sabato 4 luglio 2015

La musica spagnola consigliata dai fan (italiani!) dei Negrita

Gioia Infinita racconta ogni rientro dalla Spagna. Notte Mediterranea, il mio Erasmus a Málaga. Che i Negrita fossero un po' degli itañoli mancati, in fondo, io l'ho sempre detto e sospettato. La conferma, però, è arrivata da Facebook soltanto qualche giorno fa.

Nella foto, un cartello indicava i 15 kilometri scarsi che dividono il culo in Europa dal cuore in Africa. Nella didascalia, il cantante Pau si dichiarava rotolato - ancora - verso Sud.

Sì, insomma, si trova ormai da un po' in Andalusia. E pare essersi ambientato anche piuttosto bene, dato non riesce ad ascoltare altro che non sia Macaco o gli Ojos de Brujo. É proprio per questo che chiedeva consigli ai fan: per arricchire un menù musicale vacanziero già al 90% Made in Spain. E siccome i filo-ispanici, al richiamo della Seconda Madre Patria, rispondono sempre con indicibile entusiasmo, i quasi 350 commenti hanno finito con il rivelarsi (almeno per me) più interessanti del post. 

Sono in Andalucia ormai da un bel po', e me me tornerò proprio a ridosso del tour... Tra fare il babbo ed il...
Posted by Negrita on Lunes, 29 de junio de 2015



Sono andata a scremarli con interesse quasi scientifico, curiosa di scoprire quali fossero i musicisti spagnoli più amati dai fan italiani della band. C'era chi - con umorismo per la verità scontato - raccomandava di ascoltare "i Negrita, hai presente?". Il che è un po' come se consigliassero a me di leggere il mio romanzo, e cioè assolutamente insensato (dico sul serio: perchè lo fate?). C'era chi promuoveva il patriottismo musicale, all'insegna del motto "Italians do it better". Quelli che, considerata la destinazione, ricordavano il classico Spanish Caravan dei Doors (Andalusia with fields full of grain, I have to see you again and again!). C'erano i simpaticoni che nominavano ridendo Gigi D'Alessio e Violetta. Persino qualche sporadica band in vena di auto-promozione. E, in mezzo a tutti loro, molte conferme e più di una sorpresa. 

I musicisti spagnoli più consigliati in assoluto sono anche tra i più generalmente noti al pubblico italiano, come Manu Chao e i Chambao. Più inaspettato il terzo posto a Fito Y Los Fitipaldis, che guarda caso proprio assieme ai Negrita formavano la colonna sonora del mio Erasmus. Segue l'obbligo morale di immergersi nelle atmosfere flamenche con Paco De Lucía e Camarón de la Isla. Molto amati anche Bebe, Muchachito Bombo Infierno e Los Delinquentes. Hanno più di una raccomandazione anche Joaquín Sabina, Heroes del Silencio e i Canteca de Macao

Tra gli altri commenti a sorprendermi è stata, in generale, la varietà. Si spazia dal pop di Efecto Pasillo e Melendi all'indie dei Vetusta Morla passando per una serie di gruppi e di album che (lo confesso) non conoscevo manco io. Quello che più mi ha colpita, però, è senza dubbio il tizio che suggerisce "El Canto del Loco da Madrid". Voglio dire: Chi sei tu? Da dove vieni? Perchè non ti conosco?

seguire, l'elenco completo dei consigli ispanici arrivati al frontman dei Negrita. Chissà che non ispiri anche le vostre playlist da viaggio!



mercoledì 1 luglio 2015

Un Zombie A La Intemperie: il duetto italo-spagnolo tra Zucchero e Alejandro Sanz

Ammettiamolo: quando un musicista che non hai mai particolarmente ammirato tira fuori dal cilindro una bella canzone, un po' ti incazzi. Insomma, sembra quasi che lo faccia apposta per smentirti. Per farti sentire una cretina, una di quelle che della vita non ci ha mai capito granchè. 

Fino a poco tempo fa, se mi aveste detto che avrei ascoltato in loop un duetto tra Alejandro Sanz e Zucchero, con tutta probabilità sarei scoppiata a ridere. Invece, lo spagnolo ha fatto uscire "Un Zombie A La Intemperie". Io sono stata incuriosita dal titolo. Ho premuto play. Ed ho provato esattamente quella rabbia che ti agita le viscere quando ti tocca ammettere: "sbagliavo". 

Era finita lì, comunque. Giusto giusto qualche riproduzione in streaming quando non c'era di meglio da ascoltare. Poi, l'altro giorno, la Rivelazione. 

In una di quelle notizie italo-spagnole che proprio non puoi ignorare, sono venuta a sapere che Sanz stava cercando di ri-approdare sul mercato italiano. E che lo stava facendo con l'aiuto di - nientemeno-  Zucchero Fornaciari. Per lanciare anche da noi l'ultimo album Sirope, i due avevano realizzato una versione bilingue di quello stesso brano che già mi aveva sorprendentemente affascinata nell'originale. 

Non ci avrei scommesso un euro, a dire il vero. Le due voci mi sembravano così diverse, e Zucchero così lontano dal mood della composizione, che pregustavo già lo sdegno per l'ennesimo italo-spagnolismo malriuscito. Invece, pare che ultimamente non me ne vada dritta una. 

Già, perchè la veste bilingue avvolge la canzone di nuove suggestioni. La arricchisce in sfumature e dimensioni. E - in qualche modo - riesce a penetrarti l'anima. 

Lo dico sottovoce. Magari pure con le guance arrossate. Però ascoltatela. Ascoltatela sul serio, ché secondo me ne vale un bel po' la pena.




Per chi volesse approfondire, qui c'è pure un altrettanto itañolissima intervista ai due per La Stampa (PS: popolazione italica, quand'é che la smetterai di colonizzare Formentera?) 




sabato 27 giugno 2015

Postilla: le 5 (o mille) vite di Volverá

Perdonate la monotonia, giuro che poi la smetto. E' solo che non potevo parlare di Zapatillas senza riservare nemmeno uno spazio al brano che, quel disco, mi spinse a farmelo prestare prima e a comprarlo poi. Il detonatore, insomma. Il colpo di fulmine in streaming radiofonico. L'accendino acceso su una scia di benzina. 

Musica di David Otero e testo di Dani Martín, Volverá é uno di quei rari successi che sembrano in grado di mantenersi giovani in eterno. Ha attraversato indenne anni e concerti, vestendosi di arrangiamenti, voci e circostanze sempre nuove. Ed è così che è arrivato al giorno d'oggi, con un ruolo da protagonista nei tour solisti dei suoi due papà e la dimostrazione di saper ancora elevare entusiasmi e cori. 

Per concludere il mio personale omaggio al decennale del disco, ho voluto perció riproporvi le tappe e le rivisitazioni più significative della vita della canzone. E, già che ci sono, ci aggiungo pure un piccolo sondaggio: voi in quale versione l'apprezzate di più? 

1. VERSIONE DISCO  (2005)
Come uscì nel 2005. Come la conobbi io, e prima di me la Spagna intera.





2. SOLEDAD (2007) 



La demo del brano così come nacque: cantata da David Otero, con il suo testo originale che fu in seguito radicalmente modificato da Dani Martín. La band la fece conoscere al pubblico con il cofanetto "Arriba el Telón!"




3. CON ALEJANDRO SANZ (2009) 

Il duetto con Sanz dotò il brano di un'atmosfera nuova all'interno del greatest hits "Radio La Colifata Presenta El Canto del Loco", l'ultimo pubblicato dalla band prima di sciogliersi)




Dani Martín incluse il brano nella setlist dei suoi tour solisti, riarrangiandolo assieme alla band che l'accompagnava nei live. 






In occasione del suo concerto del 22 Maggio scorso alla Sala Riviera di Madrid (e proprio per omaggiare i 10 anni del disco Zapatillas!) David Otero eseguì il brano live per la prima volta dall'inizio della sua carriera solista. Qui le prove per il live, che tramite social network aveva condiviso con i fan. 




Así sonaba VOLVERÁ en el ensayo de esta tarde para La Riviera el 22 de Mayo... Queda mal decirlo de una canción mía, pero menudo TEMAZO... Desde YA, anuncio que se queda como canción para esta gira, nos encanta tocarla, me encanta cantarla y me trae recuerdos increíbles!!! Aquí os dejo las entradas para la Riviera... www.ticketea.com/el-pescao-en-la-riviera/Solo puedo decirte una cosa... ¿TE LO VAS A PERDER?Esta es solo una pequeña muestra de lo que viviremos dentro de dos semanas!!!SONIDO DIRECTO DEL ENSAYO, sin trampa ni cartón!!!Pd: Como mola la batería electrónica, es lo mejor que he probado para ensayar y no quedarte sin voz después de 8hs cantando!!!
Posted by El Pescao on Domingo, 10 de mayo de 2015



giovedì 25 giugno 2015

10 anni in Zapatillas

La situa: sedativi, antidolorifici, bambine sconosciute che mi corrono incontro urlando "mamma, mamma". Io che inciampo sul gradino di una pizzeria finendo spiaccicata al suolo con un ginocchio sbucciato. Insomma, ordinaria quotidianità.
Il punto è che sono stata presa da così tante cose, questa settimana, da non aver avuto modo di dedicare un post ad un evento per me discretamente epocale. Parlo del decimo (Dio mio, decimo!) anniversario dall'uscita di Zapatillas. Che, per chi non lo sapesse, é l'album che in Spagna consacrò El Canto del Loco. In copertina c'erano le Converse All Star consunte di David Otero. Dentro, un codice esclusivo che dava accesso al forum ufficiale. 




Sapeva di inchiostro e di impazienza, quel disco, quando lo scartai per la prima volta al tavolino di un bar di Barcellona. Era Dicembre, ma sembrava Aprile. Davanti a me un succo di frutta. Alle spalle il ragazzo che - da un negozio di musica vecchio stile - di sicuro ignorava che stava contribuendo a cambiarmi la vita. 


Perchè certi album, la vita, te la cambiano davvero. Magari non subito. Certo non per una qualche forza sovrannaturale sprigionata dalle sette note. Ma capita che ti piacciano tanto da spingerti a saperne di più. Capita che grazie ad un punto di incontro virtuale tu conosca altre persone che condividono la stessa passione. Che tu decida di andare assieme a loro ai concerti. Che prenda famigliarità con la lingua spagnola. Con gli spagnoli. Con la Spagna. Tanto da decidere che quella terra, che già amavi alla follia, è in effetti il solo posto dove vorresti stare. Che ti appartiene, forse. O meglio tu appartieni a lei. E allora, per assurdo che sia, ti convinci a fare quello che nei primi tre anni di Università ti spaventava. Chiedi la borsa di studio Erasmus. La ottieni. Vivi l'anno in assoluto più bello e più importante della tua giovane vita. 


E poi, a dieci anni da quel 21 Giugno 2005, ti guardi indietro, accorgendoti di quanto saresti oggi diversa se Zapatillas non fosse mai uscito. 





Ho scartabellato tra i post del mio primo blog. Ci sono voluti tre tentativi di login falliti e una richiesta di recupero password, ma alla fine sono riuscita a recuperarli. Cercavo quello in cui raccontavo le emozioni del primo ascolto. Volevo rivivere la giornata sul treno al rientro da Trieste. Quel momento in cui, sin dai primi accordi di Canciones, sono finita in un loop da ascolto compulsivo. Ed era un play dopo l'altro. Era qualcosa che non riuscivo a smettere. Mi sembrava di non aver mai sentito nulla di simile, prima. Credevo che quei ragazzi di Madrid - quelli di cui nemmeno avevo mai visto le facce, quelli che parlavano veloce, troppo, tanto che certe parti dei testi mi sfuggivano - che in qualche modo, sì, mi stessero parlando al cuore. 


Avevo ancora MSN, e amici che ci chiacchieravano dentro in lettere glitterate e carattere comic sans. Era un'altra vita. Un'altra era. Eppure quel ricordo è ancora vivido come se fosse successo l'altro ieri. 


Credevo proprio di averlo scritto, quel post. Ne ero sicura.
Invece, a quanto pare, ciò che dà inizio a qualcosa lo racconto sempre e solo col senno di poi. 


Ho trovato dell'altro, però. Ho trovato questo. E la tenerezza che mi ha trasmesso, a conti fatti, è uguale. 



6/11/2006

Siamo una setta 


...O forse una mandria di cloni.

Lo ammetterete, però: l'immagine del titolo risulta molto più suggestiva.

Il punto è che Google offre innumerevoli spunti per perdere tempo in ricerche amene.

E perdi tempo volentieri, quando l'alternativa è studiare diritto. O cercare le mail di 150 band.



Così digito “El canto del Loco”. Clicco su “visualizza solo le pagine in italiano”. E premo invio.


Tanto lo so: troverò i miei post, e poco più.

Invece, sorpresa.
Mi sbagliavo. E pure di grosso.

Siamo in tanti, ragazzi.
Siamo filoispanici convinti, o semplici amanti della musica.
Siamo quelli che prenotano gli ostelli e già non vedono l'ora di salire sul prossimo aereo.
Ascoltiamo los 40 principales, parliamo due o tre lingue.
Studiamo all'Università.

Sì, siamo in tanti.

Decine di sconosciutissimi ragazzi italiani promuovono ed inneggiano dai loro blog un gruppo che, nel nostro Paese, non è neppure famoso.

Decine di ventenni di ogni parte d'Italia ascoltano Playlist spaventosamente identiche alle mie.



Che poi, volendo, ci sarebbe materiale per uno studio sociologico.

D'altronde siamo Locos.
E Locos, non dimentichiamolo, significa “pazzi”.

Siamo una setta.



Ed io – è vero- mi sento un po' più fotocopiabile.

Però decisamente in buona compagnia.


14/11/2006
Messaggio promozionale



L'ho detto: siamo una setta.
Ed ora, pure una community.
Ebbene sì.
Seguendo il consiglio di alcuni di voi, ho aperto il primo forum italiano dei fan de El Canto del Loco.
Il numero degli iscritti è ancora esiguo, ma confido nel passare del tempo.
Nella circolazione delle notizie.
Nelle mie capacità promozionali.
(Ce le ho?)
Il numero degli iscritti è ancora esiguo, ma dà una soddisfazione immensa veder animarsi di post una propria creatura.
Se siete Locos,



C'è entrata tanta vita, in questi dieci anni. Ci sono entrati tanti concerti. Tante versioni diverse di quelle stesse canzoni. Ci sono stati sorrisi, foto, cambiamenti, e - sì- ci sono state anche le delusioni. 
Eppure quel disco, alla trentenne che sono, piace ancora adesso come piaceva alla ventenne di allora. Buon compleanno, Zapatillas, anche se un po' in ritardo. Avrai sempre uno spazio speciale nel mio cuore. 



PS: un ringraziamento speciale ad Alberto che mi ha citata nel suo personale e altrettanto sentito omaggio ai 10 anni dell'album. 

domenica 21 giugno 2015

Saggi di danza e notiziole ispaniche



- Scusa, tu sei un angelo? 
- No, sono una principessa! 
- Ah, niente allora. Lei cercava un angelo. 

I saggi delle scuole di danza sono quel microcosmo in cui, estrapolati dal contesto, i dialoghi entrano a far parte del filone fantasy. Un ambiente strano, fatto di luci blu, aria gravida di sudore adolescenziale stantio, bivi esistenziali riassunti nel cartello fuori da una porta chiusa, quello che fotografi soltanto perchè ti annoi nell'attesa. "Palcoscenico o Toilette", ti invita a scegliere. Insomma, esibirsi o andare a cagare. 

Ai saggi delle scuole di danza i ragazzi a torso nudo sembrano sempre fuori luogo. Ultimi rappresentanti di una specie estinta. Talmente inaspettati da risultare imbarazzanti. Bizzarri, quanto meno. E poi ci sono i fan. Parenti, amici, conoscenti e sconosciuti che ti braccano in platea durante l'intervallo manco fossi una stella del cinema. Da dove sono usciti? Come ti hanno localizzata? Mica lo sapevi, che ci sarebbero stati. 




Ai saggi delle scuole di danza pensi sempre "che cariiiiiineee" quando vedi le bimbette in tutù. Dura per circa nove secondi e mezzo. Poi l'acuirsi dei decibel ammazza tenerezza, istinto materno, neuroni, salute e ultimi rimasugli di pazienza. Capisci, nell'ordine, che non potresti mai fare la maestra d'asilo. Neanche quella delle elementari. Che non potresti mai avere più di un figlio. Forse neanche uno. Che in fondo non c'è troppo da stupirsi delle madri assassine. 

E comunque riscatto fu. Non che ci volesse molto, del resto. Anche se qualcuno deve tirata, dal momento che ho fatto cinque minuti di coreografia con un crampo/stiramento al polpaccio sinistro i cui strascichi mi porto avanti ancora oggi. Ci tenevo a farglielo sapere, tuttavia, a tale stratega delle sfighe che non avrà la meglio sul mio sorriso. Anche ora che a forza di tossire ho un dolore lancinante alla costola destra e mi sento grossomodo come se fossi stata appena investita da un tram. Cioè, dico: ancora? La smettiamo? 

Ad ogni modo, non era per parlarvi delle mie brillanti (seeee-vabbbè) performance danzerecce che ho scritto questo post, quanto per condividere con voi alcune simpatiche notiziole ispano-centriche che hanno recentemente attirato la mia attenzione. A causa di necessità di studio (sì, studio: prima o poi vi racconto) non ho trovato il tempo di aggiornare il blog prima. Perciò le ho diligentemente ammassate nei preferiti con l'intento di riassumerle in una sorta di bignamino domenicale. Così, giusto perchè non vi perdiate proprio nulla. Sono o non sono un ammmore? 

TUTTI PARLANO DEI PIEDI DEL SINDACO DI JEREZ

Avevo sperato in un fotomontaggio. E invece. La foto che vedete qui sotto, scattata al sindaco di Jerez nel giorno della sua proclamazione, è diventata in Spagna uno dei fenomeni più virali degli ultimi tempi. E immagino non serva che vi spieghi perchè. La sua diffusione ha fatto fioccare meme, battute, controbattute, e persino qualche teoria complottistica secondo la quale la povera donna avrebbe sei dita dei piedi. La morale è una: mai comprare scarpe strette. MAI. 


IL REGNO DI FELIPE COMPIE UN ANNO. 

Tanti auguri a teee, tanti auguri a teee, tanti auguri monarchia, tanti auguri a te! 
Sembra ieri che commentavo l'incoronazione del nuovo Re di Spagna, e invece è già passato un anno. 

Per festeggiare,  però, niente torta: Felipe e consorte hanno consegnato le medaglie al merito civile anzichè dilapidare i fondi nazionali in una festa ufficiale. Il gesto non ha fatto che confermare il bilancio positivo attribuito dai media al loro operato. Il Sovrano sarebbe complessivamente riuscito, infatti, nel difficile tentativo di far riacquisire popolarità alla Corona. Non che i repubblicani siano spariti, eh? Anzi. Proprio nella ricorrenza dell'anniversario si sono fatti sentire infuocando Twitter con l'hashtag #FueraFelipeVI. La Casa Reale, nel frattempo, coglieva l'occasione per placare la fame dei paparazzi rendendo pubbliche alcune foto della vita quotidiana a corte che sono state puntualmente inserite in fotogallery ad hoc. 


... E ANCHE GLI OUTFIT DI LETIZIA

I festeggiamenti hanno riguardato anche la Regina Letizia che - sempre più calata nel ruolo di Kate Middleton iberica - si è in quest'anno consolidata come icona di stile. Il suo look, sobrio e quasi sempre Made In Spain, è stato celebrato in occasione della ricorrenza anche dai rotocalchi nostrani. Ecco, ad esempio, i suoi migliori look secondo Oggi. 



MADONNA CERCA BALLERINA DI FLAMENCO che l'accompagni durante il tour mondiale. C
ercava, anzi. Dovrebbe anche averla già trovata, ormai. Io mi sarei anche candidata, ma poi mi hanno detto che lei è un po' stronza, e allora... 


E' USCITO "VALE", IL CORTO DI ESTRELLA DAMM a cura di Amenabar. Ricordate? Ne avevo parlato qui. Come da previsioni è molto bello e gioca su due tratti tendenzialmente associati agli spagnoli: la poca dimestichezza con la lingua inglese e l'enorme frequenza con cui dicono "vale", cosa che immancabilmente sorprende e incuriosisce gli stranieri. 




Già che c'era, anche la Mahou ha fatto uscire un videoclip in cui la parte "cantante" dei protagonisti del suo spot - manco a dirlo - se la canta in allegria.


SPAIN.INFO FA I QUIZZETTI. Volevo tacerlo per avere meno concorrenza, ma tanto l'avreste scoperto comunque. Andando a questo link trovate una serie di video, che - pubblicati a cadenza regolare - vi sfidano a riconoscere alcune tra le più emblematiche città spagnole partendo da un dettaglio. Più veloci sarete a dare la risposta esatta, più stelline otterrete. Più stelline otterrete, più possibilità avrete di garantirvi il premio: nientemeno che un viaggio in Spagna per due persone. 


MEZZA SPAGNA É ANDATA A VEDERE I MAROON 5 e l'altra mezza li ha invidiati. In ogni caso, dell'atteso ritorno della band di Adam Levine a Madrid hanno parlato proprio tutti. Il lato inquietante è che, a giudicare dalle foto postate su Facebook, persone che io conosco ma non si conoscono tra loro erano pure sedute vicine. Sei gradi di separazione? Coincidenze? Destino? Trama per l'ennesimo libro che non scriverò? Chissà. 



MARIA SALVADOR E' DISCO DI PLATINO, conquistandosi anche il record di brano italiano con più streaming giornalieri su Spotify della storia. E lo so che (a parte, forse, le 7 parole del ritornello) non è proprio una notizia ispano-centrica, ma almeno forse la smetterete una volta per tutte di chiedermi "Il Cile, chiiii?". Non che "Il Cile - quello che canta con Ax" sia proprio il massimo della vita, ma è comunque un passo avanti, dai. 

martedì 16 giugno 2015

Flamenco Y Poemas, o del perchè ne vale sempre la pena.


Capita, a volte, che ti dimentichi un passo. Una cosa semplice. Forse tra le poche che non avevi mai sbagliato prima. Capita – la sfiga! - che succeda sul palco. Il giorno dello spettacolo. Il coronamento di un anno di sforzi e di prove.



In quella frazione di secondo guardi le tue compagne muoversi ignare in perfetta sincronia, cercando nella mente il modo più rapido per recuperare. Siete. Ocho. Y... Non riesci a distinguerle, le facce del pubblico. Sono sagome indistinte dietro ai tuoi occhi da miope. E, mentre ti sforzi di continuare a sorridervi, pensi per un attimo che sia come in certi momenti della vita. Ché tutto va avanti tranne te. Ché devi solo far finta di niente ed adeguarti, sperando che il giudizio non sia troppo severo.


Ho creduto che tutti avessero visto. Ho pensato, soprattutto, di aver rovinato il quadro d'insieme. Ed è per questo che mi sono sentita in colpa. Che mi sono sentita stupida. Frustrata. Di più, incazzata nera per non aver mostrato neanche un decimo di ciò che nel mio piccolissimo so di poter fare. E poi non è possibile, accidenti. Non può essere che, dopo tanti anni, il telo nero delle quinte mi faccia ancora tremare le ginocchia. Mi incasini i pensieri. Mi frughi nella testa per tirarci fuori dubbi assurdi, anche quando per tutto il giorno sono rimasta più calma di un maestro zen.

Sono uscita a testa alta, senza sentire gli applausi. Ho salito le scale. Mi sono accasciata sulla panca del camerino scorrendo le notifiche dello smartphone senza guardarle davvero. Un video a proposito dei ragni. Un'amica che si riconosce in un mio post. La risposta non vista al fatto che nel flamenco è meglio un “mucha mierda” di un “in bocca al lupo”. “Ahahaha, scusa”. Un'emoticon sorridente. Quell'errore, quello che in molti non hanno neppure notato, io l'ho caricato di tutto il peso delle ultime giornate. Delle troppe notti insonni. Della tosse violenta e inopportuna che mi sfianca impedendomi a tratti anche di respirare. Ci ho versato dentro, a quel passo mancato, tutti i mal di testa che non ho voluto confessare. L'ansia per un nuovo progetto. Lo studio dopo aver finito di lavorare. Le scadenze imminenti. La fatica ad alzarsi quando suona la sveglia al mattino. E poi è capitato che qualcuno mi chiedesse “Com'è andata?”. 

“Com'è andata?”, tutto qui. Un intervento di cortesia. Una domanda semplice, come semplice era quel passo. E, prima ancora che potessi impedirlo, è uscito tutto sotto forma di lacrime.

Allora potreste chiedervi se ne valga la pena. A conti fatti, in quel momento avrei dovuto chiedermelo anch'io. Ma, sapete che c'è? Non l'ho fatto. Non mi è neanche passato per la mente.

Perchè puoi essere stanca. Puoi essere agitata. Puoi concederti, ogni tanto, di essere persino fragile. Ma il flamenco non è questo, per me. Non è quel pianto.

Flamenco è una professionista come l'inarrivabile Cristina Benitez che, nei corridoi del backstage, dà consigli ad una principiante su come muovere il polso. E' il Tango de Triana che ti riempie di allegria. E' Lucas Ortega che urla le emozioni senza ausilio di microfono, piazzandotele dritte tra le corde dell'anima. Flamenco è che poi ti asciughi le lacrime e ti torna la voglia di ballare. Che reagisci pensando al prossimo spettacolo come al tuo personale riscatto, sentendoti piena di una grinta che avresti voluto avere appena pochi minuti prima.

E ne vale la pena, certo che sì. Ne vale la pena per le chiacchiere e le risate in camerino. Perchè il giorno dell'evento unisce le persone più di qualunque altra occasione al mondo. Ne vale la pena per l'accento andaluso, per i dialoghi in spagnolo che impregnano l'aria del dietro le quinte. Per il privilegio di potersi godere le prove degli altri dalla postazione migliore, in un teatro vuoto. E ancora per “mi stappai la fanta” cantata sulle note di “The Final Countdown”. Per il fumo che ti intossica quando decidono di provarlo ignari della tua presenza a due centimetri da lì. Per l'improvvisa ispirazione salsera non appena lo spettacolo inizia. Per la nostalgia dell'Andalusia che ti afferra puntuale ed agrodolce come il ricordo di una relazione finita. Per gli incontri a sorpresa con persone che non vedevi da un po'. Perchè la coreografia ti piace. Perchè, per tre minuti o per un giorno, stacchi da tutto il resto. Perchè, come o più di sempre, ti diverte ballare.



Domani si ripete a Monfalcone. Ed io vi giuro che non vedo l'ora.




sabato 13 giugno 2015

La vita a Barcellona raccontata con le Gif.


Tumblr è il paradiso delle Gif. Che, per chi non lo sapesse, sono quelle simpatiche immaginette animate che i ggggiovani usano per esprimere in modo ironico i loro stati d'animo sul web. Non dovrebbe sorprendere, quindi, che proprio da quel social network arrivi il nuovo fenomeno virale dei viaggiatori. Trattasi di un parto infinito di post intitolati "when you really live in" e "when you live in...": elenchi assemblati da locali (nel primo caso) o da stranieri  (nel secondo) che, trapiantati in una determinata città o Nazione, si divertono a descriverne i lati più emblematici. Solo che non lo fanno utilizzando le parole, ma impiegando - per l'appunto- le gif. Mi rendo conto che, detta così, sembra una roba un po' strana; Eppure vi assicuro che i risultati sono divertenti. Di più, portano all'immediata immedesimazione di tutti coloro che, per motivi di studio o lavoro, si siano trovati nella stessa situazione. La versione spagnola di Traveler ha riportato, in uno dei suoi blog, un mix dei punti più significativi espressi da due diversi post di questo genere con protagonista la città di Barcellona. A beneficio dei non autoctoni, ha inoltre arricchito il tutto con qualche linea esplicativa che non solo aiuta a far capire il motivo delle singole gif prescelte, ma le correda di qualche dettaglio interessante . Dato che la città catalana è una delle mete ispaniche più frequentate dai nostri connazionali, ho pensato che qualcuno di voi avrebbe potuto gradirne una traduzione italiana. Buona lettura, perciò. E buona visione. 

1. Quando qualcuno ti dice che hanno aperto un Gin Tonic Bar, un altro locale di "Hamburger Gourmet" o un nuovo negozio di cupcake in città. 




I Gin Tonic bar, gli hamburger gurmet, i negozi di cupcake... Barcellona è una di quelle città in cui le mode gastronomiche si diffondono a velocità della luce e in cui non si sa quanto molte di loro possano sopravvivere. Se poi non c'è posto per tutti, ci si potrà sempre riconvertire in un negozio di frozen yogurt o, ancora meglio, di té con bolle (che però, le bolle, non le ha, ndt).

2. Quando vedi un turista con addosso un sombrero messicano sulle Ramblas

Questo è uno dei fenomeni che meglio esemplificano l'aspetto negativo del turismo. E' sempre piaciuto molto guardare dall'alto in basso i prepotenti yankees, criticandoli perchè non sanno che la Spagna non è l'America Latina, eppure ecco che uno dei souvenir più venduti della città è parte di questo equivoco culturale, con l'imprescindibile collaborazione dei negozi del settore. Il Comune ha cercato di rimediare potenziando prodotti che lo imbarazzino meno però, sì, continua ad accadere. 

2. Quando dico ai miei amici che mi trasferisco a Sant Antoni. 





Traveler aveva già parlato della rinascita del quartiere di Sant Antoni attorno alla calle Parlament qui. E, dal momento che non c'è niente che piaccia di più agli hipster che rifiutare tutto ciò che sta diventando mainstream, forse è arrivato per loro il momento di volare verso quartieri in cui la bolla del "cool" debba ancora scoppiare.

3. Quando ti rubano la bicicletta... 
Per la prima volta... 
Per la terza volta.



Alzi catena e lucchetto chi usa abitualmente la bici senza che gli sia mai stata rubata. 

5. Quando restituisci la tua "bicing" e c'è solo un posto libero




Utilizzare una bicicletta pubblica non è un buon motivo per avere dei dispiaceri. Il Bicing era il trasporto ecologico, economico, moderno ed europeo (aggettivo che è stato sempre legato alla città e fa la gioia delle autorità) che Barcellona doveva avere. Così, nel 2007 si impiantò questo servizio di bici urbane, non perchè venissero usate per passeggiate di relax ma per favorire trasporti che disintossicassero un po' la rete di metro e autobus. Era un'idea talmente buona che si aspettavano 15.000 utenti e ne sono arrivati 150.000. L'assenza di servizio sufficiente a causa di questo errore di previsione si riscontra ancora oggi. 

6. "Moritz gratis all'inaugurazione di una galleria" 



L'altra birra di Barcellona è fedele compagna di eventi, presentazioni e serate di stile più o meno artistico in posti tipo il Mutt. 

7. Quando i turisti o espatriati si rendono conto che i locali, effettivamente, parlano catalano.



Ebbene sì, continua a sorprendere questo argomento, fonte di eterne ed interminabili polemiche linguistiche e culturali che di solito vanno a parare in: "sono stato a Barcellona, ho chiesto una cosa in spagnolo e mi hanno risposto in catalano". C'est la vie. 



8. Quando stai bevendo una lattina di Estrella Damm al Macba e, all'improvviso, appaiono i Mossos. 







Bei tempi quelli in cui il divieto di bere per strada per ordine civico era una delle principali minacce alle libertà individuali! 



9. Quando un amico che viene a trovarti vuole andare a cena sulla Rambla. 





Questo punto illustra bene la triste realtà per cui nelle città più visitate ci sono alcuni luoghi per cui i locali non possono (né vogliono) più passare. Le Ramblas sono l'esempio Barcellonese per eccellenza del luogo da cui fuggono spaventati quelli che vivono in città e a cui si recano in massa i visitatori. Inoltre esemplifica quel sorriso di leggera condiscendenza che si disegna sulla faccia di chi è arrivato da poco in un luogo ma sa già leggere i codici di ciò che è o non è appropriato. 



10. Quando qualcuno ti dice che ha in mente di restare solo sei mesi. 






Effettivamente la città ha qualcosa che fa sì che, al di là di tutte le sue pose, scomodità ed orrori vari, questo sia il punto più azzeccato di tutti. 



Trovate l'articolo originale di Traveler, in lingua spagnola, a questo link