dico da anni, e non lo faccio mai. Il fatto che il 31 Dicembre 2014 io compia i fatidici trenta mi fornisce, questa volta, il pretesto ideale. Ho già in mente chi invitare. Ho già ben chiaro il programma. Mi manca solo la location. Ma, se mi organizzo per tempo, potrebbe non essere un problema. 

3. Tornare a Madrid
Che diamine, ci sono rientrata una volta all'anno dal 2007 al 2012: non mi perdono la mia assenza dalla Capital per più di dodici mesi! Ad ogni modo, ho già comprato il biglietto per il concerto di Dani Martín al Palacio de Los Deportes, quindi inserirlo nei propositi sa molto di “ti piace vincere facile?!” potsi potsi popopo.

4. Cercare un modo per rendermi economicamente indipendente. 
Perché é vero che rientrare nella categoria “bamboccioni” non é quasi mai una scelta; é vero che stare a casa dei genitori comporta svariati vantaggi, ma la crisi non puó durare per sempre, né per sempre puó valermi come scusa. 

5. Pensare un po' piú a me, e un po' meno agli altri [Reprise] 
La seconda parte della frase si puó anche leggere come: fregatene degli altrui malumori, delle critiche, di ogni dubbio che non avevi e poi ti é stato infuso. Intendiamoci: inizio a credere di esserne fisicamente incapace. Peró tentar non nuoce. E, come la festa di Capodanno, questo proposito é un grande classico a cui inizio ad essere persino affezionata. 

6. Conoscere almeno un posto e una persona nuova. 
Perché quella metrica mi ha soddisfatta troppo per non utilizzarla ancora.

Ovviamente, se volete svelarmi i vostri propositi, siete i benvenuti. Tanto si sa, che sono patologicamente curiosa. 

lunedì 23 settembre 2013

Storie collaterali a Pordenone Legge.


Folle oceaniche. Serpentoni umani che riversano entusiasmo nelle strade e negli stand. Sono ragazzi in jeans. Signore eleganti. Gente che si sforza di incarnare in eccessi lo stereotipo di intellettuale. In mezzo a loro, pennellate di giallo. La divisa dello staff, il colore del logo. Attorno, vetrine curatissime s'addobbano a tema. Una pagina stampata appesa tra i gioielli. Una pila di volumi impolverati che si incastra tra i maglioni. Una citazione letteraria stampata sulla maglietta, magari, perchè no?



Se dovessi descrivervi Pordenone Legge, lo farei così. Senza troppe differenze rispetto all'anno scorso. Simili i contenuti. Uguale, il mio entusiasmo. C'è ancora quell'incredulità quasi commossa nel constatare quanto la cultura sappia, in fondo, appassionare ancora.



Se dovessi descrivervi Pordenone Legge, la Pordenone Legge che ho rivissuto Domenica, parlerei senz'altro della marea assiepata in una piazza per sentir parlare Lucarelli. Vi direi di quel cartello con su scritto “Sold out” (beh, “tutto esaurito”) che mi ha impedito di dare un volto a Pennac. E poi accennerei a Bartezzaghi. Al suo pubblico di età miste, dove trentenni con la faccia da giornalisti e la maglietta a righe convivono armoniosi con i professionisti del web. Una ragazza twitta dalle prime file stringendo in mano l'iphone: appoggiate sulle gambe, una moleskine classica e la biografia di Steve Jobs. Alle mie spalle, un dibattito in corso sulla reale necessità di definire il concetto di Creatività. Io che intervengo dicendo che provarci è divertente. Lo sciaquio consolatorio del fiume come sottofondo un po' new age. Poi, la pausa caffè. Ecco, forse vi parlerei anche di questo. Del contrasto di sapori e temperatura. Del sorbetto al gusto moka che si intinge nel cioccolato appena tiepido nel bar che tanto amo. E poi, cigliegina sulla torta, aggiungerei al tutto il libro abbandonato su una panchina fuori mano. Il titolo che non riesco a leggere, il book crossing che mi attira. Ma forse non abbastanza da allungare il percorso tra le ortiche.



Sì, se dovessi descrivervi Pordenone Legge, il mio post finirebbe qui. Sarebbe un vortice di immagini impoverite da lettere e sintassi. Una polaroid sviluppata per il mio ricordo e per l'onor di cronaca. Però, non ci sarei dentro io. Perchè sì, insomma, è abbastanza ovvio che la manifestazione si meriti più di un cenno. D'altro canto dovreste averlo capito, che l'adoro. Ma gli episodi di cui volevo davvero parlarvi si inquadrano nel contesto senza averci niente a che fare.


Prendiamo quel negozietto appartato, per esempio. Una stradina a fondo cieco, pochi metri quadrati indicati, più in là, da un cartellone. Lo gestisce una ragazza entusiasta che avrà ad occhio e croce solo pochi anni più di me. Vende oggetti vintage che lei stessa va periodicamente a prendere in inghilterra. Un solo esemplare per tipo, niente a che vedere con i rifornimenti all'ingrosso dei centri commerciali. Ci sono abiti rossi taglia XL, con la scollatura sulla schiena impreziosita da svolazzi. Scarpine a punta arrotondata. Forbicette per le unghie a forma di Pin-up. E ancora pins dei Beatles, oggetti d'arredo, appendiabiti di richiamo regale e scatoline per il tea. Ci sono gemelli con le @ per gli informatici alla moda, cerchietti con grossi fiocchi e lampade da tavolo. Tutto all'insegna dell'originale. Del difficilmente rintracciabile. Tutto, rigorosamente, british.

La ragazza, gentile in modo emozionante nel micro-mondo burbero delle commesse d'oggi, mi cede un biglietto da visita col suo contatto Facebook. E, non appena esco da lì, ho in testa un'altra idea. Del tipo che mi piacerebbe mettere sù un negozio del genere, però in versione spagnola. Ve l'immaginate? Avrei il pretesto perfetto per viaggiare in Spagna a ritmi regolari, e appagherei me stessa – oltre a buona parte dei miei lettori – con un rifornimento misto di cd, libri in lingua originale, bottigliette di colacao, tinto de verano Sandevid, fiori per capelli e abbigliamento flamenco il più possibile low cost. Forse arricchirei l'offerta di maglie mala mujer o callate la boca, e accetterei richieste per ordinazioni su misura.

Sarebbe un piccolo Paradiso per filo-ispanici. Un piccolo Paradiso per me.
Peccato che pochi metri più in là, di fronte a Coin, l'originale “mostra di follia burocratica” allestita in modo egregio da un cittadino qualunque basti a farmi passare tutta la buona volontà. E proprio mentre sono già passata ad arredare nella testa il mio fantomatico esercizio commerciale.

In un moto di protesta tanto originale quanto efficace, il cittadino in questione ha esposto gli atti notarili, le pratiche, i pagamenti e i documenti che gli sono stati richiesti negli anni per poter avviare la sua onesta attività. Ostacoli che farebbero passare a chiunque la voglia di mettersi in proprio. Disgusto tutto italico. Per l'appunto, follia.

Fortuna che di idee ne ho tante, ed archiviarne una – poi, del tutto scapestrata- non fa così male.
'Somma, dimentico in fretta. Specie quando trovo un negozietto di dischi old-style, e scelgo (capirete!) di passarci la mezz'ora successiva.

Dentro, il proprietario sta appassionatamente riassumendo la trama di Dawson's Creek ad un signore che non vedo in faccia.
“Sono le storie di questi ragazzi adolescenti” - sta dicendo - “Che vivono in un posto che si chiama Dawson o una roba così, da lì il nome della serie”.
Mi viene l'impulso di interrompere urlando: “Nooo, Dawson è il nome del protagonista!”, ma vengo distratta dall'apparizione di un nuovo album de Il Nucleo. Cioè, Il Nucleo, ci rendiamo conto? Sono ancora vivi? Cos'era che cantavano, aspè...?! Lo shock è tale che mi perdo buona parte dello sviluppo successivo della trama.
Quando mi sincronizzo di nuovo sui discorsi del proprietario, sta passando in rassegna i protagonisti:
“C'è la bionda un po' facilotta, la morettina che sta con uno del gruppo, l'amico simpaticone...”
Beh, devo dire che sta rimediando bene alla gaffe dell'inizio, però. Bravo. Bella sintesi. Quasi quasi applaudo.
Anche il signore (di cui continuo a non vedere la faccia), in effetti, sembra convinto.
“Ma quindi dice che come regalo per una ragazzina può andar bene?”
“Sì, se non l'ha vista senz'altro...è stata una serie cult negli anni '90, la guardavano tutti!”.

Nel frattempo, un tizio al mio fianco fa il figo con un gruppo di amici parlando di Glam Rock e tramonto psichedelico, per passare conseguentemente all'elencazione di tutt'una serie di band dai nomi improbabili che “non si conoscono tanto, però...”. Non che i suoi interlocutori sembrino particolarmente interessati, ma tant'è.

Poi qualcuno mi suggerisce di “provare a guardare nel reparto musica internazionale, con la lettera M”. Ed io mi giro con aria perplessa chiedendo sinceramente smarrita: “Perchè? Chi è che ha il cognome che inizia per M?”.

Il tutto dopo avervi stressato per una settimana almeno con una serie infinita di post monotematici. Parliamone.

Alla fine compro Fabrizio Moro e i Negrita . Ovvero, niente più e niente meno di quel che ero venuta a cercare. Guarda caso, sono anche in perfetto ordine alfabetico. Sul bancone, accanto alla cassa, c'è una copia del cd di Tony Bennet. Quel cd, voglio dire. Con quel cognome che inizia per M ben evidente sulla copertina. Mi viene da ridere. Ma un sacco, proprio.




Non so com'è, ma se si tratta di musica (e di libri!) anche spender soldi mi mette di buon umore.